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Collettivo BAI: i transiti e gli approdi
Mostra collettiva di pittura e scultura
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Collettivo BAI Comiso
All’inizio degli anni sessanta del secolo scorso, un gruppo di giovani che aveva frequentato con profitto
l’istituto d’arte di Comiso, si costituiva in collettivo con finalità di ricerca e produzione nel campo dell’arte.
A conferma di un profondo legame con la tradizione locale, caratterizzata dalla forte presenza di un
artigianato artistico di primordine, nonché dai rimandi mitici iscritti nel corso dell’acqua che attraversa la
città, il collettivo si costituiva all’insegna di Bottega d’Arte Ippari , poi conosciuto nel corso degli anni con
l’acronimo BAI. La sede della bottega in via Ferreri , in quanto ambito di ricerca, si rivelava microcosmo
aperto alla frequentazione di cittadini, in prevalenza giovani, che in quell’ambito trovavano modi e motivi
di dibattito sulla situazione e attualità dell’arte , del suo destino , affrontando con spirito analitico
proposte ed emergenze relative al fare artistico contemporaneo con tutte le problematiche e prospettive
connesse.
Nucleo fondante e fondamentale del collettivo in parola furono Vittorio Balcone, Giovanni Di Nicola,
Attanasio Giuseppe Elia, Luigi Galofaro, Emanuele Licata, Michele Licata, Rosario Lo Turco, Raffaele
Romano,Giuseppe Salafia, Gesualdo Spampinato, legati, oltre che dall’interesse per la elaborazione
artistica, dalla circostanza di essere nati intorno al primo quinquennio degli anni quaranta. Attenti alle
vicende e agli sviluppi dell’arte contemporanea, di essa assorbivano le ragioni profonde, con riflessivo
spirito di ricerca e sperimentazione che si concretizzava nella modulazione dell’immagine da una
figurazione in termini di riconoscibilità ma, in ogni caso, densa di problematicità, allo svolgimento astratto.
In pari tempo, veniva instaurato un rapporto con la materia al fine di sondarne la consistenza e ricavarne
ogni possibile grado di espressività. Anche attraverso questo percorso, il BAI costruiva il rapporto sottile
quasi di ordine spirituale, rinsaldandone i vincoli, con la tradizione operativa locale che, nell’esistenza della
perriera, di quel deposito minerario di calcare che aveva reso la pietra di Comiso famosa nel mondo, o
nella fabbrile opera del fabbro, del falegname, trovava specificità e originalità. Pittura e scultura furono ,
da subito, i due capisaldi dell’operatività di BAI, ma non mancarono uscite e sperimentazioni nella grafica ,
nel design.
Vicende esistenziali portarono i giovani del collettivo in diverse e lontane contrade d’Italia quasi tutti, ad
esercitare il nobile e faticoso lavoro di insegnante , alcuni di essi pervenendo anche a funzioni dirigenziali.
Così, mentre Galofaro, Salafia, Spampinato restavano a Comiso, Elia esercitava a San Cataldo, sua città
residenziale, Balcone si trasferiva a Gorizia. Di Nicola a Cefalù, Emanuele Licata a Gubbio, Michele Licata a
Vibo Valentia. Romano, dopo una lunga peregrinazione, anche in paesi esteri, stabiliva la propria residenza
a Milano, Lo Turco travalicava i confini nazionali, ma quasi per una sorta di incoercibile legame
mediterraneo , si fermava in terra tunisina nell’incantevole villaggio di Sidi Bou Said-Cartagine. Il rapporto
con le nuove e variegate realtà locali incidono sullo sviluppo e svolgimento del lavoro di ciascuno, ma
come un filo rosso lega in permanenza i protagonisti di una straordinaria stagione d’arte comisana. Pur da
lontano i protagonisti di detta stagione, non mancano di tenersi in contatto, di scambiarsi valutazioni e
dare resoconti della propria esperienza. Un’esperienza che, negli anni, si fa corposa e necessitante di un
confronto che si realizza nel 2006, con un emblematico ritorno alle origini, al luogo dove tutto era
cominciato e il destino di ciascuno si era delineato. Nell’ottobre di quell’anno, patrocinata dal Comune di
Comiso - Istituzione S:Fiume, nella splendida Sala Pietro Palazzo, viene allestita una mostra dal titolo Una
scuola una generazione . L’esposizione , curata dal critico d’arte Luciano Marziano, con il contributo teorico
e speculativo di due raffinati studiosi d’arte quali Giombattista Corallo ed Eugenio Giannì antichi sodali di
BAI, realizzava l’auspicato incontro diretto fra i vari protagonisti e si formulava
come straordinario resoconto sull’attività degli stessi portata avanti negli anni.
