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Carlo Sebesta / Franco Manzoni – Riflessioni
Quello che ha avvicinato Carlo Sebesta (Trento, 1920 – Mori, 2013) e Franco Manzoni (Trento, 1964) e che viene restituito in piccola parte all’interno di questa mostra è un legame di natura personale prima ancora che artistico
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Riflessioni su Carlo Sebesta e Franco Manzoni
di Gabriele Salvaterra
(...) suggerendo in sostanza che in fondo all'animo
umano sono disponibili da un paio di millenni
le risorse di un metodo archetipale risolutivo delle
Nella storia dell’arte è sempre delicato parlare dei rapporti di influenza tra pittori di diverse generazioni. I
rischi sono molteplici: è possibile, ad esempio, insinuare la canonica relazione allievo-maestro in cui la
lettura del lavoro del più giovane si realizza alla luce di un apprendistato, legittimato dall’esistenza
dell’illustre mentore. Oppure, viceversa, si può rischiare di sminuire la storia del cosiddetto maestro,
considerandola un semplice presupposto all’attività del successore. In entrambi i casi la bellezza di un
rapporto profondo di crescita reciproca rischia di essere banalizzata da una prospettiva direzionale che non
tiene conto dell’andamento circolare della vita.
Quello che ha avvicinato Carlo Sebesta (Trento, 1920 – Mori, 2013) e Franco Manzoni (Trento, 1964) e che
viene restituito in piccola parte all’interno di questa mostra è un legame di natura personale prima ancora che
artistico, molto distante da tutti gli artificiosi discorsi di natura storiografica sopra accennati. Si è trattato di
due persone che “si sono trovate”, facendo seguire a questo incontro un proficuo rapporto di stimolo
reciproco di cui l’arte, in fondo, era solo una delle innumerevoli, ma non meno importanti, componenti. I due
pittori, ciascuno perseguendo nella propria ricerca così diversa ma così rassomigliante, si sono
parallelamente frequentati e influenzati a partire dal 1994, confrontandosi e sostenendosi con stima e affetto
reciproci.
Come punto di partenza simbolico quasi a conferma sull’opportunità di questa doppia personale c’è la mostra
di Venezia del 2003 alla Galleria III Millennio, in cui Sebesta presenta i quadri di Manzoni. Non è la prima
volta che ciò accade ma in questo caso il tutto viene registrato con grande sintesi nella vignetta leggera e
ficcante (che funge da invito anche alla presente mostra) in cui un burbero Sebesta, con un vigoroso atto
indicante, invita a porgere attenzione ai quadri del “giovane amico-pittore Franco Manzoni”. Da una parte
quindi un giusto omaggio retrospettivo all’attività di Sebesta, non sempre adeguatamente valorizzata anche
per la sua natura privata, e dall’altra uno spaccato dello stato della pittura di Manzoni nel suo muoversi
errabondo tra pratiche e stili.
Il riflettersi dei due amici pittori in questa mostra ha a che fare con corrispondenze formali, a volte sottili, a
volte più esplicite, e con un medesimo approccio alla pratica pittorica che si potrebbe definire disinteressato,
eccentrico, autoironico, ma non per questo meno serio. Entrambi portano e hanno portato avanti la propria
pittura come pratica personale, decentrata, slegata dalle ansie, dalle motivazioni e dagli interessi del
cosiddetto sistema dell’arte. Un discorso che cerca di trovare la propria ragione di essere semplicemente in se
stesso e nella propria onestà artigianale. Disinteresse e onestà che possono trovare degna sintesi, mutatis
mutandis, nell’attività di caricaturista di Sebesta: una produzione di altissimo livello per leggerezza e
incisività che viene generosamente sprecata (si fa per dire) come dono d’occasione per amici e parenti. Per
entrambi la pittura è quindi urgenza comunicativa che si indirizza in primo luogo verso le persone, senza
badare troppo a distinzioni tra semplici appassionati e addetti ai lavori.
