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#Community a Varese: Stefano Lanzardo / Simone Conti
Due fotografi liguri si confrontano allo Spazio Lavit. Una mostra che rientra nel ricco programma del Festival Fotografico Europeo 2017.
Comunicato stampa
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Comunità è una parola in crisi di identità.
Da un lato le relazioni che si animano nelle community dei social network e che facilitano la parola non mediata dal corpo, che agevolano le prese di posizioni più radicali o i moti di romanticismo dall’empatia di plastica; dall’altro il progressivo isolarsi delle persone, costrette a passare dalla spinta competitiva dell’individualismo rampante alla decadenza della solitudine.
Migliaia di contatti singoli che nel magma delle rete diventano comunità di pensieri, necessità di riconoscersi sotto qualche bandiera, semplice voglia di appartenere ad un gruppo, con la leggerezza di poter parlare, prima ancora che confrontarsi.
Migliaia di contatti singoli che diventano corpo unico, per trasformarsi, subito dopo, in un altro corpo, con la stessa presunta forza.
Poi le comunità reali; quelle di chi sconnesso dalla rete, prova ad occupare ancora le piazze e le strade di qualche quartiere, senza percepirne più il profumo di storia o semplicemente il senso di appartenenza. Spazi urbani che ospitano identità silenziose; luoghi che hanno perso la funzione di raccogliere le voci, i pensieri, il gusto e la fatica del confronto.
Identità, quindi, che cercano un rifugio e che, a volte, lo trovano nei processi fluttuanti della rete.
Da queste considerazioni è partita la riflessione della mostra #community che nel corso dell’ultimo anno è stata ospitata in diverse città toscane e non.
Due degli artisti protagonisti di #community si confrontano allo Spazio Lavit di Varese per sviluppare - attraverso linguaggi e percorsi differenti - le loro visioni contemporanee.
La dimostrazione - laddove necessario - che anche nelle comunità artistiche le differenze possono diventare un valore e aiutarci a cogliere le diverse sensibilità espressive con occhi che guardano alla visione generale. (Andrea Zanetti)
Simone Conti è un giovane fotografo autodidatta che opera tra la Toscana e la Liguria.
Ha esordito con scatti naturalistici durante gli studi universitari, approdando gradualmente alla fotografia professionale.
In continua ricerca della perfezione, sia dell’immagine in sé che dei suoi aspetti più propriamente tecnici, ha intrapreso un percorso personale di sperimentazione di metodologie, strumenti e attrezzature. Ne è seguito un graduale passaggio dal piccolo formato (35 mm.) al medio formato digitale PhaseOne, esperienza che gli ha permesso di entrare ufficialmente all’interno della galleria dei fotografi della nota casa produttrice di sistemi fotografici professionali con la serie "Invasioni Portraits" (serie nata per Toscanaincontemporanea2013), e con la serie "Summer Ice" usata a scopo divulgativo del loro software (capture One 7) e sistema di fotocamer, fino al passaggio finale al Grande Formato analogico con inizio della ricerca nel ritratto più intimo con la serie "Negative Portrait", poi esposta al CAP (Centro Arti Plastiche) di Carrara (MS) e al CAMeC (Centro Arte Moderna e Contemporanea) della Spezia (SP).
Una parte rilevante del lavoro si focalizza sul ritratto, in tutte le sue molteplici forme ed espressioni.
Dalla sperimentazione di una bellezza ideale e virtuale, resa possibile da una ricerca maniacale di perfezione in fase di post-produzione digitale, si è spinto verso la rappresentazione del reale, che fonda nell’imperfezione l’essenza della sua bellezza.
Sta ultimamente focalizzando l'attenzione su soggetti che si prestano ad interpretazioni molteplici, sconfinando nel concettuale e nell’astratto, pur avendo come punto di partenza elementi estrapolati dal mondo della realtà naturale con l’ultima serie Trasparenze, serie che al momento è stata apprezzata molto e lo scatto principale "Vita" sta avendo molti riscontri nel mondo dell'arte presidiando a molte collettive importanti e vari riconoscimenti, tra cui il Riconoscimento al Valore Artistico alla XI Biennale d'Arte Internazionale di Roma, ed è stata tra le opere Premiate al XXI Concorso Nazionale d'Arte Contemporanea SaturArte 2016 di Genova. (Francesca Giovanelli)
Stefano Lanzardo. Nato a La Spezia nel 1960. Fotografo dal 1978, diventa professionista nel 1985.