Nell’articolato e ben strutturato percorso espositivo le varie personalità si delineavano con pregnante
specificità. Una linea comune era reperibile nel superamento di usurati e fossilizzati modelli di tradizione,
a favore di un fare in grado di dare senso e rispondere alle variegate e nuove istanze della modernità
quale orizzonte e contesto nel quale, oggi, l’uomo è chiamato a muoversi. Una istanza che non può non
assumere i caratteri del ripensamento e, quindi, di riflessione sui fondamenti e le ragioni del fare . Di qui
una generalizzata modulazione delle opere in termini astratti quale basilare ricerca dei segni linguistici di
una specificità espressiva artistica. Una istanza reperibile anche nei due partecipanti quali Spampinato e
Lo Turco, legati alla riconoscibilità dell’immagine ma già dirottata verso le zone oniriche o strutturali. E
che,nel corso del tempo, segnato dalle tappe di cui si dirà più avanti, subiranno delle significative
modifiche. I due filoni della pittura e della scultura erano rappresentati rispettivamente per la pittura,
oltre che dai due sopra richiamati, da Atanasio Giuseppe Elia con quadri densi di eventi segnico informali,
da Raffaele Romano con opere dai timbri cromatici incisivi e cantanti. Per la scultura Vittorio Balcone
presentava opere dal nitore effettuale, Giovanni Di Nicola complesse macchine all’insegna di una sacralità
costruttiva, mentre Luigi Galofaro proponeva frantumati totem quasi di ordine esistenziale. Emanuele Elio
Licata rimandava alle incidenze temporali di un documento arcaico quali sono le tavole eugubine. Michele
Licata, evidenziava l’elemento strutturale dell’oggetto.
Come da progetto iniziale, ,l’esposizione, negli anni successivi, si è spostata nei vari luoghi dove gli artisti
operano o fanno parte di un bacino di influenza del loro operare, cioè San Cataldo, Arcidosso, Gorizia ,
Gubbio , Enna, Stefanoni (VV), Reggio Calabria, Cefalù,Paternò,Sciacca, Modica, con proiezioni, nel futuro,
Milano,Tunisi.
Trattasi di un itinerario che,dalla primaria istanza testimoniale e di verifica, si muta in irresistibile pulsione
all’approfondimento e alla salutare temerarietà della mutazione. Infatti, dopo ogni tappa espositiva,
emergono, nell’operare di ciascuno, i segni, a volte impercettibili, a volte di chiara evidenza di ulteriori
aperture di orizzonti. Un permanente e dinamico modificarsi e immettersi in sempre nuovi sentieri, la cui
consistenza e qualità potrebbe, o meglio dire, dovrebbe essere motivo di più generale riflessione sul
divenire, il destino e la legittimità del fare e ancora continuare a insegnare arte. Un indubbia valenza
culturale che dovrebbe avere come luogo dai forti elementi emblematici, la città di Comiso da dove si è
originata questa straordinaria vicenda di altissimo profilo artistico non disgiunto da indubbi coefficienti di
ordine sociologico , si suppone, di chiara evidenza per quanto si è venuto esponendo.
Pertanto,nella qualità di curatore della mostra “ Una Scuola una generazione “,del 2006,si vuole organizzare
per il Settembre Casmeneo 2011,un percorso espositivo con le opere e la documentazione del percorso
artistico del Collettivo BAI Comiso,seguito da momenti di riflessione,conferenze-dibattiti,tenute dai critici
d’arte che hanno scritto testi per gli “artisti” del Collettivo BAI.
Lo scrivente sarà il curatore di tale evento artistico-culturale, nonché nella veste di critico d’arte.
Cordiali saluti.
Dott.re Luciano Marziano
All’inizio degli anni sessanta del secolo scorso, un gruppo di giovani che aveva frequentato con profitto
l’istituto d’arte di Comiso, si costituiva in collettivo con finalità di ricerca e produzione nel campo dell’arte.
