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Cluca – Sopravvivere in un ambiente ostile
mostra personale di Cluca
Comunicato stampa
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La singolare e sconcertante serie di dipinti intitolata Survivre en milieu hostile, messa in scena da Cluca in questa sua prima mostra personale in Italia, è nata e si è sviluppata a partire dal seguente singolare interrogativo:
“Dopo tutto, in una società iper-controllata, che produce esclusione e chiusure, la cosa mascherata (l’anonimato) non costituisce forse la sola via d’uscita?”
Anche se posta dall’artista in modo abbastanza ironico e paradossale, questa questione rimane decisamente inquietante, nella misura in cui tocca aspetti politici e sociali di centrale importanza. Sono quelli già evocati da Orwell e sempre più attuali in un mondo dove gli spostamenti, le azioni e le conversazioni di qualsiasi individuo possono ormai essere sempre tracciabili e registrabili, grazie al controllo delle informazioni provenienti dei dispositivi elettronici (computer, telefonini, GPS, carte di credito), e da ogni sorta di schedature dei dati personali(da quelle della polizia a quelle di società al servizio della manipolazione dei consensi come Cambridge Analytica). Per non parlare delle onnipresenti telecamere di controllo nelle aree metropolitane.
Cluca (contrazione pseudonimica di Carmen Lucas) affronta con spirito allo stesso tempo critico e surreale il tema cruciale dell’identità personale, e per essere precisi quello della salvaguardia della propria indipendenza e libertà, attraverso la presentazione di ambigue e enigmatiche narrazioni visive interpretate da misteriosi personaggi sempre rigorosamente anonimi con il volto nascosto da passamontagna. A guardarli ci possiamo immaginare i più diversi collegamenti da Fantomas (figura culto dei surrealisti) a Diabolik, dagli svaligiatori di banche ai Black Bloc, fino ad arrivare all’interventismo collettivo che si nasconde sotto il segno di Anonymous.
Tra gli studiosi, scrittori e artisti più amati da Cluca sono da citare in particolare Pierre Bourdieu, René Magritte e Samuel Beckett. I testi del sociologo francese sulla demistificazione dei meccanismi culturali del potere, sono stati fondamentali nei suoi studi di socioantropologia all’università. Del surrealista belga le interessano (penso) vari aspetti come l’anonima impersonalità dei personaggi (specialmente quelli con i volti coperti), la sua capacità di creare scene e stranianti atmosfere cariche di suspense, e naturalmente anche la sua ineffabile vena ironica concettuale. Di Beckett credo le interessi l’humour tragico della sua visione del mondo, e la condizione paradossale dei suoi eroi anonimi sospesi nel vuoto esistenziale. Tra questi immagino anche lo straordinario protagonista (Buster Keaton) del suo unico film intitolato anonimamente Film.
Ma veniamo ai quadri. Sono dipinti su grandi tele, non preparate, trovate da qualche parte con delle macchie semitrasparenti, che sono state lasciate intenzionalmente in evidenza. All’interno di questi spazi bidimensionali vediamo in grandezza più o meno reale, dei personaggi tutti vestiti di nero e con il volto coperto (per essere precisi sempre la stessa figura ripresa in vari atteggiamenti) che appaiono in certi lavori sdoppiati attraverso delle vuote silhouette lineari in posture diverse, in modo da suggerire un doppio movimento. Questi individui compiono delle strane azioni in rapporto a degli oggetti. Uno sta piegandosi prendere una valigia rossa da terra. Un altro ha la stessa valigia in mano, mentre il suo doppio “lineare” ne porta una uguale tra le braccia. Un altro ancora, sta in piedi sulla valigia con il volto coperto da una sorta di bizzarro cappuccio giallo con le orecchie. Lo stesso tipo incappucciato ritorna in tele differenti. In una scena lo vediamo di spalle in cammino con in mano una macchina da cucire gialla, mentre in una composizione più articolata lo troviamo (in mezzo a due figuri di cui compaiono solo le gambe) inginocchiato su una valigia gialla con nelle mani due ferri da stiro sempre gialli. Il significato di questi oggetti, simbolico o meno, è decisamente criptico ma stranamente suggestivo.
A rendere particolarmente bizzarri e affascinanti questi quadri è la tecnica “mista” con cui sono realizzati. Le figure sono dipinte e disegnate a graffite, mentre gli oggetti sono fatti utilizzando delle matasse di fili di seta colorati di recupero.
L’effetto determinato da questi inserti assemblati è di notevole qualità materica e cromatica. La combinazione fra raffinatezza estetica e inquietante problematicità sociale dei temi da vita a un lavoro artistico di non comune originalità.
“Dopo tutto, in una società iper-controllata, che produce esclusione e chiusure, la cosa mascherata (l’anonimato) non costituisce forse la sola via d’uscita?”
