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Celso Maggio Andreani – Disegni
La Galleria “Arianna Sartori – Arte & Object design”, a Mantova celebra il centenario della nascita del Maestro Celso Maggio Andreani con una retrospettiva di disegni
Comunicato stampa
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La Galleria “Arianna Sartori - Arte & Object design”, a Mantova in Via Cappello 17, celebra il centenario della nascita del Maestro Celso Maggio Andreani con una retrospettiva di disegni, a cura di Arianna Sartori, che si inaugurerà Venerdì 25 set-tembre alle ore 18.00 e resterà visitabile fino all’8 ottobre 2009.
Per l’occasione è stato edito un catalogo a cura di Arianna Sartori, con testo di Maria Gabriella Savoia, la riproduzione di 36 dipinti ad olio (anni ’60 e ’70) e 14 disegni a carboncino di grande formato, oltre all’antologia critica ed alla notizia biografica e bibliografica.
Le prospettive di Celso Maggio Andreani
Ricostruire la storia di un artista con una ricerca biobibliografica e il lento recupero delle opere, disegni e dipinti, e finalmente, in occasione del centenario della nascita, riuscire ad organizzare una mostra retrospettiva meritevole; questo è stato l’obiettivo che, oggi, Arianna Sartori ha raggiunto da quando alcuni anni or sono, ha esposto per la prima volta, una selezione di opere di Celso Maggio Andreani.
Artista mantovano, Celso Maggio Andreani, ancorché poco ricordato a Mantova, in realtà non aveva necessità di essere “ri-scoperto”, perché durante la sua lunga carriera artistica, molta della allora critica ‘ufficiale’ si era espressa in modo lusinghie-ro; già Francesco Arcangeli, nell’ottobre 1947, durante una sua venuta a Mantova in occasione di una rassegna artistica man-tovana, aveva scritto: “…Sotto un cielo dolce e fumoso, i colori dell’intonaco (dal rosa pesto al grigio, a quella tinta di caffè scolorito che intona Mantova, macerandosi di polvere e di pioggia) si chiudono entro case strette, esili: come personaggi uma-ni d’un piccolo coro, d’una sommessa elegia. Un quadro modesto, forse, ma così sincero da rievocare i sogni che, posson fare certi occhi alla luce d’un tramonto mantovano; da farci nascere l’angoscia di non esser di qui; quella che ci punge quando ci sentiamo esclusi dall’intimo di una vita in cui non entreremo mai”.
La formazione artistica di Celso Maggio Andreani si completa prima, con la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, quindi l’incontro con l’affresco fino all’arte del restauro: antichi capolavori gli sono stati affidati e da lui ri-conquistati all’originale splendore; la conoscenza e la grande passione per la pittura gradualmente trovano, nella ricerca, una autentica necessità e nella capacità d’invenzione il suo appagamento e finalmente l’imprescindibile riconoscibilità.
Per lui, dicevo, si può parlare di ricerca e di invenzione, di quegli stimoli che portano un pittore a diventare artista a tutto ton-do, capace di fare vera poesia con il proprio lavoro; assolutamente padrone della tecnica e del disegno, già tutte le carte dise-gnate esposte dimostrano genialità e immediatezza di segno: il carboncino è steso con determinazione, senza alcun ripensa-mento; questi disegni non sono preparatori per una qualche opera successiva, piuttosto finiti per se stessi, nati per il gusto, la passione di riprendere un contesto, uno scorcio, un paesaggio, una casa particolare.
Proprio le case, con il tempo diventano le sue incredibili e riconoscibilissime peculiarità: Andreani stringe e focalizza l’attenzione su di loro, sulle singole facciate, le inquadrature sono determinate da sparate prospettive centrali: le case diventa-no i suoi soggetti, i suoi primi piani, i suoi ritratti e lui le cattura, le analizza, si diverte a cogliere qualsiasi loro caratteristica architettonica, l’intonaco screpolato che con il tempo ci rivela da sotto un arco secolare, l’impronta del tempo che passa, il de-cadimento, l’antico affresco del protettore della casa che il tempo sta divorando inesorabilmente; grandiosa è l’esplosione di rosso nell’opera Facciata sul Naviglio a Milano.
Mario Pistono, che si è più volte interessato di Celso Maggio, nel 1981, annotava che “…Nel corso di una vita in funzione dell’ideale dell’arte, Andreani ha esperito ogni rapporto possibile con il pigmento colorante, coprendo ogni sorta di superfici atte a riceverlo, sperimentando tecniche le più disparate e soggetti svarianti dal classicismo degli anni scolari alle libere inven-zioni suggerite dalle vicende esistenziali.
Una messe sì folta di esperienze doveva sfociare, negli anni di piena maturità dell’artista, nell’incontro col tema congeniale inseguito da sempre, il soggetto-amore ideale, che per Andreani costituì una autentica folgorazione: le vecchie, sofferte faccia-te di case e palazzi del suo andar per strada di ogni giorno. Ne ha dipinte tante variandone toni ed accenti in modo da rendere ad ognuna una autonoma fisionomia seppure marchiata da una straordinaria vibrazione unitaria, espressa in uno con l’adesione emozionale più completa.
Andreani sa cogliere nello sfacelo dei muri l’empito di sofferenza del mondo che cambia e che stravolge impietosamente ritmi architettonici ed esatte geometrie, evidenzia varchi e rattoppi lasciati dall’uomo sui muri nell’avvicendarsi delle generazioni e testimonia così una caduta utilitaristica del gusto che non suona a vanto della nostra epoca.”
