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Contaminazioni
Questa mostra collettiva, che si inaugura presso la sede, di recente creazione, del Museo del Cappello Borsalino ad Alessandria e si avvale della presenza di Piero Gilardi, Ernesto Jannini e Vittorio Valente
Comunicato stampa
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Questa mostra collettiva, che si inaugura presso la sede, di recente creazione, del Museo del Cappello Borsalino ad Alessandria e si avvale della presenza di Piero Gilardi, Ernesto Jannini e Vittorio Valente, da un lato consente la possibilità di fruire del lavoro di tre protagonisti dell’avanguardia artistica italiana legata all’ambito formale dell’oggettualismo concettuale e neo-pop, con il meritatamente storicizzato Gilardi ed i più giovani Jannini e Valente, dall’altro permette di compiere un’analisi del rapporto attualmente intercorrente tra l’ambito delle arti visive tradizionalmente inteso e quello, per molti aspetti collegato, pur nella diversità dell’approccio mentale, del design e della moda e, a margine, dell’intero universo delle cosiddette “arti applicate”. Un approccio generato dalla medesima nascita in seno all’estesa categoria dell’artigianato, della “technè” intesa, nell’etimologia antica del termine, come concretizzazione oggettiva dei procedimenti mentali, connubio tra cultura “alta”, ideale e simbolica, e sua applicazione materiale, sinergia a lungo ignorata, ma ormai pienamente compresa nel clima della postmodernità, dove ci troviamo a vivere e ad operare. Più nello specifico l’arte, dopo le utopie delle avanguardie storiche, diffusesi, ed in parte concretizzatesi, su più ampia scala, nel secondo dopoguerra, quando appariva centrale l’esigenza di una più estesa riproducibilità e diffusione del prodotto artistico, dopo essersi rifugiata, in seguito, nella specificità del suo linguaggio, nella stagione del Concettuale ma anche in quella, successiva ed opposta, del “ritorno alla pittura”, ha, dopo la prima metà degli anni ’80, e con modalità decisamente più marcate ai giorni nostri, imboccato un’altra strada, all’interno dell’eclettismo stilistico che caratterizza la contemporaneità. Oppressa da uno scenario altamente competitivo in termini iconografici e di artisticizzazione diffusa dei mezzi di comunicazione, sempre più saccheggiata e costretta sulla difensiva da un incedere incessante di feticci e simulacri d’ogni sorta, l’arte attuale si difende optando per un atteggiamento in bilico tra adesione al reale, in termini di confronto serrato mediato dal tramite degli ausili offerti dalla tecnologia, e calcolato ritrarsi iconografico tra le pieghe del simbolo e di una ritrovata dimensione artigianale della creazione. Dimensione che si esplicita in vari modi e maniere, col tramite della pittura o di una competizione alla pari con gli oggetti e i comportamenti d’uso comune, intesi sia in senso concreto e tangibile che metanarrativo, sfidati sul loro stesso terreno con pratica demistificante ed ironica. Questa nuova dimensione “artigianale” dell’arte, in particolare di quella italiana, attualmente assai sottovalutata nello scenario internazionale, rappresenta qualcosa di inedito, che si manifesta con modalità differenti rispetto ad episodi passati, e rende questo dialogo a distanza ravvicinata tra arte moda e design quanto mai attuale. Ed il collante in questo caso, è rappresentato dalla Borsalino. Lo storico marchio alessandrino appartiene certamente all’ambito della moda, ma va oltre un inquadramento tradizionale, quindi in parte effimero, in questo ambito. Questo per due motivi principali: da un lato l’oggetto quasi esclusivo, solo da poco integrato da una linea di abbigliamento completa, della produzione che è, come universalmente noto, il cappello, quindi un capo decisamente inquadrabile nello specifico della “moda sociale”. Come sottolineato nell’opuscolo di presentazione del Museo del Cappello, la Borsalino nasce come impresa artigianale nel 1857, quando il cappello in feltro è oggetto di esclusivo appannaggio dell’aristocrazia e dell’alta borghesia per poi diventare elemento obbligatorio di vestizione nei primi decenni del Novecento, quando l’azienda alessandrina diventa industria e sinonimo di eleganza raffinata ma tendenzialmente alla portata di molti, fino alla successiva fase espansiva degli anni ’60 in coincidenza con l’euforia del boom economico e della dilatazione dei consumi in un ambito che è ormai quello della massa. Il secondo motivo è quello relativo alla qualità assoluta e rigorosa della produzione che porta a gettare al macero cappelli che presentino difetti anche solo minimi nella realizzazione. Chi ha avuto come me la fortuna di assistere al processo produttivo dell’azienda nella sede alessandrina ha notato la complessità delle decine di passaggi che determinano la creazione del prodotto, con la manodopera conscia di partecipare alle varie fasi di un progetto che non è solo utilitaristico e concepito in termini di pura redditività ma è