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Collettiva
viamoronisedici/spazioarte inaugura la mostra collettiva che completa la prima stagione espositiva 2008/2009. Questa mostra vede insieme, fino alla fine di settembre, gli artisti che hanno già esposto nella galleria.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Filippo Berta, Mariella Bettineschi, Diego Caglioni, Silva Cavalli Felci, Giovanni De Francesco, Salvatore Falci, Rudina
Hoxhaj, Mario Oleari e Caterina Rossato propongono opere recenti e alcune inedite.
Filippo Berta
Territori (2009), video 2’26’’.
La performance riflette sul concetto di confine analizzando il fenomeno d’invasione dello spazio
altrui con uno spostamento concettuale: dal macro (invasioni coloniali) al micro (rapporto intimo e
psicologico con il proprio spazio e quello degli altri).
Il luogo scelto per l’esecuzione della performance è il cortile interno della tenuta, sede della Fonda-
zione. Le persone hanno tracciato nella ghiaia il confine di un proprio territorio con il piede, un gesto
che nell’infanzia serviva per definire un campo da gioco.
Tracciare con altri un proprio territorio nello spazio è inteso come la definizione di se stessi nelle
relazioni sociali. Il gesto può esser paragonato al ripassare continuamente con una penna la pro-
pria firma, al punto tale da stracciare il foglio. Più si scava con il piede nella ghiaia e maggiore è la
definizione del proprio confine. La ghiaia bianca e il sottosuolo scuro, sono il “nero su bianco” che
determina visivamente il proprio io. Le dimensioni e la forma del singolo spazio, diventano la meta-
fora visiva della singola personalità.
Definire se stessi diventa una lotta, perché la performance mostra quanto spazio altrui il singolo
individuo vuole invadere e occupare per poter soddisfare la propria esigenza. Questo consiste nello
spostamento dal macro al micro del fenomeno di colonizzazione.
La polvere che si alzava dai piedi e il rumore dato dallo scavare nella ghiaia, hanno completato
l’immagine di una dura lotta.
Mariella Bettineschi
¿que estas esperando? (2008), quattordici tondi di plexiglas, diametro 35 cm.
“…lavorare sul frammento, su porzioni di realtà, di pittura, per conoscerne il più intimo segreto
suggerisce un campo dove è possibile conciliare gli opposti: periferia/centralità, accumulazione/
rarefazione, particolare/universale…fino a rendere inusitato ciò che è familiare e familiare ciò che è
inusitato.
L’istallazione di Mariella Bettineschi dal significativo titolo ¿que estas esperando? si compone di
quattordici tondi di vetro che pendono nello spazio dello Scalone d’Onore dell’Università Cattolica
di Milano.
Le immagini, ottenute con mezzo fotografico o attraverso manipolazioni digitali, dispiegano lungo
la parete aspetti drammatici della storia recente come la rielaborazione del lutto dopo la catastrofe
delle Twin Towers o la distruzione di un cimitero dello Sri LanKa causata dallo tsunami del 2004, ma
anche immagini di cura e gesti di tenerezza, sguardi che richiamano la bellezza come il volto tratto
dall’opera del pittore fiammingo Memling e ancora sfere perfette che alludono all’ideale.
Tranne nel caso delle sfere, gli altri tondi presentano una parte incompleta, rimasta trasparente,
quasi a significare ciò che deve ancora accadere, il divenire di un cammino a cui ciascuno è
chiamato…” (Cecilia De Carli)
Diego Caglioni
Elementi (2007), still video, stampa fotografica su alluminio cm16x72.
Elementi è un video la cui astrazione fa pensare che sia un’elaborazione computerizzata.
Al contrario tutto ciò che si vede e si sente è preso dalla realtà: la parte centrale deriva da una ripre-
sa fatta a degli striscioni colorati di un paese in festa, in una giornata molto ventosa; le parti in bianco
e nero invece sono i cavi ferroviari filmati da un treno in corsa. Da questi filmati ho estrapolato la
parte minima, la parte più elementare degli stessi. Allo stesso modo ho lavorato con l’audio, i rumori
degli striscioni festivi sono stati accentuati nelle frequenze alte; i rumori del treno nelle frequenze
basse (diffuse nell’installazione con un amplificatore da 50W).
