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Carlo Maria Maggia – In difesa dell’agricoltura
Nella chiesa sconsacrata, Maggia crea un meccanismo aereo in cui tre fantocci bianchi, gli angeli-agricoltura, e uno rosso, il diavolo-industria si muovono su un percorso ad anello senza raggiungersi mai
Comunicato stampa
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In-difesa dell’agricoltura, ovvero come barattare un angelo con un albero
Ci sono immagini-simbolo negli occhi dell’uomo occidentale.
Chi le ha incontrate e pensate (nel migliore dei casi digerite) sa che sostengono, come pilastri granitici, l’immaginario collettivo. È nella dicotomia universale di bene/male, così avulsa dalla filosofia orientale, che più si manifestano. “È pericoloso essere eredi”1, pericolosi i simboli che non separano il senso dal segno e ci annegano in inferni e paradisi dai confini cesellati, perfettamente tracciati. Angeli e demoni abitano da sempre l’iconografia cristiana, costellando di bianco candore e di rosso fulgore l’affresco del Giudizio Universale, spesso sopito nei meandri della nostra psiche e pronto, prima o poi, a risorgere.
Tanto vale, allora, dar loro la forma (creare) che il nostro immaginario vede; chiamarli coscientemente con il loro nome, prenderli in mano e prosaicizzarli fino a farne dei pupazzi a misura d’uomo. Atto di esorcismo giocoso, ironico e onirico, che ci permette di accettare le semplificazioni della nostra mente, della nostra storia.
In-difesa dell’agricoltura è la rappresentazione di questo bizzarro meccanismo mentale e sociale. Un dinamismo che non si risolve nei simboli di bene e male, proprio nel momento in cui quei simboli convenzionali appaiono nelle loro sembianze tradizionali di angeli e demoni. È un omaggio all’operazione italiana Difesa della Natura che ha impegnato Beuys negli ultimi quindici anni della sua esistenza: “intesa non soltanto sotto un aspetto ecologico, ma principalmente in senso antropologico, quindi in difesa dell’uomo, dell’individuo, dei valori umani, della creatività”2. Da una parte, è la rappresentazione della presa di coscienza che il concetto di progresso ha assunto in maniera distorta e, dall’altra, del gesto concreto, possibile che il canto della bellezza della natura sempre può sollevare. L’installazione di Maggia è quindi teatrale e civile, nel senso che mette in scena e produce, drammatizza e realizza, gioca e s’impegna. Il meccanismo teatrale installato al Diavolo Rosso, infatti, non è che una parte (quella teatrale appunto) della totalità dell’opera, che si materializza in un’operazione civile in collaborazione con gli enti astigiani che sostengono l’iniziativa. Nella chiesa sconsacrata, Maggia crea un meccanismo aereo in cui tre fantocci bianchi, gli angeli-agricoltura, e uno rosso, il diavolo-industria si muovono su un percorso ad anello senza raggiungersi mai. Si tratta di un’opera in evoluzione, interattiva, visto che con una Scheda di adozione dell’angelo, lo spettatore può acquistare per l’irrisorio prezzo di 25 euro un pupazzo che si andrà ad aggiungere ai primi tre e che finanzierà concretamente la piantumazione di un ontano nell’area rurale prescelta. Un gesto partecipato che rivaluta un simbolo.
La ricerca di comunicazione tra l’opera e lo spettatore presente in tutte le creazioni di Maggia svela la medesima energia che egli percepisce nella relazione tra la natura e l’uomo, l’intuizione e la coscienza, l’eros e il pensiero. Per l’artista, non c’è soluzione di continuità tra il fare e l’essere: comunicare è l’essenza dell’amore, il contatto tra le cose del mondo e la loro possibile armonia. Oggi, tra agricoltura e industria, è difficile respirare equilibrio. Oggi, nel mondo, c’è una dicotomia più che una unità dialettica. Perciò, per Maggia, è meglio camminare che lamentarsi: camminare come azione d’amore, come possibilità dell’essere nella sua inevitabile impermanenza. “Le linee della vita sono varie, come vie, come orli di montagne”3, scriveva Hölderlin per parlare dell’uomo. Non esiste in terra compiutezza che non sia anche illusione. Tuttavia, “l’arte è probabilmente l’unica attività rimasta libera, capace di elaborare forme simboliche in grado di ripensare a tutto, specie l’immaginazione di una vita a venire, interpretando la realtà e contribuendo a determinarla secondo il rispetto della vita stessa”4. Un modo per Maggia, come per noi, di far coincidere simbolo e azione.
emanuela genesio
Ci sono immagini-simbolo negli occhi dell’uomo occidentale.
