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Carlo Lorenzetti – La leggerezza della scultura
In mostra venti tra le opere più significative realizzate, a partire dal 1986, da Carlo Lorenzetti, uno dei più sensibili protagonisti della scultura italiana contemporanea. Per la prima volta visibile al pubblico anche l’ultima produzione del maestro, due lavori eseguiti nel 2010.
Comunicato stampa
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La limpida architettura del Museo Civico Umberto Mastroianni di Marino – alloggiato nella chiesa sconsacrata di Santa Lucia, l’unico esempio di arte gotica conservatosi nel territorio dei Castelli Romani – ospita dal 2 aprile venti tra le opere più significative realizzate, a partire dal 1986, da Carlo Lorenzetti, uno dei più sensibili protagonisti della scultura italiana contemporanea. Per la prima volta visibile al pubblico anche l’ultima produzione del maestro, due lavori eseguiti nel 2010: E il navigar.. una composizione di più elementi in acciaio inox brunito e ferro grafitato, e Nodale, in acciaio inox brunito.
All’esposizione si collega un catalogo di carattere antologico che racconta la carriera dell’artista dall’esordio – tra fine anni ’50 e inizio dei ’60 – ai giorni nostri. Mostra, catalogo e allestimento sono curati da Arianna Mercanti in stretta collaborazione con lo stesso Lorenzetti.
****
La mostra che il Museo Umberto Mastroianni di Marino dedica a Carlo Lorenzetti è un evento che non sfuggirà agli appassionati di arte contemporanea. Il titolo scelto per la rassegna accosta molto propriamente il nome dello scultore al concetto di leggerezza. Tra gli artisti della sua generazione – è nato a Roma nel 1934 – Lorenzetti è infatti uno dei più autorevoli esponenti di quel filone interessato a rinnovare la scultura nel segno di una liberazione dalla costrizione del volume e del peso recuperando alla composizione elementi insondabili come il vuoto e l’energia. Un’idea fantastica, perfettamente in linea con il clima del tempo che l’artista si trova a percorrere: la seconda metà del ‘900, gli anni epici della conquista dello spazio e delle clamorose applicazioni alla vita dell’uomo delle scoperte sulla composizione della materia.
Già nelle opere esposte alla sua prima personale - tenutasi a Roma nel 1962 presso la Galleria Trastevere di Topazia Alliata – Lorenzetti dimostra di aver individuato con assoluta chiarezza quello che sarà – da lì agli anni a venire – il filo conduttore della sua ricerca: creare forme capaci di conquistare la terza dimensione diversamente dalle sculture della convenzione classica, vale a dire, non come masse statiche che occupano saldamente lo spazio ma come mobili intrecci di linee in dialogo con l’aria.
Per eludere il pesante condizionamento della forza di gravità lo scultore scommette su un materiale e su una tecnica poco frequentati dalla grande tradizione plastica: la lastra metallica tendenzialmente lavorata a sbalzo.
Flessibile e leggera, caratterizzata dalla massima contrazione del volume, la lastra metallica gli appare perfettamente idonea ad assecondare l’idea di perimetrare porzioni di spazio catturando l’energia in esse contenuta e inglobando l’uno e l’altra nell’invenzione artistica. I sinuosi profili di lamiera di ferro, acciaio, alluminio, rame od ottone sono appoggiati direttamente al suolo o leggermente alla parete cosicché, in assenza di basamenti o qualsiasi altro tipo di sostegno che concorrerebbero a bloccarli in una posizione predeterminata, si mostrano come strutture dinamicamente aperte a una molteplicità di configurazioni, forme da rincorrere con lo sguardo e a cui girare intorno per assistere al piccolo miracolo della loro continua metamorfosi.