A conferma di un profondo legame con la tradizione locale, caratterizzata dalla forte presenza di un
artigianato artistico di primordine, nonché dai rimandi mitici iscritti nel corso dell’acqua che attraversa la
città, il collettivo si costituiva all’insegna di Bottega d’Arte Ippari , poi conosciuto nel corso degli anni con
l’acronimo BAI. La sede della bottega in via Ferreri , in quanto ambito di ricerca, si rivelava microcosmo
aperto alla frequentazione di cittadini, in prevalenza giovani, che in quell’ambito trovavano modi e motivi
di dibattito sulla situazione e attualità dell’arte , del suo destino , affrontando con spirito analitico
proposte ed emergenze relative al fare artistico contemporaneo con tutte le problematiche e prospettive
connesse.
Nucleo fondante e fondamentale del collettivo in parola furono Vittorio Balcone, Giovanni Di Nicola,
Attanasio Giuseppe Elia, Luigi Galofaro, Emanuele Licata, Michele Licata, Rosario Lo Turco, Raffaele
Romano,Giuseppe Salafia, Gesualdo Spampinato, legati, oltre che dall’interesse per la elaborazione
artistica, dalla circostanza di essere nati intorno al primo quinquennio degli anni quaranta. Attenti alle
vicende e agli sviluppi dell’arte contemporanea, di essa assorbivano le ragioni profonde, con riflessivo
spirito di ricerca e sperimentazione che si concretizzava nella modulazione dell’immagine da una
figurazione in termini di riconoscibilità ma, in ogni caso, densa di problematicità, allo svolgimento astratto.
In pari tempo, veniva instaurato un rapporto con la materia al fine di sondarne la consistenza e ricavarne
ogni possibile grado di espressività. Anche attraverso questo percorso, il BAI costruiva il rapporto sottile
quasi di ordine spirituale, rinsaldandone i vincoli, con la tradizione operativa locale che, nell’esistenza della
perriera, di quel deposito minerario di calcare che aveva reso la pietra di Comiso famosa nel mondo, o
nella fabbrile opera del fabbro, del falegname, trovava specificità e originalità. Pittura e scultura furono ,
da subito, i due capisaldi dell’operatività di BAI, ma non mancarono uscite e sperimentazioni nella grafica ,
nel design.
Vicende esistenziali portarono i giovani del collettivo in diverse e lontane contrade d’Italia quasi tutti, ad
esercitare il nobile e faticoso lavoro di insegnante , alcuni di essi pervenendo anche a funzioni dirigenziali.
Così, mentre Galofaro, Salafia, Spampinato restavano a Comiso, Elia esercitava a San Cataldo, sua città
residenziale, Balcone si trasferiva a Gorizia. Di Nicola a Cefalù, Emanuele Licata a Gubbio, Michele Licata a
Vibo Valentia. Romano, dopo una lunga peregrinazione, anche in paesi esteri, stabiliva la propria residenza
a Milano, Lo Turco travalicava i confini nazionali, ma quasi per una sorta di incoercibile legame
mediterraneo , si fermava in terra tunisina nell’incantevole villaggio di Sidi Bou Said-Cartagine. Il rapporto
con le nuove e variegate realtà locali incidono sullo sviluppo e svolgimento del lavoro di ciascuno, ma
come un filo rosso lega in permanenza i protagonisti di una straordinaria stagione d’arte comisana. Pur da
lontano i protagonisti di detta stagione, non mancano di tenersi in contatto, di scambiarsi valutazioni e
dare resoconti della propria esperienza. Un’esperienza che, negli anni, si fa corposa e necessitante di un
confronto che si realizza nel 2006, con un emblematico ritorno alle origini, al luogo dove tutto era
cominciato e il destino di ciascuno si era delineato. Nell’ottobre di quell’anno, patrocinata dal Comune di
Comiso - Istituzione S:Fiume, nella splendida Sala Pietro Palazzo, viene allestita una mostra dal titolo Una
scuola una generazione . L’esposizione , curata dal critico d’arte Luciano Marziano, con il contributo teorico
e speculativo di due raffinati studiosi d’arte quali Giombattista Corallo ed Eugenio Giannì antichi sodali di
BAI, realizzava l’auspicato incontro diretto fra i vari protagonisti e si formulava
come straordinario resoconto sull’attività degli stessi portata avanti negli anni.
