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Claudia Romiti – Ri-Africa
Ri-Africa tratta, in modo originale e intelligente, uno degli aspetti più visibili del fenomeno dell’immigrazione in Italia.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Ri-Africa tratta, in modo originale e intelligente, uno degli aspetti più visibili del fenomeno dell'immigrazione in Italia. Questione di grande attualità, ormai al centro del dibattito sociale e politico, ma spesso trattata in maniera drammatica o astratta, riducendo talvolta le persone a cifre e statistiche. Con semplicità, sensibilità ed eleganza, Claudia Romiti ci svela una realtà che sempre più spesso guardiamo senza percepire veramente, riuscendo a conferire un'identità ai soggetti fotografati che improvvisamente escono dall'anonimato e si riappropriano della propria dignità di persone.
Con questo lavoro Claudia Romiti ha vinto il Roberto Del Carlo-LUCCAdigitalPHOTO Contest 2009, il concorso indetto ogni anno dal LUCCAdigitalPHOTOfest, festival internazionale di fotografia che si tiene a Lucca, nel cuore della Toscana. www.ldpf.it
“Camminano. Vanno di qua e di là, indaffarati, assorti in chissà quali pensieri, inseguendo chissà quali sogni, chini sotto il peso della mercanzia esibita come un trofeo o indossata come un cilicio, messaggeri della sottomarca. Il paesaggio dietro di loro è sempre lo stesso, definito in orizzontale da tamerici incolti e chiuso ai lati da due quinte formate da sparuti pini marittimi. È dipinto o è vero? Se fosse un fondale dipinto, le persone in primo piano sarebbero attori o comparse. Ma nel caso di una scena reale, di un paesaggio vero, si tratterebbe invece di ritratti? Di ritratti in posa, quindi? O si tratta invece di immagini di strada e dunque di fotografia istantanea? Ma allora perché il paesaggio che si staglia dietro a questi viandanti è così chiaro, quasi scolorito? Strana faccenda.
I colori del paesaggio-fondale appartengono a tutti gli effetti alla grande famiglia delle scene di genere e dei ritratti in posa, di quelli che si scattavano negli studi fotografici occidentali con il dipinto paesaggistico tanto usurato dal tempo da essere appena visibile. Questi viandanti coloratissimi presentano tuttavia delle affinità con la fotografia di ritratto africana, fresca e perfetta nella sua funzione simbolica, una ritrattistica straordinaria che solo da un paio di decenni conosciamo e apprezziamo. Le abbiamo presenti le sontuose immagini di Seidou Keita? E quelle di Malick Sidibé? Persino nelle fotografie in bianco e nero di Sidibé i colori saltano fuori dalle immagini come animali in corsa. Questi ritratti potrebbero benissimo far parte della stessa tradizione africana, malgrado o forse grazie al fondale scolorito, ma di certo non finiranno negli album di famiglia africani perché non è così che questi slanciati postini dell’accessorio vogliono essere visti.
Se guardo ciò che già so con la testa, penso quindi in modo del tutto razionale che si tratta di fotografie prese in diretta e in esterni. E, poi c’è quel che si chiama il vissuto: qualche estate sulle spiagge italiane e il ricordo di servizi fotografici realizzati sugli extracomunitari che ho visto pubblicati sui settimanali, mi fanno pensare senza ombra di dubbio che si tratta qui di ambulanti che passano i mesi estivi camminando lungo le coste italiane per vendere le vere false borse ai finti ricchi. Solo dopo aver parlato con l’autrice, prevale però la certezza che si tratta di fotografie di strada.
Claudia Romiti ha fotografato in modo, diciamo, classico, cogliendo al volo la situazione. Ha successivamente schiarito in postproduzione i toni del paesaggio per aumentarne la distanza dai personaggi e sottolineare la contraddizione tra i colori sgargianti e la neutralità del luogo. Lo sfondo paesaggistico così trattato ha assunto l’aspetto di una tela dipinta usurata dal tempo. Mentre il paesaggio diventa accessorio, emergono i volti, le posture, l’eleganza del passo, risalta di più la pregnanza della merce baluginante. Da rubata la fotografia passa a “quasi” ritratto fotografico in posa. È questo “quasi”, questo stare tra due modi di guardare che mi fa oscillare tra l’impressione di essere davanti a una fotografia di set o a un’istantanea e che mi obbliga paradossalmente a riflettere sul conformismo della mia percezione davanti alle immagini. Si tratta forse di reportage, o, sennò cos’è?