Porticati mantovani e Rotonda di San Lorenzo, le due grandi opere dedicate a Mantova, eseguite su grezza tela di juta, come fossero strappi di antichi affreschi recuperati, nella loro monocromia, avvalorano, se ce ne fosse bisogno, le conoscenze tecni-che e anche l’aspetto di pura sperimentazione di Andreani, che se, nella Rotonda di San Lorenzo, sfoggia una curiosa architet-tura esplosa, e se, in Porticati mantovani, rivela un punto di ripresa impossibile, perché in realtà, parte della casa è coperta da un palazzo; ancora più curioso e rivelante è l’aspetto di profonda ricerca messa in pratica nell’esecuzione deformata nell’altra tela a titolo Palazzetto mantovano - Casa del Mercante nella quale, anticipando anche giovani artisti contemporanei, Andreani mette in pratica la definita ‘modularità’ eseguendo, ma simmetricamente, a specchio, il raddoppio della facciata.
Ma pure così ragionato e scrupoloso nei particolari, Celso Maggio Andreani si conferma artista poetico, le sue tele tutte, man-tengono alto il valore di una pittura intima e contemplativa. Con Renzo Margonari, durante la sua visita alla passata esposizio-ne di Andreani nella Galleria Arianna Sartori, parlavo della capacità dell’artista di rendere intimi i quadri utilizzando, in modo innovativo per altro, la tecnica di sfumare con toni di bruno i contorni delle tele, rendendo così l’effetto di una antica ripresa fotografica. Aspetto questo, che a Renzo era piaciuto tanto da approfondirlo nel proprio testo critico successivo. Così ad esem-pio nella tela Il Duomo di Mantova, dove la chiesa è ritratta completamente sradicata dalla piazza contestuale, e in Palazzo Fontana (a Milano in Corso Venezia, 10), dove ogni piccolo particolare, i mattoni, gli intonaci, la ringhiera del balcone sono eseguiti come fossero gli elementi di un antico e prezioso ricamo; tutti i toni concorrono allo stesso valore, l’atmosfera che si respira è di intima e autentica sontuosità.
Case, paesaggi urbani, campagne, ma anche qualche rara figura, non certo per incapacità di affrontare l’anatomia. A debellare anche questo incauto dubbio ci basti guardare il dipinto Mimi del 1972, per il quale l’artista mette in atto la caratteristica scelta pittorica della bassa cromia, trovando anche per l’approfondita impostazione realistica, la soluzione ottimale nelle complesse posture di corpi, mani e volti con le relative diverse espressioni. Operaia, è un quadro di forte contenuto sociale, efficace e-sempio di pittura realista degli anni sessanta.
Voglio soffermarmi su altri dipinti, nei quali trovano conferma le asserzioni precedenti sull’incorniciatura grazie allo sfumato, sulla prospettiva assolutamente centrata, questa volta però, i quadri sono affrontati e risolti con altissimi contrasti cromatici: in Nevicata: la casa rossa l’alta linea dell’orizzonte, i tre colori bianco, rosso, bruno, caratterizzano la prospettiva centrale di due scarni filari di alberi che, in una campagna bianca, conducono ad una solitaria casa rossa; lo sfumato contorno di bruno si im-preziosisce alla base grazie ad un denso intrico di rovi. In Nevicata: il cielo plumbeo, ancora l’alta linea dell’orizzonte, ancora la prospettiva centrale, questa volta un gruppo di case, descritte sommariamente, ma il cielo plumbeo pesa come un sasso, sul paesaggio innevato d’una neve marcescente. In Covoni d’inverno, non tutto cambia, ancora l’alta linea dell’orizzonte, lo sfu-mato tutt’attorno, ma le linee della composizione assolutamente trasversali e intersecanti innestano una destabilizzante dinami-ca obliqua alla visione dei covoni tra la neve.
Pittura colta, complessa questa di Celso Maggio Andreani che attraverso la forte personalità è riuscito a porsi, negli anni scor-si, all’attenzione del pubblico e ancora, soprattutto oggi, nel centenario della nascita, ha meritato di essere riproposto. L’essere extra-muros, il vivere la città di Milano, ha permesso che Andreani abbia respirato, visto e vissuto realtà diverse, tanto da di-scostarsi dai tradizionali canoni della pittura mantovana, ma la scelta di partecipare ai molti premi e concorsi allestiti nella cit-tà, la scelta di dipingere e di ‘giocare’ con le immagini mantovane ci dicono di un rapporto affettivo preferenziale; questo per noi è quasi un ritorno a casa.
Maria Gabriella Savoia
NOTIZIA BIOGRAFICA
di Arianna Sartori
Celso Maggio Andreani nasce a Mantova il 17 luglio 1909, muore a Cortemilia (CN) il 26 marzo 1994.
Con la famiglia si sposta in America per tornare a Mantova ancora bambino nel 1913. Sordomuto dalla nascita. Dopo aver fre-quentato l’Accademia di Brera si trasferisce a Milano dove si dedica all’attività del restauro e alla pittura.
Nel 1930 partecipa alla Settimana Artistica Mantovana, nel Ridotto del Teatro Sociale, con il quadro Sobborgo Angeli.
Nel 1933, dal 30 aprile al 21 maggio, in occasione della III Settimana Mantovana, partecipa alla Mostra Provinciale Pittura e Scultura tenutasi nel Palazzo Ducale di Mantova con i dipinti Gli spanocchiatori e I metallurgici; ed alla Mostra Nazionale d’arte Futurista con le opere S.O.S. e Parata; alla mostra “Omaggio futurista a Umberto Boccioni”, curata da Filippo Tomma-so Marinetti e allestita alla Galleria Pesaro di Milano, espone l’opera Parata.
Dal 16 settembre al 21 ottobre 1934 partecipa alla Terza Mostra Sindacale d’Arte al Palazzo Aldegatti di Mantova.
