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Catia Magni – Leggerezza
Perché gli emblemi che lei disegna altro .. sono che delle conchiglie alle quali mi sono immediatamente affezionato per un motivo molto semplice: la loro evidente natura femminile, …e soltanto quando mi sono infilato in un museo di New York, il Guggenheim, proprio quello disegnato da Wright…..
Comunicato stampa
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Cara Catia Magni,
tu parli come un genio
intelligente e bambino.
Deve essere andata così.
Da quando sono diventato insofferente nei confronti del “genere umano”, per colpa del “genere”, perché grida al posto di parlare, si dedica quotidianamente alla guerra, si esplode seminando terrore e morti ammazzati, sono più che convinto che questo, e non un altro, sia il mestiere protagonista del nostro tempo. E quando sempre il “genere umano” sale in auto per fare un viaggio, combina sfracelli, sempre a base di chiasso, e di velocità, dimenticando che dovremmo al contrario apprendere l’arte della lentezza…
Ecco che la mia natura si è fatta molto attenta alle figure che esistono, da millenni, negli alberi, nell’acqua, nei prati, nelle foglie e nei fossili, loro prodotti naturali: e proprio da loro ho ricominciato a guardare con fiducia quello che ci resta. Che è molto ed ha un aspetto assolutamente incantevole. Queste considerazioni, o scoperte, mi sono state confermate quando ho avuto sotto il naso un catalogo dal titolo “Nocte” che raccoglie una bella quantità di quadri e disegni firmati da Catia Magni, nata a Parma nel 1961 e da me incontrata in un luogo magico, a lei ben noto, e che sta nella vallata che circonda la città di Parma dove si annidano, anche se sporgono nettamente dalle colline, dei castelli come quelli di Torrechiara, e a dir poco meravigliosi come quello di Montechiarugolo: una volta entrato nei viali, respirando l’aria ero sopraffatto dalla bellezza di quel castello che reclamava la mia sorpresa e la mia attenzione.
E mi son detto: possibile che sia così cretino o ignorante da non aver mai visto queste bellezze? Sono stato in America mille volte e ne ho viste, nello Utah, nell’Arizona, nel Colorado, nel New Mexico… possibile che mi sia svegliato soltanto adesso per vedere la bellezza che adesso mi sta sotto il naso e quasi alla porta di casa?
Nel castello di Montechiarugolo ho incontrato il pittore Catia Magni ......mi caccia sotto il naso il suo catalogo di quadri dove ritrovo i nostri parenti naturali. Perché gli emblemi che lei disegna altro non sono che delle conchiglie alle quali mi sono immediatamente affezionato per un motivo molto semplice: la loro evidente natura femminile, e le tracce o emblemi di quei motivi, aperture, cavità, profondità, che stanno da sempre sotto il nostro naso di guardoni di femmine, mentre io ero distratto da altre grandiosità, come le architetture di certi maestri disegnatori, a cominciare da Frank Lloyd Wright, da Mies van der Rohe, da Richard Neutra, i quali mi avevano del tutto incantato: e soltanto quando mi sono infilato in un museo di New York, il Guggenheim, proprio quello disegnato da Frank Lloyd Wright, mi sono accorto di salire, entrare, camminare e prender fiato proprio in un emblema femminile dentro il quale stavano dei quadri. Se non ci fossero stati i quadri sarebbe stato quasi meglio perché la conchiglia dell’architettura di Wright, l’emblema femminile nel quale l’uomo fiuta a lungo, guarda, s’infila, passeggia per poi rintanarsi proprio là dentro, per sognare e gioire, è quello giusto. Stupore per aver ritrovato in una architettura quello che ci aveva tenuto in vita.
I quadri e i disegni di Catia Magni, quando ti mettono sotto il naso proprio quegli emblemi che ci insegnano a guardare l’eternità e la qualità della natura femminile, ti fanno avere più coraggio e confidenza in quella parte del mondo che è meglio guardare invece di distrarci. Ecco le sue grandissime conchiglie , un disegno a grafite su carta, la scala conchiglia, un letto in ferro battuto sul quale riposano – ma staranno proprio dormendo? – delle vere conchiglie e altre iniezioni femminili alle quali non si sfugge perché il richiamo, considerando la bravura di chi le ha disegnate e il loro contenuto, formale e animale, mi lasciano senza fiato, ma affamato.
