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Concetto Pozzati
La galleria Rossoquarantuno presenta la mostra di Concetto Pozzati dal titolo Personale. Saranno presentati ventisette lavori su carta del maestro bolognese, opere rappresentative e selezionate che raccontano l’attività pittorica di uno dei protagonisti indiscussi dell’arte italiana contemporanea.
Comunicato stampa
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Concetto Pozzati è nato il 1° Dicembre 1935 a Vò di Padova. Nel 1949, trasferitosi a Bologna, dove risiede attualmente, frequenta l’Istituto d’Arte della stessa città, diplomandosi nel 1955. Si interessa di architettura e di grafica pubblicitaria. Soggiorna nel 1955 a Parigi per perfezionarsi nello studio della pubblicità nell’atélier di Sepo, con il quale nel 1960 fonda a Bologna la Scuola d’Arte Pubblicitaria, dedicata a suo padre, Mario Pozzati. E’ assistente all’Istituto d’Arte di Bologna e dal 1956 al 1967 insegna grafica pubblicitaria. Nel 1962 e nel 1964 realizza alcune scenografie per i teatri stabili. Dal 1967 insegna all’Accademia di Belle Arti di Urbino, che poi dirigerà fino al 1973. Insegna anche all’Accademia di Firenze e Venezia ed è stato titolare di una cattedra di pittura dell'Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1976 al 2003. E’ inoltre Accademico di San Luca, ed è stato assessore alla Cultura del Comune di Bologna dal 1993 al 1996. Nel 1998 è stato direttore della “Casa del Mantegna” di Mantova.
Dal 1955 ha partecipato alle principali manifestazioni nazionali e internazionali, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti. Dal 1960 scrive su numerose riviste specializzate, interessandosi sui problemi di critica e teoria dell’arte, viste dalla parte del pittore. E' chiamato da Università e Accademie italiane e straniere a tenere conferenze, seminari e workshop. Nel 2005 riceve il Sigillo d'Ateneo dell'Alma Mater Studiorum Università di Bologna.
CONCETTO POZZATI di Piero Boccuzzi
“Questo, in realtà, è il tempo: il numero del movimento secondo il prima e il poi.”
Aristotele
Elemento imprescindibile dell’intera opera di Concetto Pozzati è il tempo. Per l’artista bolognese l’opera è concepita e programmata come parte organica di un ciclo pittorico che deve sistemarsi in un campo di più ampio respiro, all’interno di una poetica, adagiandosi in maniera perfetta anche quando sembra distaccarsene intenzionalmente; questa, a sua volta, generando effetto, incidere sulla contemporaneità di un momento storico ben preciso. Con il termine tempo convenzionalmente si intende quella dimensione in cui si concepisce e si misura la capacità di sviluppo di qualsiasi evento; la sua complessità è sempre stata oggetto di studi e riflessioni appassionate. Nella antichità tale concetto veniva esemplificato secondo una consuetudine influenzata dalla cosmogonia che riteneva Crono padre di tutte le cose; nella filosofia pitagorica il tempo è concepito come ordine e ritmo del movimento cosmico. Solo con Parmenide il concetto di tempo incomincia ad assumere una posizione problematica ed è caratterizzato come argomentazione filosofica. A tale discussione nessun uomo di cultura di qualsiasi epoca si è sottratto; addirittura con Immanuel Kant il tempo diviene (insieme allo spazio) “una forma a priori della sensibilità”. All’interno di questo appassionato excursus, Concetto Pozzati si muove con l’agilità che è tipica dell’intellettuale che riflette e produce nuovi spunti interpretativi in una visione compatta del proprio agire artistico. La sua pittura nasce da un bisogno squisitamente personale; un’esigenza che mette a confronto la necessità espressiva con quella valutativa facendo “quadrare il cerchio”, espressione cara a Bertolt Brecht, un attimo prima che il manufatto diventi puro esercizio di stile, formale. Il procedere per grandi cicli pittorici impone un rigore sperimentale che aiuta a stimolare il pensiero dell’artista facendolo avanzare nella direzione in cui il vero obiettivo da raggiungere è dato dalla ricerca, dal percorso da compiere e non dalla conquista della meta prefissata e dalla effettiva creazione delle opere che ne combineranno l’insieme. La ricerca della perfezione per Pozzati coincide con l’abbandono, con la perdita di interesse e con il calo della tensione