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Chen Chieh-jen – Lingchi. Echoes of a Historical Photograph
Il titolo si rifà a una fotografia, scattata, secondo alcuni da un non meglio identificato antropologo occidentale, secondo altri da un soldato francese, all’inizio del XX secolo, e che raffigura l’esecuzione di un condannato a morte
nella chiesa sconsacrata di San Matteo a Lucca, a cura di Pier Luigi
Tazzi, Lingchi – Echoes of a Historical Photograph, la grande
video-installazione dell’artista taiwanese Chen Chieh-jen, realizzata
nel 2002 per la Biennale di Taipei.
Il titolo si rifà a una fotografia, scattata, secondo alcuni da un non
meglio identificato antropologo occidentale, secondo altri da un
soldato francese, all’inizio del XX secolo, e che raffigura
l’esecuzione di un condannato a morte mediante il Lingchi, una lenta
tortura che prevede più di mille tagli sul corpo del condannato prima
della morte, ché se egli fosse morto prima lo stesso boia sarebbe stato
messo a morte. Praticata in Cina per migliaia di anni, questa pena fu
definitivamente abolita solo nel 1905. Una folla enorme era solita
partecipare all’esecuzione, che, oltre all’assistere a questo
spettacolo abnorme, si assiepava anche per raccogliere sangue e
brandelli di carne del condannato che sarebbero poi stati utilizzati a
scopo medicinale. La foto cominciò subito ad entrare in circolazione,
in specie fra gli occidentali che passavano per la Cina, e in
particolare in un set di cartoline intitolato Les supplices chinois. Fu
successivamente pubblicata in Francia nel libro di Louis Carpeaux,
Pekin qui s’en va, nel 1913, e quindi da Georges Dumas nel suo Traité
de psychologie nel 1923. Fu tuttavia Georges Bataille, che ne possedeva
una copia dal 1925 e che per sua dichiarazione ebbe un’importanza
decisiva nella sua vita, ad introdurla con maggior autorità
nell’immaginario della cultura occidentale, quando la utilizzò a
conclusione del suo ultimo studio sull’erotismo, Les larmes d’eros,
pubblicato nel 1961 un anno prima della sua morte, per provare
l’identità dei contrari e in particolare fra l’estasi religiosa e
l’orrore estremo.
Chen mette in scena l’esecuzione, mixandola poi con immagini di luoghi
storici in rovina, quali il Palazzo d’Estate a Pechino, con quelle di
operai di un’industria di elettronica e quelle di lavoratrici rese
disabili da incidenti e malattie professionali nei loro dormitori. Il
film risulta alla fine una metafora affascinante e crudele dei rapporti
di potere fra il forte e il debole sotto l’egemonia del Primo Mondo nel
momento in cui quel potere si oggettiva nel progetto della
globalizzazione. Si tratta anche e insieme di una lucida analisi sullo
sguardo e su come lo sguardo produca effetti sulla sostanza psichica e
mentale, e, di là, sulla coscienza individuale e collettiva di chi vive
l’attuale fase dell’umana civiltà.
Chen è nato nel 1960 in un villaggio di veterani dell’esercito di
Chiang Kai-shek, ritiratosi a Taiwan dopo la definitiva sconfitta
subita dall’esercito comunista nella Cina continentale, lui stesso
figlio di un veterano. E’ cresciuto nell’epoca della Legge Marziale
(1950-1987) e del cosiddetto Terrore Bianco, iniziato dopo l’Incidente
del 28 Febbraio 1947 e protrattosi fino ai primi Anni Ottanta, durante
il quale un numero enorme e imprecisato di oppositori al regime di
Chiang fu trucidato o incarcerato per lunghi periodi. Chen stesso
viveva nel quartiere dove avevano sede sia la Corte Marziale che la
Prigione Marziale a Xindian. Negli Anni Ottanta fa performance e azioni
di carattere politico e sociale. Dal 1996 comincia a lavorare con la
fotografia rielaborata al computer, attraverso cui elabora i temi che
caratterizzano la sua arte più nota e di più larga circolazione, anche
internazionale: il rapporto tra immagine e potere, tra politica e
violenza, tra ragione e follia, tra memoria e storia, tra realtà e
artificio, fra il Sé e l’Altro.
Lingchi – Echoes of a Historical Photograph segna il suo passaggio alla
video-installazione che amplia la sua tematica e ne accentua il valore
universale, staccato dalle contingenze di una storia e di una
condizione locali.
Fra i maggiori artisti taiwanesi, Chen ha partecipato oltre che alle
più importanti manifestazioni artistiche dell’isola e segnatamente alle
Biennali di Taipei (1994, 1996, 1998, 2002 e 2004), alle Biennali di
Venezia (1999), di Lione (2000), di Kwangju (2000) e di Shanghai
(2004). Nel 2001 ha tenuto una personale alla Galerie Nationale du Jeu
de Paume a Parigi e esposto in grandi mostre tematiche in Asia e in
Occidente. Questa è anche la sua prima personale in Italia.
Chen Chieh-jen – Lingchi. Echoes of a Historical Photograph
Lucca, Via Santa Giustina, 21, (Lucca)