Questo “quasi” mi obbliga a prendere atto delle persone fotografate: sono davvero lì, come veri, verissimi sono gli oggetti che li addobbano come alberi natalizi. Uomini e cose sono passati davvero in quel luogo e davvero erano circonfusi da un’aura di colori saturi. E così sono rimasti nella rappresentazione fotografica mentre quel posto che era tanto denso di effetto di realtà si appiattisce ora senza profondità e senza forza, trasformandosi in un luogo virtuale. Anche gli ambulanti sembrano veleggiare sul suolo perché hanno ombre più chiare rispetto all’incidenza della luce, Deve essere da questa discrepanza tra l’effetto di realtà delle persone e l’effetto di irrealtà del paesaggio che nascono le mie domande.
Chi sono questi neri? Cosa fanno? Dove vanno, da dove vengono?
So che sono vu cumprà, come si diceva un decennio fa, senegalesi come si dice oggi, venditori ambulanti come si dovrebbe dire usando un termine corretto, intendo “politicamente corretto”. Extracomunitari, già. Metto così a tacere ogni curiosità.
Appaiono la mattina e scompaiono la sera. Passano d’estate e se ne vanno come le cicale: di loro non so e non saprò null’altro. Nella realtà io non li ho mai visti in faccia come faccio ora davanti a queste immagini, e se l’ho fatto me ne sono dimenticata, presa com’ero dall’occhiale finto Cavalli.
Che ore sono? Non lo so. Dov’è questo posto? Non lo so. Di quanti tra quelli che ho visto sulle spiagge conosco i nomi? Non ne ricordo uno. E che ne so delle loro vite? Poco, nulla.
Queste immagini mi disturbano perché mi fanno vedere la mia cecità.
Impressione pregnante d’isolamento di questi esseri erranti in un limbo spaziale e temporale davanti a un paesaggio evanescente, inconsistente, ubiquo.
A loro volta questi venditori stagionali si dimenticheranno delle nostre facce. Perché noi per loro, chi siamo? Chissà che idea si fanno di noi mentre ci passano in rassegna, loro deambulanti e coperti, noi sdraiati e vestiti di un’abbronzatura sotto protezione 50. Ironia delle vicende umane.
Queste fotografie costituiranno in un futuro assai prossimo un racconto significativo della nostra società: vi possiamo leggere una riflessione del tutto attuale, una lettura politica e una messa in scena teatrale, una visione ironica e una posizione compassionevole. Inoltre, viene qui rimesso in questione il dispositivo fotografico della cosiddetta street photography: la fotografia ha qui assorbito gli effetti di realtà e di irrealtà fluttuanti che collocano il modo di operare della Romiti nel territorio della fotografia di reportage e nello stesso tempo in quello della fotografia di ricerca; ambiguità che l’autrice ottiene agendo sulla sola derealizzazione del contesto, evidenziando in questo modo l’incongruità della relazione tra la presenza di queste persone sul nostro territorio e la percezione che ne abbiamo. È un lavoro di frontiera che nasce da un’operazione tecnicamente semplice ma esteticamente complessa e che richiede senso della distanza in fase di ripresa e senso della misura in postproduzione, consapevolezza dell’effetto straniante che dal fondale-paesaggio si stende su tutta l’immagine e coscienza di quanto patetico sia questo viavai ininterrotto. Claudia Romiti sta in bilico tra la documentazione e l’interpretazione visionaria, unisce alla riflessione socio-antropologica un’empatia proposta con leggerezza, quasi en passant, formula una denuncia e lo fa con garbo.”
Silvana Turzio
In principio c’erano gli ambulanti napoletani che solcavano spiagge, località di villeggiatura e proponevano merce variegata. In seguito approdarono ragazzi del Marocco e fecero concorrenza agli ambulanti napoletani.