Dal 2 al 31 marzo 1935, partecipa alla Mostra d’Arte Moderna - Arte Nuova, a cura del V Gruppo Rionale “A. Mussolini” nel Palazzo Casagrande di Via Scarsellini n. 9, in Mantova con tre quadri: Centenaria, Pescatore, Paesaggio montano e due dise-gni: Martire e Studio.
Nel 1936, dal 20 al 27 settembre, in occasione della VI Settimana Mantovana, partecipa alla V Mostra Sindacale Provinciale di Mantova in Palazzo Te con i cinque dipinti: Porto fluviale di Mantova, Lungo a Merano, Paesaggio, Ritratto e Giardino.
Nel 1937 partecipa alla Mostra Sindacale degli Artisti Mantovani tenutasi in occasione della VII Settimana Mantovana, dal 12 al 19 settembre, al Palazzo Ducale di Mantova, con quattro opere, tra cui una buona “Figura”.
Dal 29 aprile al 28 maggio 1939, partecipa alla X Mostra d’Arte del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti di Milano al Palazzo della Permanente con il dipinto: Porto fluviale di Mantova; contemporaneamente, dal 14 maggio al 30 giugno, parte-cipa alla Mostra dei Pittori, Scultori e Incisori Mantovani ’800 e ’900, a Palazzo Te di Mantova con l’opera Autoritratto.
Partecipa, nel mese di giugno 1942, alla IX Mostra Sindacale degli Artisti Mantovani tenutasi nel Ridotto del Teatro Sociale di Mantova con i due dipinti Paesaggio mantovano e Il Santuario delle Grazie. Nei mesi di ottobre e novembre dello stesso anno, partecipa alla XII Mostra Interprovinciale del Sindacato Fascista Belle Arti di Milano, Concorsi “Paesaggio Lombardo e Ri-tratto” al Palazzo della Permanente con il dipinto Il Mincio a Mantova.
Dal 23 aprile al 14 maggio del 1944, partecipa alla X Mostra Sindacale d’Arte allestita nella sede dell’Unione Professionisti e Artisti in via Marangoni 14 a Mantova con due opere: Figura e Paesaggio.
Partecipa nel 1945 alla Mostra della Libertà, tenutasi in ottobre nelle Sale di Palazzo Ducale a Mantova, con quattro dipinti: Paesaggio invernale, Ex internato, Il tramonto a Mantova, L’orto. Emilio Faccioli per l’occasione scrive che “predilige i toni cupi”.
Nell’aprile 1947, alla Mostra del Gruppo Artistico Mantovano nel Palazzo della Ragione di Mantova, viene segnalato per il dipinto Paesaggio con barche. Faccioli sulla Gazzetta di Mantova scrive: “…persegue sulla linea di un’arte meditata, con suc-cessi che non ci sono parsi mai così convincenti come in questa esposizione. Il campo arato a destra di chi guarda appartiene forse ancora ad un’epoca superata: ma il paesaggio che gli è vicino, che rappresenta una barca in secca, segna un progresso considerevole per la novità dei rapporti tonali, per un ardimento che rinnova profondamente il suo gusto della composizio-ne…”.
Nell’agosto 1948 partecipa alla mostra d’arte di Casteldario, tra le tre opere presentate, viene premiato Paesaggio. Tristano Zacchia sulla Gazzetta di Mantova scrive: “Celso Andreani che da un po’ di tempo studia di rendere pittoricamente evidente la propria personalità, è riuscito a dare qualcosa sì resistente alla critica in Paesaggio. I tre quadri da lui esposti escono da un medesimo respiro pittorico ma quello di maggior mole Nudo in alcuni punti tradisce una stanchezza che crea disarmonia.
L’intenzione e lo sforzo restano però encomiabili. Interessanti i preordinati toni ottenuti nella Figura che esprime ancora una volta la personalità melanconica dell’autore. Il cerebralismo che si può scoprire in Andreani trova freschezza ed immediatezza per una capacità espressiva che derivano da una diligente e seria ricerca di mezzi”.
Nel settembre 1948 con il Gruppo Artisti Mantovani espone al Palazzo della Ragione di Mantova. L’anno seguente partecipa al “Premio Mantova 1949” ordinato al Palazzo della Ragione.
È presente, nel periodo maggio-ottobre 1950, alla Mostra collettiva Artisti Mantovani nel Palazzo Te di Mantova con cinque disegni: Grazie, Angeli, Sponda del Mincio, Paesaggio e Fossamana.
Pur non risiedendo nella sua città natale, Celso Maggio mantiene rapporti con Mantova della quale scrive: “Le facciate dei pa-lazzi e case di Mantova, per i loro colori grigiastri, giallori e rosati macerati dal tempo (pioggia e sole) mi affascinano”.
Sul finire degli anni ’50 partecipa ad alcune mostre collettive promosse dalle “Associazioni dei non udenti” a Milano, Reggio Emilia (1957) e Saronno (1963).
Nel 1961 alla Rassegna Arti Figurative Mantovane dall’800 ad oggi, tenutasi alla Casa del Mantegna, dal 25 settembre al 31 ottobre, espone tre dipinti: Muri di Mantova, Donna con bimbo e Lago di Mantova.
Nel 1963 e nel 1964 vince due premi acquisto al Premio di “Cuvio”; sempre nel 1964 si afferma tra i primi al Concorso Na-zionale di Menaggio.
Nel 1965 ritorna al Premio “Cuvio” ottenendo il primo premio assoluto. Sempre nel 1965 vince i primi premi assoluti posti in palio al Concorso “Il Griso d’oro” di Malgrate e al “Premio Città di Lecco”.
Partecipa alla Mostra Nazionale “Marchesato del Monferrato”.
