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Cati | Debellis | Frontini
In mostra le opere di tre artiste che attingono, seppur in maniera diversa, all’arte antica e femminile della tessitura, rielaborandone tecniche, prodotti e contenuti nella loro ricerca artistica: Susanna Cati, Veronica Debellis e Eliana Frontini.
Comunicato stampa
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Sabato 5 marzo 2011, alle ore 18.30, la Libreria Moderna, Via Garibaldi 272, a Rieti, inaugura TRAME, mostra d’arte contemporanea, a cura di Barbara Pavan, promossa da Studio7.it.
In mostra le opere di tre artiste che attingono, seppur in maniera diversa, all’arte antica e femminile della tessitura, rielaborandone tecniche, prodotti e contenuti nella loro ricerca artistica: Susanna Cati, Veronica Debellis e Eliana Frontini.
Le opere di Susanna Cati, così matericamente diverse tra loro, fanno tutte parte del percorso de ‘Il filo dell’anima’. Scrive l’artista: ‘Narra una storia Navajo di una giovane donna che non sapeva cosa fare della sua vita e si mise in cammino. Nel deserto s’imbatté in un buco dove trovò la donna-ragno che le insegnò l’arte della tessitura, una conoscenza da tramandare di donna in donna, di generazione in generazione. Da allora, tutti i tessuti delle donne Navajo hanno un buco, per ricordare l’insegnamento della Madre. Come il ragno tesse la tela con sostanze prodotte da se stesso, così attraverso la tessitura è possibile esprimere la struttura e il movimento dell’universo. Legare la trama con il filo dell’anima; l’opera come monade che racchiude l’essenziale della complessità dello spirito dei materiali, la comprensione di leggi ottiche, gli elementi della sua estetica e la poesia della loro interpretazione’.
Una serie di opere, quella esposta in questa mostra da Veronica Debellis, realizzata partendo dal corredo da sposa: tovaglie, lenzuola, asciugamani tagliati, incollati, ricuciti, riassemblati. Brandelli di una vita già tracciata che inverte il suo destino, si ribella, si distrugge per reinventarsi e risorgere come un’araba fenice. Sono opere, quella della Debellis, che raccontano non una ma tante storie, quasi un ‘diario’ senza un vero inizio, senza epilogo, senza alcun giudizio o pregiudizio. C’è tutto: la morte e la rinascita, il dolore e la gioia, la tenacia, la forza e la fragilità, il passato, il presente e un futuro aperto ad ogni possibilità, libero da preconfezionamenti in cui la memoria è risorsa e radice ma mai zavorra. ‘Necessaria puntualizzazione’ - scrive l’artista – ‘Non ho mai voluto sposarmi e non strappo il corredo perché un uomo ha preso a calci il mio cuore sull’altare: il corredo da sposa è la memoria più inutile e ingombrante che mia madre abbia prodotto per me. Tovaglie tonde, quadrate, ovali da 6, da 8, da 12 (non si sa mai!) tristemente demodé, lenzuola di puro lino e fibra d’oro e diamante che se ti cade una goccia di potente antirughe sono 30 euro di lavanderia e non sai se viene pulito’
Le opere di Eliana Frontini appartengono alla serie di ‘Non sempre il paradiso può attendere’, fotografie di angeli cucite su pezzi strappati di vecchi lenzuoli. Il filo nero utilizzato è quello da sutura, atto a ricongiungere i lembi di una ferita. Gli angeli cuciti hanno una storia concettuale alfine positiva: dai drammatici ex voto di Rexurrexit, alle tele libere che scendevano dal soffitto in Isolina e le altre o di Alt, il corpo è mio, entrambe incentrate sulla violenza sulle donne, gli ultimi angeli della Frontini vengono liberati: il filo, infatti, è tagliato. Dai primi angeli, quindi, che riassumevano la ricerca artistica riguardante riflessioni sulla violenza e sulla memoria e sul fatto che esiste, viva e tangibile, una quarta dimensione dell’opera d’arte, concretizzata convenzionalmente nel tempo, abbiamo qui un proseguimento concettuale dove l’angelo, medicato, sta guarendo, indipendente e finalmente privo di costrizioni. Tutte le fotografie sono state completate e rese uniche dalla cucitura. Il fotografo scatta e ritrae la realtà. L’artista opera sulla realtà fotografata, trasformando le ombre e i desideri e guidando l’immagine verso il trascendente, verso l’inconoscibile.