È stato a lungo fotografo itinerante di teatro, collaborando stabilmente con numerosi gruppi italiani e scandinavi come Institutet for Scenkonst, Studium Actoris, Teatri del Vento, ed altri in qualità di fotografo ufficiale di festival e singole produzioni. Aderisce al progetto “X-Project”, un network internazionale di circa venti artisti operanti nell’ambito del teatro, producendo workshop sulla fotografia di teatro e sulla comunicazione attraverso immagini. Nel 2010 si è unito alla “Tomaino Factory”, associazione di artisti molto attiva sul territorio. Attualmente collabora proficuamente con il curatore d’arte Andrea Zanetti (YAB), partecipando a numerosi e stimolanti progetti espositivi e narrativi con il network di artisti “#community”.
La ricerca artistica, iniziata parallelamente all’attività professionale, si è focalizzata principalmente sull’esplorazione del corpo umano, anche nella sua relazione con la natura, dando vita ad una serie di mostre personali esposte in Italia e soprattutto all’estero (Australia, Svezia, Norvegia, Francia).
Come video artista ha realizzato numerose installazioni, anche in collaborazione con diversi artisti nel campo del teatro, della danza e della musica. Dalla pubblicazione del libro “Danza Immobile” (1995), esplora il mondo della scultura, collaborando con artisti quali Giuliano Tomaino, Roberto Tagliazucchi, Ettore Cha, Aidan Salakova, Vanessa Beecroft, John Isaacs, Paolo Fiorellini.
“Appartiene alla corrente neoromantica visionaria, secondo il termine coniato dal critico Raymond Mortimer nel 1942, come il poeta Dylan Thomas, il regista Michael Powell, i fotografi Bill Brandt e Edwin Smith. Di sé Lanzardo dice: ‘cerco quello che non si vede, se lo trovo lo racconto’. Spesso la sua fotografia è un modo di raccontare per immagini, che suggeriscono, sottintendono, evocano più che descrivere. Usa tecniche fotografiche poco ortodosse, lavora con l’energia dei corpi e dei luoghi, secondo lui la realtà ordinaria è solo una parte del disegno.” (Mara Borzone, studiosa e critica d’arte)
Da un lato le relazioni che si animano nelle community dei social network e che facilitano la parola non mediata dal corpo, che agevolano le prese di posizioni più radicali o i moti di romanticismo dall’empatia di plastica; dall’altro il progressivo isolarsi delle persone, costrette a passare dalla spinta competitiva dell’individualismo rampante alla decadenza della solitudine.
Migliaia di contatti singoli che nel magma delle rete diventano comunità di pensieri, necessità di riconoscersi sotto qualche bandiera, semplice voglia di appartenere ad un gruppo, con la leggerezza di poter parlare, prima ancora che confrontarsi.
Migliaia di contatti singoli che diventano corpo unico, per trasformarsi, subito dopo, in un altro corpo, con la stessa presunta forza.
Poi le comunità reali; quelle di chi sconnesso dalla rete, prova ad occupare ancora le piazze e le strade di qualche quartiere, senza percepirne più il profumo di storia o semplicemente il senso di appartenenza. Spazi urbani che ospitano identità silenziose; luoghi che hanno perso la funzione di raccogliere le voci, i pensieri, il gusto e la fatica del confronto.
Identità, quindi, che cercano un rifugio e che, a volte, lo trovano nei processi fluttuanti della rete.
Da queste considerazioni è partita la riflessione della mostra #community che nel corso dell’ultimo anno è stata ospitata in diverse città toscane e non.
Due degli artisti protagonisti di #community si confrontano allo Spazio Lavit di Varese per sviluppare - attraverso linguaggi e percorsi differenti - le loro visioni contemporanee.
La dimostrazione - laddove necessario - che anche nelle comunità artistiche le differenze possono diventare un valore e aiutarci a cogliere le diverse sensibilità espressive con occhi che guardano alla visione generale. (Andrea Zanetti)
Simone Conti è un giovane fotografo autodidatta che opera tra la Toscana e la Liguria.
Ha esordito con scatti naturalistici durante gli studi universitari, approdando gradualmente alla fotografia professionale.