Ma il confronto tra i linguaggi di Sebesta e Manzoni è anche un rapporto di contrasti apparenti che
ripercorrono la classica polarità tra figurativo e astratto, resa evidente dall'attento lavoro di selezione e
abbinamento svolto da Clio Boboti. Riflettendo i quadri dell’uno nelle composizioni dell’altro, osservando il
curioso ripetersi di equilibri, di linearismi e di medesimi stratagemmi compositivi, si capisce come iconico e
aniconico siano solo due facce di quella stessa medaglia che punta al raggiungimento di uno stato di
equilibrio dinamico dopo il quale si può definitivamente staccare il pennello dal supporto e dichiarare
concluso il lavoro.
Sebesta questo equilibrio lo raggiunge attraverso il suo amore arcaico per l’arte romanica e bizantina con
figure filiformi che sembrano uscite dalle lettere capitali miniate di un codice medievale. Lui stesso dichiara:
“L'impiego emozionale della segnatura della figura e del contorno e la libertà cromatica che nell'arte
romanica trovano molte occasioni originali di concorso hanno accompagnato tutta la vicenda della mia vita
pittorica, in particolare l'accesso alle tipologie figurative umane liberate dai tradizionali vincoli naturalistici
che caratterizzano la proposta moderna”. Nei suoi quadri è infatti molto interessante osservare come la
tendenza all’astrazione che storicamente comincia a emergere in Europa tra Ottocento e Novecento non
abbia bisogno di pretesti contemporanei ma possa guardare al medioevo e alle sue naturali deformazioni
formali, frutto di sintesi e trasporto spirituale. Le licenze che si concede nella rappresentazione delle forme
non sono infatti dovute a un semplice gusto per l'espressività caricaturale ma a esigenze compositive in cui
gli arti si allungano, i corpi si flettono, le teste si schiacciano a stabilire uno spazio che dona al quadro quelle
qualità astratte in grado di legittimarlo come opera autonoma. In questo fare c’è un amore per Matisse e per
quella stessa visione per cui ogni elemento figurativo costituisce anche un campo cromatico e materico
valevole per le sue caratteristiche intrinseche. Il gusto per l’arabesco e il decorativismo lineare, in
quell’incontro tra occidente e oriente medievale che prende le forme poi di Bisanzio e della tradizione
ortodossa, concludono ma non esauriscono gli interessi artistici di Sebesta, sempre attratto da nuovi stimoli
formali, stilistici e culturali. Ad esempio il piacere per l’appiattimento bidimensionale o la tendenza ad
astrarre, trovano un'espressione “locale” nei lavori dedicati ai luoghi di Trento, alla collina di Via della
Cervara, alla Parrocchia di S. Croce e a Cadine, con la loro orografia vertiginosa che sembra prestarsi
perfettamente alle esigenze formali dell’autore, interessato a mediare tra realismo del soggetto e invenzione
del quadro. Altre volte Sebesta dà sfogo alla sua colta curiosità in soggetti di stampo classico, biblico e
mitologico che ripropongono sempre nuove e originali interpretazioni del ricco repertorio iconografico della
storia dell’arte.
