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Click art international
una mostra che delinea alcune importanti personalità della contemporanea fotografia ed arte digitale. un percorso di circa 30 opere.
Comunicato stampa
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Continua la programmazione di mostre che Arte Sgarro dedica alla fotografia ed all’arte digitale, presentando, in occasione delle festività natalizie, la manifestazione “Click Art International”, evento internazionale che presenta sia realtà affermate (quali le presenze alle Biennali di Venezia di Alterazioni Video, IngridMwangiRobertHutter, Lech Majewski, ecc) sia giovani promesse dell’Arte italiana.
La storia dell’arte non è solo una storia di immagini, ma anche una storia dello sguardo. Ogni nuova opera non fa che arricchire quell’inestimabile campionario – di cornee asportate – che ci permette di guardare il soggetto non con i nostri occhi quanto semmai attraverso gli occhi dell’autore che l’ha immortalato.
È quindi lo sguardo, più che il soggetto, il vero protagonista dell’opera.
Ammesso e concesso che gli occhi siano uno specchio dell’anima, le arti visive non possono che essere degli specchi che giocano con la realtà.
Quanto detto è valido soprattutto per la pittura (a lungo considerata una mimesis del mondo) e per la fotografia (il cui primo soprannome era stato “specchio della natura”), discipline che tra loro hanno ingaggiato aspre polemiche così come feconde relazioni.
Sul finire dell’Ottocento la fotografia era stata succube di un complesso d’inferiorità che la costringeva ad imitare la pittura, fin quasi a plagiarla; ciò nondimeno, la pittura (in special modo quella dei Preraffaelliti) prendeva a sua volta ispirazione dagli “errori” tecnici della propria antagonista.
Nel Novecento le due discipline avevano invece perseguito direzioni diverse, avevano cioè smesso di contendersi il dominio sull’immagine.
Situazione che si protrasse fino agli anni ’70, allorquando prese il sopravvento l’iperrealismo che – in una rinvigorita sfida tra la mano del pittore e l’otturatore del fotografo – aspirava a ottenere la migliore deferenza al vero.
Quali sono oggi i nuovi “parametri” con cui si deve confrontare la fotografia?
Quanto ha influito la tecnologia e l’avvento del computer nel suo porsi nei confronti dei nostri giorni?
Uno scatto fotografico non pretende di essere un succedaneo della realtà ma una reltà essa stessa. Attraverso un atteggiamento di fredda intenzionalità, gli artisti che usano la fotografia desiderano mettere en pose il mondo intero, assecondando la propria fantasia e un piacere del tutto personale; cercano inoltre di attualizzare il processo del fotomontaggio con immagini rielaborate al computer, sicché la pelle della realtà non viene solo corretta ma addirittura ri-creata.
Di fatto preferiscono addentrarsi nella ricerca e nella sperimentazione dei mezzi tecnologici, grazie ai quali attuano una chirurgia in grado di intervenire sulla fisionomia dell’immagine (è questo il caso del “bisturi computerizzato”).
Gli artisti ricorrono a questa metamorfosi/microchirurgia per investigare la natura dei propri mezzi, usano cioè le specificità dell’apparato tecnico per strumentalizzare la logica dell’analogico o del digitale, senza più dover ricorrere a interventi diretti sulle lastre (con abrasioni, velature, mascherature), né a processi chimici o ingegnosi accorgimenti visivi (sovraesposizioni, sottoesposizioni, solarizzazioni, sovrapposizioni, sfocature, etc).
Più che di fotografia bisognerebbe ragionare sul concetto di “fotografico”, soprattutto quando l’immagine è il risultato di una manipolazione o di un recupero da materiale pre-esistente.
Gli aspetti meccanici e manuali tornano allora a collimare nel procedimento creativo, recuperando da una parte la sensazione tattile e dall’altra la possibilità da parte del bulbo oculare di figurarsi uno sguardo, creando da sé una propria visione.
Per cui, se l’iperrealismo aveva invertito i ruoli e la sfida, nella prima decade del 2000 si va acclarando una fusionalità – questa volta “alla pari” – tra la pittura e la fotografia.
La condizione visiva diventa una forma sia di riproduzione che di rappresentazione, dando ragione a Henry Peach Robinson (l’inventore del pittoricismo fotografico) quando nel lontano 1884 pretendeva che «la fotografia potesse essere non solo una registrazione prosaica di fatti comuni, ma soprattutto lo strumento ideale attraverso cui potessero venire legittimamente incarnati fatti appartenenti alla immaginazione e alla fantasia».
Nel volgere del XXI secolo assistiamo dunque a un simbiotico/simbolico scambio interdisciplinare.
In pratica l’artista è tornato a comporre l’immagine come se stesse dipingendo un quadro: la pittura viene citata, riletta e assimilata alla fotografia dando origine a un sincretismo che cela dentro di sé altre regole, altre categorie, altre dinamiche.
