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Chto Delat / Babi Badalov
Il collettivo pietroburghese Chto Delat (Che fare?), torna ad esporre negli spazi della galleria, questa volta insieme a Babi Badalov, artista nomade attualmente di stanza a Parigi, amico intimo del collettivo
Comunicato stampa
Segnala l'evento
(english text below)
La legge dell'ospitalità schiude la possibilità di contaminazione in quanto non richiede che un organo di governo come uno stato sovrano o il padrone di una casa stabilisca leggi e autorità su un altro soggetto. Lo stato o il master conserva la capacità di essere rovesciato.
Soprattutto, dobbiamo abbracciare l'ospitalità come un'interruzione, un'interruzione del sé.
(da: Interruptions: Derrida and Hospitality di Mark W. Westmoreland)
The Gallery Apart è orgogliosa di presentare Come in quickly, otherwise I'm afraid of my happiness! Xenia at the time of war. A quattro anni dalla loro partecipazione alla mostra Subterfuge, il collettivo pietroburghese Chto Delat (Che fare?), torna ad esporre negli spazi della galleria, questa volta insieme a Babi Badalov, artista nomade attualmente di stanza a Parigi, amico intimo del collettivo che negli anni Novanta ha vissuto a San Pietroburgo condividendo sin da allora importanti ispirazioni artistiche con Chto Delat.
Fondato nel 2003 da un gruppo di artisti, critici, filosofi e scrittori impegnati ad affrontare temi attinenti la politologia, l’arte e l’attivismo , Chto Delat mutua il nome dall’omonimo romanzo di Nikolai Chernyshevsky, titolo successivamente adottato anche da Lenin per il suo celebre testo in cui viene delineata la teoria organizzativa e la strategia del partito rivoluzionario del proletariato. In quest’ottica, Chto Delat si propone quale cellula artistica votata a diverse tipologie di attività culturali e di produzione di conoscenza. Il collettivo adotta diversi media, dai video alle rappresentazioni teatrali, ai programmi radiofonici, alle pitture murali. Le loro opere sono caratterizzate dall’uso di effetti spaesanti, da scenari surreali, dall’analisi di casi di studio che coinvolgono concrete battaglie sociali e politiche.
Artista visuale e poeta, Babi Badalov si esprime attraverso interventi di poesia visiva, sculture, installazioni e performance. Il suo lavoro è focalizzato sul linguaggio, sui suoi limiti e confini, sulle personali esperienze con lingue straniere scritte e parlate e sulle possibili sovrapposizioni di nessi e significati. Il linguaggio viene altresì indagato da Badalov come strumento attraverso cui enfatizzare grandi questioni geopolitiche.
Come in quickly, otherwise I'm afraid of my happiness! Xenia at the time of war è una riflessione sul concetto di ospitalità, così vicino alla quotidianità di ciascuno e nel contempo ricco di significati profondi e contraddittori con cui arte e filosofia devono confrontarsi, ancor più nell’attuale fase storica di radicalizzazione dell’uso e della stessa definizione di spazio pubblico dovuta alla cosiddetta “crisi dei rifugiati” Tratta dal romanzo Le leggi dell’ospitalità di Pierre Klossowski, la prima frase del titolo della mostra si accompagna al riferimento a Xenia, l’antico concetto greco di ospitalità intriso di generosità e cortesia.
Chto Delat e Babi Badalov si soffermano sui mutamenti di significato che la parola “ospitalità” sta assumendo in ragione dell’affermarsi delle nuove tecnologie e delle strategie con cui oggi si acquisisce potere e si avanza sulla strada del progresso, strategie che abbandonano le precedenti linee guida e la politica della comunanza. L'unica ospitalità che conosciamo in Occidente è sempre sottoposta a condizioni che fanno riferimento a diritti, doveri, obblighi, ecc. Sorgono continuamente dispute in merito agli aspetti legali e giudiziari e sulle misure militari volte a contenere un fenomeno che i cittadini “comuni”, condizionati dall’isteria collettiva prodotta dai mass media, finiscono per percepire come una minaccia crescente alle loro case, all’ordine pubblico, al rispetto della legge, a ciò che viene chiamato “civiltà”.
