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Charles Moody / David Shaw
Enrico Astuni ha il piacere di presentare la doppia personale di due artisti americani. Charles Moody e David Shaw
Comunicato stampa
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Enrico Astuni ha il piacere di presentare la doppia personale di due artisti americani. Charles Moody e David Shaw.
La mostra, allestita nella galleria di Via San Paterniano a Fano, sarà inaugurata sabato 2 luglio alle ore 18,30.
Charles Moody e David Shaw rappresentano due diversi modi di fare arte che, a grandi linee, rispecchiano le tendenze dell’arte astratta e figurativa così come vengono sperimentate dagli anni Sessanta nelle storiche differenze tra Pop art e Minimalismo, ad esempio, nella volontà di ripetere immagini tendenzialmente popolari e iconiche e/oppure nella precisa intenzione di volerle cancellare per poter indagare senza influenze i meccanismi di percezione. Entrambi gli artisti, seppure con mezzi e strategie molto diversi, sono impegnati in un’analisi dell’immagine legata alla percezione dell’immagine stessa.
Charles Moody è nato a Boston nel 1979 e ha scelto di trascorrere alcuni anni in Italia, seguendo un’antica tradizione che spinge i giovani intellettuali americani a fare il loro apprendistato in Europa. I quadri di Charles Moody nascono dall’appropriazione di immagini televisive da popolari soap opera americane. Non si tratta dell’appropriazione postmoderna degli anni scorsi che privilegia l’immagine “tipica” per decostruirne i meccanismi di seduzione. Moody, infatti, raccoglie immagini particolari, ma non tipiche. Lo spettatore viene così messo a confronto con un’immagine di massa, già trasmessa e ripetuta su migliaia di schermi televisivi, ma la selezione che l’artista compie sulla tipologia di queste immagini ci fa già capire che le intenzioni dell’artista contrastano con la pulsione iconica e seducente dell’immagine televisiva. Si tratta perlopiù di immagini di transizione, momenti di passaggio tra una scena e l’altra, pause e zone d’ombra nelle quali più che in altre riusciamo a capire qualcosa del personaggio o dei personaggi ritratti. La manualità della pittura ad olio tradizionale in qualche modo ricalca la bassa qualità dell’immagine televisiva, sebbene a volte la sua natura venga sottolineata da Moody riportando su tela le strisce della scansione televisiva. Da una parte la pittura è impotente di fronte ad una tecnica limitata dalle 24 immagini al secondo tipiche della trasmissione televisiva, dall’altra, tuttavia, è proprio questo limite che rende la visione televisiva “perscrutabile”. In qualche modo la scansione temporale rende il prodotto
televisivo un “open source”, se a questo aggiungiamo l’intervento dell’artista abbiamo un’immagine che cerca di rispecchiare paure e desideri dello spettatore. In altre parole, lo spettatore assiste ad un’inedita alleanza, come afferma lo stesso Moody, pittura e televisione fanno del loro meglio per rendere l’immagine credibile: “Le pennellate sono sincere come la resa televisiva del dramma”.
David Shaw è nato a Rochester (New York) nel 1965. Le sue sculture sembrano prototipi usciti da un laboratorio della NASA. Istintivamente, lo spettatore è portato a ricostruirne la funzione finale, ma in effetti tale esercizio risulta abbastanza inutile perché le strutture create dall’artista americano non sono decostruzioni di oggetti familiari. Tutto il lavoro di David Shaw è rivolto all’investigazione su spazio, natura e materiali. Ai suoi occhi l’uomo tende a concettualizzare la propria realtà e, di conseguenza, a porre dei limiti alla sua comprensione delle cose. Pur dotato di grande talento manuale David Shaw limita dunque il suo intervento alla creazione di forme primarie, forme che si presentano come allegorie astratte colte dal nostro sguardo in un equilibrio precario e che, secondo Jennifer Coates, “sono sempre due cose per volta, eppure sembrano incomplete”. Il laminato olografico che ricopre parzialmente le sculture realizzate per la mostra di Pietrasanta dona leggerezza ed eleganza al materiale utilizzato, ma ne aumenta anche la percentuale di ambiguità visiva avvicinando il manufatto ad un mondo digitale/virtuale alquanto distante dall’esecuzione manuale e dall’utilizzo di materiali poveri (legno, ferro, acciaio) nella scultura dell’artista newyorkese. Il lavoro di David Shaw suggerisce che ambiguità e incertezza sono componenti dell’arte e vanno accettate da noi spettatori nel confronto con l’opera, così come l’artista è abituato ad inglobarle nel suo fare dinamico e complesso.
Il catalogo della mostra è costituito da due volumi interamente a colori, raccolti in un elegante cofanetto, riccamente illustrati e contenenti un testo di Jennifer Coates e due conversazioni del critico con gli artisti.