Un giorno d’estate apparvero costoro, i ragazzi neri d’Africa.
Sbarcarono da un sud molto più a sud di Napoli e ancora più a sud di Casablanca: Senegal. Nonostante tutto, i napoletani si rivolgevano ai concorrenti marocchini e senegalesi con un cordiale: Cuginm! Marocchini e senegalesi si definivano tra di loro: Fratenm!
Sono dei watussi! Sono arrivati i watussi… gli altissimi negri!
Ogni due passi, fanno sei metri, ecc , ecc… cantavano e ripetevano con allegra certezza i vacanzieri adulti, mentre i bambini si eclissavano dietro ai genitori, perché avevano paura dell’uomo nero e innocuo arrivato dalla savana d’Africa.
Cresceva la presenza dei venditori neri lungo le spiagge e col tempo superò il numero degli cuginm napoletani e dei fratemn marocchini.
All’inizio, questi altissimi senegalesi sbarcavano numerosi da un volo senza scalo Dakar/Roma. Erano tutti giovani maschi. Le donne rimanevano a casa a badare alla prole. Avevano tanta fretta di ritrovarsi su una spiaggia, purchessia, e poter vendere mattina e pomeriggio maschere, leoni, zebre, elefanti di legno di tek o di ebano, collanine di perline, bracciali fatti con corno di zebù, ciabatte di pelle di mucca, batik dai motivi incerti, prodotti dagli artigiani della loro Africa.
All’aeroporto di Roma, i senegalesi venivano smistati a caso. Pochi venivano ammessi a varcare il confine. Gli altri erano rispediti a casa, senza mezzi termini, sul primo volo diretto Roma/Dakar!
Ritornavano presto.
Salivano su camion guidati, in mezzo alle dune del Sahara, dai nuovi mercanti di esseri umani. I più spericolati tentavano la traversata del deserto a piedi. Solcavano il Mediterraneo stipati su carrette di mare. È come tirare la coda al diavolo. Tanti non sopravvissero al mare sabbioso del Sahara.
Altri affogarono nei fondali del mare di Sicilia.
Questi sembravano motivi più che sufficienti per non compromettere donne e prole in queste folli disavventure.
Questi senegalesi flemmatici, coi vestiti troppo pesanti per la stagione estiva, immortalati dall’obbiettivo di Claudia Romiti sullo sfondo di un sentiero polveroso che sbuca sulle spiagge di… in Toscana, trasportano la loro colorata mercanzia sulle spalle, appesa alle braccia o poggiata sulla testa. Hanno sostituito leoni, zebre, elefantini di ebano, collanine, braccialetti di corno con palloncini e ciabatte di gomma, con cappelli e asciugamani, con cianfrusaglie prodotte dai cuginm napoletani.
Chissà se l’artigianato della loro terra era scomodo e pesante per chi deve portarsi addosso la propria merce e camminare, camminare mattina e sera nella sabbia, sulla ghiaia, sotto il sole cocente di luglio e agosto?
Via vai di molti uomini.
Siamo negozi che camminano sulle spiagge.
Siamo uomini liberi. Scegliamo il luogo dove lavorare, basta che sia all’aperto.
Scegliamo quando è il momento di iniziare o se è giunta l’ora di chiudere bottega.
Aspettate, arriviamo da voi.
Fragile è la nostra libertà.
Infinita è la nostra solitudine nascosta dietro ai sorrisi.
Venditori senza permesso. Paura nel ventre. Cuore in gola.
Improvvisi i nostri fuggi fuggi per scampare ai frequenti sequestri della nostra merce.
Alzi la mano chi di voi non ha mai mercanteggiato con uno di noi!
Alzi la mano chi non si è sentito almeno una volta infastidito del nostro via vai sulla spiaggia.
Portiamo disturbo e proponiamo tutti gli stessi articoli.
Anch’io sono sbarcata, sorride amara le donna del Senegal. Illusione diventava il ritorno imminente degli uomini. La nidiata affamata è affidata ai nonni, i quali non sognano di volare via fin qui.
