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Cheryl Pope – Speakless
La Galleria Bianconi di Milano apre la nuova stagione espositiva giovedì 27 settembre alle ore 18:00 con SPEKLESS, prima mostra personale dell’artista americana Cheryl Pope a cura di Martina Corgnati.
Comunicato stampa
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La Galleria Bianconi di Milano apre la nuova stagione espositiva giovedì 27 settembre alle ore 18:00 con SPEKLESS, prima mostra personale dell’artista americana Cheryl Pope.
L’Artista statunitense , il cui lavoro da sempre si interessa al sociale e alla figura femminile , propone per l'occasione un inedito progetto artistico, che rappresenta una sorta di rivoluzione del suo lavoro: per la prima volta, nella ricerca di Cheryl Pope, una propria esperienza autobiografica diviene fonte d’ispirazione per una riflessione universale, incentarta, in questo caso, sulla difficoltà dell’essere donna nella società contemporanea occidentale; nonostante un’apparente uguaglianza la donna è sottoposta a una sottile e “non detta” discriminazione.
Curata da Martina Corgnati, la mostra presenta un nuovo corpus di lavori che comprende sculture, installazioni, dipinti e tecniche miste. Trait d’union di tutto l’insieme è una dialettica sottile e suggestiva di forma e deformazione, regolarità e irregolarità, corpo ed ombra, che si risolve in un silenzio poetico ed espressivo benché dichiaratamente Speakless, senza parole, come il titolo suggerisce. Per la sua prima mostra personale presso la Galleria Bianconi e in Italia, l’artista (nata a Chicago nel 1980, dove ha conseguito un master presso la School of the Art Institute e dove oggi è professore aggiunto) ha costruito uno “spazio di senso” fortemente unitario benché ottenuto con oggetti eterogenei, come i lavori della serie “In the absence of” sculture di alghe e grafite o quelli del ciclo “Nights become fall into day”, pseudo-abiti in neo preprene non indossabili, che ricorrono da tempo nella sua ricerca, molto sensibile al tema del vestito, inteso come protezione ma anche condizionamento del corpo, in senso sociale, sessuale e culturale. Opere che spezzano le consuetudini e le frammentazioni fra i diversi aspetti del visivo e sottendono una narrativa rarefatta, aperta, in cui il visitatore è lasciato libero di eventualmente riformularne nodi e fraseggi, di interpretarne le relazioni interne, oppure di rispettarne il sostanziale silenzio.
Cheryl Pope ambisce a costruire uno spazio sospeso, denso, unitario benché punteggiato di oggetti differenti fra loro. Nelle sue riflessioni l’Artista fa riferimento all’esperienza del sostenere senza “portare”, in base a cui “…the material of each work is physically challenged by weight, tension, posture, to reveal a poetics that feels visceral, psychological, and physical”. L’esperienza dunque diventa la forza che si è impressa nella carne delle cose e che, pur senza ostentare un peso concreto, ne ha determinato la forma come un’ombra invisibile dall’interno. In effetti è proprio l’ombra il protagonista più pervasivo e onnipresente di questa recente ricerca: lo prova “Knowing that the horizon would lay bare”, una grande tenda, o sipario, attraversata in tutta la sua lunghezza da una linea orizzontale che la divide in due parti visivamente distinte ma che resta al tempo stesso impalpabile, come la linea d’ombra proiettata dalla presenza di un orizzonte esterno che pure diventa interno ed agisce “dentro” lo spazio, le cose e noi. Più poetici e malinconici “Felt more still in solitude at a distance” e “Sound board for a split decision”, due serie di lavori in velcro che presentano la silhouette di fiori morenti, nero su nero, appena collegati mediante qualche spillo dalla testa dorata o rosso intenso. Invece, i due già citati cicli, “ In the absence of” borse di materiale organico apparentemente deformate (in realtà concepite per contenere la loro stessa deformazione) e “ Nights become fall into day”, simil-indumenti appesi ad asciugare ma “stirati” verso il basso, sono tutti memori di una certa atmosfera “antiform”, in particolare delle installazioni e materiali di Eva Hesse, ma restano sensibili anche all’esempio di Nick Cave, con cui Pope ha lavorato anni.
Nel corso della mostra, visibile fino al 31 ottobre, la Galleria Bianconi organizzerà una serata in cui la Curatice, Martina Corgnati, incontrerà il pubblico per una riflessione condivisa sul lavoro di Cheryl Pope. Con l’occasione sarà presentato il catalogo della mostra a cura della stessa Martrina Corgnati.