La mostra, allestita nella galleria di Via San Paterniano a Fano, sarà inaugurata sabato 2 luglio alle ore 18,30.
Charles Moody e David Shaw rappresentano due diversi modi di fare arte che, a grandi linee, rispecchiano le tendenze dell’arte astratta e figurativa così come vengono sperimentate dagli anni Sessanta nelle storiche differenze tra Pop art e Minimalismo, ad esempio, nella volontà di ripetere immagini tendenzialmente popolari e iconiche e/oppure nella precisa intenzione di volerle cancellare per poter indagare senza influenze i meccanismi di percezione. Entrambi gli artisti, seppure con mezzi e strategie molto diversi, sono impegnati in un’analisi dell’immagine legata alla percezione dell’immagine stessa.
Charles Moody è nato a Boston nel 1979 e ha scelto di trascorrere alcuni anni in Italia, seguendo un’antica tradizione che spinge i giovani intellettuali americani a fare il loro apprendistato in Europa. I quadri di Charles Moody nascono dall’appropriazione di immagini televisive da popolari soap opera americane. Non si tratta dell’appropriazione postmoderna degli anni scorsi che privilegia l’immagine “tipica” per decostruirne i meccanismi di seduzione. Moody, infatti, raccoglie immagini particolari, ma non tipiche. Lo spettatore viene così messo a confronto con un’immagine di massa, già trasmessa e ripetuta su migliaia di schermi televisivi, ma la selezione che l’artista compie sulla tipologia di queste immagini ci fa già capire che le intenzioni dell’artista contrastano con la pulsione iconica e seducente dell’immagine televisiva. Si tratta perlopiù di immagini di transizione, momenti di passaggio tra una scena e l’altra, pause e zone d’ombra nelle quali più che in altre riusciamo a capire qualcosa del personaggio o dei personaggi ritratti. La manualità della pittura ad olio tradizionale in qualche modo ricalca la bassa qualità dell’immagine televisiva, sebbene a volte la sua natura venga sottolineata da Moody riportando su tela le strisce della scansione televisiva. Da una parte la pittura è impotente di fronte ad una tecnica limitata dalle 24 immagini al secondo tipiche della trasmissione televisiva, dall’altra, tuttavia, è proprio questo limite che rende la visione televisiva “perscrutabile”. In qualche modo la scansione temporale rende il prodotto
televisivo un “open source”, se a questo aggiungiamo l’intervento dell’artista abbiamo un’immagine che cerca di rispecchiare paure e desideri dello spettatore. In altre parole, lo spettatore assiste ad un’inedita alleanza, come afferma lo stesso Moody, pittura e televisione fanno del loro meglio per rendere l’immagine credibile: “Le pennellate sono sincere come la resa televisiva del dramma”.
David Shaw è nato a Rochester (New York) nel 1965. Le sue sculture sembrano prototipi usciti da un laboratorio della NASA. Istintivamente, lo spettatore è portato a ricostruirne la funzione finale, ma in effetti tale esercizio risulta abbastanza inutile perché le strutture create dall’artista americano non sono decostruzioni di oggetti familiari. Tutto il lavoro di David Shaw è rivolto all’investigazione su spazio, natura e materiali. Ai suoi occhi l’uomo tende a concettualizzare la propria realtà e, di conseguenza, a porre dei limiti alla sua comprensione delle cose. Pur dotato di grande talento manuale David Shaw limita dunque il suo intervento alla creazione di forme primarie, forme che si presentano come allegorie astratte colte dal nostro sguardo in un equilibrio precario e che, secondo Jennifer Coates, “sono sempre due cose per volta, eppure sembrano incomplete”. Il laminato olografico che ricopre parzialmente le sculture realizzate per la mostra di Pietrasanta dona leggerezza ed eleganza al materiale utilizzato, ma ne aumenta anche la percentuale di ambiguità visiva avvicinando il manufatto ad un mondo digitale/virtuale alquanto distante dall’esecuzione manuale e dall’utilizzo di materiali poveri (legno, ferro, acciaio) nella scultura dell’artista newyorkese. Il lavoro di David Shaw suggerisce che ambiguità e incertezza sono componenti dell’arte e vanno accettate da noi spettatori nel confronto con l’opera, così come l’artista è abituato ad inglobarle nel suo fare dinamico e complesso.
Il catalogo della mostra è costituito da due volumi interamente a colori, raccolti in un elegante cofanetto, riccamente illustrati e contenenti un testo di Jennifer Coates e due conversazioni del critico con gli artisti.
02
luglio 2005
Charles Moody / David Shaw
Dal 02 luglio al 07 agosto 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA ENRICO ASTUNI
Bologna, Via Jacopo Barozzi Vignola, 3, (Bologna)
Bologna, Via Jacopo Barozzi Vignola, 3, (Bologna)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato 16–20
Vernissage
2 Luglio 2005, ore 18,30
Autore
Curatore