Hai presente le cicogne che lasciano con amarezza il nido e volano lontano alla ricerca del cibo per i propri piccini? Sono simile a loro. Sei tu che non vedi le mie ali.
Volo via dal Sahel, d’estate. Volo sopra il Sahara, oltrepasso il Mediterraneo. Viaggio timorosa verso nord, insieme alle cicogne.
Quando la stagione si raffredda, riapro le mie ali e insieme alle cicogne torno a svernare a sud.
Lì, dietro ai cespugli, sullo sfondo del sentiero polveroso, identici ai cespugli e ai sentieri polverosi della nostra lontana savana, è in agguato l’obbiettivo della cacciatrice.
Lei mira la preda, scatta e la colpisce.
Una cacciatrice di immagine.
Ha scolpito le nostre ombre!
Avete presente lo stormo che vola verso sud, quando a nord l’inverno inizia a bussare? Siamo insieme allo stormo a sfidare tanti altri pericoli, sperando di raggiungere il caldo dei tropici.
Ritorniamo finalmente a covare la nidiata.
Scusate tanto disturbo!
Arrivederci alla prossima estate.
Pap Khouma
CLAUDIA ROMITI | BIOGRAFIA
Claudia Romiti, nata a Massa nel 1969, inizia a occuparsi di fotografia nel 1996 presso lo Studio Fotografico di Prato. Dal 2000 al 2004 segue workshop di formazione fotografica. Dal 2006 conduce lei stessa workshop di fotografia di ricerca, ispirandosi alla visione e alla didattica di Minor White. Nel 2007 cura la mostra collettiva dei suoi allievi, in collaborazione con il Centro Italiano della Fotografia d’Autore di Bibbiena. Nel 2008 partecipa come lettrice del portfolio a Fotografica, allo Spazio Forma, Milano. Nel 2010 realizza un servizio per Marie Claire.
Nel 2010 il suo progetto “ri- Africa” è l'evento culturale del White Fashion Trade Show, vincitore del ROBERTO DEL CARLO LUCCAdigitalPHOTO Contest 2009. Conferenza Stampa presso il Comune di Milano nei primi giorni di settembre. Il progetto al White è sponsorizzato da Roberto Del Carlo, Milano 24 - 26 settembre 2010.
Vive e lavora a Prato, Italia.
Premi
2010 Finalista nella sezione “Descubrimientos”, PhotoEspaña
2009 Vince il primo premio Contest - Roberto Del Carlo, LuccaDigitalPHOTOfest
Mostre Personali
2010 “ ri-Africa”, FNAC (Milano, Firenze, Genova, Napoli,Torino, Verona, Roma)
2009 “ ri-Africa”, LUCCAdigitalPHOTOfest
2009 “Verso l’Iperuranio”, Galleria PINTO, Pietrasanta (LU)
2007 Galleria PINTO, Pietrasanta (LU)
2006 Castello di San Terenzo, Lerici (SP)
2005 “Con gli occhi delle Donne”, Terza competizione di fotografia Nazionale, Prato
Mostre Collettive
2010 Mostra collettiva dei finalisti di “Descubrimientos” PhotoEspaña, curata da Francisco Carpio, Sevilla, Valencia e Bilbao
2009 “Convivio”, Rimini Fiera
2008 Università La Sapienza, circuito Festival Internazionale di Roma
2007 “Colleziona”, Galleria FORMA, Centro Internazionale di Fotografia, (MI)
2005 Centro Italiano della Fotografia d’Autore, Bibbiena, (AR)
2005 “Donne Esposte” mostra itinerante nazionale
Pubblicazioni
2010 L’Espresso, Zoom, Catalogo PHE10
2009 Marie Claire, Gente di Fotografia, Amica, Fotografia Reflex, La Stampa
2009 Catalogo LUCCAdigitalPHOTOfest
2007 Catalogo “Scatti per bene”, Asta Fotografica Sotheby’s
2007 Catalogo “Colleziona” curato da Denis Curti
2006 FotoCult
LA MOSTRA
La mostra, composta da 36 fotografie e prodotta da Fnac, verrà presentata nel corso dei prossimi mesi in tutte le Gallerie Fnac: Firenze, Genova, Napoli, Roma, Torino e Verona.