emotiva. Il ciclo termina e con la sua ultimazione si chiude una fase della vita del pittore che, come lo stesso artista ha avuto occasione più volte di ripetere, non può più essere ripristinata o recuperata, lasciandosi alle spalle un vissuto che sicuramente comporterà un diverso approccio stilistico e una reale incidenza sul futuro, sul suo avvenire. Di fatti le “esperienze passate” spesso sono riprodotte sottoforma di elementi riassuntivi nei nuovi cicli e fungono da trade-union con quella parte non più ripetibile, con quello che è storia. A questa categoria, per esempio, appartengono i corpi geometrici (apparsi per la prima volta sui dipinti di inizio anni sessanta) che, apportando elementi apparentemente estranei alla rappresentazione, conferiscono al racconto una dimensione temporale assolutamente inedita che risolve la messa in scena sospendendo la narrazione, rendendola adatta a qualsiasi momento storico. Per gli antichi greci il finito è sinonimo di perfezione e la sfera è l’unico solido geometrico che corrisponde perfettamente a tale definizione; con l’utilizzo della forma tondeggiante, infatti, Pozzati crea una corrispondenza con Parmenide, che la paragona all’essere umano, e con il moto circolare dei pianeti di Aristotele, quel moto che ha un inizio e non ha fine, con quella circolarità che si tinge di eternità e che richiama alla mente anche le teorie sulla Storia di Giambattista Vico. In questo senso la tensione tra il mito e la storia è risolta a favore di una lettura della contemporaneità, dello specifico quotidiano che esula dalla forzatura sociale di tanta pittura engagé; Pozzati affronta il quotidiano con un’idea alta, non lo banalizza e non lo rende facilmente consumabile. Per il pittore bolognese il tempo muta con il mutare degli eventi di tutti i giorni e si differenzia solo in maniera qualitativa; la trasformazione della convenzione temporale implica una corrispondenza con quelle tracce che l’uomo dissemina lungo il proprio cammino: oggetti in cui è tangibile scorgere il trascorrere effettivo del tempo. Questi oggetti danno vita a una rappresentazione più intima e riservata, a una ricostruzione personale che mescola episodi privati e pubblici, impressioni personali e storiche in un'unica soluzione continuativa che enuncia il formulato dell’opera d’arte; la memoria ha il compito di filtrare tutte queste informazioni rendendo alcune prioritarie rispetto ad altre. Sant’Agostino, nel XI libro delle Confessioni, trasponendo il tempo nell’anima, afferma che la memoria è la presenza del passato e che l’anticipazione è la presenza del futuro, classificando entrambe come modalità del presente. Il presente nello specifico è rappresentato dal manufatto, il suo progetto dal divenire e la sua visione completa dal passato inteso anche come finito, visto a posteriori. Pozzati attribuisce alla memoria il compito di preservare il vissuto del mondo e all’uomo di esserne il custode con le sue virtù. La memoria diventa il terreno privilegiato in cui la sistemazione dei tasselli che la compongono spiega il grande gioco della storia, la loro necessaria presenza, il ruolo e la sensibilità di chi si pone in maniera critica. La memoria prende la forma di una busta da lettera, di una pera, di una pelle scuoiata, di un soggetto pittorico citato, di una testa di pietra, di un pane bianco quotidiano, di un mazzo di fiori, di un impossibile paesaggio, di una sentinella austera, di un burattino, di un travestimento, di una tortura, di una deposizione, di un saluto e di un invito. Questo continuo investigare nel passato, questa continua ricostruzione, in realtà, produce una maggiore aderenza alla contemporaneità, a quel presente che è il frutto del passato. La memoria è un bagaglio con cui confrontarsi continuamente, un carico da sostenere e spesso può essere considerata anche un handicap notevole, soprattutto quando si è costretti ad utilizzarla in una contesto che non la riconosce in quanto valore. Da uomo adulto, Concetto Pozzati si muove nella contemporaneità con il peso leggero dei suoi anni e con la forza di una persona che, attraverso il suo modo di pensare, la sua energia vitale e la sua singolare eleganza, dimostra una coerenza che trascende lo specifico pittorico e si trasforma in mestiere, in “mestiere di vivere”.