L’installazione è un flusso di elementi del reale che, ricombinati, producono nuova energia.
Silva Cavalli Felci
Piccolo Sesamo rosso (2009), Realizzato a controllo numerico, Verniciatura a spruzzo, Diametro
cm 30.
Piccolo Sesamo rosso, essenziale forma in aggetto, allude all’aprirsi, allo svelarsi, al transitare
oltre.
“La struttura lignea (di piccole dimensioni), pone in risalto l’idea della soglia, ma ribaltata in parete
(tema presente nel lavoro dell artista sin dal 1991).
Il bassorilievo strettamente geometrico si riduce ad essenziali aggetti che alludono non solo al sol-
levamento, bensì all’aprirsi, allo svelarsi per aumentazione o sottrazione, e dove il principio di base
rimane sempre quello di transitare oltre, di penetrare al di là”. (Marco Lorandi-Bedogni)
Giovanni De Franceso
Senza Titolo (1:00:51) 2008, stampa fotografica, dimensioni 40x60 cm.
Il tempo è un senso interno, un contenitore di eventi, il cui trascorrere subisce una variazione a se-
conda del contenuto, definito secondo un’estetica platonica ”immagine mobile dell’eternità”.
Il tempo è imprescindibile dal moto, e il moto presuppone uno spostamento. In un’azione esiste
quindi la variabile tempo che ne misura la durata e la variabile fisica che determina la metamorfosi,
in potenza, di una situazione precedente. Nessun intervallo di tempo lascia invariato lo stato prece-
dente delle cose, anche quando il risultato visivo finale appare identico. I sensi interni determinano
un’azione dell’anima invisibile esternamente che per legge transitiva contiene, per moto e tempo,
un trascorso.
1: 00:51 descrive l’immagine in cui un giovane è a contatto con un esterno in cui nulla accade. Lo
scorrere dell’immagine svela una seconda presenza. La documentazione di questo incontro inscrive
lo stato inerziale del trascorrere del tempo e a riempire la scena di invisibili variazioni è l’indagine
reciproca, un racconto muto che si risolve nell’elaborazione di un ritratto interiore, chiuso, patologi-
co. (Paola Galli)
Salvatore Falci
Silent communications (1998), Still video, stampa fotografica 23x41cm.
“Le Silent communications sono state concepite e realizzate da Salvatore Falci sul finire del 1998,
durante il suo soggiorno in Australia come borsista presso lo IASKA.
[…] gli abitanti della cittadina (australiana) di Kellerberrin, teatro dell’azione, si suddividono in due
comunità, quella di origine anglosassone e quella aborigena, che condividono lo stesso sfondo ur-
bano, separandosi rigorosamente nelle pratiche e nei rituali sociali.
Le Silent communications nascono direttamente da questa osservazione partecipante dell’artista,
[...] traducendo in opera il suo desiderio di infrangere la barriera che separa le due comunità, apren-
do dei canali di comunicazione.
Per aggirare i problemi linguistici connessi alla comunicazione verbale (il loro linguaggio ha con l’in-
glese solo una lontana somiglianza) Falci ha allestito un setting imperniato su quella non verbale: a
coppie d’individui appartenenti alle due diverse comunità è stato richiesto di sedere l’uno di fronte
all’altro e di guardarsi ininterrottamente negli occhi per un tempo di tre minuti. La videoistallazione
riproduce visivamente questo setting, evidenziando le comunicazioni non verbali che intercorrono
tra le coppie di volta in volta riprese”. (Domenico Nardone)
Rudina Hoxhaj
Thinking Wide (2008), still video, stampa fotografica su alluminio cm 14x25.
Il video è una lunga inquadratura fissa (dal buio di un interrno) di una finestra da cui si vede, solo
un cielo azzurro, che di tanto in tanto viene attraversato obliquamente da qualche aereo, presumi-
bilmente decollato da un vicino aeroporto. La visione crea una singolare sospenzione spazio-tem-
porale, stimolata da una tensione contemplativa interrotta solo per un attimo da quei rapidi eventi
visivi e sonori (il rumore dei motori dei jet). Il lavoro sembra invitare a una meditazione sul destino e
il senso dell’esistenza umana.