Franco Manzoni viceversa preferisce conservare una sorta di ingenua spontaneità per quanto riguarda la
pittura che, in un linguaggio totalmente astratto di matrice gestuale e materica, affronta ogni dipinto come
storia a sé, legato in maniera solo sotterranea a tutti gli altri della sua produzione. Per Manzoni la tematica
territoriale o “topografica” ha invece grande importanza. Molti suoi quadri, anche per la materia di cui sono
composti, sono riconducibili a vedute dall’alto di territori possibili: coste, valici, montagne e mari infuocati
caratterizzati da un’orizzontalità e da un richiamo alla terra che vengono poi riportati nella verticalità della
pittura. Difficile però incasellare il pittore in uno stile o una pratica costante. Nel suo approccio al quadro si
applica un sistema di problem solving, in cui ogni composizione risponde a esigenze e richieste sue proprie,
mai ripetibili in una serie e senza alcuna preoccupazione per esigenze di riconoscibilità o continuità. In
questo eclettismo del fare emerge un’impostazione esistenziale alla pittura per cui, come nella vita, nessuna
esperienza, impressione, sensazione si può recuperare o ripetere artificiosamente: una volta fatto tutto è
perduto, passato, cristallizzato definitivamente in una forma. Così anche il quadro non può essere creato
come in laboratorio ma diventa l’effetto naturale di un momento, di un contesto e di un rapporto contingenti
con la materia. Nonostante questo il raggiungimento finale non ha i caratteri della transitorietà ma si staglia
autonomamente per le sue qualità materiche e coloristiche: uno scatto fotografico (da cui la sua qualità di
orma o traccia esistenziale) che riporta l’osservatore a rivivere in maniera empatica la genesi del lavoro e
tutte le sue avventurose peripezie.
Sebesta e Manzoni si sono incontrati e frequentati per diversi anni, hanno visitato le reciproche mostre,
hanno guardato e parlato delle proprie pitture. Ora finalmente si ritrovano assieme a esporre nello stesso
spazio in una mostra dove la contrapposizione tra figurativo e astratto diventa occasione di incontro e
dialogo, nonché omaggio all'attività così discreta e preziosa di Carlo Sebesta.
Riflessioni. Carlo Sebesta/Franco Manzoni
a cura di Clio Boboti e Gabriele Salvaterra
dal 7 al 30 luglio 2016
inaugurazione, giovedì 7 luglio, ore 18
Trento, Palazzo Trentini
Via G. Manci, 27 - 38122 Trento
info: mcrespi63@gmail.com – gabriele.salvaterra@yahoo.it
di Gabriele Salvaterra
(...) suggerendo in sostanza che in fondo all'animo
umano sono disponibili da un paio di millenni
le risorse di un metodo archetipale risolutivo delle
Nella storia dell’arte è sempre delicato parlare dei rapporti di influenza tra pittori di diverse generazioni. I
rischi sono molteplici: è possibile, ad esempio, insinuare la canonica relazione allievo-maestro in cui la
lettura del lavoro del più giovane si realizza alla luce di un apprendistato, legittimato dall’esistenza
dell’illustre mentore. Oppure, viceversa, si può rischiare di sminuire la storia del cosiddetto maestro,
considerandola un semplice presupposto all’attività del successore. In entrambi i casi la bellezza di un
rapporto profondo di crescita reciproca rischia di essere banalizzata da una prospettiva direzionale che non
tiene conto dell’andamento circolare della vita.
Quello che ha avvicinato Carlo Sebesta (Trento, 1920 – Mori, 2013) e Franco Manzoni (Trento, 1964) e che
viene restituito in piccola parte all’interno di questa mostra è un legame di natura personale prima ancora che
artistico, molto distante da tutti gli artificiosi discorsi di natura storiografica sopra accennati. Si è trattato di
due persone che “si sono trovate”, facendo seguire a questo incontro un proficuo rapporto di stimolo
reciproco di cui l’arte, in fondo, era solo una delle innumerevoli, ma non meno importanti, componenti. I due
pittori, ciascuno perseguendo nella propria ricerca così diversa ma così rassomigliante, si sono
parallelamente frequentati e influenzati a partire dal 1994, confrontandosi e sostenendosi con stima e affetto
reciproci.