Dal 1955 ha partecipato alle principali manifestazioni nazionali e internazionali, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti. Dal 1960 scrive su numerose riviste specializzate, interessandosi sui problemi di critica e teoria dell’arte, viste dalla parte del pittore. E' chiamato da Università e Accademie italiane e straniere a tenere conferenze, seminari e workshop. Nel 2005 riceve il Sigillo d'Ateneo dell'Alma Mater Studiorum Università di Bologna.
CONCETTO POZZATI di Piero Boccuzzi
“Questo, in realtà, è il tempo: il numero del movimento secondo il prima e il poi.”
Aristotele
Elemento imprescindibile dell’intera opera di Concetto Pozzati è il tempo. Per l’artista bolognese l’opera è concepita e programmata come parte organica di un ciclo pittorico che deve sistemarsi in un campo di più ampio respiro, all’interno di una poetica, adagiandosi in maniera perfetta anche quando sembra distaccarsene intenzionalmente; questa, a sua volta, generando effetto, incidere sulla contemporaneità di un momento storico ben preciso. Con il termine tempo convenzionalmente si intende quella dimensione in cui si concepisce e si misura la capacità di sviluppo di qualsiasi evento; la sua complessità è sempre stata oggetto di studi e riflessioni appassionate. Nella antichità tale concetto veniva esemplificato secondo una consuetudine influenzata dalla cosmogonia che riteneva Crono padre di tutte le cose; nella filosofia pitagorica il tempo è concepito come ordine e ritmo del movimento cosmico. Solo con Parmenide il concetto di tempo incomincia ad assumere una posizione problematica ed è caratterizzato come argomentazione filosofica. A tale discussione nessun uomo di cultura di qualsiasi epoca si è sottratto; addirittura con Immanuel Kant il tempo diviene (insieme allo spazio) “una forma a priori della sensibilità”. All’interno di questo appassionato excursus, Concetto Pozzati si muove con l’agilità che è tipica dell’intellettuale che riflette e produce nuovi spunti interpretativi in una visione compatta del proprio agire artistico. La sua pittura nasce da un bisogno squisitamente personale; un’esigenza che mette a confronto la necessità espressiva con quella valutativa facendo “quadrare il cerchio”, espressione cara a Bertolt Brecht, un attimo prima che il manufatto diventi puro esercizio di stile, formale. Il procedere per grandi cicli pittorici impone un rigore sperimentale che aiuta a stimolare il pensiero dell’artista facendolo avanzare nella direzione in cui il vero obiettivo da raggiungere è dato dalla ricerca, dal percorso da compiere e non dalla conquista della meta prefissata e dalla effettiva creazione delle opere che ne combineranno l’insieme. La ricerca della perfezione per Pozzati coincide con l’abbandono, con la perdita di interesse e con il calo della tensione emotiva. Il ciclo termina e con la sua ultimazione si chiude una fase della vita del pittore che, come lo stesso artista ha avuto occasione più volte di ripetere, non può più essere ripristinata o recuperata, lasciandosi alle spalle un vissuto che sicuramente comporterà un diverso approccio stilistico e una reale incidenza sul futuro, sul suo avvenire. Di fatti le “esperienze passate” spesso sono riprodotte sottoforma di elementi riassuntivi nei nuovi cicli e fungono da trade-union con quella parte non più ripetibile, con quello che è storia. A questa categoria, per esempio, appartengono i corpi geometrici (apparsi per la prima volta sui dipinti di inizio anni sessanta) che, apportando elementi apparentemente estranei alla rappresentazione, conferiscono al racconto una dimensione temporale assolutamente inedita che risolve la messa in scena sospendendo la narrazione, rendendola