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Claudia Del Giudice – Quando il vento tace
Il progetto espositivo scaturisce da un’incessante ricerca sulle relazioni tra l’uomo e il paesaggio contemporaneo; un’indagine sulla logica critica tra percezione e fruizione dei luoghi ormai invasi dai “prodotti” dell’intelletto, legata alla contestualizzazione della propria esperienza.
Comunicato stampa
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Quando il vento tace,
Irrompe il silenzio.
Inerme l’animo ne risulta invaso.
L’insicurezza prende il sopravvento.
Piccoli siamo, sempre più piccoli
E, tuttavia, immensi.
Noi che siamo frammenti d’infinito.
Claudia Del Giudice.
Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. (1Re 19,12-13)
Elia si trova alla presenza di Dio in un segno impercettibile, quasi muto: il sussurro di una brezza leggera… Il testo ebraico dice alla lettera: “la voce di un silenzio sottile”. Sì, allora, anche il silenzio ha una voce … non è quella roboante del vento impetuoso o della tempesta fragorosa, è la voce sottile che si fa spazio quando il silenzio prende il sopravvento. Quando il frastuono quotidiano cede il passo alla quiete, quando il clamore si arresta, si apre lo spazio vitale per l’anima. Lo spirito si distende, si espande quasi ritrovando vita, capacità di espressione.
Quando il vento tace, si apre per l’anima la porta dell’infinito! Potremmo sintetizzare così l’esperienza che trasuda dagli splendidi scatti di Claudia Del Giudice, raffinata interprete dell’anelito di ricerca di infinito di ogni uomo. La vastità degli orizzonti, con la limpidezza dei panorami, sembra come intaccata da elementi che riportano, quasi come in uno shock, alla quotidianità fatta di materia, di finito, di fragilità. Non sono elementi qualsiasi, ma quasi sempre installazioni “artificiali”, un richiamo all’esperienza dell’uomo tecnologico, con la sua pretesa illusoria e prometeica di voler afferrare il segreto dell’esistenza per poterla dominare. Ad un primo sguardo, forse, il contrasto tra il “puramente” naturale e il tecnologico potrà sembrare quasi una violenza, un’intrusione, ma la presenza di un riflettore, un lampione, un traliccio, stanno lì quasi come sentinelle a segnalare nel concreto la realtà della nostra dimensione. L’apertura all’infinito, allora, da nostalgico e struggente desiderio di una trasparenza perduta si può tramutare in orizzonte che trasfigura, accompagna, avvolge, quasi sostiene, lo sforzo quotidiano dell’uomo di dare un senso al suo fare senza sosta.
Armando Nugnes – teologo PFTIM – Napoli.
“Vedo che la natura mi ha detto qualcosa,
mi ha rivolto la parola
e che io l’ho trascritta in stenografia”
Vincent Van Gogh, Lettera a Theo, settembre 1882
Libera e viva è la delicata natura che si lascia ammirare senza chiedere nulla in cambio. I paesaggi, variando in ogni angolo del pianeta, restituiscono colori irripetibili e la luce, perdendo d’intensità, ne lascia cogliere sempre aspetti nuovi.
“Sedendo e mirando interminabili spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete” l’uomo instaura un dialogo con la bellezza del creato.
La natura è il sublime, è consapevolezza dello splendore del mondo e del breve passaggio umano. La natura è grandezza. Guardando il cielo ci interroghiamo sull’esistenza di altri mondi, sull’infinitezza dell’universo, su panorami che la mente può solo delineare con la fantasia. Il sublime è contemplazione di una dimensione sovrasensibile, lontana ma viva nell’immaginazione.
Le fotografie di Claudia Del Giudice nascono da queste riflessioni, dall’osservazione della mutevolezza affascinante e struggente del creato. Dell’uomo, che ne condivide gli spazi, percepiamo la presenza. Inserimenti dettati dalla poetica che sorregge l’intero progetto espositivo. È una convivenza silenziosa, non risolta dalla figura umana ma affidata ai prodotti della sua intelligenza, ideati per fini funzionali. In alcuni casi questa convivenza può sembrare stridente, disturbante perché letta attraverso filtri carichi di pregiudizi, considerando gli elementi deturpatori della perfezione assoluta. In questo senso possono apparire come paesaggi alieni e alienanti. Ma la natura non è sola, ci accoglie ed è importante prenderne atto, lasciando che l’uomo instauri con essa un legame rispettoso e autentico.