In continua ricerca della perfezione, sia dell’immagine in sé che dei suoi aspetti più propriamente tecnici, ha intrapreso un percorso personale di sperimentazione di metodologie, strumenti e attrezzature. Ne è seguito un graduale passaggio dal piccolo formato (35 mm.) al medio formato digitale PhaseOne, esperienza che gli ha permesso di entrare ufficialmente all’interno della galleria dei fotografi della nota casa produttrice di sistemi fotografici professionali con la serie "Invasioni Portraits" (serie nata per Toscanaincontemporanea2013), e con la serie "Summer Ice" usata a scopo divulgativo del loro software (capture One 7) e sistema di fotocamer, fino al passaggio finale al Grande Formato analogico con inizio della ricerca nel ritratto più intimo con la serie "Negative Portrait", poi esposta al CAP (Centro Arti Plastiche) di Carrara (MS) e al CAMeC (Centro Arte Moderna e Contemporanea) della Spezia (SP).
Una parte rilevante del lavoro si focalizza sul ritratto, in tutte le sue molteplici forme ed espressioni.
Dalla sperimentazione di una bellezza ideale e virtuale, resa possibile da una ricerca maniacale di perfezione in fase di post-produzione digitale, si è spinto verso la rappresentazione del reale, che fonda nell’imperfezione l’essenza della sua bellezza.
Sta ultimamente focalizzando l'attenzione su soggetti che si prestano ad interpretazioni molteplici, sconfinando nel concettuale e nell’astratto, pur avendo come punto di partenza elementi estrapolati dal mondo della realtà naturale con l’ultima serie Trasparenze, serie che al momento è stata apprezzata molto e lo scatto principale "Vita" sta avendo molti riscontri nel mondo dell'arte presidiando a molte collettive importanti e vari riconoscimenti, tra cui il Riconoscimento al Valore Artistico alla XI Biennale d'Arte Internazionale di Roma, ed è stata tra le opere Premiate al XXI Concorso Nazionale d'Arte Contemporanea SaturArte 2016 di Genova. (Francesca Giovanelli)
Stefano Lanzardo. Nato a La Spezia nel 1960. Fotografo dal 1978, diventa professionista nel 1985.
È stato a lungo fotografo itinerante di teatro, collaborando stabilmente con numerosi gruppi italiani e scandinavi come Institutet for Scenkonst, Studium Actoris, Teatri del Vento, ed altri in qualità di fotografo ufficiale di festival e singole produzioni. Aderisce al progetto “X-Project”, un network internazionale di circa venti artisti operanti nell’ambito del teatro, producendo workshop sulla fotografia di teatro e sulla comunicazione attraverso immagini. Nel 2010 si è unito alla “Tomaino Factory”, associazione di artisti molto attiva sul territorio. Attualmente collabora proficuamente con il curatore d’arte Andrea Zanetti (YAB), partecipando a numerosi e stimolanti progetti espositivi e narrativi con il network di artisti “#community”.
La ricerca artistica, iniziata parallelamente all’attività professionale, si è focalizzata principalmente sull’esplorazione del corpo umano, anche nella sua relazione con la natura, dando vita ad una serie di mostre personali esposte in Italia e soprattutto all’estero (Australia, Svezia, Norvegia, Francia).
Come video artista ha realizzato numerose installazioni, anche in collaborazione con diversi artisti nel campo del teatro, della danza e della musica. Dalla pubblicazione del libro “Danza Immobile” (1995), esplora il mondo della scultura, collaborando con artisti quali Giuliano Tomaino, Roberto Tagliazucchi, Ettore Cha, Aidan Salakova, Vanessa Beecroft, John Isaacs, Paolo Fiorellini.
“Appartiene alla corrente neoromantica visionaria, secondo il termine coniato dal critico Raymond Mortimer nel 1942, come il poeta Dylan Thomas, il regista Michael Powell, i fotografi Bill Brandt e Edwin Smith. Di sé Lanzardo dice: ‘cerco quello che non si vede, se lo trovo lo racconto’. Spesso la sua fotografia è un modo di raccontare per immagini, che suggeriscono, sottintendono, evocano più che descrivere. Usa tecniche fotografiche poco ortodosse, lavora con l’energia dei corpi e dei luoghi, secondo lui la realtà ordinaria è solo una parte del disegno.” (Mara Borzone, studiosa e critica d’arte)
17
marzo 2017
#Community a Varese: Stefano Lanzardo / Simone Conti
Dal 17 marzo al primo aprile 2017
fotografia
Location
SPAZIO LAVIT
Varese, Via Giulio Uberti, 42, (Varese)
Varese, Via Giulio Uberti, 42, (Varese)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 17-19.30
Vernissage
17 Marzo 2017, ore 19.00
Autore