Nel 1966, vince un Premio acquisto al “Premio Internazionale Santhià”, al quale parteciperà alle edizioni: III, IV, V, VI, VII, VIII, IX e X aggiudicandosi sempre Premi acquisto.
Gli viene conferito un Premio acquisto al Premio “Adria”.
Nel 1967 vince il Primo Premio assoluto al “Città di Garda”; si aggiudica la Medaglia d’oro a Caprino Veronese con il dipinto Contadino seduto; la medaglia d’oro al “Premio Giovanni Fattori” di Firenze e ancora medaglia d’oro al “Contea di Bormio”.
Dal 4 al 18 maggio 1967, partecipa alla Prima Rassegna delle Arti Figurative Mantovane, al Palazzo della Ragione di Mantova con tre dipinti: Paesaggio padano, Lago e monti di Menaggio e Cimon della Pala.
Sempre nel 1967, partecipa ad una Mostra Collettiva a Mosca (URSS) (Internazionale d’arte F.M.S.).
Nel 1968 si aggiudica la medaglia d’oro della Presidenza del Consiglio dei Ministri a “Santhià”, il primo premio (ex aequo) a Magenta, il Premio acquisto al “Premio Mirandola” e Dino Villani gli assegna il I° Premio al concorso “Città di Guidizzolo”, in una presentazione del 1969 Villani al proposito scrive: “Ho conosciuto la pittura di Andreani lo scorso anno a Guidizzolo, quando abbiamo assegnato all’artista il primo premio, dopo esser rimasti a lungo incerti tra l’una e l’altra delle due opere pre-sentate, perché entrambe lo avrebbero meritato. Non capita di frequente. (…)”.
Il Comune di Garda e l’Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo gli organizzano una personale dal 9 al 22 settembre 1968, vengono esposti venti dipinti.
Nel 14 al 23 gennaio 1969, tiene una personale alla Piccola Galleria d’Arte Moderna “Nenè” di Milano; e dal 1° al 14 febbraio alla Galleria Duomo di Crema (CR), presentato in catalogo da Dino Villani.
Nel 1969 si aggiudica i Premi acquisto: “Certosa di Pavia” e “Premio Soliera”.
Partecipa al Premio Arona, dalla I alla V edizione, sempre con opere premiate con acquisto. Si aggiudica il I Premio Assoluto al Premio “Borgosesia”.
Partecipa più volte al Premio Concorso Nazionale “La pesca d’oro” a Borgo d’Ale (VC), e nell’edizione del 1971 si aggiudica il Primo premio.
Nel 1971 partecipa ad una Mostra Collettiva a Parigi (Internazionale d’arte F.M.S - Unesco), e nel 1972 una Mostra Collettiva a Roma (Internazionale d’arte F.M.S - Unesco). Figura poi alle Mostre Collettive a Bruxelles, Parigi (F.M.S.) e al Lincoln Center di New York (U.S.A.).
Nel 1972 si aggiudica il Premio acquisto al Premio “Soresina”, la stessa città lo ospiterà con una mostra personale presso il Centro Culturale città di Soresina alla Sala Robbiani, in catalogo è presentato da Mario Portalupi.
Sempre nel 1972 vince il 4° Premio “Evoluzione europea” a Sondrio e nell’ottobre un Premio acquisto al VI Premio Interna-zionale di Pittura “Cadorago - Lario” a Como nella Villa Olmo.
Dal 1° all’8 ottobre 1972, tiene una mostra personale nella Sala d’Arte Durandiana della Biblioteca Civica di Santhià (VC).
Vince il 1° Premio, al Concorso Città di Saronno nel 1972 e nel 1973 il Primo premio “Comune di Gorla Minore”.
Dal 3 al 11 marzo 1973, tiene una mostra personale alla Sala d’Arte di Borgo d’Ale (VC); e dal 15 al 30 luglio alla Galleria d’Arte Arona di Arona (NO), tra le opere esposte: Operaia.
Nel 1973 al Premio Contea di Bormio gli viene assegnato un Premio acquisto.
Nel 1974 vince il I Premio Assoluto di L. 400.000 al Concorso Nazionale di Pittura Contemporanea Premio “Abbazia sei SS. Nazario e Celso” III edizione a San Nazzaro Sesia (NO), il 24 agosto, con la motivazione: “per la sua capacità di rievocazione fantastica attraverso l’estrema individuazione dell’immagine”. Sempre nel 1974, con l’opera Portale a Bormio, vince il Premio acquisto Santhià.
Dal 14 al 21 dicembre 1975, in occasione della Settimana Culturale del Quadro d’Autore, la Pro-Loco di Santhià (VC) gli or-dina una personale alla Sala d’Arte Durandiana della Biblioteca Civica.
Dal 19 al 30 novembre 1977, tiene una mostra personale con Bruna Calci alla Galleria Itati di Cassine (AL).
Nel 1977 al Premio Nazionale di Pittura Figurativa Arena Po vince uno dei primi premi.
Dal 2 al 30 marzo 1980, con presentazione di Mario Portalupi, tiene una mostra personale a Modena alla Galleria Ghirlandina.
Dal 4 all’11 ottobre 1981 partecipa alla mostra “Cinque Maestri della nuova Realtà” all’Auditorium di San Francesco di San-thià (VC).
Nel 1990 aderisce a “Murarte 90” dipingendo il pannello Vecchia facciata (cm 77x105) ubicato in via Magenta 14 a Cadorago.
Celso Maggio Andreani muore a Cortemilia (CN) il 26 marzo 1994.
Dal 20 maggio al 1° giugno 2006, a cura di Arianna Sartori, viene realizzata la “Retrospettiva di Celso Maggio Andreani”, alla Galleria “Arianna Sartori - Arte” di Mantova e nell’occasione vengono esposti quattordici dipinti realizzati tra gli anni Sessanta e Settanta.
