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Cecilia Natale – Le conseguenze del tessere … dalla tessitura alla Fiber Art
Nella mostra l’artista espone 17 opere prodotte dal 1995 al 2009 che riguardano la sua esperienza in questo ambito artistico, maturata in lei dopo la lunga pratica del tessere tradizionale.
Comunicato stampa
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E’ questo il titolo della mostra personale di Fiber Art che Cecilia Natale tiene a Roma al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo dal 1° settembre al 4 ottobre 2009. Catalogo Palombi Editori con scritti del Prof. Claudio Strinati, Soprintendente per il Polo Museale della città di Roma, di Cecilia Natale, Mirella Bentivoglio, Luisa Chiumenti e Franca Zoccoli.
La mostra è stata promossa e sponsorizzata dalla Sandilane s.a.s.. di Sandigliano (Biella) storica ditta produttrice di filati per aguglieria “…. che confida di aiutare a diffondere la conoscenza e la pratica della Fiber Art quale espressione artistica moderna e dinamica…”
E’ la prima volta che nel Museo viene presentato questo linguaggio artistico e questa particolarità è stata evidenziata dal Prof. Claudio Strinati, Soprintendente per il Polo Museale della città di Roma, nella sua introduzione in catalogo “…. E’ una esperienza tutta particolare quella della Natale e va detto come la Soprintendenza abbia voluto questa manifestazione per far conoscere meglio una vicenda in cui l’equilibrio sempre precario e insieme indispensabile tra manufatto e natura ha portato l’autrice a risultati veramente interessanti e a proposte ben poco prevedibili partendo dai presupposti tipici del suo ambito di lavoro. Il suo tessere “fuori dal telaio” diventa così un modo di fare arte innovativo da un lato ma, di fatto, inserito in una tradizione remota che ha ancora molto da dire e insegnare.
La Fiber Art, infatti, è particolarmente sostenuta ed apprezzata all’estero come vera e propria esperienza d’arte figurativa. Ci auguriamo che ciò possa accadere, sempre più, anche in Italia.
Nella mostra l’artista espone 17 opere prodotte dal 1995 al 2009 che riguardano la sua esperienza in questo ambito artistico, maturata in lei dopo la lunga pratica del tessere tradizionale.
Come dice l’artista stessa nell’introduzione in catalogo “… Il mio approdo nel mondo della tessitura è avvenuto con un innamoramento a prima vista nei lontani anni ’90. Un casuale incontro in un trullo di Alberobello nelle Puglie con una tessitrice e il suo telaio, hanno dato il via al riconoscimento del mio bisogno di rapportarmi con quello strumento. Ho così scoperto quale magia ci fosse nel trasformare un semplice filo in un tessuto che diventa autonomo dal filo stesso e con il quale, a sua volta, si può dare corpo ad altro. Due oggetti - telaio e filo - che ne formano un terzo che a sua volta ne può formare un quarto…... La curiosità, però, di superare il semplice intreccio tra ordito e trama ….. mi hanno spinto ad andare oltre e provare a tessere “fuori dal telaio” ….. questa spinta, anche emotiva, mi ha portato a “vedere” gli oggetti che mi circondano non più solo nella loro funzione primaria…. e posso dire che il tessere mi ha fatto approdare lì dove esso stesso ha senso e significato: imbastire relazioni, tessere legami e accogliere la coralità del fare”
Questo percorso è evidenziato, in particolare, attraverso alcune opere. Per esempio “Il telaio circolare” lavoro in cui utilizza una ruota di bicicletta con la quale la Natale riprende la nota opera di Duchamp cercando di darle una lettura del tutto personale così come, estesamente segnala Mirella Bentivoglio nella presentazione in catalogo “….. Un’idea che richiedeva il previo abbattimento mentale di ogni convenzione, sia tessile che plastico-artistica ….. Quest’opera somma l’utensile, ossia la ruota della filatrice, al risultato ultimo dell’atto del filare: il tessile. Un compendio di mezzo e messaggio che, mediante l’inedito intervento, volta di segno la parte trainante (e solo una di due) di uno strumento di locomozione. E aggiungerò che, grazie a un rilevato tassello centrale a tergo, quest’opera rimane un poco staccata dalla parete ..… La ruota di Cecilia si proclama oggetto, e fessurato filtro di spazio, ma senza violenze; e senza il ricorso a un monumentaleggiante piedestallino come fu invece il caso della ruota di bicicletta di Duchamp, precorritore seminale tuttavia non ancora sganciato dalle consuetudini espositive di ogni scultura …. Ma la liberazione del segno non venne compiuta fino in fondo: l’objet trouvé fu proposto sullo stesso piano visivo di uno strumento di appoggio disegnato dall’artista, con uno sviante rientro della complessiva immagine nella sfera dell’utilitarismo da cui si dichiarava rimossa …..”