(Testo dal Catalogo Video.it 2009, Artegiovane, a cura di Francesco Poli, Francesco Bernardelli, Mario Gorni, Paola Nicita e Cristina
Perrella)
Mario Oleari
Senza titolo (2007), Stampa fotografica su alluminio, dimensione cm 15x21.
Per gioco, ma anche per necessità il cane Jaix diventa il segno di Mario Oleari. Questo segno è
l’impronta che, attraverso graffiti o stickers, viene impressa sui pannelli stradali di Londra così come
alle fermate d’autobus di altre città. Secondo una sorta di trattamento omeopatico della banalità, il
cane Jaix, leitmotiv, mascotte e ispirazione ossessiva, si trasforma in un logo, afasico linguaggio,
anonima reclame:
L’icona ironica Jaix, non solo è specchio della quotidiana banalità, ma contemporaneamente intima
e sottile denuncia sociale.
L’uso di animali nell’arte, ricorda artisti come Damien Hirst e Maurizio Cattelan, ma, diversamente
da loro, la ricerca artistica di Mario Oleari si ispira alla cultura underground e con interventi “parassi-
tari” e quasi anonimi “spalma” la sua dentità personale sul tessuto urbano. L’artista e il cane Jaix: un
supporto reciproco, un terreno comune, una forma di scambio, un’alleanza capace di fare nascere
“la terza mente”, secondo la definizione di William S. Burroughs:
“Due menti eccezionali che si fondono per crearne una terza totalmente distinta e inimitabile”.
Caterina Rossato
Lame (2009), Matita, penna roll, pennarello indelebile su tela cm 80x100.
Lame (2009), è un disegno composto da lunghissime serie di oggetti ripetuti in tutte le loro possibili
varianti o schemi di grandi dimensioni che analizzano, attraverso una fitta rete di collegamenti, ogni
aspetto dello scibile: un continuo esercizio di conoscenza e frantumazione del reale, un desiderio
urgente di catalogazione e controllo, un metodo necessario per fare chiarezza e per liberare la
mente.
Hoxhaj, Mario Oleari e Caterina Rossato propongono opere recenti e alcune inedite.
Filippo Berta
Territori (2009), video 2’26’’.
La performance riflette sul concetto di confine analizzando il fenomeno d’invasione dello spazio
altrui con uno spostamento concettuale: dal macro (invasioni coloniali) al micro (rapporto intimo e
psicologico con il proprio spazio e quello degli altri).
Il luogo scelto per l’esecuzione della performance è il cortile interno della tenuta, sede della Fonda-
zione. Le persone hanno tracciato nella ghiaia il confine di un proprio territorio con il piede, un gesto
che nell’infanzia serviva per definire un campo da gioco.
Tracciare con altri un proprio territorio nello spazio è inteso come la definizione di se stessi nelle
relazioni sociali. Il gesto può esser paragonato al ripassare continuamente con una penna la pro-
pria firma, al punto tale da stracciare il foglio. Più si scava con il piede nella ghiaia e maggiore è la
definizione del proprio confine. La ghiaia bianca e il sottosuolo scuro, sono il “nero su bianco” che
determina visivamente il proprio io. Le dimensioni e la forma del singolo spazio, diventano la meta-
fora visiva della singola personalità.
Definire se stessi diventa una lotta, perché la performance mostra quanto spazio altrui il singolo
individuo vuole invadere e occupare per poter soddisfare la propria esigenza. Questo consiste nello
spostamento dal macro al micro del fenomeno di colonizzazione.
La polvere che si alzava dai piedi e il rumore dato dallo scavare nella ghiaia, hanno completato
l’immagine di una dura lotta.
Mariella Bettineschi
¿que estas esperando? (2008), quattordici tondi di plexiglas, diametro 35 cm.
“…lavorare sul frammento, su porzioni di realtà, di pittura, per conoscerne il più intimo segreto
suggerisce un campo dove è possibile conciliare gli opposti: periferia/centralità, accumulazione/
rarefazione, particolare/universale…fino a rendere inusitato ciò che è familiare e familiare ciò che è
inusitato.