E in ciò si annida una parziale verità, perché sappiamo dalla filosofia che anche un protocollo di ospitalità strettamente regolamentato comporta inevitabilmente una minaccia di ospitalità incondizionata (chi ospita si apre a una nuova esperienza e, spazzando via tutte le vecchie leggi, diventa ospitato nella sua stessa casa). Ma, allo stesso tempo, si parla sempre meno dell’utopia dei vecchi militanti europei che immaginavano migranti / alieni / ospiti come una forza rivoluzionaria in grado di spazzare via la legge e stabilire un nuovo mondo comunista insieme all’"ospite / padrone" liberato. Pochi oggi sono capaci di ispirarsi a tali visioni; oggi si tratta di preservare i resti di un umanesimo basico per fornire assistenza incondizionata a coloro che ne hanno bisogno.
La mostra è un riflesso del momento in cui i resti dell'utopia si mescolano con un amaro senso di perdita. Ed è una riflessione sull'idea di ospitalità, come metafora dell'apertura al nuovo e inesplorato - un'apertura al "virus" che può condurre sia al pericolo che alla salvezza. Nella radicalizzazione di questa idea, la componente teologica della fede - la credenza nella possibilità di trasformazione - è importante.
La mostra è costruita attorno a tre film, realizzati da Chto Delat fra il 2011 e il 2016, che riflettono in modo diverso il momento in cui si cerca rifugio, la protezione da una realtà minacciosa. Tutti e tre i film sono tragici a modo loro. Non danno consigli a chi è in cerca di sicurezza, piuttosto affermano realisticamente che siamo privati di questa condizione di sicurezza e che è necessario aprire ad una nuova situazione. Solo di fronte a un conflitto insolubile, siamo in grado di trovare una possibilità di trasformazione. Anche Babi Badalov e Nikolai Oleinikov, con le opere grafiche e tessili, riflettono sugli stessi temi creando spazi autonomi dove interpretare il fenomeno dell'ospitalità tra legge e illegalità.
-----------------------------------------------------------------
The law of hospitality opens up the possibility for contamination in that it calls for no governing body such as a sovereign state or master of a home to establish laws and authority over another subject. The state or master retains the capacity to be overthrown.
Most importantly, we must embrace hospitality as an interruption, an interruption of the self.
(from: Interruptions: Derrida and Hospitality di Mark W. Westmoreland)
The Gallery Apart is proud to present Come in quickly, otherwise I'm afraid of my happiness! Xenia at the time of war. Four years after their participation in the exhibition Subterfuge, the art collective Chto Delat (What is to be done?) from Petersburg, will return with a new exhibition hosted in the gallery spaces, this time along with Babi Badalov, artist nomad, currently based in Paris and the close friend of the collective who used to live in St. Petersburg in the Nineties and who share important artistic inspirations with Chto Delat since then.
Founded in 2003 by a group of artists, critics, philosophers ad writers engaged in political theory, art, and activism, Chto Delat takes its name from a novel by the writer Nikolai Chernyshevsky, which later also inspired the title for Lenin’s own publication, in which he outlined the organizational structure and strategy of the revolutionary party. In this view, Chto Delat sees itself as an artistic cell committed to a variety of cultural activities aimed at “knowledge production”. The collective exploits a range of media, from video and theater plays, to radio programmes and mural paintings. Their artworks are characterized by the use of estrangement effects, surreal scenery, the analysis of study cases involving concrete social and political struggles.
Visual artist and a poet, Babi Badalov expresses his art though visual poetry, sculptures, installations and live performances. His practice is mostly focused on language, on the linguistic explorations researching the limits and borders of language, on the personal experiences with foreign languages, both written and spoken, and on the possible overlapping of meanings and connections. Badalov’s art also explores language in order to emphasize key geopolitical issues.