Nelle opere più recenti Cecilia si è sperimentata in operazioni anche di installazioni quali “Il miele dell’ape tessitrice” e “La raccolta delle idee”. Come sottolinea nella presentazione in catalogo Franca Zoccoli: “… Fra le opere ambientali più suggestive si può annoverare Il miele dell’ape tessitrice con le sue reti avvolte, pendenti dal soffitto: “favi-lampadari” che imprigionano, fra le maglie, gemme splendenti simili a gocce di miele; nelle scansie sulla parete in fondo, file di barattoli raccolgono gli scarti delle operaie umane: variopinti pezzetti di lana. L’ape ci rammenta l’Emily Dickinson di The Clover and the Bee: in modo analogo con Cecilia Natale le umili cose dell’esperienza giornaliera innescano pensieri a vasto raggio. Nel campo dell’installazione si avverte, forse più che in altri tipi di lavoro, l’attualità dell’approccio che travalica il post-moderno; non solo e non tanto per le incursioni nella storia dell’arte – i fiori memori di Andy Warhol, le occhiute sagome zoomorfe riecheggianti Miró – quanto per l’impermanenza che è nella natura stessa dell’opera. Un esempio emblematico è offerto da La raccolta delle idee che allude al riciclaggio, fisico e mentale, e alla valorizzazione estetica dei rifiuti. I simboli qui riuniti di femminile domesticità – la scopa, la paletta della spazzatura, i fili a spolette, i ritagli di stoffa, il gomitolo (che ci ricorda quelli di Edita Broglio in certi suoi quadri para-surreali) sono assemblati ogni volta in modo necessariamente diverso. L’opera respira e vive nel suo farsi: come già affermava per i suoi quadri Jackson Pollock; come forse sentiva la stessa Penelope usando a pretesto i Proci; come credono, da un passato immemore, i monaci tibetani che distruggono, appena terminato, il mandala messo insieme con infinita pazienza, un granello dopo l’altro. E’ una mimesi del pulsare del mondo che ben si attaglia al “pensiero debole” tuttora vigente, al nostro senso di incertezza e di transitorietà. Concluso il tempo dei feticismi, quello che conta è l’intuizione, l’idea, il breve lampo di luce fra raggiungimento e decostruzione”
La mostra testimonia come, spinti da una necessità creativa, ci si possa evolvere da una meccanicità tipicamente artigianale a una manualità che sappia dare espressione a antropologiche (ontologiche) necessità proprie dell’animo umano.
Il significato di trama e di ordito sconfina, infatti, dal semplice riferimento al telaio poiché è la precondizione per il raggiungimento della forma in qualsiasi espressione artistica. Si pensi al linguaggio costantemente usato sia che si tratti di parlare della trama di una operazione pittorica che di quella di un romanzo o del tessuto di una struttura biologica sì che sembri il mondo, appunto, strutturare se stesso su questa costruzione che la creatività tende a risciogliere per ricomporre in un linguaggio di comunicazione e di comunione con il mondo stesso.
La poetica della Natale in questa sua fiducia nell’operare nella tessitura, affronta una problematica culturalmente attuale: quella del rapporto dell’esperienza creativa legata alla percezione della materia e alla specificità dei mezzi.
L’artista stessa lo evidenzia nella sua introduzione e nell’impostazione della mostra, tanto è vero che all’interno di questa la Natale ha voluto ricreare in una stanza un “Angolo di laboratorio” proprio nel desiderio di incuriosire ed invogliare ad intraprendere l’esperienza tessile e comunicare, comunque l’importanza di coltivare la creatività.