Quando il vento tace acquista un significato metaforico; è l’inizio, una condizione spirituale, è l’attimo in cui l’artista si sofferma, isolandosi dal disordine e raccoglie la concentrazione per penetrare nell’immenso prima dello scatto.
Ogni fotografia cattura un’atmosfera, l’obiettivo si affaccia per focalizzare il confine col cielo. Ed è proprio il cielo protagonista indiscusso. Si lega alla terra, al mare, alle abitazioni, alle tradizioni dell’uomo. Ci appare terso o plumbeo, costellato da nubi marmoree o attraversato da setosi cirri animati dal vento. In questa ricerca l’animismo rende oggetti e luoghi carichi di spiritualità: un riflettore penetra come occhio attento sullo spettatore, la religiosità di Difese mistiche genera un’energia che pare risucchiata dalla massa celeste.
Le composizioni determinano un’armonia di linee e di suddivisioni di piani, un bilanciamento di pieni e di vuoti assolutamente originale. Il Vigilante del mare compare solenne e austero, sacrale nel suo voltarci le spalle per adempiere ad una missione: sorvegliare il luccichio dei riflessi sul pacato mare ed evitare che nessuno osi disturbare l’incantevole equilibrio raggiunto.
Le fotografie, dallo stile quasi pittorico, di Claudia Del Giudice restituiscono un momento lirico, espressione del suo più intimo sentire, raccolgono l’ispirazione che ha determinato lo scatto e seguono con coerenza la sperimentazione intrapresa, analizzando frammenti di realtà naturali, trasparenze e riverberi, gradazioni cromatiche e disposizioni in apparenza casuali.
Fedela Procaccini – storica dell’arte.
Irrompe il silenzio.
Inerme l’animo ne risulta invaso.
L’insicurezza prende il sopravvento.
Piccoli siamo, sempre più piccoli
E, tuttavia, immensi.
Noi che siamo frammenti d’infinito.
Claudia Del Giudice.
Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. (1Re 19,12-13)
Elia si trova alla presenza di Dio in un segno impercettibile, quasi muto: il sussurro di una brezza leggera… Il testo ebraico dice alla lettera: “la voce di un silenzio sottile”. Sì, allora, anche il silenzio ha una voce … non è quella roboante del vento impetuoso o della tempesta fragorosa, è la voce sottile che si fa spazio quando il silenzio prende il sopravvento. Quando il frastuono quotidiano cede il passo alla quiete, quando il clamore si arresta, si apre lo spazio vitale per l’anima. Lo spirito si distende, si espande quasi ritrovando vita, capacità di espressione.
Quando il vento tace, si apre per l’anima la porta dell’infinito! Potremmo sintetizzare così l’esperienza che trasuda dagli splendidi scatti di Claudia Del Giudice, raffinata interprete dell’anelito di ricerca di infinito di ogni uomo. La vastità degli orizzonti, con la limpidezza dei panorami, sembra come intaccata da elementi che riportano, quasi come in uno shock, alla quotidianità fatta di materia, di finito, di fragilità. Non sono elementi qualsiasi, ma quasi sempre installazioni “artificiali”, un richiamo all’esperienza dell’uomo tecnologico, con la sua pretesa illusoria e prometeica di voler afferrare il segreto dell’esistenza per poterla dominare. Ad un primo sguardo, forse, il contrasto tra il “puramente” naturale e il tecnologico potrà sembrare quasi una violenza, un’intrusione, ma la presenza di un riflettore, un lampione, un traliccio, stanno lì quasi come sentinelle a segnalare nel concreto la realtà della nostra dimensione. L’apertura all’infinito, allora, da nostalgico e struggente desiderio di una trasparenza perduta si può tramutare in orizzonte che trasfigura, accompagna, avvolge, quasi sostiene, lo sforzo quotidiano dell’uomo di dare un senso al suo fare senza sosta.