Come in quickly, otherwise I'm afraid of my happiness! Xenia at the time of war is a reflection upon the concept of hospitality, so relevant and close to our everyday life and, at the same time, rich in profound and contradictory meanings with which also art and philosophy have to deal, particularly in the current historical phase of radicalization of the use, and of the definition itself, of the public space due to the so called “refugee crisis”. Taken from the novel The Laws of Hospitality by Pierre Klossowski, the first sentence of the exhibition’s title makes a reference to Xenia, the ancient Greek concept of hospitality, infused with generosity and courtesy.
Chto Delat and Babi Badalov investigate the shifts in meaning of the word “hospitality” as a result of the emergence of new technologies and strategies to acquire power and advance on the road to progress, strategies that seem to abandon the previous guidelines and the politics of commonality. The only hospitality known in the western world has always been subject to conditions based on rights, duties, obligations, etc. Disputes constantly arise regarding the legal and judicial aspects as well as the military actions aimed at limiting a phenomenon that “common” citizens, influenced by the media-induced mass hysteria, end up to consider a growing threat to their houses, to public order, the respect of the laws, and to what is called “civilization”.
Therein lies a partial truth, as we learned from philosophy that even a strictly regulated protocol of hospitality inevitably results in a threat of unconditional hospitality (those who host open themselves up to new experiences and, sweeping away the old laws, they become guest in their own house). However, at the same time, there is less debate about the utopia of the old European militants who imagined migrants / aliens / guests as a revolutionary force able to sweep away the law to establish a new communist world together with the liberated “host / master". Few people are able to draw inspiration from such visions; today, the aim is to preserve the remnants of a basic humanism to provide unconditional support to those who need it.
The exhibition is a reflection of the moment when the remnants of the utopia merge with a bitter sense of lostness. And it is a reflection on the concept of hospitality, as a metaphor for openness to the new and the unexplored – an openness to the “virus” that may lead to danger or to salvation. In the radicalization of this idea, the theological component of faith – the belief in the possibility of transformation – is crucial.
The exhibition is structured around three films, shot by Chto Delat between 2011 and 2016, which depict in different ways the moment of seeking refuge, the protection from a menacing reality. Each of the three films is tragic in their own way. They do not give advice to those in search of salvation, but instead they affirm realistically that we are stripped of this condition of security and that it is necessary to open to a new situation. Only if faced with an unsolvable conflict, we are able to find a possibility of transformation. The graphic and textile artworks by Babi Badalov and Nikolai Oleinikov also reflect on the same topics creating independent spaces to interpret the phenomenon of hospitality between law and lawlessness.
SCHEDA INFORMATIVA
MOSTRA: Chto Delat e Babi Badalov - Come in quickly, otherwise I'm afraid of my happiness! Xenia at the time of war
LUOGO: The Gallery Apart – Via Francesco Negri, 43, Roma
INAUGURAZIONE: 18/09/2018
DURATA MOSTRA: 19/09/2018 – 23/11/2018
ORARI MOSTRA: dal martedì al venerdì 15,00 - 19,00 e su appuntamento
INFORMAZIONI: The Gallery Apart – tel/fax 0668809863 – info@thegalleryapart.it – www.thegalleryapart.it
CHTO DELAT:
Le attività del collettivo sono coordinate da Tsaplya Olga Egorova (artista), Artiom Magun (filosofor), Nikolay Oleynikov (artista), Natalia Pershina / Glucklya (artista), Alexey Penzin (filosofo), Alexander Skidan (poeta e critico), Oxana Timofeeva (filosofa), Dmitry Vilensky (artista) e Nina Gasteva (coreografa).
