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Charles Avery – Avatar
Avatar, termine sanscrito che significa letteralmente “discesa”, o incarnazione divina nel mondo
Comunicato stampa
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Mercoledì 6 aprile 2005 alle ore 19.00 si inaugura alla galleria S.A.L.E.S. la mostra personale di Charles Avery Avatar, termine sanscrito che significa letteralmente "discesa", o incarnazione divina nel mondo.
Nella tradizione indiana, il più profondo significato di questo concetto religioso non è nella manifestazione transitoria del divino, ma implica la presenza reale della divinità in un essere umano, la fusione intima delle due nature in un unico essere, che è insieme veramente dio e veramente uomo.
L'intento dell'artista è di creare in ogni opera esposta un perfetto equilibrio di nozioni contrarie. Avery indaga tra quello che è un essere rivelato-esplicito, e dunque umano, e quello non dichiarato-nascosto, dunque divino, estendendo il concetto filosofico di avatar all'arte e alla verità dell'arte.
Introduce la mostra il disegno che ci sembra raffigurare due cani intrappolati in se stessi in una lotta eterna, bloccati nell'atto di una inevitabile "lacerazione". Nell'osservarlo attentamente ci si accorge che le bestie non sono esseri a noi conosciuti, poiché gli animali sono uniti tra loro da un unico collo ed entrambi acefali. L'intenzione dell'artista è di rappresentare una introspezione della nostra coscienza: arrivare alla consapevolezza dell'esistenza di un sé e di un altro da sé, individuare le forze interne in noi sempre in lotta tra loro, saper riconoscerle anche quando esplodono in un contrasto esterno.
Nell'installazione con i serpenti, il concetto di dualità della coscienza è espresso attraverso l'ideale intersezione di punti, linee rette e relativi angoli, in cui i rettili sono posizionati e logicamente ordinati secondo principi euclidei. Qui l'artista riconduce a formule matematiche la forma spirituale dell'anima, il suo principio vitale, per approfondire la conoscenza della nostra vita interiore.
Nell'opera con i candelabri è il numero la chiave di lettura binaria/duale: 1 tavolo, 2 candelabri, 4 candele, 8 fiammelle, 16 riflessi (cioè 1, 2, 4, 8, 16). In questo lavoro anche il materiale ha una sua importanza. Dal fuoco come sorgente luminosa naturale, con la sua fiamma che cambia continuamente aspetto e colore, alla cera delle candele che modificano lentamente la loro forma, alla solidità del metallo del candelabro.
Il dittico con i cacciatori è la rappresentazione simbolica dell'artista a caccia di verità enigmatiche, mentre gli animali sono parte della sua fantasia.
Il trittico con la ragazza appoggiata al tavolo rappresenta l'anima dell'artista, il suo subcosciente. L'erba simboleggia l'incarnazione dell'universo, dell'infinito, in una forma tautologica che rimanda all'opera di Magritte Ce n'est pas une pipe.
Nella tradizione indiana, il più profondo significato di questo concetto religioso non è nella manifestazione transitoria del divino, ma implica la presenza reale della divinità in un essere umano, la fusione intima delle due nature in un unico essere, che è insieme veramente dio e veramente uomo.
L'intento dell'artista è di creare in ogni opera esposta un perfetto equilibrio di nozioni contrarie. Avery indaga tra quello che è un essere rivelato-esplicito, e dunque umano, e quello non dichiarato-nascosto, dunque divino, estendendo il concetto filosofico di avatar all'arte e alla verità dell'arte.
Introduce la mostra il disegno che ci sembra raffigurare due cani intrappolati in se stessi in una lotta eterna, bloccati nell'atto di una inevitabile "lacerazione". Nell'osservarlo attentamente ci si accorge che le bestie non sono esseri a noi conosciuti, poiché gli animali sono uniti tra loro da un unico collo ed entrambi acefali. L'intenzione dell'artista è di rappresentare una introspezione della nostra coscienza: arrivare alla consapevolezza dell'esistenza di un sé e di un altro da sé, individuare le forze interne in noi sempre in lotta tra loro, saper riconoscerle anche quando esplodono in un contrasto esterno.
Nell'installazione con i serpenti, il concetto di dualità della coscienza è espresso attraverso l'ideale intersezione di punti, linee rette e relativi angoli, in cui i rettili sono posizionati e logicamente ordinati secondo principi euclidei. Qui l'artista riconduce a formule matematiche la forma spirituale dell'anima, il suo principio vitale, per approfondire la conoscenza della nostra vita interiore.
Nell'opera con i candelabri è il numero la chiave di lettura binaria/duale: 1 tavolo, 2 candelabri, 4 candele, 8 fiammelle, 16 riflessi (cioè 1, 2, 4, 8, 16). In questo lavoro anche il materiale ha una sua importanza. Dal fuoco come sorgente luminosa naturale, con la sua fiamma che cambia continuamente aspetto e colore, alla cera delle candele che modificano lentamente la loro forma, alla solidità del metallo del candelabro.
Il dittico con i cacciatori è la rappresentazione simbolica dell'artista a caccia di verità enigmatiche, mentre gli animali sono parte della sua fantasia.
Il trittico con la ragazza appoggiata al tavolo rappresenta l'anima dell'artista, il suo subcosciente. L'erba simboleggia l'incarnazione dell'universo, dell'infinito, in una forma tautologica che rimanda all'opera di Magritte Ce n'est pas une pipe.
06
aprile 2005
Charles Avery – Avatar
Dal 06 aprile al 20 maggio 2005
arte contemporanea
Location
STUDIO SALES DI NORBERTO RUGGERI
Roma, Piazza Dante, 2, (Roma)
Roma, Piazza Dante, 2, (Roma)
Orario di apertura
da martedi a sabato 15.30-19.30 o su appuntamento
Vernissage
6 Aprile 2005, ore 19
Autore