Armando Nugnes – teologo PFTIM – Napoli.
“Vedo che la natura mi ha detto qualcosa,
mi ha rivolto la parola
e che io l’ho trascritta in stenografia”
Vincent Van Gogh, Lettera a Theo, settembre 1882
Libera e viva è la delicata natura che si lascia ammirare senza chiedere nulla in cambio. I paesaggi, variando in ogni angolo del pianeta, restituiscono colori irripetibili e la luce, perdendo d’intensità, ne lascia cogliere sempre aspetti nuovi.
“Sedendo e mirando interminabili spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete” l’uomo instaura un dialogo con la bellezza del creato.
La natura è il sublime, è consapevolezza dello splendore del mondo e del breve passaggio umano. La natura è grandezza. Guardando il cielo ci interroghiamo sull’esistenza di altri mondi, sull’infinitezza dell’universo, su panorami che la mente può solo delineare con la fantasia. Il sublime è contemplazione di una dimensione sovrasensibile, lontana ma viva nell’immaginazione.
Le fotografie di Claudia Del Giudice nascono da queste riflessioni, dall’osservazione della mutevolezza affascinante e struggente del creato. Dell’uomo, che ne condivide gli spazi, percepiamo la presenza. Inserimenti dettati dalla poetica che sorregge l’intero progetto espositivo. È una convivenza silenziosa, non risolta dalla figura umana ma affidata ai prodotti della sua intelligenza, ideati per fini funzionali. In alcuni casi questa convivenza può sembrare stridente, disturbante perché letta attraverso filtri carichi di pregiudizi, considerando gli elementi deturpatori della perfezione assoluta. In questo senso possono apparire come paesaggi alieni e alienanti. Ma la natura non è sola, ci accoglie ed è importante prenderne atto, lasciando che l’uomo instauri con essa un legame rispettoso e autentico.
Quando il vento tace acquista un significato metaforico; è l’inizio, una condizione spirituale, è l’attimo in cui l’artista si sofferma, isolandosi dal disordine e raccoglie la concentrazione per penetrare nell’immenso prima dello scatto.
Ogni fotografia cattura un’atmosfera, l’obiettivo si affaccia per focalizzare il confine col cielo. Ed è proprio il cielo protagonista indiscusso. Si lega alla terra, al mare, alle abitazioni, alle tradizioni dell’uomo. Ci appare terso o plumbeo, costellato da nubi marmoree o attraversato da setosi cirri animati dal vento. In questa ricerca l’animismo rende oggetti e luoghi carichi di spiritualità: un riflettore penetra come occhio attento sullo spettatore, la religiosità di Difese mistiche genera un’energia che pare risucchiata dalla massa celeste.
Le composizioni determinano un’armonia di linee e di suddivisioni di piani, un bilanciamento di pieni e di vuoti assolutamente originale. Il Vigilante del mare compare solenne e austero, sacrale nel suo voltarci le spalle per adempiere ad una missione: sorvegliare il luccichio dei riflessi sul pacato mare ed evitare che nessuno osi disturbare l’incantevole equilibrio raggiunto.
Le fotografie, dallo stile quasi pittorico, di Claudia Del Giudice restituiscono un momento lirico, espressione del suo più intimo sentire, raccolgono l’ispirazione che ha determinato lo scatto e seguono con coerenza la sperimentazione intrapresa, analizzando frammenti di realtà naturali, trasparenze e riverberi, gradazioni cromatiche e disposizioni in apparenza casuali.
Fedela Procaccini – storica dell’arte.
10
maggio 2018
Claudia Del Giudice – Quando il vento tace
Dal 10 al 19 maggio 2018
fotografia
Location
GALLERIA SALVATORE SERIO
Napoli, Via Guglielmo Oberdan, 8, (Napoli)
Napoli, Via Guglielmo Oberdan, 8, (Napoli)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 10:30 - 13:30 e 16:30 - 19:30
Vernissage
10 Maggio 2018, h 18:30
Autore
Curatore