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Claudia Roselli – Private Public Indian Intimacy
mostra fotografica
Comunicato stampa
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La metropoli indiana contemporanea.
Come interpretarla? Come svelare le silenziose connessioni tra realtà e
possibilità? Henri Lefebvre nel libro la “Rivoluzione Urbana” cita Holderlin:
“L’uomo abita da poeta”.
Questa frase è la traccia necessaria per interpretare la selezione di immagini
proposte: intravedere “possibilità” nella legge crudele della sussistenza
attraverso lo spazio della poesia. Sopravvivere semplicemente abitando,
tracciando poesie dello stare, dell’occupare spazio.
Plasmare luoghi, territori urbani condivisi, spazi dell’interiorità esplosa, attribuendo
simboli, significati e significanti. Immagini come sguardi, tra le
categorie levebriane di spazi dicotomici: privato-pubblico, alto-basso, aperto-
chiuso, simmetrico-non simmetrico, dominato-residuo. . . .
Frange di aree transitorie, accampamenti di nomadi urbani, tracce metropolitane
analizzate attraverso la lente di ingrandimento del quotidiano poetico.
L’arte della sopravvivenza, l’arte di arrangiarsi. Dettagli per ingenerare
riflessioni, emozioni, liberi collegamenti di pensieri, sogni, concrete utopie
per la città, particolari per creare storie. Immagini che raccontino la città
da altri punti di vista: la città “da rasoterra”, dal livello del marciapiede, la
città dei fluidi, delle buste appese, delle panchine effimere, delle divinità in
immagini sbiadite. Immagini che permettano di creare le “storie senza parole”
di cui parla Michel De Certeau. Storie che si raccontino da sole, dipanandosi,
attraverso la presenza di oggetti che evocano, ampiezze interiori,
traslate nel tempo e nello spazio. Resistenze urbane nella trasformazione,
abitudini, percorsi ad esse collegati. Immagini che diano corpo alla città
invisibile, alla città silenziosa, quella dei piccoli gesti, dei rituali quotidiani,
che ne testimonino l’esistenza. Rituali incorporati e diventati invisibili ai più,
proprio perché rituali. (Il rituale si manifesta solo nell’assenza). Dare possibilità
di visibilità alla “città altra”, la città dei simboli, delle relazioni mute,
delle cose non dette, la città di chi sopravvive al frastuono mormorando
silenziose e inascoltate ripetitive litanie, la città indiana di chi rimane discosto
dalle traiettorie globalizzate e velocizzate, quella che sorda continua a
seguire altri ritmi, altre traiettorie, disegnando linee invisibili di connessioni
con la vera identità del genius loci ancestrale. La città che parla solo se
osservata da altre angolazioni. Abitare è narrativizzare, scrive De Certeau.
Osservare le relazioni nascenti tra i luoghi delle veloci trasformazioni
imposte dalle nuove tendenze globali metropolitane e per contro l’abitare,
lo spostarsi e il sopravvivere spontanei ed effimeri. Intuire le possibili evoluzioni
dell’abitare poetico, le trasformazioni in fieri.
Abitare perciò come raccontare storie di resistenza urbana spontanea, attraverso
azioni quotidiane.
Un accomodarsi, aggiustarsi, creandosi una nicchia.
Un passare attraverso, un inventare traiettorie, immaginando attraversamenti.
Claudia Roselli
Come interpretarla? Come svelare le silenziose connessioni tra realtà e
possibilità? Henri Lefebvre nel libro la “Rivoluzione Urbana” cita Holderlin:
“L’uomo abita da poeta”.
Questa frase è la traccia necessaria per interpretare la selezione di immagini
proposte: intravedere “possibilità” nella legge crudele della sussistenza
attraverso lo spazio della poesia. Sopravvivere semplicemente abitando,
tracciando poesie dello stare, dell’occupare spazio.
Plasmare luoghi, territori urbani condivisi, spazi dell’interiorità esplosa, attribuendo
simboli, significati e significanti. Immagini come sguardi, tra le
categorie levebriane di spazi dicotomici: privato-pubblico, alto-basso, aperto-
chiuso, simmetrico-non simmetrico, dominato-residuo. . . .
Frange di aree transitorie, accampamenti di nomadi urbani, tracce metropolitane
analizzate attraverso la lente di ingrandimento del quotidiano poetico.
L’arte della sopravvivenza, l’arte di arrangiarsi. Dettagli per ingenerare
riflessioni, emozioni, liberi collegamenti di pensieri, sogni, concrete utopie
per la città, particolari per creare storie. Immagini che raccontino la città
da altri punti di vista: la città “da rasoterra”, dal livello del marciapiede, la
città dei fluidi, delle buste appese, delle panchine effimere, delle divinità in
immagini sbiadite. Immagini che permettano di creare le “storie senza parole”
di cui parla Michel De Certeau. Storie che si raccontino da sole, dipanandosi,
attraverso la presenza di oggetti che evocano, ampiezze interiori,
traslate nel tempo e nello spazio. Resistenze urbane nella trasformazione,
abitudini, percorsi ad esse collegati. Immagini che diano corpo alla città
invisibile, alla città silenziosa, quella dei piccoli gesti, dei rituali quotidiani,
che ne testimonino l’esistenza. Rituali incorporati e diventati invisibili ai più,
proprio perché rituali. (Il rituale si manifesta solo nell’assenza). Dare possibilità
di visibilità alla “città altra”, la città dei simboli, delle relazioni mute,
delle cose non dette, la città di chi sopravvive al frastuono mormorando
silenziose e inascoltate ripetitive litanie, la città indiana di chi rimane discosto
dalle traiettorie globalizzate e velocizzate, quella che sorda continua a
seguire altri ritmi, altre traiettorie, disegnando linee invisibili di connessioni
con la vera identità del genius loci ancestrale. La città che parla solo se
osservata da altre angolazioni. Abitare è narrativizzare, scrive De Certeau.
Osservare le relazioni nascenti tra i luoghi delle veloci trasformazioni
imposte dalle nuove tendenze globali metropolitane e per contro l’abitare,
lo spostarsi e il sopravvivere spontanei ed effimeri. Intuire le possibili evoluzioni
dell’abitare poetico, le trasformazioni in fieri.
Abitare perciò come raccontare storie di resistenza urbana spontanea, attraverso
azioni quotidiane.
Un accomodarsi, aggiustarsi, creandosi una nicchia.
Un passare attraverso, un inventare traiettorie, immaginando attraversamenti.
Claudia Roselli
02
ottobre 2010
Claudia Roselli – Private Public Indian Intimacy
Dal 02 al 15 ottobre 2010
fotografia
Location
PALAZZO COMUNALE
Arezzo, Piazza Libertà, 1, (Arezzo)
Arezzo, Piazza Libertà, 1, (Arezzo)
Orario di apertura
dal lunedi al sabato h 8.30 - 14.00
martedi e giovedi h 8.30 - 18.00
Vernissage
2 Ottobre 2010, ore 11
Loggiato e secondo piano del Palazzo Comunale
Piazza della Libertà, 1
2° piano
Autore