Come non bastasse l’infame Catia non ha sistemato le sue opere in una galleria d’arte, ma le ha diabolicamente impaginate nelle stanze del castello di Torrechiara, a un passo da Parma, dove le sue opere stanno di casa per il semplice motivo che le pareti, i soffitti e “l’aria” – quella, proprio l’aria – che sta come protagonista in quel castello, dà ai suoi disegni “Conchigliari” – ma si un titolo di nobiltà, ci vuole per le conchiglie – e che mi ha lasciato sedotto. Dunque: forse basta che qualcuno ci lasci sotto gli occhi una conchiglia dell’antica nobiltà “Conchigliare” che il nostro sistema nervoso si fa attento e, forse, si distrae di meno, attratti dai suoi protagonisti che diventano, all’istante, degli esempi di bravura e di seduzione. Poi…poi cosa? Poi si vedrà. Intanto per non dimenticare, mi piace Catia quando parla nella sua lingua, o dialetto di Parma, e lo fa quando si ricorda di Ettore Guatelli che, poco lontano dalla sua casa, aveva inventato quello strano museo di “oggetti”, un museo unico al mondo. E Catia, quando ricorda quel genio di Guatelli parla nella loro lingua. Al quale è stato dedicato un libro di fotografie – scattate dai fratelli Ragazzini dal titolo “Il Museo è qui”. Libro che lei stessa ha curato. Un museo che si trova a Ozzano Taro. E poi? Poi si vedrà. Siccome sta scritto: “si vedrà”, racconto cosa ho visto nei nuovi quadri di Catia Magni. Che per la verità ho visto soltanto nelle diapositive, come ormai spesso capita a chi scrive. E a chi, come me, è pigro. Ma i quadri bisogna assolutamente guardarli da vicino, vedere cosa è capitato di nuovo e se le conchiglie sono ancora le protagoniste assolute della sua pittura. Credo di no. La novità sta proprio nel segno, o nel disegno di quello che sta sulla tavola o sulla carta. Ho visto degli arti, o frammenti di una costellazione che aveva, come protagonista, un arto, un gomito, un braccio, una curva attraente che ci chiede di essere guardata. Cosa che abbiamo fatto sia guardando, da vicino, questi suoi nuovi quadri. Che sono femminili, ma decisi, non c’è la minima vaghezza, perché la discrezione che anima e tiene in piedi la stella di Catia è una discrezione carnale, e se la carne è lì, qualunque forma Catia le abbia dato, sempre carne è. Una carne dipinta, uno stemma, forse anche araldico se è vero, come è vero, che le femmine sono, da sempre, araldiche.
Giorgio Soavi
tu parli come un genio
intelligente e bambino.
Deve essere andata così.
Da quando sono diventato insofferente nei confronti del “genere umano”, per colpa del “genere”, perché grida al posto di parlare, si dedica quotidianamente alla guerra, si esplode seminando terrore e morti ammazzati, sono più che convinto che questo, e non un altro, sia il mestiere protagonista del nostro tempo. E quando sempre il “genere umano” sale in auto per fare un viaggio, combina sfracelli, sempre a base di chiasso, e di velocità, dimenticando che dovremmo al contrario apprendere l’arte della lentezza…
Ecco che la mia natura si è fatta molto attenta alle figure che esistono, da millenni, negli alberi, nell’acqua, nei prati, nelle foglie e nei fossili, loro prodotti naturali: e proprio da loro ho ricominciato a guardare con fiducia quello che ci resta. Che è molto ed ha un aspetto assolutamente incantevole. Queste considerazioni, o scoperte, mi sono state confermate quando ho avuto sotto il naso un catalogo dal titolo “Nocte” che raccoglie una bella quantità di quadri e disegni firmati da Catia Magni, nata a Parma nel 1961 e da me incontrata in un luogo magico, a lei ben noto, e che sta nella vallata che circonda la città di Parma dove si annidano, anche se sporgono nettamente dalle colline, dei castelli come quelli di Torrechiara, e a dir poco meravigliosi come quello di Montechiarugolo: una volta entrato nei viali, respirando l’aria ero sopraffatto dalla bellezza di quel castello che reclamava la mia sorpresa e la mia attenzione.
E mi son detto: possibile che sia così cretino o ignorante da non aver mai visto queste bellezze? Sono stato in America mille volte e ne ho viste, nello Utah, nell’Arizona, nel Colorado, nel New Mexico… possibile che mi sia svegliato soltanto adesso per vedere la bellezza che adesso mi sta sotto il naso e quasi alla porta di casa?
