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Claudia Campus – MENTRE CAMMINO PENSO DI NON GALLEGGIARE
Meditativi, lenti, silenziosi e avvolti nell’ombra, i video di Claudia Campus sono manifestazioni di situazioni intime, sensazioni di fragilità e di impotenza che l’artista trasmette con inquadrature fisse dai cambiamenti minimi, attesi e per questo esasperanti. Sono esplorazioni della realtà che minano la definizione stessa di “mondo reale”, e che colgono con la metafora quella sorta di traslazione tra ciò che viene comunemente avvertito dai nostri sensi e la vera e propria dimensione in cui viviamo
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Meditativi, lenti, silenziosi e avvolti nell'ombra, i video di Claudia Campus sono manifestazioni di
situazioni intime, sensazioni di fragilità e di impotenza che l'artista trasmette con inquadrature
fisse dai cambiamenti minimi, attesi e per questo esasperanti. Sono esplorazioni della realtà che
minano la definizione stessa di "mondo reale", e che colgono con la metafora quella sorta di
traslazione tra ciò che viene comunemente avvertito dai nostri sensi e la vera e propria
dimensione in cui viviamo.
Nel suo lavoro viene rappresentato, quindi, uno slittamento tra percezione e realtà, uno scarto
che avvertiamo senza riuscire a quantificare. Abbiamo paura di affrontarlo ed è la causa di
fondo delle insoddisfazioni dell'uomo contemporaneo, sempre più pratico e pragmatico, eppure
anche sempre più consapevole dei limiti della propria esperienza. Una faglia che si cerca di
restringere tramite uno sguardo che non parte dagli occhi ma da sensi emotivi e spirituali,
riflessioni che hanno a che fare più con l'intimo che con lo scientifico e che pure hanno una
vocazione quasi medica perché esaminano i sintomi della nostra debolezza e cercano una cura.
Il nome della malattia è lo smarrimento all'interno della vita, che viene rielaborato da Claudia
Campus con la sua ricerca tutta presentata in questa mostra e che si compone finora di otto
video, di cui il primo realizzato, "Mentre cammino penso di non galleggiare" dà il titolo
all'evento. Nel video, la stessa artista percorre una passerella sulla piscina che attraversa tutto
lo schermo. Dopo poco più di una metà la sua figura si immerge e scompare, mentre dei veloci
cambi di luce ci avvertono del passare delle ore. E' proprio questo trascorrere del tempo - che
non riusciamo mai ad abbracciare completamente - ad essere il protagonista del lavoro,
trasmettendoci l'impotenza di capire effettivamente l'identità della dimensione fisica che più di
tutte governa ossessivamente la nostra vita.
Questa impotenza viene poi trasposta anche nella conoscenza di noi stessi, nella ricerca della
nostra personale identità, come l'artista ci mostra nel secondo video: "Due intermezzi alla
ricerca di un dubbio non costruito". Qui la vediamo avvicinarsi lentamente a uno specchio,
cercandosi in un misto di curiosità e di esitazione, tra il bisogno di definirsi e la paura di non
riuscire. E, infatti, la sua figura si dissolve e scompare nella luce lasciando la ricerca incompiuta e
gli interrogativi su se stessa completamente irrisolti.
La luce di Claudia Campus è quasi sempre una luminosità invadente, che più che illuminare
soffoca di chiarore oppure gioca ingannando i sensi. Una luce fisica capricciosa e di sottofondo
ostile che ostacola la conoscenza vera delle cose, proprio come la luce della ragione molte volte
blocca la rivelazione delle nostre intimità. In "Silenzio riflesso causato da assordante caos",
questo ossimoro della luce che vieta di vedere si manifesta tramite l'inquadratura fissa sul viso
dell'artista e soprattutto dei suoi occhiali che fanno da superficie riflettente e da barriera tra la
persona e quello che sta accadendo nella stanza, che sembra innaturalmente lontano e
intoccabile.
Il messaggio su cui l'artista insiste più volte è che dunque siamo solo spettatori delle nostre vite,
e il più delle volte neanche completamente consapevoli. Come in "Mentre conto i pioli cado
all'indietro ed una specchiera impolverata ride di me", un video in cui la parzialità delle nostre
visioni e della nostra percezione è simboleggiata da una scala nel bosco che piano piano si rivela
essere niente altro che la vicinanza di due tronchi e dei loro rami.