Con questo lavoro Claudia Romiti ha vinto il Roberto Del Carlo-LUCCAdigitalPHOTO Contest 2009, il concorso indetto ogni anno dal LUCCAdigitalPHOTOfest, festival internazionale di fotografia che si tiene a Lucca, nel cuore della Toscana. www.ldpf.it
“Camminano. Vanno di qua e di là, indaffarati, assorti in chissà quali pensieri, inseguendo chissà quali sogni, chini sotto il peso della mercanzia esibita come un trofeo o indossata come un cilicio, messaggeri della sottomarca. Il paesaggio dietro di loro è sempre lo stesso, definito in orizzontale da tamerici incolti e chiuso ai lati da due quinte formate da sparuti pini marittimi. È dipinto o è vero? Se fosse un fondale dipinto, le persone in primo piano sarebbero attori o comparse. Ma nel caso di una scena reale, di un paesaggio vero, si tratterebbe invece di ritratti? Di ritratti in posa, quindi? O si tratta invece di immagini di strada e dunque di fotografia istantanea? Ma allora perché il paesaggio che si staglia dietro a questi viandanti è così chiaro, quasi scolorito? Strana faccenda.
I colori del paesaggio-fondale appartengono a tutti gli effetti alla grande famiglia delle scene di genere e dei ritratti in posa, di quelli che si scattavano negli studi fotografici occidentali con il dipinto paesaggistico tanto usurato dal tempo da essere appena visibile. Questi viandanti coloratissimi presentano tuttavia delle affinità con la fotografia di ritratto africana, fresca e perfetta nella sua funzione simbolica, una ritrattistica straordinaria che solo da un paio di decenni conosciamo e apprezziamo. Le abbiamo presenti le sontuose immagini di Seidou Keita? E quelle di Malick Sidibé? Persino nelle fotografie in bianco e nero di Sidibé i colori saltano fuori dalle immagini come animali in corsa. Questi ritratti potrebbero benissimo far parte della stessa tradizione africana, malgrado o forse grazie al fondale scolorito, ma di certo non finiranno negli album di famiglia africani perché non è così che questi slanciati postini dell’accessorio vogliono essere visti.
Se guardo ciò che già so con la testa, penso quindi in modo del tutto razionale che si tratta di fotografie prese in diretta e in esterni. E, poi c’è quel che si chiama il vissuto: qualche estate sulle spiagge italiane e il ricordo di servizi fotografici realizzati sugli extracomunitari che ho visto pubblicati sui settimanali, mi fanno pensare senza ombra di dubbio che si tratta qui di ambulanti che passano i mesi estivi camminando lungo le coste italiane per vendere le vere false borse ai finti ricchi. Solo dopo aver parlato con l’autrice, prevale però la certezza che si tratta di fotografie di strada.
Claudia Romiti ha fotografato in modo, diciamo, classico, cogliendo al volo la situazione. Ha successivamente schiarito in postproduzione i toni del paesaggio per aumentarne la distanza dai personaggi e sottolineare la contraddizione tra i colori sgargianti e la neutralità del luogo. Lo sfondo paesaggistico così trattato ha assunto l’aspetto di una tela dipinta usurata dal tempo. Mentre il paesaggio diventa accessorio, emergono i volti, le posture, l’eleganza del passo, risalta di più la pregnanza della merce baluginante. Da rubata la fotografia passa a “quasi” ritratto fotografico in posa. È questo “quasi”, questo stare tra due modi di guardare che mi fa oscillare tra l’impressione di essere davanti a una fotografia di set o a un’istantanea e che mi obbliga paradossalmente a riflettere sul conformismo della mia percezione davanti alle immagini. Si tratta forse di reportage, o, sennò cos’è?