La storia dell’arte non è solo una storia di immagini, ma anche una storia dello sguardo. Ogni nuova opera non fa che arricchire quell’inestimabile campionario – di cornee asportate – che ci permette di guardare il soggetto non con i nostri occhi quanto semmai attraverso gli occhi dell’autore che l’ha immortalato.
È quindi lo sguardo, più che il soggetto, il vero protagonista dell’opera.
Ammesso e concesso che gli occhi siano uno specchio dell’anima, le arti visive non possono che essere degli specchi che giocano con la realtà.
Quanto detto è valido soprattutto per la pittura (a lungo considerata una mimesis del mondo) e per la fotografia (il cui primo soprannome era stato “specchio della natura”), discipline che tra loro hanno ingaggiato aspre polemiche così come feconde relazioni.
Sul finire dell’Ottocento la fotografia era stata succube di un complesso d’inferiorità che la costringeva ad imitare la pittura, fin quasi a plagiarla; ciò nondimeno, la pittura (in special modo quella dei Preraffaelliti) prendeva a sua volta ispirazione dagli “errori” tecnici della propria antagonista.
Nel Novecento le due discipline avevano invece perseguito direzioni diverse, avevano cioè smesso di contendersi il dominio sull’immagine.
Situazione che si protrasse fino agli anni ’70, allorquando prese il sopravvento l’iperrealismo che – in una rinvigorita sfida tra la mano del pittore e l’otturatore del fotografo – aspirava a ottenere la migliore deferenza al vero.
Quali sono oggi i nuovi “parametri” con cui si deve confrontare la fotografia?
Quanto ha influito la tecnologia e l’avvento del computer nel suo porsi nei confronti dei nostri giorni?
Uno scatto fotografico non pretende di essere un succedaneo della realtà ma una reltà essa stessa. Attraverso un atteggiamento di fredda intenzionalità, gli artisti che usano la fotografia desiderano mettere en pose il mondo intero, assecondando la propria fantasia e un piacere del tutto personale; cercano inoltre di attualizzare il processo del fotomontaggio con immagini rielaborate al computer, sicché la pelle della realtà non viene solo corretta ma addirittura ri-creata.
Di fatto preferiscono addentrarsi nella ricerca e nella sperimentazione dei mezzi tecnologici, grazie ai quali attuano una chirurgia in grado di intervenire sulla fisionomia dell’immagine (è questo il caso del “bisturi computerizzato”).
Gli artisti ricorrono a questa metamorfosi/microchirurgia per investigare la natura dei propri mezzi, usano cioè le specificità dell’apparato tecnico per strumentalizzare la logica dell’analogico o del digitale, senza più dover ricorrere a interventi diretti sulle lastre (con abrasioni, velature, mascherature), né a processi chimici o ingegnosi accorgimenti visivi (sovraesposizioni, sottoesposizioni, solarizzazioni, sovrapposizioni, sfocature, etc).
Più che di fotografia bisognerebbe ragionare sul concetto di “fotografico”, soprattutto quando l’immagine è il risultato di una manipolazione o di un recupero da materiale pre-esistente.
Gli aspetti meccanici e manuali tornano allora a collimare nel procedimento creativo, recuperando da una parte la sensazione tattile e dall’altra la possibilità da parte del bulbo oculare di figurarsi uno sguardo, creando da sé una propria visione.
Per cui, se l’iperrealismo aveva invertito i ruoli e la sfida, nella prima decade del 2000 si va acclarando una fusionalità – questa volta “alla pari” – tra la pittura e la fotografia.
La condizione visiva diventa una forma sia di riproduzione che di rappresentazione, dando ragione a Henry Peach Robinson (l’inventore del pittoricismo fotografico) quando nel lontano 1884 pretendeva che «la fotografia potesse essere non solo una registrazione prosaica di fatti comuni, ma soprattutto lo strumento ideale attraverso cui potessero venire legittimamente incarnati fatti appartenenti alla immaginazione e alla fantasia».
Nel volgere del XXI secolo assistiamo dunque a un simbiotico/simbolico scambio interdisciplinare.
In pratica l’artista è tornato a comporre l’immagine come se stesse dipingendo un quadro: la pittura viene citata, riletta e assimilata alla fotografia dando origine a un sincretismo che cela dentro di sé altre regole, altre categorie, altre dinamiche.
13
dicembre 2008
Click art international
Dal 13 dicembre 2008 all'undici gennaio 2009
fotografia
Location
SGARRO GALLERIA D’ARTE
Lonigo, Via Scortegagna, 14, (Vicenza)
Lonigo, Via Scortegagna, 14, (Vicenza)
Orario di apertura
16 – 19. Domenica su appuntamento. Chiuso il martedì, 25 dicembre e 01 gennaio
Vernissage
13 Dicembre 2008, h 16 - 19
Autore
Curatore