Per l’occasione è stato edito un catalogo a cura di Arianna Sartori, con testo di Maria Gabriella Savoia, la riproduzione di 36 dipinti ad olio (anni ’60 e ’70) e 14 disegni a carboncino di grande formato, oltre all’antologia critica ed alla notizia biografica e bibliografica.
Le prospettive di Celso Maggio Andreani
Ricostruire la storia di un artista con una ricerca biobibliografica e il lento recupero delle opere, disegni e dipinti, e finalmente, in occasione del centenario della nascita, riuscire ad organizzare una mostra retrospettiva meritevole; questo è stato l’obiettivo che, oggi, Arianna Sartori ha raggiunto da quando alcuni anni or sono, ha esposto per la prima volta, una selezione di opere di Celso Maggio Andreani.
Artista mantovano, Celso Maggio Andreani, ancorché poco ricordato a Mantova, in realtà non aveva necessità di essere “ri-scoperto”, perché durante la sua lunga carriera artistica, molta della allora critica ‘ufficiale’ si era espressa in modo lusinghie-ro; già Francesco Arcangeli, nell’ottobre 1947, durante una sua venuta a Mantova in occasione di una rassegna artistica man-tovana, aveva scritto: “…Sotto un cielo dolce e fumoso, i colori dell’intonaco (dal rosa pesto al grigio, a quella tinta di caffè scolorito che intona Mantova, macerandosi di polvere e di pioggia) si chiudono entro case strette, esili: come personaggi uma-ni d’un piccolo coro, d’una sommessa elegia. Un quadro modesto, forse, ma così sincero da rievocare i sogni che, posson fare certi occhi alla luce d’un tramonto mantovano; da farci nascere l’angoscia di non esser di qui; quella che ci punge quando ci sentiamo esclusi dall’intimo di una vita in cui non entreremo mai”.
La formazione artistica di Celso Maggio Andreani si completa prima, con la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, quindi l’incontro con l’affresco fino all’arte del restauro: antichi capolavori gli sono stati affidati e da lui ri-conquistati all’originale splendore; la conoscenza e la grande passione per la pittura gradualmente trovano, nella ricerca, una autentica necessità e nella capacità d’invenzione il suo appagamento e finalmente l’imprescindibile riconoscibilità.
Per lui, dicevo, si può parlare di ricerca e di invenzione, di quegli stimoli che portano un pittore a diventare artista a tutto ton-do, capace di fare vera poesia con il proprio lavoro; assolutamente padrone della tecnica e del disegno, già tutte le carte dise-gnate esposte dimostrano genialità e immediatezza di segno: il carboncino è steso con determinazione, senza alcun ripensa-mento; questi disegni non sono preparatori per una qualche opera successiva, piuttosto finiti per se stessi, nati per il gusto, la passione di riprendere un contesto, uno scorcio, un paesaggio, una casa particolare.
Proprio le case, con il tempo diventano le sue incredibili e riconoscibilissime peculiarità: Andreani stringe e focalizza l’attenzione su di loro, sulle singole facciate, le inquadrature sono determinate da sparate prospettive centrali: le case diventa-no i suoi soggetti, i suoi primi piani, i suoi ritratti e lui le cattura, le analizza, si diverte a cogliere qualsiasi loro caratteristica architettonica, l’intonaco screpolato che con il tempo ci rivela da sotto un arco secolare, l’impronta del tempo che passa, il de-cadimento, l’antico affresco del protettore della casa che il tempo sta divorando inesorabilmente; grandiosa è l’esplosione di rosso nell’opera Facciata sul Naviglio a Milano.
Mario Pistono, che si è più volte interessato di Celso Maggio, nel 1981, annotava che “…Nel corso di una vita in funzione dell’ideale dell’arte, Andreani ha esperito ogni rapporto possibile con il pigmento colorante, coprendo ogni sorta di superfici atte a riceverlo, sperimentando tecniche le più disparate e soggetti svarianti dal classicismo degli anni scolari alle libere inven-zioni suggerite dalle vicende esistenziali.
Una messe sì folta di esperienze doveva sfociare, negli anni di piena maturità dell’artista, nell’incontro col tema congeniale inseguito da sempre, il soggetto-amore ideale, che per Andreani costituì una autentica folgorazione: le vecchie, sofferte faccia-te di case e palazzi del suo andar per strada di ogni giorno. Ne ha dipinte tante variandone toni ed accenti in modo da rendere ad ognuna una autonoma fisionomia seppure marchiata da una straordinaria vibrazione unitaria, espressa in uno con l’adesione emozionale più completa.
Andreani sa cogliere nello sfacelo dei muri l’empito di sofferenza del mondo che cambia e che stravolge impietosamente ritmi architettonici ed esatte geometrie, evidenzia varchi e rattoppi lasciati dall’uomo sui muri nell’avvicendarsi delle generazioni e testimonia così una caduta utilitaristica del gusto che non suona a vanto della nostra epoca.”
Porticati mantovani e Rotonda di San Lorenzo, le due grandi opere dedicate a Mantova, eseguite su grezza tela di juta, come fossero strappi di antichi affreschi recuperati, nella loro monocromia, avvalorano, se ce ne fosse bisogno, le conoscenze tecni-che e anche l’aspetto di pura sperimentazione di Andreani, che se, nella Rotonda di San Lorenzo, sfoggia una curiosa architet-tura esplosa, e se, in Porticati mantovani, rivela un punto di ripresa impossibile, perché in realtà, parte della casa è coperta da un palazzo; ancora più curioso e rivelante è l’aspetto di profonda ricerca messa in pratica nell’esecuzione deformata nell’altra tela a titolo Palazzetto mantovano - Casa del Mercante nella quale, anticipando anche giovani artisti contemporanei, Andreani mette in pratica la definita ‘modularità’ eseguendo, ma simmetricamente, a specchio, il raddoppio della facciata.