adatta a qualsiasi momento storico. Per gli antichi greci il finito è sinonimo di perfezione e la sfera è l’unico solido geometrico che corrisponde perfettamente a tale definizione; con l’utilizzo della forma tondeggiante, infatti, Pozzati crea una corrispondenza con Parmenide, che la paragona all’essere umano, e con il moto circolare dei pianeti di Aristotele, quel moto che ha un inizio e non ha fine, con quella circolarità che si tinge di eternità e che richiama alla mente anche le teorie sulla Storia di Giambattista Vico. In questo senso la tensione tra il mito e la storia è risolta a favore di una lettura della contemporaneità, dello specifico quotidiano che esula dalla forzatura sociale di tanta pittura engagé; Pozzati affronta il quotidiano con un’idea alta, non lo banalizza e non lo rende facilmente consumabile. Per il pittore bolognese il tempo muta con il mutare degli eventi di tutti i giorni e si differenzia solo in maniera qualitativa; la trasformazione della convenzione temporale implica una corrispondenza con quelle tracce che l’uomo dissemina lungo il proprio cammino: oggetti in cui è tangibile scorgere il trascorrere effettivo del tempo. Questi oggetti danno vita a una rappresentazione più intima e riservata, a una ricostruzione personale che mescola episodi privati e pubblici, impressioni personali e storiche in un'unica soluzione continuativa che enuncia il formulato dell’opera d’arte; la memoria ha il compito di filtrare tutte queste informazioni rendendo alcune prioritarie rispetto ad altre. Sant’Agostino, nel XI libro delle Confessioni, trasponendo il tempo nell’anima, afferma che la memoria è la presenza del passato e che l’anticipazione è la presenza del futuro, classificando entrambe come modalità del presente. Il presente nello specifico è rappresentato dal manufatto, il suo progetto dal divenire e la sua visione completa dal passato inteso anche come finito, visto a posteriori. Pozzati attribuisce alla memoria il compito di preservare il vissuto del mondo e all’uomo di esserne il custode con le sue virtù. La memoria diventa il terreno privilegiato in cui la sistemazione dei tasselli che la compongono spiega il grande gioco della storia, la loro necessaria presenza, il ruolo e la sensibilità di chi si pone in maniera critica. La memoria prende la forma di una busta da lettera, di una pera, di una pelle scuoiata, di un soggetto pittorico citato, di una testa di pietra, di un pane bianco quotidiano, di un mazzo di fiori, di un impossibile paesaggio, di una sentinella austera, di un burattino, di un travestimento, di una tortura, di una deposizione, di un saluto e di un invito. Questo continuo investigare nel passato, questa continua ricostruzione, in realtà, produce una maggiore aderenza alla contemporaneità, a quel presente che è il frutto del passato. La memoria è un bagaglio con cui confrontarsi continuamente, un carico da sostenere e spesso può essere considerata anche un handicap notevole, soprattutto quando si è costretti ad utilizzarla in una contesto che non la riconosce in quanto valore. Da uomo adulto, Concetto Pozzati si muove nella contemporaneità con il peso leggero dei suoi anni e con la forza di una persona che, attraverso il suo modo di pensare, la sua energia vitale e la sua singolare eleganza, dimostra una coerenza che trascende lo specifico pittorico e si trasforma in mestiere, in “mestiere di vivere”.
06
dicembre 2008
Concetto Pozzati
Dal 06 dicembre 2008 al 30 gennaio 2009
arte contemporanea
Location
ROSSOQUARANTUNO
Trani, Via Delle Crociate, 41, (Bari)
Trani, Via Delle Crociate, 41, (Bari)
Orario di apertura
tutti i giorni; ore 10.00/13.00 - 18.00/21.00
Vernissage
6 Dicembre 2008, ore 18.00
Autore