Nell’articolato e ben strutturato percorso espositivo le varie personalità si delineavano con pregnante
specificità. Una linea comune era reperibile nel superamento di usurati e fossilizzati modelli di tradizione,
a favore di un fare in grado di dare senso e rispondere alle variegate e nuove istanze della modernità
quale orizzonte e contesto nel quale, oggi, l’uomo è chiamato a muoversi. Una istanza che non può non
assumere i caratteri del ripensamento e, quindi, di riflessione sui fondamenti e le ragioni del fare . Di qui
una generalizzata modulazione delle opere in termini astratti quale basilare ricerca dei segni linguistici di
una specificità espressiva artistica. Una istanza reperibile anche nei due partecipanti quali Spampinato e
Lo Turco, legati alla riconoscibilità dell’immagine ma già dirottata verso le zone oniriche o strutturali. E
che,nel corso del tempo, segnato dalle tappe di cui si dirà più avanti, subiranno delle significative
modifiche. I due filoni della pittura e della scultura erano rappresentati rispettivamente per la pittura,
oltre che dai due sopra richiamati, da Atanasio Giuseppe Elia con quadri densi di eventi segnico informali,
da Raffaele Romano con opere dai timbri cromatici incisivi e cantanti. Per la scultura Vittorio Balcone
presentava opere dal nitore effettuale, Giovanni Di Nicola complesse macchine all’insegna di una sacralità
costruttiva, mentre Luigi Galofaro proponeva frantumati totem quasi di ordine esistenziale. Emanuele Elio
Licata rimandava alle incidenze temporali di un documento arcaico quali sono le tavole eugubine. Michele
Licata, evidenziava l’elemento strutturale dell’oggetto.
Come da progetto iniziale, ,l’esposizione, negli anni successivi, si è spostata nei vari luoghi dove gli artisti
operano o fanno parte di un bacino di influenza del loro operare, cioè San Cataldo, Arcidosso, Gorizia ,
Gubbio , Enna, Stefanoni (VV), Reggio Calabria, Cefalù,Paternò,Sciacca, Modica, con proiezioni, nel futuro,
Milano,Tunisi.
Trattasi di un itinerario che,dalla primaria istanza testimoniale e di verifica, si muta in irresistibile pulsione
all’approfondimento e alla salutare temerarietà della mutazione. Infatti, dopo ogni tappa espositiva,
emergono, nell’operare di ciascuno, i segni, a volte impercettibili, a volte di chiara evidenza di ulteriori
aperture di orizzonti. Un permanente e dinamico modificarsi e immettersi in sempre nuovi sentieri, la cui
consistenza e qualità potrebbe, o meglio dire, dovrebbe essere motivo di più generale riflessione sul
divenire, il destino e la legittimità del fare e ancora continuare a insegnare arte. Un indubbia valenza
culturale che dovrebbe avere come luogo dai forti elementi emblematici, la città di Comiso da dove si è
originata questa straordinaria vicenda di altissimo profilo artistico non disgiunto da indubbi coefficienti di
ordine sociologico , si suppone, di chiara evidenza per quanto si è venuto esponendo.
Pertanto,nella qualità di curatore della mostra “ Una Scuola una generazione “,del 2006,si vuole organizzare
per il Settembre Casmeneo 2011,un percorso espositivo con le opere e la documentazione del percorso
artistico del Collettivo BAI Comiso,seguito da momenti di riflessione,conferenze-dibattiti,tenute dai critici
d’arte che hanno scritto testi per gli “artisti” del Collettivo BAI.
Lo scrivente sarà il curatore di tale evento artistico-culturale, nonché nella veste di critico d’arte.
Cordiali saluti.
Dott.re Luciano Marziano
09
giugno 2012
Collettivo BAI: i transiti e gli approdi
Dal 09 al 24 giugno 2012
arte contemporanea
Location
TEATRO NASELLI
Comiso, Via San Biagio, (Ragusa)
Comiso, Via San Biagio, (Ragusa)
Orario di apertura
10,00/13,00 -18,30 /21,00 tutti i giorni
Vernissage
9 Giugno 2012, ore 18.30
Autore
Curatore