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Cesare Abbate – Il mondo nella città
30 fotografie
Comunicato stampa
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Sfilano via i cocci di un mondo fatto a pezzi. Il mosaico di un fotografo
motociclista che nella sua strada blue di malinconia si definisce "…a volte
pigro". Quei cocci potrebbe averli trovati in qualsiasi angolo della terra.
Nonhanno luogo. Eppure sono parte di una città, Napoli, anche lei fatta a
pezzi e contaminata. Fino a staccarsi anche da secoli di stereotipi che l'hanno raccontata con sole, mare, camorra, pizza e mandolino e finendo sulla prima pagina del corriere della sera per corredare (paradossalmente) le notizie sul maltempo. La sorpresa è che l'immagine catturata da Cesare Abbate non è la cronaca del solito disastro conseguenza delle impietose piogge, ma la poesia di un mattino cupo, vittima della tempesta. In quella fotografia tutto è in movimento: la roccaforte che si allontana, l'incresparsi delle onde, l'attesa dei gabbiani e poi lo stacco in volo. Le ali sfidano le minacce del cielo. Poi è la volta dei nostri fantasmi. Un agguato alla camorra, a quella insopportabile versione oleografica da esportazione. Le forografie di Cesare ciricordano che in certi momenti e in certe zone le nostre città non sono troppo diverse da Beirut o Kandaahr. Lungo la nostra striscia di Gaza incontriamo lo Stato (o la sua improbabile rappresentazione) in manette, e la Chiesa che accetta il compromesso delle armi. Gli scatti di Cesare Abbate hanno viaggiato e scoperto il mondo tra il ventre di Napoli e i suoi sobborghi. Le favelas sono a Secondigliano. Nei campi rom dove non c'è infanzia: in una pozzanghera si specchia la miseria e il passo impavido di una bambina costretta a crescere nelle scarpe di sua madre. Quanti bambini lungo la blue road. A Fuorigrotta la scuola di chi viene dal mare, da una di quelle carrette della speranza e della disperazione. A piazza Dante le polveri vivaci dell'India, le danze, le mani,
l'accoglienza. Gli uomini invece somigliano un po' tutti a quel
motociclista: distanti dal paesaggio. Lontani. In primo piano c'è sempre la solitudine di un pensiero. La città li abbandona alla loro musica e si fa da parte. L'ombra mostruosa delle vele di Scampia è sfocata, quasi indifferente a quell'intimo miracolo. E' solo anche il suonatore di cornamusa: l'Edimburgo vesuviana sfila distratta nella villa comunale. Magico l'innesto tra l'ancestrale movimento dei pellerossa e l'essenza primitiva dei quartieri spagnoli. La donna invece non è ritratta né celebrata ma si trasforma in simboli: la mano tesa di colei che ha perso la gioventù e dietro una ventenne su un manifesto già invecchiato che invita a spendere. Una Napoli da bere: la dea sotto l'ombrello rosso cerca riparo dagli sguardi. La notte di una donna imprigionata nel burka mentre si aprono solenni i portici di piazza del Plebiscito. L'armonia dell'acqua, del
fuoco e dei corpi alla piscina Scandone. Infine la moto corre su bellissimi
paesaggi violentati dai rifiuti ma gli occhi non lo sanno e gli scatti
dipingono giochi d'acqua e scogli, spiagge e tramonti infiniti, campi gialli
e morbidi. Pennellate di libertà.
Amalia De Simone
motociclista che nella sua strada blue di malinconia si definisce "…a volte
pigro". Quei cocci potrebbe averli trovati in qualsiasi angolo della terra.
Nonhanno luogo. Eppure sono parte di una città, Napoli, anche lei fatta a
pezzi e contaminata. Fino a staccarsi anche da secoli di stereotipi che l'hanno raccontata con sole, mare, camorra, pizza e mandolino e finendo sulla prima pagina del corriere della sera per corredare (paradossalmente) le notizie sul maltempo. La sorpresa è che l'immagine catturata da Cesare Abbate non è la cronaca del solito disastro conseguenza delle impietose piogge, ma la poesia di un mattino cupo, vittima della tempesta. In quella fotografia tutto è in movimento: la roccaforte che si allontana, l'incresparsi delle onde, l'attesa dei gabbiani e poi lo stacco in volo. Le ali sfidano le minacce del cielo. Poi è la volta dei nostri fantasmi. Un agguato alla camorra, a quella insopportabile versione oleografica da esportazione. Le forografie di Cesare ciricordano che in certi momenti e in certe zone le nostre città non sono troppo diverse da Beirut o Kandaahr. Lungo la nostra striscia di Gaza incontriamo lo Stato (o la sua improbabile rappresentazione) in manette, e la Chiesa che accetta il compromesso delle armi. Gli scatti di Cesare Abbate hanno viaggiato e scoperto il mondo tra il ventre di Napoli e i suoi sobborghi. Le favelas sono a Secondigliano. Nei campi rom dove non c'è infanzia: in una pozzanghera si specchia la miseria e il passo impavido di una bambina costretta a crescere nelle scarpe di sua madre. Quanti bambini lungo la blue road. A Fuorigrotta la scuola di chi viene dal mare, da una di quelle carrette della speranza e della disperazione. A piazza Dante le polveri vivaci dell'India, le danze, le mani,
l'accoglienza. Gli uomini invece somigliano un po' tutti a quel
motociclista: distanti dal paesaggio. Lontani. In primo piano c'è sempre la solitudine di un pensiero. La città li abbandona alla loro musica e si fa da parte. L'ombra mostruosa delle vele di Scampia è sfocata, quasi indifferente a quell'intimo miracolo. E' solo anche il suonatore di cornamusa: l'Edimburgo vesuviana sfila distratta nella villa comunale. Magico l'innesto tra l'ancestrale movimento dei pellerossa e l'essenza primitiva dei quartieri spagnoli. La donna invece non è ritratta né celebrata ma si trasforma in simboli: la mano tesa di colei che ha perso la gioventù e dietro una ventenne su un manifesto già invecchiato che invita a spendere. Una Napoli da bere: la dea sotto l'ombrello rosso cerca riparo dagli sguardi. La notte di una donna imprigionata nel burka mentre si aprono solenni i portici di piazza del Plebiscito. L'armonia dell'acqua, del
fuoco e dei corpi alla piscina Scandone. Infine la moto corre su bellissimi
paesaggi violentati dai rifiuti ma gli occhi non lo sanno e gli scatti
dipingono giochi d'acqua e scogli, spiagge e tramonti infiniti, campi gialli
e morbidi. Pennellate di libertà.
Amalia De Simone
09
giugno 2006
Cesare Abbate – Il mondo nella città
Dal 09 al 18 giugno 2006
fotografia
Location
LIDO-CLUB NABILAH
Bacoli, Via Spiaggia Romana, 15, (Napoli)
Bacoli, Via Spiaggia Romana, 15, (Napoli)
Vernissage
9 Giugno 2006, ore 21
Autore