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Clementina Mingozzi – La forza dell’ombra
Clementina si occupa di ombra non è certo per raccontarne il carattere cupo, ma per esaltare l’aspetto mutevole della silhouette, dove un’immagine ritagliata soprattutto da una carta nera, rimane in mano ed “abbandona fisicamente, il suo fondo” per occupare l’aria, in movimenti variabili.
Comunicato stampa
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La forza dell’ombra di Lucia Boni
Il senso di Clementina per l’ombra (e la luce?)
Potrebbe essere il sottotitolo. Parlo di Clementina Mingozzi, artista, illustratrice, scenografa e soprattutto papirografa. Un’artista che “ama la carta e la fa parlare” ed ama le forbici, che separano l’opacità della materia e creano netti confini che lasciano entrare la luce.
Se Clementina si occupa di ombra non è certo per raccontarne il carattere cupo, ma per esaltare l’aspetto mutevole della silhouette, dove un’immagine ritagliata soprattutto da una carta nera, rimane in mano ed “abbandona fisicamente, il suo fondo” per occupare l’aria, in movimenti variabili.
Ama la sagoma più della superficie. Nel suo lavoro non c’è nulla di decorativo o dell’occupazione ludica, è il modo di parlare delle realtà concrete ed intime, proprio dell’Arte.
L’ombra segna il tempo che passa ed il ciclo del sole e della luna, si allunga e si accorcia, gira attorno al soggetto, non lo lascia mai. Le ombre multiple segnano l’intervento dell’uomo che, con strumenti luminosi, tenta di contrastare l’ombra, più vasta e temuta, della notte.
Non si può parlare di ombra se non si parla anche di luce e viceversa, ma mentre la luce illumina anche con fonti artificiali, l’ombra è sempre reazione fisica e naturale.
L’ombra è la nostra immagine, quindi contiene anche la nostra anima, ecco la sua forza.
“Possiamo dialogare con uno spazio fisico buio, con la nostra ombra o un’ombra che abbiamo la libertà di muovere”. E qui è il lavoro dell’artista; “provate a porre vicine due silhouette dello stesso soggetto, una bianca su fondo nero e una nera su fondo bianco: vi accorgerete subito che la prima vi sembrerà vuota, la seconda potrete vederla con facilità prendere vita”. È un invito muto alla libertà d’immaginazione.
Ci possiamo chiedere che relazione c’è con il nero, ovvero il nero è ombra?
Il nero è un concentrato di vitalità, poiché raccoglie tutta la luce, ne diviene scrigno. È un concentrato di senso, di mistero, non racconta tutto il reale che racchiude e maschera, non svela completamente all’osservatore il proprio mondo di immagini e così facendo, inducendoci ad interpretare, ci rende partecipi del suo tesoro, “senza volere ne siamo risucchiati”.
Il buio, come il foglio nero, aiuta a concentrarci. L’ombra è fatta di qualità minime: scura, nera, compatta.
È mutevole ed apprezzabile solo il suo contorno. Non riusciamo ad acchiapparla, è immateriale, ma allude ad una quantità di altri caratteri tangibili.
“L’immagine più pura è la più leggibile. Per questo è difficile superare in efficacia il contrasto tra la luce e l’ombra e l’uso del nero su bianco”.
Le ombre sono universi, come lo sono le composizioni giapponesi chiamate haiku. L’haiku si muove su tre versi (5-7-5 sillabe) e, senza aggiungerne altre, raccoglie una situazione minima e ne restituisce l’universo al quale appartiene. Procede per associazioni e contrapposizioni, come fa l’ombra con la luce. È un evento breve che trova ad un tratto la sua forma esatta. Significato e significante sono un’unica identità. Non ci sono sbavature, sovrabbondanze, descrizioni. È una notazione del reale mentre il fatto accade. Un’improvvisa apparizione.
“Vestita di trama,
il vento si dirama,
ardita mi vesto del suo ordito. (Teijo Nakamura, 1900 – 1988)
“L’haiku è come una goccia d’acqua che possiede riflesso l’intero paesaggio e il cielo sopra di me!”
Clementina è catturata dall’essenzialità orientale, che attiene al rapporto tra un evento e la sua rappresentazione.
Così è attratta anche dal teatro delle ombre, dove le ‘semplici’ sagome in controluce ricreano vicinanze e lontananze, profondità alluse ma, al tempo stesso, amplificate, che ripropongono passioni e gioie, sentimenti vissuti realmente.
Nell’haiku c’è completa rispondenza tra il fatto reale ed il fatto letterario, l’oggetto è la forma rappresentativa e non c’è sempre bisogno di un riferimento figurale. È spazio e tempo. Nel lavoro fatto di ritagli e di ombre il senso è il palpito stesso delle forme, i movimenti e le proiezioni sulla parete, mentre l’aria le attraversa. Questo è il linguaggio che usa
Il senso di Clementina per l’ombra (e la luce?)