Come punto di partenza simbolico quasi a conferma sull’opportunità di questa doppia personale c’è la mostra
di Venezia del 2003 alla Galleria III Millennio, in cui Sebesta presenta i quadri di Manzoni. Non è la prima
volta che ciò accade ma in questo caso il tutto viene registrato con grande sintesi nella vignetta leggera e
ficcante (che funge da invito anche alla presente mostra) in cui un burbero Sebesta, con un vigoroso atto
indicante, invita a porgere attenzione ai quadri del “giovane amico-pittore Franco Manzoni”. Da una parte
quindi un giusto omaggio retrospettivo all’attività di Sebesta, non sempre adeguatamente valorizzata anche
per la sua natura privata, e dall’altra uno spaccato dello stato della pittura di Manzoni nel suo muoversi
errabondo tra pratiche e stili.
Il riflettersi dei due amici pittori in questa mostra ha a che fare con corrispondenze formali, a volte sottili, a
volte più esplicite, e con un medesimo approccio alla pratica pittorica che si potrebbe definire disinteressato,
eccentrico, autoironico, ma non per questo meno serio. Entrambi portano e hanno portato avanti la propria
pittura come pratica personale, decentrata, slegata dalle ansie, dalle motivazioni e dagli interessi del
cosiddetto sistema dell’arte. Un discorso che cerca di trovare la propria ragione di essere semplicemente in se
stesso e nella propria onestà artigianale. Disinteresse e onestà che possono trovare degna sintesi, mutatis
mutandis, nell’attività di caricaturista di Sebesta: una produzione di altissimo livello per leggerezza e
incisività che viene generosamente sprecata (si fa per dire) come dono d’occasione per amici e parenti. Per
entrambi la pittura è quindi urgenza comunicativa che si indirizza in primo luogo verso le persone, senza
badare troppo a distinzioni tra semplici appassionati e addetti ai lavori.
Ma il confronto tra i linguaggi di Sebesta e Manzoni è anche un rapporto di contrasti apparenti che
ripercorrono la classica polarità tra figurativo e astratto, resa evidente dall'attento lavoro di selezione e
abbinamento svolto da Clio Boboti. Riflettendo i quadri dell’uno nelle composizioni dell’altro, osservando il
curioso ripetersi di equilibri, di linearismi e di medesimi stratagemmi compositivi, si capisce come iconico e
aniconico siano solo due facce di quella stessa medaglia che punta al raggiungimento di uno stato di
equilibrio dinamico dopo il quale si può definitivamente staccare il pennello dal supporto e dichiarare
concluso il lavoro.
Sebesta questo equilibrio lo raggiunge attraverso il suo amore arcaico per l’arte romanica e bizantina con
figure filiformi che sembrano uscite dalle lettere capitali miniate di un codice medievale. Lui stesso dichiara:
“L'impiego emozionale della segnatura della figura e del contorno e la libertà cromatica che nell'arte
romanica trovano molte occasioni originali di concorso hanno accompagnato tutta la vicenda della mia vita
pittorica, in particolare l'accesso alle tipologie figurative umane liberate dai tradizionali vincoli naturalistici
che caratterizzano la proposta moderna”. Nei suoi quadri è infatti molto interessante osservare come la
tendenza all’astrazione che storicamente comincia a emergere in Europa tra Ottocento e Novecento non
abbia bisogno di pretesti contemporanei ma possa guardare al medioevo e alle sue naturali deformazioni
formali, frutto di sintesi e trasporto spirituale. Le licenze che si concede nella rappresentazione delle forme
non sono infatti dovute a un semplice gusto per l'espressività caricaturale ma a esigenze compositive in cui
gli arti si allungano, i corpi si flettono, le teste si schiacciano a stabilire uno spazio che dona al quadro quelle
qualità astratte in grado di legittimarlo come opera autonoma. In questo fare c’è un amore per Matisse e per
quella stessa visione per cui ogni elemento figurativo costituisce anche un campo cromatico e materico
valevole per le sue caratteristiche intrinseche. Il gusto per l’arabesco e il decorativismo lineare, in
quell’incontro tra occidente e oriente medievale che prende le forme poi di Bisanzio e della tradizione
ortodossa, concludono ma non esauriscono gli interessi artistici di Sebesta, sempre attratto da nuovi stimoli
formali, stilistici e culturali. Ad esempio il piacere per l’appiattimento bidimensionale o la tendenza ad
astrarre, trovano un'espressione “locale” nei lavori dedicati ai luoghi di Trento, alla collina di Via della
Cervara, alla Parrocchia di S. Croce e a Cadine, con la loro orografia vertiginosa che sembra prestarsi
perfettamente alle esigenze formali dell’autore, interessato a mediare tra realismo del soggetto e invenzione
del quadro. Altre volte Sebesta dà sfogo alla sua colta curiosità in soggetti di stampo classico, biblico e
mitologico che ripropongono sempre nuove e originali interpretazioni del ricco repertorio iconografico della
storia dell’arte.
