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Combattere, Curare, Istruire. Padova “Capitale al fronte” e l’Università Castrense
Durante la Prima Guerra Mondiale Padova svolse un ruolo fondamentale quale centro medico, in particolare nell’assistenza sanitaria prestata ai soldati e nella didattica medica, motivo per cui è stata recentemente proposta per la Medaglia d’oro al merito della sanità pubblica. Con questo progetto il Museo intende non soltanto raccontare una storia che ha toccato l’intera città e migliaia di studenti provenienti da tutt’Italia, ma anche porre al centro dell’attenzione il ruolo imprescindibile della Medicina nel primo conflitto mondiale e parallelamente il progresso che questa disciplina conobbe in un momento tragico della storia italiana.
Comunicato stampa
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Nell’ambito delle celebrazioni del centenario della Grande Guerra, il Museo di Storia della Medicina in Padova presenta, dal 19 ottobre 2018 al 6 gennaio 2019, la mostra Combattere, Curare, Istruire. Padova “Capitale al fronte” e l’Università Castrense, promossa dalla Fondazione MUSME e dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, curata dal prof. Maurizio Rippa Bonati (Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e della Sanità Pubblica, Sezione di Medicina Umanistica dell’Università di Padova) con la supervisione del Comitato scientifico museale, presieduto dal prof. Vincenzo Milanesi, e il coordinamento organizzativo di Palazzo della salute srl.
Durante la Prima Guerra Mondiale Padova svolse un ruolo fondamentale quale centro medico, in particolare nell’assistenza sanitaria prestata ai soldati e nella didattica medica, motivo per cui è stata recentemente proposta per la Medaglia d’oro al merito della sanità pubblica. Con questo progetto il Museo intende non soltanto raccontare una storia che ha toccato l’intera città e migliaia di studenti provenienti da tutt’Italia, ma anche porre al centro dell’attenzione il ruolo imprescindibile della Medicina nel primo conflitto mondiale e parallelamente il progresso che questa disciplina conobbe in un momento tragico della storia italiana.
L’esposizione, in perfetta linea con la natura del MUSME a metà tra storia e tecnologia, propone una ricostruzione del percorso dei feriti al fronte, dai primi punti di assistenza fino agli ospedali territoriali, attraverso un’enorme mappa della cosiddetta “catena di soccorso”, exhibit interattivi, tavoli touch che descrivono i luoghi padovani adibiti a ospedali, video, foto e documenti d’epoca, reperti storici, tra cui alcuni presidii medici del periodo, alcuni giochi (quali strumenti erano presenti nella dotazione del medico al fronte?) e una pinacoteca virtuale con foto d’epoca di alcuni ospedali militari.
Il ruolo di Padova “Capitale sanitaria della Guerra” verrà raccontato anche dai video di due attori, che si caleranno nei panni dei due protagonisti: Francesco della Valle (1858-1937), medico e generale, che in qualità di capo della sanità militare istituì la cosiddetta “catena sanitaria”, per recuperare, soccorrere, curare e reintegrare nei ranghi i militari feriti in battaglia; e Luigi Lucatello (1863-1926), allora preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova, che coordinò la complessa organizzazione messa in atto per formare in breve tempo una nuova “leva” di medici, preparati all’eccezionale compito cui erano chiamati.
Fin dall’estate del 1915 la sanità militare si trovò di fronte a una situazione inaspettata. Il largo impiego di nuove armi, che rivoluzionò la tipologia di ferite – in particolare con l’uso di armi a ripetizione e di proiettili a frammentazione – e la repentina trasformazione del conflitto da guerra di movimento a guerra di trincea posero enormi problemi, anche dal punto di vista sanitario. Ogni battaglione militare disponeva di un luogo di primo soccorso, allestito nelle immediate vicinanze del campo di battaglia e affidato a un tenente medico, cui spettava il compito di prestare le prime cure e stabilire le priorità di intervento e l’eventuale trasferimento dei feriti. Coloro che richiedevano maggiori cure iniziavano un “viaggio della salute” che li avrebbe portati agli ospedali da campo o fino a quelli territoriali.
In questa nuova prospettiva, Padova divenne in breve tempo una vera e propria “città ospedale militare”. Furono più di 20 i luoghi deputati al ricovero di circa 170.000 militari: non solo edifici già adibiti a ospedali, ma anche le numerose strutture che vennero rapidamente trasformate in luoghi di cura. L’elevato numero di soldati feriti o malati rese, dunque, necessaria la formazione di nuovi medici militari. Nei primi giorni di dicembre 1916 giunsero a Padova da tutta Italia 1.332 studenti, che costituirono il “Battaglione di studenti di medicina e chirurgia”, sotto la guida di Luigi Lucatello. Venne costituita così la “Scuola medica di guerra” dell’Ateneo padovano, definita “Università Castrense” (dal latino castrum, accampamento militare), nata originariamente a San Giorgio di Nogaro (UD). Per la didattica vennero realizzate aule capaci di ospitare fino a 500 studenti e nella scuola “Pietro Selvatico” venne allestita un’aula anatomica con 24 tavoli settori: il più grande istituto anatomico mai realizzato, diretto dal giovane Professor Giuseppe Sterzi. I corsi iniziarono il 4 dicembre 1916 e terminarono, dopo quattro mesi di lezioni intensive, il 30 marzo 1917. Entro il 4 aprile si tennero 6.215 esami e a partire dal 5 aprile vennero conferite 534 lauree, eccezionalmente concesse senza la presentazione di una tesi.
