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Carlo Naya nella Venezia (ottocentesca) dei chiari di luna
Con questa mostra, la cui inaugurazione sarà preceduta dalla presentazione, a Palazzo Franchetti, del numero speciale del periodico ALL’ARCHIMEDE dedicato a Carlo Naya, l’Istituto Veneto riapre al pubblico auspicando un, seppur graduale, ritorno alla normalità. Tanto più che i due palazzi, Loredan e Franchetti, gravitano intorno ai luoghi cari all’imprenditore approdato dopo molto viaggiare tra Africa ed Europa nella città Serenissima.
Comunicato stampa
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Lunedì 29 giugno riapre, nel rispetto delle disposizioni imposte dalle circostanze, il piano terra espositivo di Palazzo Loredan, sede dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, con la mostra FOTOGRAFO E IMPRENDITORE. CARLO NAYA NELLA VENEZIA (OTTOCENTESCA) DEI CHIARI DI LUNA, curata da Carlo Montanaro, a testimoniare una Venezia splendidamente e straordinariamente deserta, dato che la tecnologia della nascente fotografia a metà '800 non consentiva di fissare elementi in movimento. Con questa mostra, la cui inaugurazione sarà preceduta dalla presentazione, a Palazzo Franchetti, del numero speciale del periodico ALL'ARCHIMEDE dedicato a Carlo Naya, l’Istituto Veneto riapre al pubblico auspicando un, seppur graduale, ritorno alla normalità. Tanto più che i due palazzi, Loredan e Franchetti, gravitano intorno ai luoghi cari all'imprenditore approdato dopo molto viaggiare tra Africa ed Europa nella città Serenissima.
Abitava in Campo San Maurizio, dov'era situato anche il suo laboratorio, Carlo Naya. E le sue solenni esequie ebbero luogo il 31 maggio 1882 nella Chiesa di Santo Stefano. Nato in Piemonte nel 1816, Naya, aveva apprezzato da giovane pittore Venezia; diventato avvocato si era poi dedicato con il fratello all'immagine automaticamente riprodotta, per diventare il primo fotografo di dimensione industriale in una città anche in quel campo ricca di fermenti, presto sfociati in polemica competizione.
In occasione della presentazione del numero speciale de ALL'ARCHIMEDE, il periodico diretto da Carlo Montanaro, in programma per lunedì 29 giugno, ore 17, a Palazzo Franchetti (ingresso contingentato, solo su prenotazione), dopo un saluto di Gherardo Ortalli, Presidente dell'Istituto Veneto, Alessandro Rizzardini ricostruisce, basandosi su documenti ufficiali caparbiamente ricercati, il percorso di vita di Naya e della seconda moglie Ida Lessiak, poi erede che si è presto risposata con lo scultore Antonio Dal Zotto, ipotizzando nel contempo tra loro atteggiamenti quanto meno eccentrici. Mentre Massimo Stefanutti, avvocato specializzato nel diritto d'autore delle immagini (photography lawyer), rievoca, chiosandoli, tre dei processi intentati da Naya su plagi e pirateria contro colleghi ed ex amici, aprendo una strada che continua a non dare certezze legislative.
Nella mostra allestita a Palazzo Loredan, tratta dall'Archivio Carlo Montanaro, una campionatura esauriente dei molti modi in cui nei primi anni si è diffusa la fotografia, dalle riproduzioni di quadri celebri, ai paesaggi cittadini che sono andati in parte a sostituire le pitture o la grafica, “ricordi di Venezia” per i già molti visitatori stranieri tra il curioso e l'incantato. Con vari formati, dalle piccole ed economiche “carte de visite”, per arrivare agli imperiali, straordinarie stampe di grande formato che con doppie esposizioni e colorazioni monocrome diventarono i “chiari di luna”, la rievocazione romantica di una città senza tempo, oltre che una sorta di marchio di fabbrica di Naya e del suo staff, con a capo Tomaso Filippi. Ma non potevano mancare le “stereoscopie” visibili anche tramite la riproduzione in anaglifo, e le vedute spettacolarizzate come “il giorno e la notte” per aletoscopio, uno strumento inventato da Carlo Ponti, già amico e concorrente, e da Naya, seppur legittimamente, “copiato”. La mostra - costruita anche con materiali della biblioteca dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, e dagli archivi Mander, Stefanutti e Turio, e realizzata con la collaborazione di Antonello Satta e Francesco Barasciutti - è visitabile di lunedì, martedì e mercoledì, dalle 9 alle 17, fino al 29 luglio (ingressi contingentati, con mascherina, nel rispetto delle misure di distanziamento vigenti).