autenticamente “artistico” nella sua unicità e nel suo concepimento. In una fase storica in cui il copricapo elegante è divenuto oggetto complementare e non più fondamentale dell’abbigliamento, la Borsalino ha saputo trovare nuovamente una sua centralità nel mondo della moda internazionale grazie all’azione della nuova dirigenza che ha risollevato l’azienda da una fase di profonda crisi rendendola nuovamente competitiva. Tra le azioni a corollario di questa nuova fase quelle legate alla promozione dell’arte e della cultura. Una della attività principali quella che si svolge presso la Boutique Borsalino di Rue de Grenelle 6, a Parigi, a sostegno e divulgazione dell’arte contemporanea italiana, con una serie di mostre personali curate dal sottoscritto e da Elena Masoero in collaborazione con Massimo Tretola, allestite a partire dal febbraio 2004 con la partecipazione di Paola Gandini, Corrado Bonomi, Enrico Bartolucci, Vittorio Valente & Walter Vallini, Guia Besana, Matilde Domestico, Ernesto Jannini e Piero Gilardi. Un’iniziativa che ha riscosso un indubbio consenso, al punto che la programmazione della Boutique parigina è diventata appuntamento fisso per la scena artistica transalpina desiderosa di aggiornarsi sulla situazione italiana, per i numerosi italiani, artisti e no, residenti a Parigi e motivo di ulteriore stimolo per la fruizione del prodotto Borsalino da parte dei numerosi clienti. Questa mostra, allestita all’interno delle sale museali, crea uno stimolante connubio tra oggetti dell’avanguardia artistica e le sale rigorosamente razionaliste del Museo del Cappello, dotate di un fascino quasi metafisico, dove la storia della produzione del marchio alessandrino dalle origini ai giorni nostri con gli oggetti disposti su teche e scaffali si integra con la tecnologia più recente, con un video che racconta i mutamenti del costume legati al cappello Borsalino e l’attuale strategia, estesa su scala internazionale, dell’azienda. Dopo l’allestimento di una serie di fotografie realizzate da Enrico Bartolucci come documentazione artistica dell’attuale ciclo produttivo ora è la volta di altri tre protagonisti delle mostre parigine, prescelti, oltre che per la qualità del lavoro, per il fatto di avere interagito artisticamente su una serie di cappelli ponendo la loro creatività in connubio con l’arte applicata della produzione Borsalino. Piero Gilardi, uno dei protagonisti della svolta artistica dell’arte italiana negli anni ’60 centrata sul gruppo dell’Arte Povera, che sviluppò un progetto organico di riflessione sulla relazione tra artificio e natura, e l’artista è divenuto celebre per la sua capace di “reinventare” la natura con l’ausilio di materiali sintetici, ha decorato alcuni cappelli in feltro bianco con una serie di foglie in gomma piuma e poliuretano decorate ispirandosi alle tonalità autunnali. L’intervento sarà completato con l’allestimento di un’opera parietale dove Gilardi rappresenta, sempre avvalendosi del suo inconfondibile stile, un paesaggio marino. Ernesto Jannini si caratterizza per uno stile che ho avuto modo di definire “archeologia del contemporaneo”, basato sull’ assemblaggio di circuiti e microchips resi rapidamente inattuali dalle frenesia dei nostri tempi e posti in relazione con oggetti tratti dal mondo della natura e della cultura con un effetto finale ironico e concettualmente spiazzante. In mostra Jannini espone tre cappelli spaccati a metà in modo da svelare l’interno costituito da microchips, in un caso dotati anche di illuminazione interna, mentre a parete proporrà un lavoro già visto nel fortunato allestimento parigino, dove una linea nera fende il quadro che nasconde all’interno un manto di microcircuiti dai quali proliferano pomodori che fuoriescono ad invadere la superficie. Vittorio Valente, che a Parigi presentò una serie di lavori realizzati a quattro mani con il designer Walter Vallini, è un autore che indaga, sfruttando la sua professione parallela di tecnico di laboratorio, sull’universo microcellulare dei virus, elementi biologici dalle tonalità sgargianti ed apparentemente inoffensivi che dietro al loro aspetto, però, celano terribili insidie. L’artista tridimensionalizza questi elementi realizzando installazioni riccamente colorate in cui adopera prevalentemente il silicone. Con questa tecnica Valente decorò dal vivo, a Parigi, una serie di cappelli nell’ambito di una vera e propria performance, che saranno in questa occasione proposti al pubblico del Museo, accompagnati da una serie di monoliti di varie dimensioni.
Edoardo Di Mauro, dicembre 2006.
Edoardo Di Mauro, dicembre 2006.
17
dicembre 2006
Contaminazioni
Dal 17 dicembre 2006 al primo aprile 2007
arte contemporanea
Location
MUSEO DEL CAPPELLO BORSALINO
Alessandria, Via Camillo Benso Conte Di Cavour, 84, (Alessandria)
Alessandria, Via Camillo Benso Conte Di Cavour, 84, (Alessandria)
Biglietti
intero 2,50 euro, ridotto 1,50 euro
Orario di apertura
sabato e domenica ore 16-19
Vernissage
17 Dicembre 2006, ore 18
Autore
Curatore