“……Partendo dall’artigianato - come puntualmente sottolinea nella sua presentazione in catalogo Luisa Chiumenti – ha realizzato stoffe, scialli e borse, ma da qui si è andata formulando in lei una sorta di curiosità verso la possibilità di usare quell’intreccio, tipico della tessitura, anche al di fuori del telaio. Ne sono scaturite quindi le prime opere basate sulla composizione strutturale del telaio e della cornice, ma intrecciando, fra un ordito e una trama, materiali diversi. Si tesse così anche il senso di un particolare uso dei materiali stessi, che, trovati casualmente o ricercati al di fuori della tessitura (corda, carta, fili di ogni tipo, etc.), vengono intrecciati dalla mano dell’artista, con nodi semplici, elementari ed intuibili, prescindendo quasi sempre da un disegno preordinato, ma anzi è spesso proprio un certo materiale che stimola la progettazione dell’opera …….. Se infatti nuove pratiche e linguaggi del creativo hanno stimolato, negli ultimi anni, un vero e proprio laboratorio di tecnologie diverse, molto variegato ed articolato, certamente, a mio avviso, la Fiber Art, ne ha accolto la massima parte. L’importante corrente artistica che si è sviluppata storicamente agli inizi del ‘900 portando avanti un lavoro attento e sottile compiuto dalle avanguardie del periodo Bauhaus, e che ha portato le proprie istanze (sia pure con altre accezioni) ancora avanti nel tempo, fino ad espressioni tipiche del periodo futurista, forse è riuscita a suscitare le più vive suggestioni negli artisti contemporanei….”
Infine, particolarmente interessante è l’esperienza realizzata a “quattro mani” con il pittore ed orafo Enrico Pinto (nelle opere “Le trappole” e “Il dubbio di Teseo”) dove due diverse attività espressive - quella dei metalli e quella della tessitura - riescono a coniugarsi in una compiutezza formale.
“ L’esperienza di Cecilia Natale è quasi unica nel panorama artistico italiano attuale. Nasce come artista tessile, di rigorosa formazione, e amplia poi a dismisura i suoi orizzonti creativi senza mai dimenticare la propria specificità attraverso un sondaggio, acuto e sottile, di materiali disparati … La mostra vuole restituire una immagine a tutto tondo di un’artista che ha visto la trama e l’ordito in una ruota di bicicletta e ha saputo connettere metallo e fibre in una stessa opera nel convincimento che è la strutturazione del materiale a conferire senso all’atto creativo …. E’ una esperienza tutta particolare quella della Natale e va detto come la Soprintendenza abbia voluto questa manifestazione per far conoscere meglio una vicenda in cui l’equilibrio sempre precario e insieme indispensabile tra manufatto e natura ha portato l’autrice a risultati veramente interessanti e a proposte ben poco prevedibili partendo dai presupposti tipici del suo ambito di lavoro. Il suo tessere “fuori dal telaio” diventa così un modo di fare arte innovativo da un lato ma, di fatto, inserito in una tradizione remota che ha ancora molto da dire e insegnare”
Claudio Strinati
La mostra è stata promossa e sponsorizzata dalla Sandilane s.a.s.. di Sandigliano (Biella) storica ditta produttrice di filati per aguglieria “…. che confida di aiutare a diffondere la conoscenza e la pratica della Fiber Art quale espressione artistica moderna e dinamica…”
E’ la prima volta che nel Museo viene presentato questo linguaggio artistico e questa particolarità è stata evidenziata dal Prof. Claudio Strinati, Soprintendente per il Polo Museale della città di Roma, nella sua introduzione in catalogo “…. E’ una esperienza tutta particolare quella della Natale e va detto come la Soprintendenza abbia voluto questa manifestazione per far conoscere meglio una vicenda in cui l’equilibrio sempre precario e insieme indispensabile tra manufatto e natura ha portato l’autrice a risultati veramente interessanti e a proposte ben poco prevedibili partendo dai presupposti tipici del suo ambito di lavoro. Il suo tessere “fuori dal telaio” diventa così un modo di fare arte innovativo da un lato ma, di fatto, inserito in una tradizione remota che ha ancora molto da dire e insegnare.
La Fiber Art, infatti, è particolarmente sostenuta ed apprezzata all’estero come vera e propria esperienza d’arte figurativa. Ci auguriamo che ciò possa accadere, sempre più, anche in Italia.
Nella mostra l’artista espone 17 opere prodotte dal 1995 al 2009 che riguardano la sua esperienza in questo ambito artistico, maturata in lei dopo la lunga pratica del tessere tradizionale.