Chi le ha incontrate e pensate (nel migliore dei casi digerite) sa che sostengono, come pilastri granitici, l’immaginario collettivo. È nella dicotomia universale di bene/male, così avulsa dalla filosofia orientale, che più si manifestano. “È pericoloso essere eredi”1, pericolosi i simboli che non separano il senso dal segno e ci annegano in inferni e paradisi dai confini cesellati, perfettamente tracciati. Angeli e demoni abitano da sempre l’iconografia cristiana, costellando di bianco candore e di rosso fulgore l’affresco del Giudizio Universale, spesso sopito nei meandri della nostra psiche e pronto, prima o poi, a risorgere.
Tanto vale, allora, dar loro la forma (creare) che il nostro immaginario vede; chiamarli coscientemente con il loro nome, prenderli in mano e prosaicizzarli fino a farne dei pupazzi a misura d’uomo. Atto di esorcismo giocoso, ironico e onirico, che ci permette di accettare le semplificazioni della nostra mente, della nostra storia.
In-difesa dell’agricoltura è la rappresentazione di questo bizzarro meccanismo mentale e sociale. Un dinamismo che non si risolve nei simboli di bene e male, proprio nel momento in cui quei simboli convenzionali appaiono nelle loro sembianze tradizionali di angeli e demoni. È un omaggio all’operazione italiana Difesa della Natura che ha impegnato Beuys negli ultimi quindici anni della sua esistenza: “intesa non soltanto sotto un aspetto ecologico, ma principalmente in senso antropologico, quindi in difesa dell’uomo, dell’individuo, dei valori umani, della creatività”2. Da una parte, è la rappresentazione della presa di coscienza che il concetto di progresso ha assunto in maniera distorta e, dall’altra, del gesto concreto, possibile che il canto della bellezza della natura sempre può sollevare. L’installazione di Maggia è quindi teatrale e civile, nel senso che mette in scena e produce, drammatizza e realizza, gioca e s’impegna. Il meccanismo teatrale installato al Diavolo Rosso, infatti, non è che una parte (quella teatrale appunto) della totalità dell’opera, che si materializza in un’operazione civile in collaborazione con gli enti astigiani che sostengono l’iniziativa. Nella chiesa sconsacrata, Maggia crea un meccanismo aereo in cui tre fantocci bianchi, gli angeli-agricoltura, e uno rosso, il diavolo-industria si muovono su un percorso ad anello senza raggiungersi mai. Si tratta di un’opera in evoluzione, interattiva, visto che con una Scheda di adozione dell’angelo, lo spettatore può acquistare per l’irrisorio prezzo di 25 euro un pupazzo che si andrà ad aggiungere ai primi tre e che finanzierà concretamente la piantumazione di un ontano nell’area rurale prescelta. Un gesto partecipato che rivaluta un simbolo.
La ricerca di comunicazione tra l’opera e lo spettatore presente in tutte le creazioni di Maggia svela la medesima energia che egli percepisce nella relazione tra la natura e l’uomo, l’intuizione e la coscienza, l’eros e il pensiero. Per l’artista, non c’è soluzione di continuità tra il fare e l’essere: comunicare è l’essenza dell’amore, il contatto tra le cose del mondo e la loro possibile armonia. Oggi, tra agricoltura e industria, è difficile respirare equilibrio. Oggi, nel mondo, c’è una dicotomia più che una unità dialettica. Perciò, per Maggia, è meglio camminare che lamentarsi: camminare come azione d’amore, come possibilità dell’essere nella sua inevitabile impermanenza. “Le linee della vita sono varie, come vie, come orli di montagne”3, scriveva Hölderlin per parlare dell’uomo. Non esiste in terra compiutezza che non sia anche illusione. Tuttavia, “l’arte è probabilmente l’unica attività rimasta libera, capace di elaborare forme simboliche in grado di ripensare a tutto, specie l’immaginazione di una vita a venire, interpretando la realtà e contribuendo a determinarla secondo il rispetto della vita stessa”4. Un modo per Maggia, come per noi, di far coincidere simbolo e azione.
emanuela genesio
16
febbraio 2008
Carlo Maria Maggia – In difesa dell’agricoltura
Dal 16 febbraio al 30 aprile 2008
arte contemporanea
Location
EX CHIESA DI SAN MICHELE
Asti, Piazza San Martino, (Asti)
Asti, Piazza San Martino, (Asti)
Orario di apertura
Dalle 20 alle 24. Chiuso lunedì e martedì
Vernissage
16 Febbraio 2008, Dalle 18 alle 24
Sito web
www.diavolorosso.it
Autore
Curatore