Abitava in Campo San Maurizio, dov'era situato anche il suo laboratorio, Carlo Naya. E le sue solenni esequie ebbero luogo il 31 maggio 1882 nella Chiesa di Santo Stefano. Nato in Piemonte nel 1816, Naya, aveva apprezzato da giovane pittore Venezia; diventato avvocato si era poi dedicato con il fratello all'immagine automaticamente riprodotta, per diventare il primo fotografo di dimensione industriale in una città anche in quel campo ricca di fermenti, presto sfociati in polemica competizione.
In occasione della presentazione del numero speciale de ALL'ARCHIMEDE, il periodico diretto da Carlo Montanaro, in programma per lunedì 29 giugno, ore 17, a Palazzo Franchetti (ingresso contingentato, solo su prenotazione), dopo un saluto di Gherardo Ortalli, Presidente dell'Istituto Veneto, Alessandro Rizzardini ricostruisce, basandosi su documenti ufficiali caparbiamente ricercati, il percorso di vita di Naya e della seconda moglie Ida Lessiak, poi erede che si è presto risposata con lo scultore Antonio Dal Zotto, ipotizzando nel contempo tra loro atteggiamenti quanto meno eccentrici. Mentre Massimo Stefanutti, avvocato specializzato nel diritto d'autore delle immagini (photography lawyer), rievoca, chiosandoli, tre dei processi intentati da Naya su plagi e pirateria contro colleghi ed ex amici, aprendo una strada che continua a non dare certezze legislative.
Nella mostra allestita a Palazzo Loredan, tratta dall'Archivio Carlo Montanaro, una campionatura esauriente dei molti modi in cui nei primi anni si è diffusa la fotografia, dalle riproduzioni di quadri celebri, ai paesaggi cittadini che sono andati in parte a sostituire le pitture o la grafica, “ricordi di Venezia” per i già molti visitatori stranieri tra il curioso e l'incantato. Con vari formati, dalle piccole ed economiche “carte de visite”, per arrivare agli imperiali, straordinarie stampe di grande formato che con doppie esposizioni e colorazioni monocrome diventarono i “chiari di luna”, la rievocazione romantica di una città senza tempo, oltre che una sorta di marchio di fabbrica di Naya e del suo staff, con a capo Tomaso Filippi. Ma non potevano mancare le “stereoscopie” visibili anche tramite la riproduzione in anaglifo, e le vedute spettacolarizzate come “il giorno e la notte” per aletoscopio, uno strumento inventato da Carlo Ponti, già amico e concorrente, e da Naya, seppur legittimamente, “copiato”. La mostra - costruita anche con materiali della biblioteca dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, e dagli archivi Mander, Stefanutti e Turio, e realizzata con la collaborazione di Antonello Satta e Francesco Barasciutti - è visitabile di lunedì, martedì e mercoledì, dalle 9 alle 17, fino al 29 luglio (ingressi contingentati, con mascherina, nel rispetto delle misure di distanziamento vigenti).
29
giugno 2020
Carlo Naya nella Venezia (ottocentesca) dei chiari di luna
Dal 29 giugno al 27 luglio 2020
fotografia
Location
ISTITUTO VENETO DI SCIENZE LETTERE E ARTI – PALAZZO LOREDAN
Venezia, Campo Santo Stefano, 2945, (VENEZIA)
Venezia, Campo Santo Stefano, 2945, (VENEZIA)
Biglietti
Ingresso libero (accessi contingentati, con mascherina, nel rispetto delle misure di distanziamento vigenti)
Orario di apertura
lunedì, martedì e mercoledì, dalle 9 alle 17
Vernissage
29 Giugno 2020, ore 18.00