L’istallazione di Mariella Bettineschi dal significativo titolo ¿que estas esperando? si compone di
quattordici tondi di vetro che pendono nello spazio dello Scalone d’Onore dell’Università Cattolica
di Milano.
Le immagini, ottenute con mezzo fotografico o attraverso manipolazioni digitali, dispiegano lungo
la parete aspetti drammatici della storia recente come la rielaborazione del lutto dopo la catastrofe
delle Twin Towers o la distruzione di un cimitero dello Sri LanKa causata dallo tsunami del 2004, ma
anche immagini di cura e gesti di tenerezza, sguardi che richiamano la bellezza come il volto tratto
dall’opera del pittore fiammingo Memling e ancora sfere perfette che alludono all’ideale.
Tranne nel caso delle sfere, gli altri tondi presentano una parte incompleta, rimasta trasparente,
quasi a significare ciò che deve ancora accadere, il divenire di un cammino a cui ciascuno è
chiamato…” (Cecilia De Carli)
Diego Caglioni
Elementi (2007), still video, stampa fotografica su alluminio cm16x72.
Elementi è un video la cui astrazione fa pensare che sia un’elaborazione computerizzata.
Al contrario tutto ciò che si vede e si sente è preso dalla realtà: la parte centrale deriva da una ripre-
sa fatta a degli striscioni colorati di un paese in festa, in una giornata molto ventosa; le parti in bianco
e nero invece sono i cavi ferroviari filmati da un treno in corsa. Da questi filmati ho estrapolato la
parte minima, la parte più elementare degli stessi. Allo stesso modo ho lavorato con l’audio, i rumori
degli striscioni festivi sono stati accentuati nelle frequenze alte; i rumori del treno nelle frequenze
basse (diffuse nell’installazione con un amplificatore da 50W).
L’installazione è un flusso di elementi del reale che, ricombinati, producono nuova energia.
Silva Cavalli Felci
Piccolo Sesamo rosso (2009), Realizzato a controllo numerico, Verniciatura a spruzzo, Diametro
cm 30.
Piccolo Sesamo rosso, essenziale forma in aggetto, allude all’aprirsi, allo svelarsi, al transitare
oltre.
“La struttura lignea (di piccole dimensioni), pone in risalto l’idea della soglia, ma ribaltata in parete
(tema presente nel lavoro dell artista sin dal 1991).
Il bassorilievo strettamente geometrico si riduce ad essenziali aggetti che alludono non solo al sol-
levamento, bensì all’aprirsi, allo svelarsi per aumentazione o sottrazione, e dove il principio di base
rimane sempre quello di transitare oltre, di penetrare al di là”. (Marco Lorandi-Bedogni)
Giovanni De Franceso
Senza Titolo (1:00:51) 2008, stampa fotografica, dimensioni 40x60 cm.
Il tempo è un senso interno, un contenitore di eventi, il cui trascorrere subisce una variazione a se-
conda del contenuto, definito secondo un’estetica platonica ”immagine mobile dell’eternità”.
Il tempo è imprescindibile dal moto, e il moto presuppone uno spostamento. In un’azione esiste
quindi la variabile tempo che ne misura la durata e la variabile fisica che determina la metamorfosi,
in potenza, di una situazione precedente. Nessun intervallo di tempo lascia invariato lo stato prece-
dente delle cose, anche quando il risultato visivo finale appare identico. I sensi interni determinano
un’azione dell’anima invisibile esternamente che per legge transitiva contiene, per moto e tempo,
un trascorso.
1: 00:51 descrive l’immagine in cui un giovane è a contatto con un esterno in cui nulla accade. Lo
scorrere dell’immagine svela una seconda presenza. La documentazione di questo incontro inscrive
lo stato inerziale del trascorrere del tempo e a riempire la scena di invisibili variazioni è l’indagine
reciproca, un racconto muto che si risolve nell’elaborazione di un ritratto interiore, chiuso, patologi-
co. (Paola Galli)
Salvatore Falci
Silent communications (1998), Still video, stampa fotografica 23x41cm.
“Le Silent communications sono state concepite e realizzate da Salvatore Falci sul finire del 1998,
durante il suo soggiorno in Australia come borsista presso lo IASKA.