In mostra le opere di tre artiste che attingono, seppur in maniera diversa, all’arte antica e femminile della tessitura, rielaborandone tecniche, prodotti e contenuti nella loro ricerca artistica: Susanna Cati, Veronica Debellis e Eliana Frontini.
Le opere di Susanna Cati, così matericamente diverse tra loro, fanno tutte parte del percorso de ‘Il filo dell’anima’. Scrive l’artista: ‘Narra una storia Navajo di una giovane donna che non sapeva cosa fare della sua vita e si mise in cammino. Nel deserto s’imbatté in un buco dove trovò la donna-ragno che le insegnò l’arte della tessitura, una conoscenza da tramandare di donna in donna, di generazione in generazione. Da allora, tutti i tessuti delle donne Navajo hanno un buco, per ricordare l’insegnamento della Madre. Come il ragno tesse la tela con sostanze prodotte da se stesso, così attraverso la tessitura è possibile esprimere la struttura e il movimento dell’universo. Legare la trama con il filo dell’anima; l’opera come monade che racchiude l’essenziale della complessità dello spirito dei materiali, la comprensione di leggi ottiche, gli elementi della sua estetica e la poesia della loro interpretazione’.
Una serie di opere, quella esposta in questa mostra da Veronica Debellis, realizzata partendo dal corredo da sposa: tovaglie, lenzuola, asciugamani tagliati, incollati, ricuciti, riassemblati. Brandelli di una vita già tracciata che inverte il suo destino, si ribella, si distrugge per reinventarsi e risorgere come un’araba fenice. Sono opere, quella della Debellis, che raccontano non una ma tante storie, quasi un ‘diario’ senza un vero inizio, senza epilogo, senza alcun giudizio o pregiudizio. C’è tutto: la morte e la rinascita, il dolore e la gioia, la tenacia, la forza e la fragilità, il passato, il presente e un futuro aperto ad ogni possibilità, libero da preconfezionamenti in cui la memoria è risorsa e radice ma mai zavorra. ‘Necessaria puntualizzazione’ - scrive l’artista – ‘Non ho mai voluto sposarmi e non strappo il corredo perché un uomo ha preso a calci il mio cuore sull’altare: il corredo da sposa è la memoria più inutile e ingombrante che mia madre abbia prodotto per me. Tovaglie tonde, quadrate, ovali da 6, da 8, da 12 (non si sa mai!) tristemente demodé, lenzuola di puro lino e fibra d’oro e diamante che se ti cade una goccia di potente antirughe sono 30 euro di lavanderia e non sai se viene pulito’
Le opere di Eliana Frontini appartengono alla serie di ‘Non sempre il paradiso può attendere’, fotografie di angeli cucite su pezzi strappati di vecchi lenzuoli. Il filo nero utilizzato è quello da sutura, atto a ricongiungere i lembi di una ferita. Gli angeli cuciti hanno una storia concettuale alfine positiva: dai drammatici ex voto di Rexurrexit, alle tele libere che scendevano dal soffitto in Isolina e le altre o di Alt, il corpo è mio, entrambe incentrate sulla violenza sulle donne, gli ultimi angeli della Frontini vengono liberati: il filo, infatti, è tagliato. Dai primi angeli, quindi, che riassumevano la ricerca artistica riguardante riflessioni sulla violenza e sulla memoria e sul fatto che esiste, viva e tangibile, una quarta dimensione dell’opera d’arte, concretizzata convenzionalmente nel tempo, abbiamo qui un proseguimento concettuale dove l’angelo, medicato, sta guarendo, indipendente e finalmente privo di costrizioni. Tutte le fotografie sono state completate e rese uniche dalla cucitura. Il fotografo scatta e ritrae la realtà. L’artista opera sulla realtà fotografata, trasformando le ombre e i desideri e guidando l’immagine verso il trascendente, verso l’inconoscibile.
05
marzo 2011
Cati | Debellis | Frontini
Dal 05 marzo al 02 aprile 2011
arte contemporanea
Location
LIBRERIA MODERNA
Rieti, Via Garibaldi, 272, (Rieti)
Rieti, Via Garibaldi, 272, (Rieti)
Orario di apertura
Martedì – sabato ore 10-13 e 16-20; lunedì ore 16-20
Vernissage
5 Marzo 2011, ore 18.30
Sito web
www.associazionestudio7.it
Autore
Curatore