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Claudio Monnini – La sindrome di Ulisse
In mostra gli ultimi lavori dell’artista che con le sue pennellate sicure e veloci rappresenta in maniera estremamente poetica la necessità di ogni uomo e di ogni donna alla conoscenza e al viaggio.
Comunicato stampa
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Figure ritratte di schiena davanti al mare, che affondano i piedi nudi in quel “fegato molle” della terra che è la riva. Guardano lontano, l’orizzonte, quasi sempre squassato da una potentissima luce calda, unico accenno cromatico dei quadri. E’ l’intuizione guizzante? O forse quella saggia e calma consapevolezza che arriva con l’età?
Nei lavori di Monnini “Il movimento potenziale che ogni figura possiede si moltiplica in maniera esponenziale in tutte le direzioni, triangolando un mondo in cui le azioni non vengono palesate dalla pittura, ma si realizzano nella sfera immaginifica e personale di chi osserva, accennate dall’immobilità assorta dei corpi riflessivi. In quello spazio si compie la vita di tutti i tempi e di tutti i luoghi di un essere ripetuto e ripetitivo, che di volta in volta si contrae nell’infanzia, invecchia ed animaleggia col proprio istinto, tutto nello stesso istante, attuando ognuna delle sue vite possibili: quella che ha vissuto, che vivrà e che avrebbe potuto vivere. Per questo vi è apparente mancanza di gesti narrativi: tutto si compie in quello spazio accennato dagli occhi. Occhi che mostrano e che vedono, che si muovono in quell’estensione immensa che le parole non possono spiegare. E nemmeno la pittura, se non quella di Claudio Monnini.. Così il granello di sabbia e l’orizzonte, alle due estremità del mare, divengono osservatori favoriti, muti ed immobili, dinanzi ai quali l’animo ammette di spogliarsi, restando indifeso nelle proprie sincerità, libero di far scivolare il rivolo di pensieri che andranno ad impregnare la sabbia, rimbalzando sull’orizzonte, e restando in esso per sempre. I due interlocutori divengono così depositari della realtà che si palesa solo nella ricostruzione della sua complessità multi-sfaccettata e gli unici che possano in qualche modo raccontarci quell’universo che ci appare solo come anatomia riconoscibile che scruta l’indefinito, ma nasconde invece, fra le pennellate prodigiose, una riflessione complessa e profonda sull’umano essere, attraverso la trattazione del sé a partire dalla più intima e sincera emotività. “
Da Racconto metaforico in forma di dialogo fra un granello di sabbia e l’orizzonte che triangolano l’ambientazione di un quadro di Claudio Monnini. di Viviana Siviero
Nei lavori di Monnini “Il movimento potenziale che ogni figura possiede si moltiplica in maniera esponenziale in tutte le direzioni, triangolando un mondo in cui le azioni non vengono palesate dalla pittura, ma si realizzano nella sfera immaginifica e personale di chi osserva, accennate dall’immobilità assorta dei corpi riflessivi. In quello spazio si compie la vita di tutti i tempi e di tutti i luoghi di un essere ripetuto e ripetitivo, che di volta in volta si contrae nell’infanzia, invecchia ed animaleggia col proprio istinto, tutto nello stesso istante, attuando ognuna delle sue vite possibili: quella che ha vissuto, che vivrà e che avrebbe potuto vivere. Per questo vi è apparente mancanza di gesti narrativi: tutto si compie in quello spazio accennato dagli occhi. Occhi che mostrano e che vedono, che si muovono in quell’estensione immensa che le parole non possono spiegare. E nemmeno la pittura, se non quella di Claudio Monnini.. Così il granello di sabbia e l’orizzonte, alle due estremità del mare, divengono osservatori favoriti, muti ed immobili, dinanzi ai quali l’animo ammette di spogliarsi, restando indifeso nelle proprie sincerità, libero di far scivolare il rivolo di pensieri che andranno ad impregnare la sabbia, rimbalzando sull’orizzonte, e restando in esso per sempre. I due interlocutori divengono così depositari della realtà che si palesa solo nella ricostruzione della sua complessità multi-sfaccettata e gli unici che possano in qualche modo raccontarci quell’universo che ci appare solo come anatomia riconoscibile che scruta l’indefinito, ma nasconde invece, fra le pennellate prodigiose, una riflessione complessa e profonda sull’umano essere, attraverso la trattazione del sé a partire dalla più intima e sincera emotività. “
Da Racconto metaforico in forma di dialogo fra un granello di sabbia e l’orizzonte che triangolano l’ambientazione di un quadro di Claudio Monnini. di Viviana Siviero
07
giugno 2011
Claudio Monnini – La sindrome di Ulisse
Dal 07 al 20 giugno 2011
arte contemporanea
serata - evento
serata - evento
Location
WANNABEE GALLERY
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì ore 11-20
Vernissage
7 Giugno 2011, h 19
Autore
Curatore