[…] gli abitanti della cittadina (australiana) di Kellerberrin, teatro dell’azione, si suddividono in due
comunità, quella di origine anglosassone e quella aborigena, che condividono lo stesso sfondo ur-
bano, separandosi rigorosamente nelle pratiche e nei rituali sociali.
Le Silent communications nascono direttamente da questa osservazione partecipante dell’artista,
[...] traducendo in opera il suo desiderio di infrangere la barriera che separa le due comunità, apren-
do dei canali di comunicazione.
Per aggirare i problemi linguistici connessi alla comunicazione verbale (il loro linguaggio ha con l’in-
glese solo una lontana somiglianza) Falci ha allestito un setting imperniato su quella non verbale: a
coppie d’individui appartenenti alle due diverse comunità è stato richiesto di sedere l’uno di fronte
all’altro e di guardarsi ininterrottamente negli occhi per un tempo di tre minuti. La videoistallazione
riproduce visivamente questo setting, evidenziando le comunicazioni non verbali che intercorrono
tra le coppie di volta in volta riprese”. (Domenico Nardone)
Rudina Hoxhaj
Thinking Wide (2008), still video, stampa fotografica su alluminio cm 14x25.
Il video è una lunga inquadratura fissa (dal buio di un interrno) di una finestra da cui si vede, solo
un cielo azzurro, che di tanto in tanto viene attraversato obliquamente da qualche aereo, presumi-
bilmente decollato da un vicino aeroporto. La visione crea una singolare sospenzione spazio-tem-
porale, stimolata da una tensione contemplativa interrotta solo per un attimo da quei rapidi eventi
visivi e sonori (il rumore dei motori dei jet). Il lavoro sembra invitare a una meditazione sul destino e
il senso dell’esistenza umana.
(Testo dal Catalogo Video.it 2009, Artegiovane, a cura di Francesco Poli, Francesco Bernardelli, Mario Gorni, Paola Nicita e Cristina
Perrella)
Mario Oleari
Senza titolo (2007), Stampa fotografica su alluminio, dimensione cm 15x21.
Per gioco, ma anche per necessità il cane Jaix diventa il segno di Mario Oleari. Questo segno è
l’impronta che, attraverso graffiti o stickers, viene impressa sui pannelli stradali di Londra così come
alle fermate d’autobus di altre città. Secondo una sorta di trattamento omeopatico della banalità, il
cane Jaix, leitmotiv, mascotte e ispirazione ossessiva, si trasforma in un logo, afasico linguaggio,
anonima reclame:
L’icona ironica Jaix, non solo è specchio della quotidiana banalità, ma contemporaneamente intima
e sottile denuncia sociale.
L’uso di animali nell’arte, ricorda artisti come Damien Hirst e Maurizio Cattelan, ma, diversamente
da loro, la ricerca artistica di Mario Oleari si ispira alla cultura underground e con interventi “parassi-
tari” e quasi anonimi “spalma” la sua dentità personale sul tessuto urbano. L’artista e il cane Jaix: un
supporto reciproco, un terreno comune, una forma di scambio, un’alleanza capace di fare nascere
“la terza mente”, secondo la definizione di William S. Burroughs:
“Due menti eccezionali che si fondono per crearne una terza totalmente distinta e inimitabile”.
Caterina Rossato
Lame (2009), Matita, penna roll, pennarello indelebile su tela cm 80x100.
Lame (2009), è un disegno composto da lunghissime serie di oggetti ripetuti in tutte le loro possibili
varianti o schemi di grandi dimensioni che analizzano, attraverso una fitta rete di collegamenti, ogni
aspetto dello scibile: un continuo esercizio di conoscenza e frantumazione del reale, un desiderio
urgente di catalogazione e controllo, un metodo necessario per fare chiarezza e per liberare la
mente.
02
luglio 2009
Collettiva
Dal 02 luglio al 19 settembre 2009
arte contemporanea
Location
VIAMORONISEDICI SPAZIOARTE
Bergamo, Via Giambattista Moroni, 16 , (Bergamo)
Bergamo, Via Giambattista Moroni, 16 , (Bergamo)
Orario di apertura
da martedì a sabato, ore 16.00-19.30
Vernissage
2 Luglio 2009, ore 18.00
Autore