Come dice l’artista stessa nell’introduzione in catalogo “… Il mio approdo nel mondo della tessitura è avvenuto con un innamoramento a prima vista nei lontani anni ’90. Un casuale incontro in un trullo di Alberobello nelle Puglie con una tessitrice e il suo telaio, hanno dato il via al riconoscimento del mio bisogno di rapportarmi con quello strumento. Ho così scoperto quale magia ci fosse nel trasformare un semplice filo in un tessuto che diventa autonomo dal filo stesso e con il quale, a sua volta, si può dare corpo ad altro. Due oggetti - telaio e filo - che ne formano un terzo che a sua volta ne può formare un quarto…... La curiosità, però, di superare il semplice intreccio tra ordito e trama ….. mi hanno spinto ad andare oltre e provare a tessere “fuori dal telaio” ….. questa spinta, anche emotiva, mi ha portato a “vedere” gli oggetti che mi circondano non più solo nella loro funzione primaria…. e posso dire che il tessere mi ha fatto approdare lì dove esso stesso ha senso e significato: imbastire relazioni, tessere legami e accogliere la coralità del fare”
Questo percorso è evidenziato, in particolare, attraverso alcune opere. Per esempio “Il telaio circolare” lavoro in cui utilizza una ruota di bicicletta con la quale la Natale riprende la nota opera di Duchamp cercando di darle una lettura del tutto personale così come, estesamente segnala Mirella Bentivoglio nella presentazione in catalogo “….. Un’idea che richiedeva il previo abbattimento mentale di ogni convenzione, sia tessile che plastico-artistica ….. Quest’opera somma l’utensile, ossia la ruota della filatrice, al risultato ultimo dell’atto del filare: il tessile. Un compendio di mezzo e messaggio che, mediante l’inedito intervento, volta di segno la parte trainante (e solo una di due) di uno strumento di locomozione. E aggiungerò che, grazie a un rilevato tassello centrale a tergo, quest’opera rimane un poco staccata dalla parete ..… La ruota di Cecilia si proclama oggetto, e fessurato filtro di spazio, ma senza violenze; e senza il ricorso a un monumentaleggiante piedestallino come fu invece il caso della ruota di bicicletta di Duchamp, precorritore seminale tuttavia non ancora sganciato dalle consuetudini espositive di ogni scultura …. Ma la liberazione del segno non venne compiuta fino in fondo: l’objet trouvé fu proposto sullo stesso piano visivo di uno strumento di appoggio disegnato dall’artista, con uno sviante rientro della complessiva immagine nella sfera dell’utilitarismo da cui si dichiarava rimossa …..”
Nelle opere più recenti Cecilia si è sperimentata in operazioni anche di installazioni quali “Il miele dell’ape tessitrice” e “La raccolta delle idee”. Come sottolinea nella presentazione in catalogo Franca Zoccoli: “… Fra le opere ambientali più suggestive si può annoverare Il miele dell’ape tessitrice con le sue reti avvolte, pendenti dal soffitto: “favi-lampadari” che imprigionano, fra le maglie, gemme splendenti simili a gocce di miele; nelle scansie sulla parete in fondo, file di barattoli raccolgono gli scarti delle operaie umane: variopinti pezzetti di lana. L’ape ci rammenta l’Emily Dickinson di The Clover and the Bee: in modo analogo con Cecilia Natale le umili cose dell’esperienza giornaliera innescano pensieri a vasto raggio. Nel campo dell’installazione si avverte, forse più che in altri tipi di lavoro, l’attualità dell’approccio che travalica il post-moderno; non solo e non tanto per le incursioni nella storia dell’arte – i fiori memori di Andy Warhol, le occhiute sagome zoomorfe riecheggianti Miró – quanto per l’impermanenza che è nella natura stessa dell’opera. Un esempio emblematico è offerto da La raccolta delle idee che allude al riciclaggio, fisico e mentale, e alla valorizzazione estetica dei rifiuti. I simboli qui riuniti di femminile domesticità – la scopa, la paletta della spazzatura, i fili a spolette, i ritagli di stoffa, il gomitolo (che ci ricorda quelli di Edita Broglio in certi suoi quadri para-surreali) sono assemblati ogni volta in modo necessariamente diverso. L’opera respira e vive nel suo farsi: come già affermava per i suoi quadri Jackson Pollock; come forse sentiva la stessa Penelope usando a pretesto i Proci; come credono, da un passato immemore, i monaci tibetani che distruggono, appena terminato, il mandala messo insieme con infinita pazienza, un granello dopo l’altro. E’ una mimesi del pulsare del mondo che ben si attaglia al “pensiero debole” tuttora vigente, al nostro senso di incertezza e di transitorietà. Concluso il tempo dei feticismi, quello che conta è l’intuizione, l’idea, il breve lampo di luce fra raggiungimento e decostruzione”
La mostra testimonia come, spinti da una necessità creativa, ci si possa evolvere da una meccanicità tipicamente artigianale a una manualità che sappia dare espressione a antropologiche (ontologiche) necessità proprie dell’animo umano.
