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Cina: non solo rosso
I protagonisti di questa esposizione sono nati negli anni ’60 e appartengono alla seconda generazione successiva alla rivoluzione culturale. Essi si trovano così nel bel mezzo della nascita di tutte le contraddizioni poi divampate: una società in radicale cambiamento, l’imposizione di un processo di sviluppo accelerato, il fallimento del tentativo di rinnovamento della cultura cinese, la fine della speranza di una prospettiva culturale che riscatti l’individuo sulla scia delle conquiste dell’occidente. Questi artisti elaborano dunque una forma acida di autocoscienza, amplificando oltremisura il sentimento della loro impotenza.
Comunicato stampa
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I protagonisti di questa esposizione sono nati negli anni ’60 e appartengono alla seconda generazione successiva alla rivoluzione culturale. Essi si trovano così nel bel mezzo della nascita di tutte le contraddizioni poi divampate: una società in radicale cambiamento, l'imposizione di un processo di sviluppo accelerato, il fallimento del tentativo di rinnovamento della cultura cinese, la fine della speranza di una prospettiva culturale che riscatti l'individuo sulla scia delle conquiste dell'occidente. Questi artisti elaborano dunque una forma acida di autocoscienza, amplificando oltremisura il sentimento della loro impotenza.
La fortuna dell'arte cinese risale ai primi anni del 2000, ovvero quando Harald Szeemann invita 19 artisti cinesi alla sua prima Biennale. I galleristi più avvertiti, del resto, avviano i loro contatti già nel corso degli anni ‘90.
Tra questi Dante Vecchiato che intraprende i suoi viaggi in Cina ben prima del 2000 e diventa, di fatto, testimone della maturazione degli ultimi e più clamorosi eventi che riguardano quell'arte, ovvero le prime due edizioni della Biennale di Pechino e la nascita della Factory 798, il quartier generale della nuova arte cinese.
Da quando la Factory 798 (un grande complesso industriale abbandonato) è diventato la cittadella dell'arte contemporanea dove gli artisti hanno piantato le tende, sistemato i loro studi, creato spazi espositivi, servizi, ristorazione ecc…, i linguaggi e i contenuti della loro arte si sono resi più espliciti, liberandosi dell'amaro sarcasmo propri, ricercando e alimentando sia la fantasia che la critica sociale. Gli artisti si sentono investiti di un compito importante: rendere conto di quanto sta accadendo in Cina, manifestare in qualche modo (e qui entrano in gioco la fantasia e le risorse artistiche) le prodezze e la follia dello sviluppo cinese.
I giovani volti di Shen Xiaotong sono diafani al punto di perdere le loro fattezze, le fisionomie che ne garantivano la riconoscibilità. I colori un tempo accesi (azzurri, viola, gialli, verdi) appaiono ora sbiaditi come per un'eccessiva sovraesposizione: si stanno dissolvendo portando con sé, nel loro dissolvimento i volti delle persone. Si racconta che gli indiani d'America non volevano farsi ritrarre perché le loro anime si sarebbero trasferite nei ritratti. L'effige trattiene l'anima e l'occidente conosce molto bene il campione di quest’angoscia: Dorian Gray.
Tratto dal testo originale di Virginia Baradel
In mostra, oltre a Ma Han, Chen Wenling e Shen Xiatong, si potranno vedere dipinti di He Sen, il vestito della performance di Xiao Ge, la scultura in resina di Ma Liuming.
La fortuna dell'arte cinese risale ai primi anni del 2000, ovvero quando Harald Szeemann invita 19 artisti cinesi alla sua prima Biennale. I galleristi più avvertiti, del resto, avviano i loro contatti già nel corso degli anni ‘90.
Tra questi Dante Vecchiato che intraprende i suoi viaggi in Cina ben prima del 2000 e diventa, di fatto, testimone della maturazione degli ultimi e più clamorosi eventi che riguardano quell'arte, ovvero le prime due edizioni della Biennale di Pechino e la nascita della Factory 798, il quartier generale della nuova arte cinese.
Da quando la Factory 798 (un grande complesso industriale abbandonato) è diventato la cittadella dell'arte contemporanea dove gli artisti hanno piantato le tende, sistemato i loro studi, creato spazi espositivi, servizi, ristorazione ecc…, i linguaggi e i contenuti della loro arte si sono resi più espliciti, liberandosi dell'amaro sarcasmo propri, ricercando e alimentando sia la fantasia che la critica sociale. Gli artisti si sentono investiti di un compito importante: rendere conto di quanto sta accadendo in Cina, manifestare in qualche modo (e qui entrano in gioco la fantasia e le risorse artistiche) le prodezze e la follia dello sviluppo cinese.
I giovani volti di Shen Xiaotong sono diafani al punto di perdere le loro fattezze, le fisionomie che ne garantivano la riconoscibilità. I colori un tempo accesi (azzurri, viola, gialli, verdi) appaiono ora sbiaditi come per un'eccessiva sovraesposizione: si stanno dissolvendo portando con sé, nel loro dissolvimento i volti delle persone. Si racconta che gli indiani d'America non volevano farsi ritrarre perché le loro anime si sarebbero trasferite nei ritratti. L'effige trattiene l'anima e l'occidente conosce molto bene il campione di quest’angoscia: Dorian Gray.
Tratto dal testo originale di Virginia Baradel
In mostra, oltre a Ma Han, Chen Wenling e Shen Xiatong, si potranno vedere dipinti di He Sen, il vestito della performance di Xiao Ge, la scultura in resina di Ma Liuming.
11
dicembre 2008
Cina: non solo rosso
Dall'undici dicembre 2008 al 31 gennaio 2009
arte contemporanea
Location
VECCHIATO ART GALLERIES
Milano, Via Santa Marta, 3 , (Milano)
Milano, Via Santa Marta, 3 , (Milano)
Vernissage
11 Dicembre 2008, ore 19
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