Nel castello di Montechiarugolo ho incontrato il pittore Catia Magni ......mi caccia sotto il naso il suo catalogo di quadri dove ritrovo i nostri parenti naturali. Perché gli emblemi che lei disegna altro non sono che delle conchiglie alle quali mi sono immediatamente affezionato per un motivo molto semplice: la loro evidente natura femminile, e le tracce o emblemi di quei motivi, aperture, cavità, profondità, che stanno da sempre sotto il nostro naso di guardoni di femmine, mentre io ero distratto da altre grandiosità, come le architetture di certi maestri disegnatori, a cominciare da Frank Lloyd Wright, da Mies van der Rohe, da Richard Neutra, i quali mi avevano del tutto incantato: e soltanto quando mi sono infilato in un museo di New York, il Guggenheim, proprio quello disegnato da Frank Lloyd Wright, mi sono accorto di salire, entrare, camminare e prender fiato proprio in un emblema femminile dentro il quale stavano dei quadri. Se non ci fossero stati i quadri sarebbe stato quasi meglio perché la conchiglia dell’architettura di Wright, l’emblema femminile nel quale l’uomo fiuta a lungo, guarda, s’infila, passeggia per poi rintanarsi proprio là dentro, per sognare e gioire, è quello giusto. Stupore per aver ritrovato in una architettura quello che ci aveva tenuto in vita.
I quadri e i disegni di Catia Magni, quando ti mettono sotto il naso proprio quegli emblemi che ci insegnano a guardare l’eternità e la qualità della natura femminile, ti fanno avere più coraggio e confidenza in quella parte del mondo che è meglio guardare invece di distrarci. Ecco le sue grandissime conchiglie , un disegno a grafite su carta, la scala conchiglia, un letto in ferro battuto sul quale riposano – ma staranno proprio dormendo? – delle vere conchiglie e altre iniezioni femminili alle quali non si sfugge perché il richiamo, considerando la bravura di chi le ha disegnate e il loro contenuto, formale e animale, mi lasciano senza fiato, ma affamato.
Come non bastasse l’infame Catia non ha sistemato le sue opere in una galleria d’arte, ma le ha diabolicamente impaginate nelle stanze del castello di Torrechiara, a un passo da Parma, dove le sue opere stanno di casa per il semplice motivo che le pareti, i soffitti e “l’aria” – quella, proprio l’aria – che sta come protagonista in quel castello, dà ai suoi disegni “Conchigliari” – ma si un titolo di nobiltà, ci vuole per le conchiglie – e che mi ha lasciato sedotto. Dunque: forse basta che qualcuno ci lasci sotto gli occhi una conchiglia dell’antica nobiltà “Conchigliare” che il nostro sistema nervoso si fa attento e, forse, si distrae di meno, attratti dai suoi protagonisti che diventano, all’istante, degli esempi di bravura e di seduzione. Poi…poi cosa? Poi si vedrà. Intanto per non dimenticare, mi piace Catia quando parla nella sua lingua, o dialetto di Parma, e lo fa quando si ricorda di Ettore Guatelli che, poco lontano dalla sua casa, aveva inventato quello strano museo di “oggetti”, un museo unico al mondo. E Catia, quando ricorda quel genio di Guatelli parla nella loro lingua. Al quale è stato dedicato un libro di fotografie – scattate dai fratelli Ragazzini dal titolo “Il Museo è qui”. Libro che lei stessa ha curato. Un museo che si trova a Ozzano Taro. E poi? Poi si vedrà. Siccome sta scritto: “si vedrà”, racconto cosa ho visto nei nuovi quadri di Catia Magni. Che per la verità ho visto soltanto nelle diapositive, come ormai spesso capita a chi scrive. E a chi, come me, è pigro. Ma i quadri bisogna assolutamente guardarli da vicino, vedere cosa è capitato di nuovo e se le conchiglie sono ancora le protagoniste assolute della sua pittura. Credo di no. La novità sta proprio nel segno, o nel disegno di quello che sta sulla tavola o sulla carta. Ho visto degli arti, o frammenti di una costellazione che aveva, come protagonista, un arto, un gomito, un braccio, una curva attraente che ci chiede di essere guardata. Cosa che abbiamo fatto sia guardando, da vicino, questi suoi nuovi quadri. Che sono femminili, ma decisi, non c’è la minima vaghezza, perché la discrezione che anima e tiene in piedi la stella di Catia è una discrezione carnale, e se la carne è lì, qualunque forma Catia le abbia dato, sempre carne è. Una carne dipinta, uno stemma, forse anche araldico se è vero, come è vero, che le femmine sono, da sempre, araldiche.
Giorgio Soavi
18
settembre 2010
Catia Magni – Leggerezza
Dal 18 settembre al 03 ottobre 2010
arte contemporanea
Location
SPAZIO 6
Verona, Via Santa Maria In Organo, 6, (Verona)
Verona, Via Santa Maria In Organo, 6, (Verona)
Orario di apertura
ore 16,30-19,30
Vernissage
18 Settembre 2010, ore 18,00
Autore
Curatore