Il significato di trama e di ordito sconfina, infatti, dal semplice riferimento al telaio poiché è la precondizione per il raggiungimento della forma in qualsiasi espressione artistica. Si pensi al linguaggio costantemente usato sia che si tratti di parlare della trama di una operazione pittorica che di quella di un romanzo o del tessuto di una struttura biologica sì che sembri il mondo, appunto, strutturare se stesso su questa costruzione che la creatività tende a risciogliere per ricomporre in un linguaggio di comunicazione e di comunione con il mondo stesso.
La poetica della Natale in questa sua fiducia nell’operare nella tessitura, affronta una problematica culturalmente attuale: quella del rapporto dell’esperienza creativa legata alla percezione della materia e alla specificità dei mezzi.
L’artista stessa lo evidenzia nella sua introduzione e nell’impostazione della mostra, tanto è vero che all’interno di questa la Natale ha voluto ricreare in una stanza un “Angolo di laboratorio” proprio nel desiderio di incuriosire ed invogliare ad intraprendere l’esperienza tessile e comunicare, comunque l’importanza di coltivare la creatività.
“……Partendo dall’artigianato - come puntualmente sottolinea nella sua presentazione in catalogo Luisa Chiumenti – ha realizzato stoffe, scialli e borse, ma da qui si è andata formulando in lei una sorta di curiosità verso la possibilità di usare quell’intreccio, tipico della tessitura, anche al di fuori del telaio. Ne sono scaturite quindi le prime opere basate sulla composizione strutturale del telaio e della cornice, ma intrecciando, fra un ordito e una trama, materiali diversi. Si tesse così anche il senso di un particolare uso dei materiali stessi, che, trovati casualmente o ricercati al di fuori della tessitura (corda, carta, fili di ogni tipo, etc.), vengono intrecciati dalla mano dell’artista, con nodi semplici, elementari ed intuibili, prescindendo quasi sempre da un disegno preordinato, ma anzi è spesso proprio un certo materiale che stimola la progettazione dell’opera …….. Se infatti nuove pratiche e linguaggi del creativo hanno stimolato, negli ultimi anni, un vero e proprio laboratorio di tecnologie diverse, molto variegato ed articolato, certamente, a mio avviso, la Fiber Art, ne ha accolto la massima parte. L’importante corrente artistica che si è sviluppata storicamente agli inizi del ‘900 portando avanti un lavoro attento e sottile compiuto dalle avanguardie del periodo Bauhaus, e che ha portato le proprie istanze (sia pure con altre accezioni) ancora avanti nel tempo, fino ad espressioni tipiche del periodo futurista, forse è riuscita a suscitare le più vive suggestioni negli artisti contemporanei….”
Infine, particolarmente interessante è l’esperienza realizzata a “quattro mani” con il pittore ed orafo Enrico Pinto (nelle opere “Le trappole” e “Il dubbio di Teseo”) dove due diverse attività espressive - quella dei metalli e quella della tessitura - riescono a coniugarsi in una compiutezza formale.
“ L’esperienza di Cecilia Natale è quasi unica nel panorama artistico italiano attuale. Nasce come artista tessile, di rigorosa formazione, e amplia poi a dismisura i suoi orizzonti creativi senza mai dimenticare la propria specificità attraverso un sondaggio, acuto e sottile, di materiali disparati … La mostra vuole restituire una immagine a tutto tondo di un’artista che ha visto la trama e l’ordito in una ruota di bicicletta e ha saputo connettere metallo e fibre in una stessa opera nel convincimento che è la strutturazione del materiale a conferire senso all’atto creativo …. E’ una esperienza tutta particolare quella della Natale e va detto come la Soprintendenza abbia voluto questa manifestazione per far conoscere meglio una vicenda in cui l’equilibrio sempre precario e insieme indispensabile tra manufatto e natura ha portato l’autrice a risultati veramente interessanti e a proposte ben poco prevedibili partendo dai presupposti tipici del suo ambito di lavoro. Il suo tessere “fuori dal telaio” diventa così un modo di fare arte innovativo da un lato ma, di fatto, inserito in una tradizione remota che ha ancora molto da dire e insegnare”
Claudio Strinati
01
settembre 2009
Cecilia Natale – Le conseguenze del tessere … dalla tessitura alla Fiber Art
Dal primo settembre al 04 ottobre 2009
design
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
CASTEL SANT’ANGELO
Roma, Lungotevere Castello, 50, (Roma)
Roma, Lungotevere Castello, 50, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a domenica - ore 10.00 - 19.00
Vernissage
1 Settembre 2009, dalle ore 17.00 alle ore 19.30
Editore
PALOMBI
Autore