PRINCIPALI MOSTRE RECENTI:
MUAC (The Museo Universitario Arte Contemporáneo), Mexico (solo show 2017); KOW BERLIN (solo show 2017) (2015), San Paulo Biennale (2014); Art, Really Useful Knowledge, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid (2014); Art Turning Left: How Values Changed Making 1789–2013 – Tate Liverpool, Liverpool (2013); FORMER WEST: Documents, Constellations, Prospects,, Haus der Kulturen der Welt, Berlin (2013); 10th Gwangju Biennale, Gwangju (2012); Chto Delat in Baden-Baden, Staatliche Kuntsthalle, Baden-Baden (2011); Chto Delat Perestroika: Twenty Years After: 2011–1991, Kölnischer Kunstverein, Cologne (2011); Ostalgia, New Museum, New York (2011); Study, Study and Act Again, Moderna Galerija, Ljubljana (solo show 2011); The Urgent Need to Struggle, Institute of Contemporary Art, London (2010).
PRINCIPALI COLLEZIONI:
The Museum of Modern Art , New York; Van Abbemuseum, Eindhoven; Museum Reina Sophia, Madrid; Le Centre Pompidou, Paris; MUDAM, Luxemburg; Tretyakov Art Gallery, Moscow; KIASMA, Museum for Contemporary Art, Helsinki; Kadist Art Foundation, San Francisco; Museum of Conteporary Art, Belgrade.
BABI BADALOV:
Nato aLerik, Azerbaijan, nel 1959. Vive a Parigi.
PRINCIPALI MOSTRE RECENTI:
New Museum St. Petersbourg (solo show 2018); Center for Contemporary Art Graz (2018); 17th Tallin Print Triennale, Contemporary Art Meseum EKKM, Tallin (2018); MUSAC – Museum of Contemporary Art Leon (E) (solo show 2017), 4th Ural Industrial Biennial (2017); Centre d’Art Contemporain Villa Arson Nice (2017); Tensta Konsthall Stokholm (solo show 2016), Palais de Tokyo Paris (solo show 2016), Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato (2016); 5th Rennes Biennial (2016); 11th Gwangju Biennial (2016); Museum of Contemporary Art Vojvodina, Novi Sad (2016); Middlesbrough Institute of Modern Art (2016); Kunstraum Munich (solo show 2015), 6th Moscow Biennial (2015); Museo de la Immigracion, Buenos Aires (2015); Garage Center for Contemporary Art Moscow (2014); New Museum New York (2014); 15th Jakarta Biennial (2013); Museum of Contemporary Art Antwerp (2013 e 2010); Kunstmuseum Bern (2014); 54th Venice Biennale (collateral event 2011); Manifesta 8 (2010).
La legge dell'ospitalità schiude la possibilità di contaminazione in quanto non richiede che un organo di governo come uno stato sovrano o il padrone di una casa stabilisca leggi e autorità su un altro soggetto. Lo stato o il master conserva la capacità di essere rovesciato.
Soprattutto, dobbiamo abbracciare l'ospitalità come un'interruzione, un'interruzione del sé.
(da: Interruptions: Derrida and Hospitality di Mark W. Westmoreland)
The Gallery Apart è orgogliosa di presentare Come in quickly, otherwise I'm afraid of my happiness! Xenia at the time of war. A quattro anni dalla loro partecipazione alla mostra Subterfuge, il collettivo pietroburghese Chto Delat (Che fare?), torna ad esporre negli spazi della galleria, questa volta insieme a Babi Badalov, artista nomade attualmente di stanza a Parigi, amico intimo del collettivo che negli anni Novanta ha vissuto a San Pietroburgo condividendo sin da allora importanti ispirazioni artistiche con Chto Delat.