L’effetto del movimento percepito è creato da sapienti giochi visivi di sbilanciamenti improvvisi ed equilibri spezzati, ombre dense e bagliori luminosi che si accendono sui lucidi elementi metallici e, soprattutto, dalla tesa dialettica tra l’aprirsi e il chiudersi, il tendersi e piegarsi delle superfici battute a sbalzo, la tecnica appresa, negli anni della formazione, da Alberto Gerardi. Una tecnica, in verità, solitamente usata in oreficeria, ma che, applicata in modo del tutto anticonvenzionale alla grande dimensione, consente allo scultore di realizzare forme modernissime caratterizzate dalla dinamica contrapposizione di elementi concavi e convessi, piani mai inerti ma sollevati ad accogliere lo spazio.
Le opere esposte al Museo Mastroianni raccontano gli ultimi venticinque anni di un cinquantennale percorso privo di cesure o bruschi rivolgimenti, vissuto piuttosto come un interessato e lucido attraversamento dei climi culturali che si succedono nel tempo cui corrisponde l’armonica evoluzione di una ricerca sostanzialmente autonoma, sicura dei suoi presupposti e dei suoi obiettivi, classicamente moderna ma indifferente al fascino superficiale delle mode. Una carriera dall’andamento di sinfonia costruita sullo sviluppo di un unico, potente tema suonato dalle prime note.
Costantemente impegnato a ridefinire la sua ricerca, Lorenzetti si mantiene però sempre fedele a una poetica che unisce severo rigore formale a delicato lirismo e licenza di una fantasia torrentizia.
L’universo di forme fantastiche che per tutto il mese d’aprile abiterà la splendida aula gotica del chiesone – così la gente del posto chiama l’attuale sede del Museo Mastroianni – è quello della produzione lorenzettiana della seconda metà degli anni ’80, resa grave dallo strato di grafite nera dipinto sulla superficie metallica, ombrosi capolavori come Estroferroso (1987), Cosmoconico (1989), Diapason dello spazio (1989), Sidereoerrante (1989). Un mondo evocativo, anche nei titoli, di spazi infiniti e che, a partire dagli anni ’90, torna ad accogliere la luce grazie all’introduzione di lunari sculture in alluminio caratterizzate da un fare leggero che esalta la luce del metallo bianco. Opere gradualmente affiancate da altre in cui compare l’elegante contrasto tra luminose forme di alluminio e nere lamiere di ferro, quasi a creare una dialettica tra frammenti di luna e di terra.
La mostra si chiude presentando l’ancora inedita produzione del 2010, più recente ma sicuramente non ultimo capitolo dell’avventura di un artista capace di catturare lo spazio.
All’esposizione si collega un catalogo di carattere antologico che racconta la carriera dell’artista dall’esordio – tra fine anni ’50 e inizio dei ’60 – ai giorni nostri. Mostra, catalogo e allestimento sono curati da Arianna Mercanti in stretta collaborazione con lo stesso Lorenzetti.
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La mostra che il Museo Umberto Mastroianni di Marino dedica a Carlo Lorenzetti è un evento che non sfuggirà agli appassionati di arte contemporanea. Il titolo scelto per la rassegna accosta molto propriamente il nome dello scultore al concetto di leggerezza. Tra gli artisti della sua generazione – è nato a Roma nel 1934 – Lorenzetti è infatti uno dei più autorevoli esponenti di quel filone interessato a rinnovare la scultura nel segno di una liberazione dalla costrizione del volume e del peso recuperando alla composizione elementi insondabili come il vuoto e l’energia. Un’idea fantastica, perfettamente in linea con il clima del tempo che l’artista si trova a percorrere: la seconda metà del ‘900, gli anni epici della conquista dello spazio e delle clamorose applicazioni alla vita dell’uomo delle scoperte sulla composizione della materia.
Già nelle opere esposte alla sua prima personale - tenutasi a Roma nel 1962 presso la Galleria Trastevere di Topazia Alliata – Lorenzetti dimostra di aver individuato con assoluta chiarezza quello che sarà – da lì agli anni a venire – il filo conduttore della sua ricerca: creare forme capaci di conquistare la terza dimensione diversamente dalle sculture della convenzione classica, vale a dire, non come masse statiche che occupano saldamente lo spazio ma come mobili intrecci di linee in dialogo con l’aria.