Questo “quasi” mi obbliga a prendere atto delle persone fotografate: sono davvero lì, come veri, verissimi sono gli oggetti che li addobbano come alberi natalizi. Uomini e cose sono passati davvero in quel luogo e davvero erano circonfusi da un’aura di colori saturi. E così sono rimasti nella rappresentazione fotografica mentre quel posto che era tanto denso di effetto di realtà si appiattisce ora senza profondità e senza forza, trasformandosi in un luogo virtuale. Anche gli ambulanti sembrano veleggiare sul suolo perché hanno ombre più chiare rispetto all’incidenza della luce, Deve essere da questa discrepanza tra l’effetto di realtà delle persone e l’effetto di irrealtà del paesaggio che nascono le mie domande.
Chi sono questi neri? Cosa fanno? Dove vanno, da dove vengono?
So che sono vu cumprà, come si diceva un decennio fa, senegalesi come si dice oggi, venditori ambulanti come si dovrebbe dire usando un termine corretto, intendo “politicamente corretto”. Extracomunitari, già. Metto così a tacere ogni curiosità.
Appaiono la mattina e scompaiono la sera. Passano d’estate e se ne vanno come le cicale: di loro non so e non saprò null’altro. Nella realtà io non li ho mai visti in faccia come faccio ora davanti a queste immagini, e se l’ho fatto me ne sono dimenticata, presa com’ero dall’occhiale finto Cavalli.
Che ore sono? Non lo so. Dov’è questo posto? Non lo so. Di quanti tra quelli che ho visto sulle spiagge conosco i nomi? Non ne ricordo uno. E che ne so delle loro vite? Poco, nulla.
Queste immagini mi disturbano perché mi fanno vedere la mia cecità.
Impressione pregnante d’isolamento di questi esseri erranti in un limbo spaziale e temporale davanti a un paesaggio evanescente, inconsistente, ubiquo.
A loro volta questi venditori stagionali si dimenticheranno delle nostre facce. Perché noi per loro, chi siamo? Chissà che idea si fanno di noi mentre ci passano in rassegna, loro deambulanti e coperti, noi sdraiati e vestiti di un’abbronzatura sotto protezione 50. Ironia delle vicende umane.
Queste fotografie costituiranno in un futuro assai prossimo un racconto significativo della nostra società: vi possiamo leggere una riflessione del tutto attuale, una lettura politica e una messa in scena teatrale, una visione ironica e una posizione compassionevole. Inoltre, viene qui rimesso in questione il dispositivo fotografico della cosiddetta street photography: la fotografia ha qui assorbito gli effetti di realtà e di irrealtà fluttuanti che collocano il modo di operare della Romiti nel territorio della fotografia di reportage e nello stesso tempo in quello della fotografia di ricerca; ambiguità che l’autrice ottiene agendo sulla sola derealizzazione del contesto, evidenziando in questo modo l’incongruità della relazione tra la presenza di queste persone sul nostro territorio e la percezione che ne abbiamo. È un lavoro di frontiera che nasce da un’operazione tecnicamente semplice ma esteticamente complessa e che richiede senso della distanza in fase di ripresa e senso della misura in postproduzione, consapevolezza dell’effetto straniante che dal fondale-paesaggio si stende su tutta l’immagine e coscienza di quanto patetico sia questo viavai ininterrotto. Claudia Romiti sta in bilico tra la documentazione e l’interpretazione visionaria, unisce alla riflessione socio-antropologica un’empatia proposta con leggerezza, quasi en passant, formula una denuncia e lo fa con garbo.”
Silvana Turzio
In principio c’erano gli ambulanti napoletani che solcavano spiagge, località di villeggiatura e proponevano merce variegata. In seguito approdarono ragazzi del Marocco e fecero concorrenza agli ambulanti napoletani.
Un giorno d’estate apparvero costoro, i ragazzi neri d’Africa.
Sbarcarono da un sud molto più a sud di Napoli e ancora più a sud di Casablanca: Senegal. Nonostante tutto, i napoletani si rivolgevano ai concorrenti marocchini e senegalesi con un cordiale: Cuginm! Marocchini e senegalesi si definivano tra di loro: Fratenm!
Sono dei watussi! Sono arrivati i watussi… gli altissimi negri!
Ogni due passi, fanno sei metri, ecc , ecc… cantavano e ripetevano con allegra certezza i vacanzieri adulti, mentre i bambini si eclissavano dietro ai genitori, perché avevano paura dell’uomo nero e innocuo arrivato dalla savana d’Africa.