Fondato nel 2003 da un gruppo di artisti, critici, filosofi e scrittori impegnati ad affrontare temi attinenti la politologia, l’arte e l’attivismo , Chto Delat mutua il nome dall’omonimo romanzo di Nikolai Chernyshevsky, titolo successivamente adottato anche da Lenin per il suo celebre testo in cui viene delineata la teoria organizzativa e la strategia del partito rivoluzionario del proletariato. In quest’ottica, Chto Delat si propone quale cellula artistica votata a diverse tipologie di attività culturali e di produzione di conoscenza. Il collettivo adotta diversi media, dai video alle rappresentazioni teatrali, ai programmi radiofonici, alle pitture murali. Le loro opere sono caratterizzate dall’uso di effetti spaesanti, da scenari surreali, dall’analisi di casi di studio che coinvolgono concrete battaglie sociali e politiche.
Artista visuale e poeta, Babi Badalov si esprime attraverso interventi di poesia visiva, sculture, installazioni e performance. Il suo lavoro è focalizzato sul linguaggio, sui suoi limiti e confini, sulle personali esperienze con lingue straniere scritte e parlate e sulle possibili sovrapposizioni di nessi e significati. Il linguaggio viene altresì indagato da Badalov come strumento attraverso cui enfatizzare grandi questioni geopolitiche.
Come in quickly, otherwise I'm afraid of my happiness! Xenia at the time of war è una riflessione sul concetto di ospitalità, così vicino alla quotidianità di ciascuno e nel contempo ricco di significati profondi e contraddittori con cui arte e filosofia devono confrontarsi, ancor più nell’attuale fase storica di radicalizzazione dell’uso e della stessa definizione di spazio pubblico dovuta alla cosiddetta “crisi dei rifugiati” Tratta dal romanzo Le leggi dell’ospitalità di Pierre Klossowski, la prima frase del titolo della mostra si accompagna al riferimento a Xenia, l’antico concetto greco di ospitalità intriso di generosità e cortesia.
Chto Delat e Babi Badalov si soffermano sui mutamenti di significato che la parola “ospitalità” sta assumendo in ragione dell’affermarsi delle nuove tecnologie e delle strategie con cui oggi si acquisisce potere e si avanza sulla strada del progresso, strategie che abbandonano le precedenti linee guida e la politica della comunanza. L'unica ospitalità che conosciamo in Occidente è sempre sottoposta a condizioni che fanno riferimento a diritti, doveri, obblighi, ecc. Sorgono continuamente dispute in merito agli aspetti legali e giudiziari e sulle misure militari volte a contenere un fenomeno che i cittadini “comuni”, condizionati dall’isteria collettiva prodotta dai mass media, finiscono per percepire come una minaccia crescente alle loro case, all’ordine pubblico, al rispetto della legge, a ciò che viene chiamato “civiltà”.
E in ciò si annida una parziale verità, perché sappiamo dalla filosofia che anche un protocollo di ospitalità strettamente regolamentato comporta inevitabilmente una minaccia di ospitalità incondizionata (chi ospita si apre a una nuova esperienza e, spazzando via tutte le vecchie leggi, diventa ospitato nella sua stessa casa). Ma, allo stesso tempo, si parla sempre meno dell’utopia dei vecchi militanti europei che immaginavano migranti / alieni / ospiti come una forza rivoluzionaria in grado di spazzare via la legge e stabilire un nuovo mondo comunista insieme all’"ospite / padrone" liberato. Pochi oggi sono capaci di ispirarsi a tali visioni; oggi si tratta di preservare i resti di un umanesimo basico per fornire assistenza incondizionata a coloro che ne hanno bisogno.
La mostra è un riflesso del momento in cui i resti dell'utopia si mescolano con un amaro senso di perdita. Ed è una riflessione sull'idea di ospitalità, come metafora dell'apertura al nuovo e inesplorato - un'apertura al "virus" che può condurre sia al pericolo che alla salvezza. Nella radicalizzazione di questa idea, la componente teologica della fede - la credenza nella possibilità di trasformazione - è importante.