Anche se posta dall’artista in modo abbastanza ironico e paradossale, questa questione rimane decisamente inquietante, nella misura in cui tocca aspetti politici e sociali di centrale importanza. Sono quelli già evocati da Orwell e sempre più attuali in un mondo dove gli spostamenti, le azioni e le conversazioni di qualsiasi individuo possono ormai essere sempre tracciabili e registrabili, grazie al controllo delle informazioni provenienti dei dispositivi elettronici (computer, telefonini, GPS, carte di credito), e da ogni sorta di schedature dei dati personali(da quelle della polizia a quelle di società al servizio della manipolazione dei consensi come Cambridge Analytica). Per non parlare delle onnipresenti telecamere di controllo nelle aree metropolitane.
Cluca (contrazione pseudonimica di Carmen Lucas) affronta con spirito allo stesso tempo critico e surreale il tema cruciale dell’identità personale, e per essere precisi quello della salvaguardia della propria indipendenza e libertà, attraverso la presentazione di ambigue e enigmatiche narrazioni visive interpretate da misteriosi personaggi sempre rigorosamente anonimi con il volto nascosto da passamontagna. A guardarli ci possiamo immaginare i più diversi collegamenti da Fantomas (figura culto dei surrealisti) a Diabolik, dagli svaligiatori di banche ai Black Bloc, fino ad arrivare all’interventismo collettivo che si nasconde sotto il segno di Anonymous.
Tra gli studiosi, scrittori e artisti più amati da Cluca sono da citare in particolare Pierre Bourdieu, René Magritte e Samuel Beckett. I testi del sociologo francese sulla demistificazione dei meccanismi culturali del potere, sono stati fondamentali nei suoi studi di socioantropologia all’università. Del surrealista belga le interessano (penso) vari aspetti come l’anonima impersonalità dei personaggi (specialmente quelli con i volti coperti), la sua capacità di creare scene e stranianti atmosfere cariche di suspense, e naturalmente anche la sua ineffabile vena ironica concettuale. Di Beckett credo le interessi l’humour tragico della sua visione del mondo, e la condizione paradossale dei suoi eroi anonimi sospesi nel vuoto esistenziale. Tra questi immagino anche lo straordinario protagonista (Buster Keaton) del suo unico film intitolato anonimamente Film.
Ma veniamo ai quadri. Sono dipinti su grandi tele, non preparate, trovate da qualche parte con delle macchie semitrasparenti, che sono state lasciate intenzionalmente in evidenza. All’interno di questi spazi bidimensionali vediamo in grandezza più o meno reale, dei personaggi tutti vestiti di nero e con il volto coperto (per essere precisi sempre la stessa figura ripresa in vari atteggiamenti) che appaiono in certi lavori sdoppiati attraverso delle vuote silhouette lineari in posture diverse, in modo da suggerire un doppio movimento. Questi individui compiono delle strane azioni in rapporto a degli oggetti. Uno sta piegandosi prendere una valigia rossa da terra. Un altro ha la stessa valigia in mano, mentre il suo doppio “lineare” ne porta una uguale tra le braccia. Un altro ancora, sta in piedi sulla valigia con il volto coperto da una sorta di bizzarro cappuccio giallo con le orecchie. Lo stesso tipo incappucciato ritorna in tele differenti. In una scena lo vediamo di spalle in cammino con in mano una macchina da cucire gialla, mentre in una composizione più articolata lo troviamo (in mezzo a due figuri di cui compaiono solo le gambe) inginocchiato su una valigia gialla con nelle mani due ferri da stiro sempre gialli. Il significato di questi oggetti, simbolico o meno, è decisamente criptico ma stranamente suggestivo.
A rendere particolarmente bizzarri e affascinanti questi quadri è la tecnica “mista” con cui sono realizzati. Le figure sono dipinte e disegnate a graffite, mentre gli oggetti sono fatti utilizzando delle matasse di fili di seta colorati di recupero.
L’effetto determinato da questi inserti assemblati è di notevole qualità materica e cromatica. La combinazione fra raffinatezza estetica e inquietante problematicità sociale dei temi da vita a un lavoro artistico di non comune originalità.
03
novembre 2018
Cluca – Sopravvivere in un ambiente ostile
Dal 03 novembre al 06 dicembre 2018
arte contemporanea
Location
PAOLO TONIN ARTE CONTEMPORANEA
Torino, Via San Tommaso, 6, (Torino)
Torino, Via San Tommaso, 6, (Torino)
Orario di apertura
dalle 10,30 alle 13 e dalle 14,30 alle 19 dal lunedì al venerdì, sabato su appuntamento
Vernissage
3 Novembre 2018, ore 19
Autore
Curatore