Per eludere il pesante condizionamento della forza di gravità lo scultore scommette su un materiale e su una tecnica poco frequentati dalla grande tradizione plastica: la lastra metallica tendenzialmente lavorata a sbalzo.
Flessibile e leggera, caratterizzata dalla massima contrazione del volume, la lastra metallica gli appare perfettamente idonea ad assecondare l’idea di perimetrare porzioni di spazio catturando l’energia in esse contenuta e inglobando l’uno e l’altra nell’invenzione artistica. I sinuosi profili di lamiera di ferro, acciaio, alluminio, rame od ottone sono appoggiati direttamente al suolo o leggermente alla parete cosicché, in assenza di basamenti o qualsiasi altro tipo di sostegno che concorrerebbero a bloccarli in una posizione predeterminata, si mostrano come strutture dinamicamente aperte a una molteplicità di configurazioni, forme da rincorrere con lo sguardo e a cui girare intorno per assistere al piccolo miracolo della loro continua metamorfosi.
L’effetto del movimento percepito è creato da sapienti giochi visivi di sbilanciamenti improvvisi ed equilibri spezzati, ombre dense e bagliori luminosi che si accendono sui lucidi elementi metallici e, soprattutto, dalla tesa dialettica tra l’aprirsi e il chiudersi, il tendersi e piegarsi delle superfici battute a sbalzo, la tecnica appresa, negli anni della formazione, da Alberto Gerardi. Una tecnica, in verità, solitamente usata in oreficeria, ma che, applicata in modo del tutto anticonvenzionale alla grande dimensione, consente allo scultore di realizzare forme modernissime caratterizzate dalla dinamica contrapposizione di elementi concavi e convessi, piani mai inerti ma sollevati ad accogliere lo spazio.
Le opere esposte al Museo Mastroianni raccontano gli ultimi venticinque anni di un cinquantennale percorso privo di cesure o bruschi rivolgimenti, vissuto piuttosto come un interessato e lucido attraversamento dei climi culturali che si succedono nel tempo cui corrisponde l’armonica evoluzione di una ricerca sostanzialmente autonoma, sicura dei suoi presupposti e dei suoi obiettivi, classicamente moderna ma indifferente al fascino superficiale delle mode. Una carriera dall’andamento di sinfonia costruita sullo sviluppo di un unico, potente tema suonato dalle prime note.
Costantemente impegnato a ridefinire la sua ricerca, Lorenzetti si mantiene però sempre fedele a una poetica che unisce severo rigore formale a delicato lirismo e licenza di una fantasia torrentizia.
L’universo di forme fantastiche che per tutto il mese d’aprile abiterà la splendida aula gotica del chiesone – così la gente del posto chiama l’attuale sede del Museo Mastroianni – è quello della produzione lorenzettiana della seconda metà degli anni ’80, resa grave dallo strato di grafite nera dipinto sulla superficie metallica, ombrosi capolavori come Estroferroso (1987), Cosmoconico (1989), Diapason dello spazio (1989), Sidereoerrante (1989). Un mondo evocativo, anche nei titoli, di spazi infiniti e che, a partire dagli anni ’90, torna ad accogliere la luce grazie all’introduzione di lunari sculture in alluminio caratterizzate da un fare leggero che esalta la luce del metallo bianco. Opere gradualmente affiancate da altre in cui compare l’elegante contrasto tra luminose forme di alluminio e nere lamiere di ferro, quasi a creare una dialettica tra frammenti di luna e di terra.
La mostra si chiude presentando l’ancora inedita produzione del 2010, più recente ma sicuramente non ultimo capitolo dell’avventura di un artista capace di catturare lo spazio.
02
aprile 2011
Carlo Lorenzetti – La leggerezza della scultura
Dal 02 aprile al 14 maggio 2011
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO UMBERTO MASTROIANNI
Marino, Piazza Matteotti, 13, (Roma)
Marino, Piazza Matteotti, 13, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì 10.00-13.00 16.00-20.00
lunedì chiuso
Vernissage
2 Aprile 2011, ore 18.30
Ufficio stampa
SCARLETT MATASSI
Autore
Curatore