Ma pure così ragionato e scrupoloso nei particolari, Celso Maggio Andreani si conferma artista poetico, le sue tele tutte, man-tengono alto il valore di una pittura intima e contemplativa. Con Renzo Margonari, durante la sua visita alla passata esposizio-ne di Andreani nella Galleria Arianna Sartori, parlavo della capacità dell’artista di rendere intimi i quadri utilizzando, in modo innovativo per altro, la tecnica di sfumare con toni di bruno i contorni delle tele, rendendo così l’effetto di una antica ripresa fotografica. Aspetto questo, che a Renzo era piaciuto tanto da approfondirlo nel proprio testo critico successivo. Così ad esem-pio nella tela Il Duomo di Mantova, dove la chiesa è ritratta completamente sradicata dalla piazza contestuale, e in Palazzo Fontana (a Milano in Corso Venezia, 10), dove ogni piccolo particolare, i mattoni, gli intonaci, la ringhiera del balcone sono eseguiti come fossero gli elementi di un antico e prezioso ricamo; tutti i toni concorrono allo stesso valore, l’atmosfera che si respira è di intima e autentica sontuosità.
Case, paesaggi urbani, campagne, ma anche qualche rara figura, non certo per incapacità di affrontare l’anatomia. A debellare anche questo incauto dubbio ci basti guardare il dipinto Mimi del 1972, per il quale l’artista mette in atto la caratteristica scelta pittorica della bassa cromia, trovando anche per l’approfondita impostazione realistica, la soluzione ottimale nelle complesse posture di corpi, mani e volti con le relative diverse espressioni. Operaia, è un quadro di forte contenuto sociale, efficace e-sempio di pittura realista degli anni sessanta.
Voglio soffermarmi su altri dipinti, nei quali trovano conferma le asserzioni precedenti sull’incorniciatura grazie allo sfumato, sulla prospettiva assolutamente centrata, questa volta però, i quadri sono affrontati e risolti con altissimi contrasti cromatici: in Nevicata: la casa rossa l’alta linea dell’orizzonte, i tre colori bianco, rosso, bruno, caratterizzano la prospettiva centrale di due scarni filari di alberi che, in una campagna bianca, conducono ad una solitaria casa rossa; lo sfumato contorno di bruno si im-preziosisce alla base grazie ad un denso intrico di rovi. In Nevicata: il cielo plumbeo, ancora l’alta linea dell’orizzonte, ancora la prospettiva centrale, questa volta un gruppo di case, descritte sommariamente, ma il cielo plumbeo pesa come un sasso, sul paesaggio innevato d’una neve marcescente. In Covoni d’inverno, non tutto cambia, ancora l’alta linea dell’orizzonte, lo sfu-mato tutt’attorno, ma le linee della composizione assolutamente trasversali e intersecanti innestano una destabilizzante dinami-ca obliqua alla visione dei covoni tra la neve.
Pittura colta, complessa questa di Celso Maggio Andreani che attraverso la forte personalità è riuscito a porsi, negli anni scor-si, all’attenzione del pubblico e ancora, soprattutto oggi, nel centenario della nascita, ha meritato di essere riproposto. L’essere extra-muros, il vivere la città di Milano, ha permesso che Andreani abbia respirato, visto e vissuto realtà diverse, tanto da di-scostarsi dai tradizionali canoni della pittura mantovana, ma la scelta di partecipare ai molti premi e concorsi allestiti nella cit-tà, la scelta di dipingere e di ‘giocare’ con le immagini mantovane ci dicono di un rapporto affettivo preferenziale; questo per noi è quasi un ritorno a casa.
Maria Gabriella Savoia
NOTIZIA BIOGRAFICA
di Arianna Sartori
Celso Maggio Andreani nasce a Mantova il 17 luglio 1909, muore a Cortemilia (CN) il 26 marzo 1994.
Con la famiglia si sposta in America per tornare a Mantova ancora bambino nel 1913. Sordomuto dalla nascita. Dopo aver fre-quentato l’Accademia di Brera si trasferisce a Milano dove si dedica all’attività del restauro e alla pittura.
Nel 1930 partecipa alla Settimana Artistica Mantovana, nel Ridotto del Teatro Sociale, con il quadro Sobborgo Angeli.
Nel 1933, dal 30 aprile al 21 maggio, in occasione della III Settimana Mantovana, partecipa alla Mostra Provinciale Pittura e Scultura tenutasi nel Palazzo Ducale di Mantova con i dipinti Gli spanocchiatori e I metallurgici; ed alla Mostra Nazionale d’arte Futurista con le opere S.O.S. e Parata; alla mostra “Omaggio futurista a Umberto Boccioni”, curata da Filippo Tomma-so Marinetti e allestita alla Galleria Pesaro di Milano, espone l’opera Parata.
Dal 16 settembre al 21 ottobre 1934 partecipa alla Terza Mostra Sindacale d’Arte al Palazzo Aldegatti di Mantova.
Dal 2 al 31 marzo 1935, partecipa alla Mostra d’Arte Moderna - Arte Nuova, a cura del V Gruppo Rionale “A. Mussolini” nel Palazzo Casagrande di Via Scarsellini n. 9, in Mantova con tre quadri: Centenaria, Pescatore, Paesaggio montano e due dise-gni: Martire e Studio.