Il fluire del tempo, di cui ci accorgiamo senza riuscire a comprenderlo, ci rivela piano piano degli
indizi, giocando con la nostra ingenuità, e come in una scatola cinese ogni significato ne contiene
un altro, spesso criptato, nascosto. Le realtà di compenetrano, come nel video "Trasparenza di
un pieno verso un fragile vuoto" in cui scorrendo sul vetro di una credenza vediamo al suo
interno sia il suo contenuto che il rifletto del resto della stanza.
In "Stop-luce-stop" delle luci lontane sembrano inaccessibili, misteriose, divise dallo spettatore
da un vuoto tetro che non abbiamo il coraggio di fronteggiare, ma piano piano questa situazione
di disagio si rivela essere solo un banale gioco ottico che nasconde una piccola e innocua perla.
Per quanto siamo quindi in balia del flusso degli eventi, come nello scorrere dell'acqua di "Senza
titolo", per quanto non riusciamo ad affrontare per paura di cadere nel vuoto la distanza che
separa il nostro sapere cognitivo dalle nostre sensazioni emotive, molto spesso la realtà può
essere assai meno infida, assai meno lontana e inafferrabile di quanto appare. E' una trama
invisibile che si trasforma nel riverbero dell'ultimo video realizzato dall'artista, "Radar", in cui
viene descritta la tensione verso un'energia impalpabile che ci attraversa e con cui dovremmo
tentare di metterci in comunicazione raggiungendo una conoscenza più profonda e ravvicinata
del mondo.
Piccoli haiku di immagini sulla situazione umana e la sua inconsistenza, i suoi video analizzano
così la sensazione dell'impotenza, della paura di non galleggiare, della sospensione sul baratro,
della percezione dell'esistenza come un flusso che riflettiamo senza riuscire a penetrare
realmente. Eppure il tutto è compreso in una visione sottilmente ironica e tesa al superamento.
Il senso tragico della mancanza di una soluzione viene attutito ed equilibrato dalla forte
dimensione cinematografica che mette una distanza di sicurezza, una costruttività che ovatta i
concetti, e che quindi permette che ogni insoddisfazione venga intuita e non apertamente
dichiarata, scivolando gradualmente negli spettatori e creando curiosità e fascinazione.
Carolina Lio
situazioni intime, sensazioni di fragilità e di impotenza che l'artista trasmette con inquadrature
fisse dai cambiamenti minimi, attesi e per questo esasperanti. Sono esplorazioni della realtà che
minano la definizione stessa di "mondo reale", e che colgono con la metafora quella sorta di
traslazione tra ciò che viene comunemente avvertito dai nostri sensi e la vera e propria
dimensione in cui viviamo.
Nel suo lavoro viene rappresentato, quindi, uno slittamento tra percezione e realtà, uno scarto
che avvertiamo senza riuscire a quantificare. Abbiamo paura di affrontarlo ed è la causa di
fondo delle insoddisfazioni dell'uomo contemporaneo, sempre più pratico e pragmatico, eppure
anche sempre più consapevole dei limiti della propria esperienza. Una faglia che si cerca di
restringere tramite uno sguardo che non parte dagli occhi ma da sensi emotivi e spirituali,
riflessioni che hanno a che fare più con l'intimo che con lo scientifico e che pure hanno una
vocazione quasi medica perché esaminano i sintomi della nostra debolezza e cercano una cura.
Il nome della malattia è lo smarrimento all'interno della vita, che viene rielaborato da Claudia
Campus con la sua ricerca tutta presentata in questa mostra e che si compone finora di otto
video, di cui il primo realizzato, "Mentre cammino penso di non galleggiare" dà il titolo
all'evento. Nel video, la stessa artista percorre una passerella sulla piscina che attraversa tutto
lo schermo. Dopo poco più di una metà la sua figura si immerge e scompare, mentre dei veloci
cambi di luce ci avvertono del passare delle ore. E' proprio questo trascorrere del tempo - che
non riusciamo mai ad abbracciare completamente - ad essere il protagonista del lavoro,
trasmettendoci l'impotenza di capire effettivamente l'identità della dimensione fisica che più di
tutte governa ossessivamente la nostra vita.