Franco Manzoni viceversa preferisce conservare una sorta di ingenua spontaneità per quanto riguarda la
pittura che, in un linguaggio totalmente astratto di matrice gestuale e materica, affronta ogni dipinto come
storia a sé, legato in maniera solo sotterranea a tutti gli altri della sua produzione. Per Manzoni la tematica
territoriale o “topografica” ha invece grande importanza. Molti suoi quadri, anche per la materia di cui sono
composti, sono riconducibili a vedute dall’alto di territori possibili: coste, valici, montagne e mari infuocati
caratterizzati da un’orizzontalità e da un richiamo alla terra che vengono poi riportati nella verticalità della
pittura. Difficile però incasellare il pittore in uno stile o una pratica costante. Nel suo approccio al quadro si
applica un sistema di problem solving, in cui ogni composizione risponde a esigenze e richieste sue proprie,
mai ripetibili in una serie e senza alcuna preoccupazione per esigenze di riconoscibilità o continuità. In
questo eclettismo del fare emerge un’impostazione esistenziale alla pittura per cui, come nella vita, nessuna
esperienza, impressione, sensazione si può recuperare o ripetere artificiosamente: una volta fatto tutto è
perduto, passato, cristallizzato definitivamente in una forma. Così anche il quadro non può essere creato
come in laboratorio ma diventa l’effetto naturale di un momento, di un contesto e di un rapporto contingenti
con la materia. Nonostante questo il raggiungimento finale non ha i caratteri della transitorietà ma si staglia
autonomamente per le sue qualità materiche e coloristiche: uno scatto fotografico (da cui la sua qualità di
orma o traccia esistenziale) che riporta l’osservatore a rivivere in maniera empatica la genesi del lavoro e
tutte le sue avventurose peripezie.
Sebesta e Manzoni si sono incontrati e frequentati per diversi anni, hanno visitato le reciproche mostre,
hanno guardato e parlato delle proprie pitture. Ora finalmente si ritrovano assieme a esporre nello stesso
spazio in una mostra dove la contrapposizione tra figurativo e astratto diventa occasione di incontro e
dialogo, nonché omaggio all'attività così discreta e preziosa di Carlo Sebesta.
Riflessioni. Carlo Sebesta/Franco Manzoni
a cura di Clio Boboti e Gabriele Salvaterra
dal 7 al 30 luglio 2016
inaugurazione, giovedì 7 luglio, ore 18
Trento, Palazzo Trentini
Via G. Manci, 27 - 38122 Trento
info: mcrespi63@gmail.com – gabriele.salvaterra@yahoo.it
07
luglio 2016
Carlo Sebesta / Franco Manzoni – Riflessioni
Dal 07 al 30 luglio 2016
arte contemporanea
Location
PALAZZO TRENTINI
Trento, VIA MANCI, 27, (Trento)
Trento, VIA MANCI, 27, (Trento)
Orario di apertura
da lunedì al venerdì dalle 10 alle 18, sabato dalle 9 alle 12
Vernissage
7 Luglio 2016, h 18
Autore
Curatore