Nel 1936, dal 20 al 27 settembre, in occasione della VI Settimana Mantovana, partecipa alla V Mostra Sindacale Provinciale di Mantova in Palazzo Te con i cinque dipinti: Porto fluviale di Mantova, Lungo a Merano, Paesaggio, Ritratto e Giardino.
Nel 1937 partecipa alla Mostra Sindacale degli Artisti Mantovani tenutasi in occasione della VII Settimana Mantovana, dal 12 al 19 settembre, al Palazzo Ducale di Mantova, con quattro opere, tra cui una buona “Figura”.
Dal 29 aprile al 28 maggio 1939, partecipa alla X Mostra d’Arte del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti di Milano al Palazzo della Permanente con il dipinto: Porto fluviale di Mantova; contemporaneamente, dal 14 maggio al 30 giugno, parte-cipa alla Mostra dei Pittori, Scultori e Incisori Mantovani ’800 e ’900, a Palazzo Te di Mantova con l’opera Autoritratto.
Partecipa, nel mese di giugno 1942, alla IX Mostra Sindacale degli Artisti Mantovani tenutasi nel Ridotto del Teatro Sociale di Mantova con i due dipinti Paesaggio mantovano e Il Santuario delle Grazie. Nei mesi di ottobre e novembre dello stesso anno, partecipa alla XII Mostra Interprovinciale del Sindacato Fascista Belle Arti di Milano, Concorsi “Paesaggio Lombardo e Ri-tratto” al Palazzo della Permanente con il dipinto Il Mincio a Mantova.
Dal 23 aprile al 14 maggio del 1944, partecipa alla X Mostra Sindacale d’Arte allestita nella sede dell’Unione Professionisti e Artisti in via Marangoni 14 a Mantova con due opere: Figura e Paesaggio.
Partecipa nel 1945 alla Mostra della Libertà, tenutasi in ottobre nelle Sale di Palazzo Ducale a Mantova, con quattro dipinti: Paesaggio invernale, Ex internato, Il tramonto a Mantova, L’orto. Emilio Faccioli per l’occasione scrive che “predilige i toni cupi”.
Nell’aprile 1947, alla Mostra del Gruppo Artistico Mantovano nel Palazzo della Ragione di Mantova, viene segnalato per il dipinto Paesaggio con barche. Faccioli sulla Gazzetta di Mantova scrive: “…persegue sulla linea di un’arte meditata, con suc-cessi che non ci sono parsi mai così convincenti come in questa esposizione. Il campo arato a destra di chi guarda appartiene forse ancora ad un’epoca superata: ma il paesaggio che gli è vicino, che rappresenta una barca in secca, segna un progresso considerevole per la novità dei rapporti tonali, per un ardimento che rinnova profondamente il suo gusto della composizio-ne…”.
Nell’agosto 1948 partecipa alla mostra d’arte di Casteldario, tra le tre opere presentate, viene premiato Paesaggio. Tristano Zacchia sulla Gazzetta di Mantova scrive: “Celso Andreani che da un po’ di tempo studia di rendere pittoricamente evidente la propria personalità, è riuscito a dare qualcosa sì resistente alla critica in Paesaggio. I tre quadri da lui esposti escono da un medesimo respiro pittorico ma quello di maggior mole Nudo in alcuni punti tradisce una stanchezza che crea disarmonia.
L’intenzione e lo sforzo restano però encomiabili. Interessanti i preordinati toni ottenuti nella Figura che esprime ancora una volta la personalità melanconica dell’autore. Il cerebralismo che si può scoprire in Andreani trova freschezza ed immediatezza per una capacità espressiva che derivano da una diligente e seria ricerca di mezzi”.
Nel settembre 1948 con il Gruppo Artisti Mantovani espone al Palazzo della Ragione di Mantova. L’anno seguente partecipa al “Premio Mantova 1949” ordinato al Palazzo della Ragione.
È presente, nel periodo maggio-ottobre 1950, alla Mostra collettiva Artisti Mantovani nel Palazzo Te di Mantova con cinque disegni: Grazie, Angeli, Sponda del Mincio, Paesaggio e Fossamana.
Pur non risiedendo nella sua città natale, Celso Maggio mantiene rapporti con Mantova della quale scrive: “Le facciate dei pa-lazzi e case di Mantova, per i loro colori grigiastri, giallori e rosati macerati dal tempo (pioggia e sole) mi affascinano”.
Sul finire degli anni ’50 partecipa ad alcune mostre collettive promosse dalle “Associazioni dei non udenti” a Milano, Reggio Emilia (1957) e Saronno (1963).
Nel 1961 alla Rassegna Arti Figurative Mantovane dall’800 ad oggi, tenutasi alla Casa del Mantegna, dal 25 settembre al 31 ottobre, espone tre dipinti: Muri di Mantova, Donna con bimbo e Lago di Mantova.
Nel 1963 e nel 1964 vince due premi acquisto al Premio di “Cuvio”; sempre nel 1964 si afferma tra i primi al Concorso Na-zionale di Menaggio.
Nel 1965 ritorna al Premio “Cuvio” ottenendo il primo premio assoluto. Sempre nel 1965 vince i primi premi assoluti posti in palio al Concorso “Il Griso d’oro” di Malgrate e al “Premio Città di Lecco”.
Partecipa alla Mostra Nazionale “Marchesato del Monferrato”.
Nel 1966, vince un Premio acquisto al “Premio Internazionale Santhià”, al quale parteciperà alle edizioni: III, IV, V, VI, VII, VIII, IX e X aggiudicandosi sempre Premi acquisto.
Gli viene conferito un Premio acquisto al Premio “Adria”.
Nel 1967 vince il Primo Premio assoluto al “Città di Garda”; si aggiudica la Medaglia d’oro a Caprino Veronese con il dipinto Contadino seduto; la medaglia d’oro al “Premio Giovanni Fattori” di Firenze e ancora medaglia d’oro al “Contea di Bormio”.