Cresceva la presenza dei venditori neri lungo le spiagge e col tempo superò il numero degli cuginm napoletani e dei fratemn marocchini.
All’inizio, questi altissimi senegalesi sbarcavano numerosi da un volo senza scalo Dakar/Roma. Erano tutti giovani maschi. Le donne rimanevano a casa a badare alla prole. Avevano tanta fretta di ritrovarsi su una spiaggia, purchessia, e poter vendere mattina e pomeriggio maschere, leoni, zebre, elefanti di legno di tek o di ebano, collanine di perline, bracciali fatti con corno di zebù, ciabatte di pelle di mucca, batik dai motivi incerti, prodotti dagli artigiani della loro Africa.
All’aeroporto di Roma, i senegalesi venivano smistati a caso. Pochi venivano ammessi a varcare il confine. Gli altri erano rispediti a casa, senza mezzi termini, sul primo volo diretto Roma/Dakar!
Ritornavano presto.
Salivano su camion guidati, in mezzo alle dune del Sahara, dai nuovi mercanti di esseri umani. I più spericolati tentavano la traversata del deserto a piedi. Solcavano il Mediterraneo stipati su carrette di mare. È come tirare la coda al diavolo. Tanti non sopravvissero al mare sabbioso del Sahara.
Altri affogarono nei fondali del mare di Sicilia.
Questi sembravano motivi più che sufficienti per non compromettere donne e prole in queste folli disavventure.
Questi senegalesi flemmatici, coi vestiti troppo pesanti per la stagione estiva, immortalati dall’obbiettivo di Claudia Romiti sullo sfondo di un sentiero polveroso che sbuca sulle spiagge di… in Toscana, trasportano la loro colorata mercanzia sulle spalle, appesa alle braccia o poggiata sulla testa. Hanno sostituito leoni, zebre, elefantini di ebano, collanine, braccialetti di corno con palloncini e ciabatte di gomma, con cappelli e asciugamani, con cianfrusaglie prodotte dai cuginm napoletani.
Chissà se l’artigianato della loro terra era scomodo e pesante per chi deve portarsi addosso la propria merce e camminare, camminare mattina e sera nella sabbia, sulla ghiaia, sotto il sole cocente di luglio e agosto?
Via vai di molti uomini.
Siamo negozi che camminano sulle spiagge.
Siamo uomini liberi. Scegliamo il luogo dove lavorare, basta che sia all’aperto.
Scegliamo quando è il momento di iniziare o se è giunta l’ora di chiudere bottega.
Aspettate, arriviamo da voi.
Fragile è la nostra libertà.
Infinita è la nostra solitudine nascosta dietro ai sorrisi.
Venditori senza permesso. Paura nel ventre. Cuore in gola.
Improvvisi i nostri fuggi fuggi per scampare ai frequenti sequestri della nostra merce.
Alzi la mano chi di voi non ha mai mercanteggiato con uno di noi!
Alzi la mano chi non si è sentito almeno una volta infastidito del nostro via vai sulla spiaggia.
Portiamo disturbo e proponiamo tutti gli stessi articoli.
Anch’io sono sbarcata, sorride amara le donna del Senegal. Illusione diventava il ritorno imminente degli uomini. La nidiata affamata è affidata ai nonni, i quali non sognano di volare via fin qui.
Hai presente le cicogne che lasciano con amarezza il nido e volano lontano alla ricerca del cibo per i propri piccini? Sono simile a loro. Sei tu che non vedi le mie ali.
Volo via dal Sahel, d’estate. Volo sopra il Sahara, oltrepasso il Mediterraneo. Viaggio timorosa verso nord, insieme alle cicogne.
Quando la stagione si raffredda, riapro le mie ali e insieme alle cicogne torno a svernare a sud.
Lì, dietro ai cespugli, sullo sfondo del sentiero polveroso, identici ai cespugli e ai sentieri polverosi della nostra lontana savana, è in agguato l’obbiettivo della cacciatrice.