Potrebbe essere il sottotitolo. Parlo di Clementina Mingozzi, artista, illustratrice, scenografa e soprattutto papirografa. Un’artista che “ama la carta e la fa parlare” ed ama le forbici, che separano l’opacità della materia e creano netti confini che lasciano entrare la luce.
Se Clementina si occupa di ombra non è certo per raccontarne il carattere cupo, ma per esaltare l’aspetto mutevole della silhouette, dove un’immagine ritagliata soprattutto da una carta nera, rimane in mano ed “abbandona fisicamente, il suo fondo” per occupare l’aria, in movimenti variabili.
Ama la sagoma più della superficie. Nel suo lavoro non c’è nulla di decorativo o dell’occupazione ludica, è il modo di parlare delle realtà concrete ed intime, proprio dell’Arte.
L’ombra segna il tempo che passa ed il ciclo del sole e della luna, si allunga e si accorcia, gira attorno al soggetto, non lo lascia mai. Le ombre multiple segnano l’intervento dell’uomo che, con strumenti luminosi, tenta di contrastare l’ombra, più vasta e temuta, della notte.
Non si può parlare di ombra se non si parla anche di luce e viceversa, ma mentre la luce illumina anche con fonti artificiali, l’ombra è sempre reazione fisica e naturale.
L’ombra è la nostra immagine, quindi contiene anche la nostra anima, ecco la sua forza.
“Possiamo dialogare con uno spazio fisico buio, con la nostra ombra o un’ombra che abbiamo la libertà di muovere”. E qui è il lavoro dell’artista; “provate a porre vicine due silhouette dello stesso soggetto, una bianca su fondo nero e una nera su fondo bianco: vi accorgerete subito che la prima vi sembrerà vuota, la seconda potrete vederla con facilità prendere vita”. È un invito muto alla libertà d’immaginazione.
Ci possiamo chiedere che relazione c’è con il nero, ovvero il nero è ombra?
Il nero è un concentrato di vitalità, poiché raccoglie tutta la luce, ne diviene scrigno. È un concentrato di senso, di mistero, non racconta tutto il reale che racchiude e maschera, non svela completamente all’osservatore il proprio mondo di immagini e così facendo, inducendoci ad interpretare, ci rende partecipi del suo tesoro, “senza volere ne siamo risucchiati”.
Il buio, come il foglio nero, aiuta a concentrarci. L’ombra è fatta di qualità minime: scura, nera, compatta.
È mutevole ed apprezzabile solo il suo contorno. Non riusciamo ad acchiapparla, è immateriale, ma allude ad una quantità di altri caratteri tangibili.
“L’immagine più pura è la più leggibile. Per questo è difficile superare in efficacia il contrasto tra la luce e l’ombra e l’uso del nero su bianco”.
Le ombre sono universi, come lo sono le composizioni giapponesi chiamate haiku. L’haiku si muove su tre versi (5-7-5 sillabe) e, senza aggiungerne altre, raccoglie una situazione minima e ne restituisce l’universo al quale appartiene. Procede per associazioni e contrapposizioni, come fa l’ombra con la luce. È un evento breve che trova ad un tratto la sua forma esatta. Significato e significante sono un’unica identità. Non ci sono sbavature, sovrabbondanze, descrizioni. È una notazione del reale mentre il fatto accade. Un’improvvisa apparizione.
“Vestita di trama,
il vento si dirama,
ardita mi vesto del suo ordito. (Teijo Nakamura, 1900 – 1988)
“L’haiku è come una goccia d’acqua che possiede riflesso l’intero paesaggio e il cielo sopra di me!”
Clementina è catturata dall’essenzialità orientale, che attiene al rapporto tra un evento e la sua rappresentazione.
Così è attratta anche dal teatro delle ombre, dove le ‘semplici’ sagome in controluce ricreano vicinanze e lontananze, profondità alluse ma, al tempo stesso, amplificate, che ripropongono passioni e gioie, sentimenti vissuti realmente.
Nell’haiku c’è completa rispondenza tra il fatto reale ed il fatto letterario, l’oggetto è la forma rappresentativa e non c’è sempre bisogno di un riferimento figurale. È spazio e tempo. Nel lavoro fatto di ritagli e di ombre il senso è il palpito stesso delle forme, i movimenti e le proiezioni sulla parete, mentre l’aria le attraversa. Questo è il linguaggio che usa
12
marzo 2016
Clementina Mingozzi – La forza dell’ombra
Dal 12 al 28 marzo 2016
arte moderna e contemporanea
Location
GALLERIA DEL CARBONE
Ferrara, Via Del Carbone, 18, (Ferrara)
Ferrara, Via Del Carbone, 18, (Ferrara)
Orario di apertura
dal mercoledì al venerdì 17.00-20.00; sabato e festivi 11.00-12.30 17.00-20.00 lunedì e martedì chiuso
Vernissage
12 Marzo 2016, ore 18.00
Autore
Curatore