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Claudio Menegazzi
acquarelli
Comunicato stampa
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È il primo e l’ultimo sole del giorno che illumina i paesaggi di Claudio Menegazzi, quello che maggiormente imprime calore ai volumi delle architetture dei borghi lagarini da lui prediletti. Le sottili vibrazioni cromatiche, i passaggi lievi della luce e le trasparenze proprie dell’acquerello sono gli elementi cardine della sua pittura.
Alla veduta tradizionale l’artista preferisce la rappresentazione di un paesaggio “architettonico”, o meglio, detto con le sue parole, un “ritratto di architetture”. Sono realizzazioni rispettose delle leggi prospettiche scientifiche, accurate nel dettaglio ed estremamente realistiche, ma andando oltre questa prima impressione scopriamo che il paesaggio viene visto, esplorato, epurato e reinterpretato dall’artista, che così facendo se ne appropria, trasmettendovi i propri sentimenti ed emozioni.
Nei suoi soggetti Menegazzi ricerca una sorta di “aura”, anche solo in un muro scrostato che testimonia la sua storia; si riscontra in tutto ciò un tentativo di idealizzare il paesaggio, di renderlo immortale. La luce, i toni di colore e soprattutto la scelta di evitare la figura umana o di ridurre all’essenziale l’ambiente naturale danno talvolta alle opere un alone quasi metafisico, dove piazze, pievi, case coloniche, palazzi cittadini e borghi rurali diventano unici protagonisti di un mondo senza tempo.
Le opere di Menegazzi sono il risultato di una paziente ricerca, condotta con metodo e coerenza in questi ultimi anni, nella quale il punto di approdo diventa l’oggetto compiuto, la perfetta riuscita degli effetti cromatici e luministici desiderati. È una soddisfazione che l’artista rinnova di volta in volta in questi suoi lavori, eseguiti con quell’estrema perizia tecnica che contraddistingue da sempre l’acquerellista esperto. (Gabriella Parisi)
Menegazzi è un ingegnere con la passione per l’arte, una passione sostenuta da puntuale conoscenza dei linguaggi artistici, soprattutto del Novecento. Uomo schivo e poco loquace, Menegazzi fa ricordare l’ingegnere Ulrich Arnheim, di musiliana memoria, il quale cercava di far quadrare il regolo con la fantasia, la geometria con la poesia. All’acquerello, Menegazzi ha affidato l’intensità del suo mondo interiore, quello legato al paesaggio lagarino, oggetto, da sempre, dei suoi studi: chiese, piazze, scorci di paese, angoli nascosti di Rovereto, vecchi palazzi, case disabitate, fontane, viuzze. Gli spazi e i volumi di Menegazzi pulsano non di un esercizio formale, ma di una costante ricerca filtrata da una delicatezza particolarmente originale. Nella sala allestita a Borgo Sacco troviamo un Menegazzi “vecchio e nuovo”, nel senso che l’artista è certamente rimasto fedele a quel tratto, felice e sicuro, che ha caratterizzato i dipinti che abbiamo già conosciuto in altre mostre, ma nei quadri esposti nella chiesetta di San Nicolò possiamo capire come egli sia riuscito a dare nuovo vigore a quel “genius loci” che è il soggetto assoluto delle sue opere. (Carlo Andreatta)
Alla veduta tradizionale l’artista preferisce la rappresentazione di un paesaggio “architettonico”, o meglio, detto con le sue parole, un “ritratto di architetture”. Sono realizzazioni rispettose delle leggi prospettiche scientifiche, accurate nel dettaglio ed estremamente realistiche, ma andando oltre questa prima impressione scopriamo che il paesaggio viene visto, esplorato, epurato e reinterpretato dall’artista, che così facendo se ne appropria, trasmettendovi i propri sentimenti ed emozioni.
Nei suoi soggetti Menegazzi ricerca una sorta di “aura”, anche solo in un muro scrostato che testimonia la sua storia; si riscontra in tutto ciò un tentativo di idealizzare il paesaggio, di renderlo immortale. La luce, i toni di colore e soprattutto la scelta di evitare la figura umana o di ridurre all’essenziale l’ambiente naturale danno talvolta alle opere un alone quasi metafisico, dove piazze, pievi, case coloniche, palazzi cittadini e borghi rurali diventano unici protagonisti di un mondo senza tempo.
Le opere di Menegazzi sono il risultato di una paziente ricerca, condotta con metodo e coerenza in questi ultimi anni, nella quale il punto di approdo diventa l’oggetto compiuto, la perfetta riuscita degli effetti cromatici e luministici desiderati. È una soddisfazione che l’artista rinnova di volta in volta in questi suoi lavori, eseguiti con quell’estrema perizia tecnica che contraddistingue da sempre l’acquerellista esperto. (Gabriella Parisi)
Menegazzi è un ingegnere con la passione per l’arte, una passione sostenuta da puntuale conoscenza dei linguaggi artistici, soprattutto del Novecento. Uomo schivo e poco loquace, Menegazzi fa ricordare l’ingegnere Ulrich Arnheim, di musiliana memoria, il quale cercava di far quadrare il regolo con la fantasia, la geometria con la poesia. All’acquerello, Menegazzi ha affidato l’intensità del suo mondo interiore, quello legato al paesaggio lagarino, oggetto, da sempre, dei suoi studi: chiese, piazze, scorci di paese, angoli nascosti di Rovereto, vecchi palazzi, case disabitate, fontane, viuzze. Gli spazi e i volumi di Menegazzi pulsano non di un esercizio formale, ma di una costante ricerca filtrata da una delicatezza particolarmente originale. Nella sala allestita a Borgo Sacco troviamo un Menegazzi “vecchio e nuovo”, nel senso che l’artista è certamente rimasto fedele a quel tratto, felice e sicuro, che ha caratterizzato i dipinti che abbiamo già conosciuto in altre mostre, ma nei quadri esposti nella chiesetta di San Nicolò possiamo capire come egli sia riuscito a dare nuovo vigore a quel “genius loci” che è il soggetto assoluto delle sue opere. (Carlo Andreatta)
30
marzo 2006
Claudio Menegazzi
Dal 30 marzo al 09 aprile 2006
arte contemporanea
Location
TORRE CIVICA DI BORGO SACCO
Rovereto, Piazza Dottor Fabio E Fausto Filzi, (Trento)
Rovereto, Piazza Dottor Fabio E Fausto Filzi, (Trento)
Orario di apertura
dalle ore 17 alle 19 (sabato e domenica anche dalle 10 alle 12)
Autore