Questa impotenza viene poi trasposta anche nella conoscenza di noi stessi, nella ricerca della
nostra personale identità, come l'artista ci mostra nel secondo video: "Due intermezzi alla
ricerca di un dubbio non costruito". Qui la vediamo avvicinarsi lentamente a uno specchio,
cercandosi in un misto di curiosità e di esitazione, tra il bisogno di definirsi e la paura di non
riuscire. E, infatti, la sua figura si dissolve e scompare nella luce lasciando la ricerca incompiuta e
gli interrogativi su se stessa completamente irrisolti.
La luce di Claudia Campus è quasi sempre una luminosità invadente, che più che illuminare
soffoca di chiarore oppure gioca ingannando i sensi. Una luce fisica capricciosa e di sottofondo
ostile che ostacola la conoscenza vera delle cose, proprio come la luce della ragione molte volte
blocca la rivelazione delle nostre intimità. In "Silenzio riflesso causato da assordante caos",
questo ossimoro della luce che vieta di vedere si manifesta tramite l'inquadratura fissa sul viso
dell'artista e soprattutto dei suoi occhiali che fanno da superficie riflettente e da barriera tra la
persona e quello che sta accadendo nella stanza, che sembra innaturalmente lontano e
intoccabile.
Il messaggio su cui l'artista insiste più volte è che dunque siamo solo spettatori delle nostre vite,
e il più delle volte neanche completamente consapevoli. Come in "Mentre conto i pioli cado
all'indietro ed una specchiera impolverata ride di me", un video in cui la parzialità delle nostre
visioni e della nostra percezione è simboleggiata da una scala nel bosco che piano piano si rivela
essere niente altro che la vicinanza di due tronchi e dei loro rami.
Il fluire del tempo, di cui ci accorgiamo senza riuscire a comprenderlo, ci rivela piano piano degli
indizi, giocando con la nostra ingenuità, e come in una scatola cinese ogni significato ne contiene
un altro, spesso criptato, nascosto. Le realtà di compenetrano, come nel video "Trasparenza di
un pieno verso un fragile vuoto" in cui scorrendo sul vetro di una credenza vediamo al suo
interno sia il suo contenuto che il rifletto del resto della stanza.
In "Stop-luce-stop" delle luci lontane sembrano inaccessibili, misteriose, divise dallo spettatore
da un vuoto tetro che non abbiamo il coraggio di fronteggiare, ma piano piano questa situazione
di disagio si rivela essere solo un banale gioco ottico che nasconde una piccola e innocua perla.
Per quanto siamo quindi in balia del flusso degli eventi, come nello scorrere dell'acqua di "Senza
titolo", per quanto non riusciamo ad affrontare per paura di cadere nel vuoto la distanza che
separa il nostro sapere cognitivo dalle nostre sensazioni emotive, molto spesso la realtà può
essere assai meno infida, assai meno lontana e inafferrabile di quanto appare. E' una trama
invisibile che si trasforma nel riverbero dell'ultimo video realizzato dall'artista, "Radar", in cui
viene descritta la tensione verso un'energia impalpabile che ci attraversa e con cui dovremmo
tentare di metterci in comunicazione raggiungendo una conoscenza più profonda e ravvicinata
del mondo.
Piccoli haiku di immagini sulla situazione umana e la sua inconsistenza, i suoi video analizzano
così la sensazione dell'impotenza, della paura di non galleggiare, della sospensione sul baratro,
della percezione dell'esistenza come un flusso che riflettiamo senza riuscire a penetrare
realmente. Eppure il tutto è compreso in una visione sottilmente ironica e tesa al superamento.
Il senso tragico della mancanza di una soluzione viene attutito ed equilibrato dalla forte
dimensione cinematografica che mette una distanza di sicurezza, una costruttività che ovatta i
concetti, e che quindi permette che ogni insoddisfazione venga intuita e non apertamente
dichiarata, scivolando gradualmente negli spettatori e creando curiosità e fascinazione.
Carolina Lio
08
giugno 2012
Claudia Campus – MENTRE CAMMINO PENSO DI NON GALLEGGIARE
Dall'otto giugno all'otto agosto 2012
arte contemporanea
Location
3)5 ARTE CONTEMPORANEA
Rieti, Via Dell'ospizio Cerroni, 3/5, (Rieti)
Rieti, Via Dell'ospizio Cerroni, 3/5, (Rieti)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 17.00 – 20. Altri orari su appuntamento
Vernissage
8 Giugno 2012, ore 19
Sito web
www.claudiacampus.it/
Autore
Curatore