In questa situazione di emergenza e necessità, la Medicina conobbe uno straordinario sviluppo: dalla ricerca e produzione di sieri e vaccini contro il dilagare delle malattie infettive – si calcolano 21 milioni di dosi di vaccini dal 1915 al 1919 contro tifo, colera, peste – all’uso di mezzi più moderni per la diagnostica, dall’individuazione di sistemi di disinfezione chimico-fisica e di potabilizzazione dell’acqua a innovative strumentazioni radiologiche, dall’evoluzione di tecniche di chirurgia plastica e ricostruttiva alla messa a punto di protesi per le mutilazioni.
Durante la Prima Guerra Mondiale Padova svolse un ruolo fondamentale quale centro medico, in particolare nell’assistenza sanitaria prestata ai soldati e nella didattica medica, motivo per cui è stata recentemente proposta per la Medaglia d’oro al merito della sanità pubblica. Con questo progetto il Museo intende non soltanto raccontare una storia che ha toccato l’intera città e migliaia di studenti provenienti da tutt’Italia, ma anche porre al centro dell’attenzione il ruolo imprescindibile della Medicina nel primo conflitto mondiale e parallelamente il progresso che questa disciplina conobbe in un momento tragico della storia italiana.
L’esposizione, in perfetta linea con la natura del MUSME a metà tra storia e tecnologia, propone una ricostruzione del percorso dei feriti al fronte, dai primi punti di assistenza fino agli ospedali territoriali, attraverso un’enorme mappa della cosiddetta “catena di soccorso”, exhibit interattivi, tavoli touch che descrivono i luoghi padovani adibiti a ospedali, video, foto e documenti d’epoca, reperti storici, tra cui alcuni presidii medici del periodo, alcuni giochi (quali strumenti erano presenti nella dotazione del medico al fronte?) e una pinacoteca virtuale con foto d’epoca di alcuni ospedali militari.
Il ruolo di Padova “Capitale sanitaria della Guerra” verrà raccontato anche dai video di due attori, che si caleranno nei panni dei due protagonisti: Francesco della Valle (1858-1937), medico e generale, che in qualità di capo della sanità militare istituì la cosiddetta “catena sanitaria”, per recuperare, soccorrere, curare e reintegrare nei ranghi i militari feriti in battaglia; e Luigi Lucatello (1863-1926), allora preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova, che coordinò la complessa organizzazione messa in atto per formare in breve tempo una nuova “leva” di medici, preparati all’eccezionale compito cui erano chiamati.
Fin dall’estate del 1915 la sanità militare si trovò di fronte a una situazione inaspettata. Il largo impiego di nuove armi, che rivoluzionò la tipologia di ferite – in particolare con l’uso di armi a ripetizione e di proiettili a frammentazione – e la repentina trasformazione del conflitto da guerra di movimento a guerra di trincea posero enormi problemi, anche dal punto di vista sanitario. Ogni battaglione militare disponeva di un luogo di primo soccorso, allestito nelle immediate vicinanze del campo di battaglia e affidato a un tenente medico, cui spettava il compito di prestare le prime cure e stabilire le priorità di intervento e l’eventuale trasferimento dei feriti. Coloro che richiedevano maggiori cure iniziavano un “viaggio della salute” che li avrebbe portati agli ospedali da campo o fino a quelli territoriali.
In questa nuova prospettiva, Padova divenne in breve tempo una vera e propria “città ospedale militare”. Furono più di 20 i luoghi deputati al ricovero di circa 170.000 militari: non solo edifici già adibiti a ospedali, ma anche le numerose strutture che vennero rapidamente trasformate in luoghi di cura. L’elevato numero di soldati feriti o malati rese, dunque, necessaria la formazione di nuovi medici militari. Nei primi giorni di dicembre 1916 giunsero a Padova da tutta Italia 1.332 studenti, che costituirono il “Battaglione di studenti di medicina e chirurgia”, sotto la guida di Luigi Lucatello. Venne costituita così la “Scuola medica di guerra” dell’Ateneo padovano, definita “Università Castrense” (dal latino castrum, accampamento militare), nata originariamente a San Giorgio di Nogaro (UD). Per la didattica vennero realizzate aule capaci di ospitare fino a 500 studenti e nella scuola “Pietro Selvatico” venne allestita un’aula anatomica con 24 tavoli settori: il più grande istituto anatomico mai realizzato, diretto dal giovane Professor Giuseppe Sterzi. I corsi iniziarono il 4 dicembre 1916 e terminarono, dopo quattro mesi di lezioni intensive, il 30 marzo 1917. Entro il 4 aprile si tennero 6.215 esami e a partire dal 5 aprile vennero conferite 534 lauree, eccezionalmente concesse senza la presentazione di una tesi.
In questa situazione di emergenza e necessità, la Medicina conobbe uno straordinario sviluppo: dalla ricerca e produzione di sieri e vaccini contro il dilagare delle malattie infettive – si calcolano 21 milioni di dosi di vaccini dal 1915 al 1919 contro tifo, colera, peste – all’uso di mezzi più moderni per la diagnostica, dall’individuazione di sistemi di disinfezione chimico-fisica e di potabilizzazione dell’acqua a innovative strumentazioni radiologiche, dall’evoluzione di tecniche di chirurgia plastica e ricostruttiva alla messa a punto di protesi per le mutilazioni.
19
ottobre 2018
Combattere, Curare, Istruire. Padova “Capitale al fronte” e l’Università Castrense
Dal 19 ottobre 2018 al 06 gennaio 2019
Location
MUSME – MUSEO DI STORIA DELLA MEDICINA
Padova, Via San Francesco, 94, (Padova)
Padova, Via San Francesco, 94, (Padova)
Vernissage
19 Ottobre 2018, su invito
Ufficio stampa
CIVITA GROUP