L’Artista statunitense , il cui lavoro da sempre si interessa al sociale e alla figura femminile , propone per l'occasione un inedito progetto artistico, che rappresenta una sorta di rivoluzione del suo lavoro: per la prima volta, nella ricerca di Cheryl Pope, una propria esperienza autobiografica diviene fonte d’ispirazione per una riflessione universale, incentarta, in questo caso, sulla difficoltà dell’essere donna nella società contemporanea occidentale; nonostante un’apparente uguaglianza la donna è sottoposta a una sottile e “non detta” discriminazione.
Curata da Martina Corgnati, la mostra presenta un nuovo corpus di lavori che comprende sculture, installazioni, dipinti e tecniche miste. Trait d’union di tutto l’insieme è una dialettica sottile e suggestiva di forma e deformazione, regolarità e irregolarità, corpo ed ombra, che si risolve in un silenzio poetico ed espressivo benché dichiaratamente Speakless, senza parole, come il titolo suggerisce. Per la sua prima mostra personale presso la Galleria Bianconi e in Italia, l’artista (nata a Chicago nel 1980, dove ha conseguito un master presso la School of the Art Institute e dove oggi è professore aggiunto) ha costruito uno “spazio di senso” fortemente unitario benché ottenuto con oggetti eterogenei, come i lavori della serie “In the absence of” sculture di alghe e grafite o quelli del ciclo “Nights become fall into day”, pseudo-abiti in neo preprene non indossabili, che ricorrono da tempo nella sua ricerca, molto sensibile al tema del vestito, inteso come protezione ma anche condizionamento del corpo, in senso sociale, sessuale e culturale. Opere che spezzano le consuetudini e le frammentazioni fra i diversi aspetti del visivo e sottendono una narrativa rarefatta, aperta, in cui il visitatore è lasciato libero di eventualmente riformularne nodi e fraseggi, di interpretarne le relazioni interne, oppure di rispettarne il sostanziale silenzio.
Cheryl Pope ambisce a costruire uno spazio sospeso, denso, unitario benché punteggiato di oggetti differenti fra loro. Nelle sue riflessioni l’Artista fa riferimento all’esperienza del sostenere senza “portare”, in base a cui “…the material of each work is physically challenged by weight, tension, posture, to reveal a poetics that feels visceral, psychological, and physical”. L’esperienza dunque diventa la forza che si è impressa nella carne delle cose e che, pur senza ostentare un peso concreto, ne ha determinato la forma come un’ombra invisibile dall’interno. In effetti è proprio l’ombra il protagonista più pervasivo e onnipresente di questa recente ricerca: lo prova “Knowing that the horizon would lay bare”, una grande tenda, o sipario, attraversata in tutta la sua lunghezza da una linea orizzontale che la divide in due parti visivamente distinte ma che resta al tempo stesso impalpabile, come la linea d’ombra proiettata dalla presenza di un orizzonte esterno che pure diventa interno ed agisce “dentro” lo spazio, le cose e noi. Più poetici e malinconici “Felt more still in solitude at a distance” e “Sound board for a split decision”, due serie di lavori in velcro che presentano la silhouette di fiori morenti, nero su nero, appena collegati mediante qualche spillo dalla testa dorata o rosso intenso. Invece, i due già citati cicli, “ In the absence of” borse di materiale organico apparentemente deformate (in realtà concepite per contenere la loro stessa deformazione) e “ Nights become fall into day”, simil-indumenti appesi ad asciugare ma “stirati” verso il basso, sono tutti memori di una certa atmosfera “antiform”, in particolare delle installazioni e materiali di Eva Hesse, ma restano sensibili anche all’esempio di Nick Cave, con cui Pope ha lavorato anni.
Nel corso della mostra, visibile fino al 31 ottobre, la Galleria Bianconi organizzerà una serata in cui la Curatice, Martina Corgnati, incontrerà il pubblico per una riflessione condivisa sul lavoro di Cheryl Pope. Con l’occasione sarà presentato il catalogo della mostra a cura della stessa Martrina Corgnati.
27
settembre 2018
Cheryl Pope – Speakless
Dal 27 settembre al 31 ottobre 2018
arte contemporanea
Location
GALLERIA BIANCONI
Milano, Via Lecco, 20, (Milano)
Milano, Via Lecco, 20, (Milano)
Orario di apertura
10.30-13 e 14.30 - 18.30
Vernissage
27 Settembre 2018, h 18.30
Autore
Curatore