La mostra è costruita attorno a tre film, realizzati da Chto Delat fra il 2011 e il 2016, che riflettono in modo diverso il momento in cui si cerca rifugio, la protezione da una realtà minacciosa. Tutti e tre i film sono tragici a modo loro. Non danno consigli a chi è in cerca di sicurezza, piuttosto affermano realisticamente che siamo privati di questa condizione di sicurezza e che è necessario aprire ad una nuova situazione. Solo di fronte a un conflitto insolubile, siamo in grado di trovare una possibilità di trasformazione. Anche Babi Badalov e Nikolai Oleinikov, con le opere grafiche e tessili, riflettono sugli stessi temi creando spazi autonomi dove interpretare il fenomeno dell'ospitalità tra legge e illegalità.
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The law of hospitality opens up the possibility for contamination in that it calls for no governing body such as a sovereign state or master of a home to establish laws and authority over another subject. The state or master retains the capacity to be overthrown.
Most importantly, we must embrace hospitality as an interruption, an interruption of the self.
(from: Interruptions: Derrida and Hospitality di Mark W. Westmoreland)
The Gallery Apart is proud to present Come in quickly, otherwise I'm afraid of my happiness! Xenia at the time of war. Four years after their participation in the exhibition Subterfuge, the art collective Chto Delat (What is to be done?) from Petersburg, will return with a new exhibition hosted in the gallery spaces, this time along with Babi Badalov, artist nomad, currently based in Paris and the close friend of the collective who used to live in St. Petersburg in the Nineties and who share important artistic inspirations with Chto Delat since then.
Founded in 2003 by a group of artists, critics, philosophers ad writers engaged in political theory, art, and activism, Chto Delat takes its name from a novel by the writer Nikolai Chernyshevsky, which later also inspired the title for Lenin’s own publication, in which he outlined the organizational structure and strategy of the revolutionary party. In this view, Chto Delat sees itself as an artistic cell committed to a variety of cultural activities aimed at “knowledge production”. The collective exploits a range of media, from video and theater plays, to radio programmes and mural paintings. Their artworks are characterized by the use of estrangement effects, surreal scenery, the analysis of study cases involving concrete social and political struggles.
Visual artist and a poet, Babi Badalov expresses his art though visual poetry, sculptures, installations and live performances. His practice is mostly focused on language, on the linguistic explorations researching the limits and borders of language, on the personal experiences with foreign languages, both written and spoken, and on the possible overlapping of meanings and connections. Badalov’s art also explores language in order to emphasize key geopolitical issues.
Come in quickly, otherwise I'm afraid of my happiness! Xenia at the time of war is a reflection upon the concept of hospitality, so relevant and close to our everyday life and, at the same time, rich in profound and contradictory meanings with which also art and philosophy have to deal, particularly in the current historical phase of radicalization of the use, and of the definition itself, of the public space due to the so called “refugee crisis”. Taken from the novel The Laws of Hospitality by Pierre Klossowski, the first sentence of the exhibition’s title makes a reference to Xenia, the ancient Greek concept of hospitality, infused with generosity and courtesy.
Chto Delat and Babi Badalov investigate the shifts in meaning of the word “hospitality” as a result of the emergence of new technologies and strategies to acquire power and advance on the road to progress, strategies that seem to abandon the previous guidelines and the politics of commonality. The only hospitality known in the western world has always been subject to conditions based on rights, duties, obligations, etc. Disputes constantly arise regarding the legal and judicial aspects as well as the military actions aimed at limiting a phenomenon that “common” citizens, influenced by the media-induced mass hysteria, end up to consider a growing threat to their houses, to public order, the respect of the laws, and to what is called “civilization”.
Therein lies a partial truth, as we learned from philosophy that even a strictly regulated protocol of hospitality inevitably results in a threat of unconditional hospitality (those who host open themselves up to new experiences and, sweeping away the old laws, they become guest in their own house). However, at the same time, there is less debate about the utopia of the old European militants who imagined migrants / aliens / guests as a revolutionary force able to sweep away the law to establish a new communist world together with the liberated “host / master". Few people are able to draw inspiration from such visions; today, the aim is to preserve the remnants of a basic humanism to provide unconditional support to those who need it.