Lei mira la preda, scatta e la colpisce.
Una cacciatrice di immagine.
Ha scolpito le nostre ombre!
Avete presente lo stormo che vola verso sud, quando a nord l’inverno inizia a bussare? Siamo insieme allo stormo a sfidare tanti altri pericoli, sperando di raggiungere il caldo dei tropici.
Ritorniamo finalmente a covare la nidiata.
Scusate tanto disturbo!
Arrivederci alla prossima estate.
Pap Khouma
CLAUDIA ROMITI | BIOGRAFIA
Claudia Romiti, nata a Massa nel 1969, inizia a occuparsi di fotografia nel 1996 presso lo Studio Fotografico di Prato. Dal 2000 al 2004 segue workshop di formazione fotografica. Dal 2006 conduce lei stessa workshop di fotografia di ricerca, ispirandosi alla visione e alla didattica di Minor White. Nel 2007 cura la mostra collettiva dei suoi allievi, in collaborazione con il Centro Italiano della Fotografia d’Autore di Bibbiena. Nel 2008 partecipa come lettrice del portfolio a Fotografica, allo Spazio Forma, Milano. Nel 2010 realizza un servizio per Marie Claire.
Nel 2010 il suo progetto “ri- Africa” è l'evento culturale del White Fashion Trade Show, vincitore del ROBERTO DEL CARLO LUCCAdigitalPHOTO Contest 2009. Conferenza Stampa presso il Comune di Milano nei primi giorni di settembre. Il progetto al White è sponsorizzato da Roberto Del Carlo, Milano 24 - 26 settembre 2010.
Vive e lavora a Prato, Italia.
Premi
2010 Finalista nella sezione “Descubrimientos”, PhotoEspaña
2009 Vince il primo premio Contest - Roberto Del Carlo, LuccaDigitalPHOTOfest
Mostre Personali
2010 “ ri-Africa”, FNAC (Milano, Firenze, Genova, Napoli,Torino, Verona, Roma)
2009 “ ri-Africa”, LUCCAdigitalPHOTOfest
2009 “Verso l’Iperuranio”, Galleria PINTO, Pietrasanta (LU)
2007 Galleria PINTO, Pietrasanta (LU)
2006 Castello di San Terenzo, Lerici (SP)
2005 “Con gli occhi delle Donne”, Terza competizione di fotografia Nazionale, Prato
Mostre Collettive
2010 Mostra collettiva dei finalisti di “Descubrimientos” PhotoEspaña, curata da Francisco Carpio, Sevilla, Valencia e Bilbao
2009 “Convivio”, Rimini Fiera
2008 Università La Sapienza, circuito Festival Internazionale di Roma
2007 “Colleziona”, Galleria FORMA, Centro Internazionale di Fotografia, (MI)
2005 Centro Italiano della Fotografia d’Autore, Bibbiena, (AR)
2005 “Donne Esposte” mostra itinerante nazionale
Pubblicazioni
2010 L’Espresso, Zoom, Catalogo PHE10
2009 Marie Claire, Gente di Fotografia, Amica, Fotografia Reflex, La Stampa
2009 Catalogo LUCCAdigitalPHOTOfest
2007 Catalogo “Scatti per bene”, Asta Fotografica Sotheby’s
2007 Catalogo “Colleziona” curato da Denis Curti
2006 FotoCult
LA MOSTRA
La mostra, composta da 36 fotografie e prodotta da Fnac, verrà presentata nel corso dei prossimi mesi in tutte le Gallerie Fnac: Firenze, Genova, Napoli, Roma, Torino e Verona.
31
ottobre 2010
Claudia Romiti – Ri-Africa
Dal 31 ottobre al 28 novembre 2010
fotografia
Location
GALLERIA D’ARTE C/O CENTRO COMMERCIALE I GIGLI
Campi Bisenzio, Via San Quirico, (Firenze)
Campi Bisenzio, Via San Quirico, (Firenze)
Orario di apertura
Lun-sab: 9.00 – 22.00
Aperto la prima domenica del mese
Vernissage
31 Ottobre 2010, ore 18.30
Sito web
www.fnac.it
Autore