Dal 4 al 18 maggio 1967, partecipa alla Prima Rassegna delle Arti Figurative Mantovane, al Palazzo della Ragione di Mantova con tre dipinti: Paesaggio padano, Lago e monti di Menaggio e Cimon della Pala.
Sempre nel 1967, partecipa ad una Mostra Collettiva a Mosca (URSS) (Internazionale d’arte F.M.S.).
Nel 1968 si aggiudica la medaglia d’oro della Presidenza del Consiglio dei Ministri a “Santhià”, il primo premio (ex aequo) a Magenta, il Premio acquisto al “Premio Mirandola” e Dino Villani gli assegna il I° Premio al concorso “Città di Guidizzolo”, in una presentazione del 1969 Villani al proposito scrive: “Ho conosciuto la pittura di Andreani lo scorso anno a Guidizzolo, quando abbiamo assegnato all’artista il primo premio, dopo esser rimasti a lungo incerti tra l’una e l’altra delle due opere pre-sentate, perché entrambe lo avrebbero meritato. Non capita di frequente. (…)”.
Il Comune di Garda e l’Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo gli organizzano una personale dal 9 al 22 settembre 1968, vengono esposti venti dipinti.
Nel 14 al 23 gennaio 1969, tiene una personale alla Piccola Galleria d’Arte Moderna “Nenè” di Milano; e dal 1° al 14 febbraio alla Galleria Duomo di Crema (CR), presentato in catalogo da Dino Villani.
Nel 1969 si aggiudica i Premi acquisto: “Certosa di Pavia” e “Premio Soliera”.
Partecipa al Premio Arona, dalla I alla V edizione, sempre con opere premiate con acquisto. Si aggiudica il I Premio Assoluto al Premio “Borgosesia”.
Partecipa più volte al Premio Concorso Nazionale “La pesca d’oro” a Borgo d’Ale (VC), e nell’edizione del 1971 si aggiudica il Primo premio.
Nel 1971 partecipa ad una Mostra Collettiva a Parigi (Internazionale d’arte F.M.S - Unesco), e nel 1972 una Mostra Collettiva a Roma (Internazionale d’arte F.M.S - Unesco). Figura poi alle Mostre Collettive a Bruxelles, Parigi (F.M.S.) e al Lincoln Center di New York (U.S.A.).
Nel 1972 si aggiudica il Premio acquisto al Premio “Soresina”, la stessa città lo ospiterà con una mostra personale presso il Centro Culturale città di Soresina alla Sala Robbiani, in catalogo è presentato da Mario Portalupi.
Sempre nel 1972 vince il 4° Premio “Evoluzione europea” a Sondrio e nell’ottobre un Premio acquisto al VI Premio Interna-zionale di Pittura “Cadorago - Lario” a Como nella Villa Olmo.
Dal 1° all’8 ottobre 1972, tiene una mostra personale nella Sala d’Arte Durandiana della Biblioteca Civica di Santhià (VC).
Vince il 1° Premio, al Concorso Città di Saronno nel 1972 e nel 1973 il Primo premio “Comune di Gorla Minore”.
Dal 3 al 11 marzo 1973, tiene una mostra personale alla Sala d’Arte di Borgo d’Ale (VC); e dal 15 al 30 luglio alla Galleria d’Arte Arona di Arona (NO), tra le opere esposte: Operaia.
Nel 1973 al Premio Contea di Bormio gli viene assegnato un Premio acquisto.
Nel 1974 vince il I Premio Assoluto di L. 400.000 al Concorso Nazionale di Pittura Contemporanea Premio “Abbazia sei SS. Nazario e Celso” III edizione a San Nazzaro Sesia (NO), il 24 agosto, con la motivazione: “per la sua capacità di rievocazione fantastica attraverso l’estrema individuazione dell’immagine”. Sempre nel 1974, con l’opera Portale a Bormio, vince il Premio acquisto Santhià.
Dal 14 al 21 dicembre 1975, in occasione della Settimana Culturale del Quadro d’Autore, la Pro-Loco di Santhià (VC) gli or-dina una personale alla Sala d’Arte Durandiana della Biblioteca Civica.
Dal 19 al 30 novembre 1977, tiene una mostra personale con Bruna Calci alla Galleria Itati di Cassine (AL).
Nel 1977 al Premio Nazionale di Pittura Figurativa Arena Po vince uno dei primi premi.
Dal 2 al 30 marzo 1980, con presentazione di Mario Portalupi, tiene una mostra personale a Modena alla Galleria Ghirlandina.
Dal 4 all’11 ottobre 1981 partecipa alla mostra “Cinque Maestri della nuova Realtà” all’Auditorium di San Francesco di San-thià (VC).
Nel 1990 aderisce a “Murarte 90” dipingendo il pannello Vecchia facciata (cm 77x105) ubicato in via Magenta 14 a Cadorago.
Celso Maggio Andreani muore a Cortemilia (CN) il 26 marzo 1994.
Dal 20 maggio al 1° giugno 2006, a cura di Arianna Sartori, viene realizzata la “Retrospettiva di Celso Maggio Andreani”, alla Galleria “Arianna Sartori - Arte” di Mantova e nell’occasione vengono esposti quattordici dipinti realizzati tra gli anni Sessanta e Settanta.
25
settembre 2009
Celso Maggio Andreani – Disegni
Dal 25 settembre all'otto ottobre 2009
disegno e grafica
Location
GALLERIA ARIANNA SARTORI
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Orario di apertura
ore 10.00-12.30 / 16.00-19.30. Chiuso festivi
Vernissage
25 Settembre 2009, ore 18.00
Autore
Curatore