The exhibition is a reflection of the moment when the remnants of the utopia merge with a bitter sense of lostness. And it is a reflection on the concept of hospitality, as a metaphor for openness to the new and the unexplored – an openness to the “virus” that may lead to danger or to salvation. In the radicalization of this idea, the theological component of faith – the belief in the possibility of transformation – is crucial.
The exhibition is structured around three films, shot by Chto Delat between 2011 and 2016, which depict in different ways the moment of seeking refuge, the protection from a menacing reality. Each of the three films is tragic in their own way. They do not give advice to those in search of salvation, but instead they affirm realistically that we are stripped of this condition of security and that it is necessary to open to a new situation. Only if faced with an unsolvable conflict, we are able to find a possibility of transformation. The graphic and textile artworks by Babi Badalov and Nikolai Oleinikov also reflect on the same topics creating independent spaces to interpret the phenomenon of hospitality between law and lawlessness.
SCHEDA INFORMATIVA
MOSTRA: Chto Delat e Babi Badalov - Come in quickly, otherwise I'm afraid of my happiness! Xenia at the time of war
LUOGO: The Gallery Apart – Via Francesco Negri, 43, Roma
INAUGURAZIONE: 18/09/2018
DURATA MOSTRA: 19/09/2018 – 23/11/2018
ORARI MOSTRA: dal martedì al venerdì 15,00 - 19,00 e su appuntamento
INFORMAZIONI: The Gallery Apart – tel/fax 0668809863 – info@thegalleryapart.it – www.thegalleryapart.it
CHTO DELAT:
Le attività del collettivo sono coordinate da Tsaplya Olga Egorova (artista), Artiom Magun (filosofor), Nikolay Oleynikov (artista), Natalia Pershina / Glucklya (artista), Alexey Penzin (filosofo), Alexander Skidan (poeta e critico), Oxana Timofeeva (filosofa), Dmitry Vilensky (artista) e Nina Gasteva (coreografa).
PRINCIPALI MOSTRE RECENTI:
MUAC (The Museo Universitario Arte Contemporáneo), Mexico (solo show 2017); KOW BERLIN (solo show 2017) (2015), San Paulo Biennale (2014); Art, Really Useful Knowledge, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid (2014); Art Turning Left: How Values Changed Making 1789–2013 – Tate Liverpool, Liverpool (2013); FORMER WEST: Documents, Constellations, Prospects,, Haus der Kulturen der Welt, Berlin (2013); 10th Gwangju Biennale, Gwangju (2012); Chto Delat in Baden-Baden, Staatliche Kuntsthalle, Baden-Baden (2011); Chto Delat Perestroika: Twenty Years After: 2011–1991, Kölnischer Kunstverein, Cologne (2011); Ostalgia, New Museum, New York (2011); Study, Study and Act Again, Moderna Galerija, Ljubljana (solo show 2011); The Urgent Need to Struggle, Institute of Contemporary Art, London (2010).
PRINCIPALI COLLEZIONI:
The Museum of Modern Art , New York; Van Abbemuseum, Eindhoven; Museum Reina Sophia, Madrid; Le Centre Pompidou, Paris; MUDAM, Luxemburg; Tretyakov Art Gallery, Moscow; KIASMA, Museum for Contemporary Art, Helsinki; Kadist Art Foundation, San Francisco; Museum of Conteporary Art, Belgrade.
BABI BADALOV:
Nato aLerik, Azerbaijan, nel 1959. Vive a Parigi.
PRINCIPALI MOSTRE RECENTI:
New Museum St. Petersbourg (solo show 2018);
18
settembre 2018
Chto Delat / Babi Badalov
Dal 18 settembre al 23 novembre 2018
arte contemporanea
Location
THE GALLERY APART
Roma, Via Francesco Negri, 43, (Roma)
Roma, Via Francesco Negri, 43, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a venerdì ore 15-19
Vernissage
18 Settembre 2018, ore 18.00
Autore