Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Contaminazioni neoespressioniste
“Contaminazioni neoespressioniste” definisce la cifra linguistica che funge da denominatore comune alle opere che sono in esposizione in questa mostra, inoltre la scelta del plurale sottolinea che le interazioni sono di diverso tipo così come anche le manifestazioni del neoespressionismo
Comunicato stampa
Segnala l'evento
"Contaminazioni neoespressioniste" definisce la cifra linguistica che funge da denominatore comune alle opere che sono in esposizione in questa mostra, inoltre la scelta del plurale sottolinea che le interazioni sono di diverso tipo così come anche le manifestazioni del neoespressionismo sono molteplici.
E' da precisare che nel nuovo millennio persino le rivisitazioni storiche più rigorose tengono conto della presenza dell'informale, dell'assemblaggio, della simultanea compartecipazione di diversi codici di comunicazione visiva e le contaminazioni si intersecano e si trasformano di continuo.
L'espressionismo dei primi decenni del Novecento occhieggia e spesso forgia l'exploit neoespressionista degli anni Ottanta e del precedente decennio figurativo tedesco ( e inglese) in sottotraccia. La figurazione in senso lato si afferma nell'ultimo scorcio del secolo scorso con l'esaurirsi della fase più' interessante del concettuale e con l'affermarsi di un nuovo mercato emergente e vivace; oggi invece una parte dell'area figurativa si sta invece sfilacciando tra i fasti dello status symbol e tra le superficiali attrazioni di una provocazione di facciata. In queste lobby e' andata persa sia quella tensione vitale e drammatica del primo provocatorio espressionismo sia la sfrenata voglia di libertà e di riprovare ad emozionarsi , prerogative peculiari della nuova ondata neoespressionista. Quest'ultima ha rinnovato e perseguito con forza d'urto quella iniziale e inquietante spinta dei primi decenni del secolo scorso nei confronti di un mondo difficile da vivere.
Fa pensare il fatto che tra le peculiarità delle varie forme del vecchio e nuovo espressionismo
ci sia il progressivo scardinamento della composizione tanto che il dettaglio si sgancia dal suo ruolo abbattendo ogni gerarchia, mentre vengono eliminati le proporzioni e ogni residuo di naturalismo cromatico e formale. Scompaiono narrativa e descrizione, sostituiti da un incalzante tentativo di andare oltre l'apparenza delle cose , di semplificarne le immagini, e ciò' porta a considerare insufficiente ogni figura, "schiava dell'occhio". Forzando verso una tematica esclusivamente volta verso l'interiorità si rischia di azzerare il valore della realtà esterna a vantaggio di una visione totalmente soggettiva che può sconfinare nell'astratto.
La strada che va dal rigetto del naturalismo alla propensione per lo scioglimento dell'immagine, e' lastricata di passaggi in cui il visibile cede al lavorio dell'inconscio che cattura emozioni e sentimenti rendendo superflua la "superficialità' " della vita esteriore.
E' una direzione che conduce al lirismo di Kandinskj.
Restando nel figurativo emergono dei rimandi al passato di per sé contrastanti.
"Die Brucke", Il Ponte, si proponeva, ad esempio, di "gettare un ponte", una sorta di speranza; in realtà' i suoi artisti del primo novecento erano per lo più figurativi apocalittici e veri antenati dei "Nuovi Selvaggi", l'ala estrema del neoespressionismo tedesco.
Dopo la stagione del realismo grottesco e satirico della "Nuova Oggettivita'"ricordiamo, rapidamente, a volo d'uccello, grandi artisti come l'inglese Bacon, i tedeschi Baselitz e Auerbach, l'italiano Cucchi, l'americano De Kooning, Basquiat, etc., i quali prepararono o percorsero, nella seconda metà del Novecento, il terreno adatto alla ripresa di un'arte intensamente sentita e manualmente rivalorizzata.
In mostra non troviamo segni nichilisti di messaggi virulenti, prevalgono invece il desiderio di riscatto di kokoschkiana memoria, oppure un crudo e insieme poetico richiamo alla responsabilità', una ricerca catartica o un'ironica e insieme lucida consapevolezza dell'oggi, coraggiosamente ludica.
Banafsheh Rahmani sceglie perlopiù' di dipingere su tele medie o grandi proponendo un pittura scabra, senza concessioni ne' ad una facile piacevolezza visiva ne' a una crudezza gratuita; e'
un atto creativo capace di far leva sulle reazioni più profonde che si smuovono e chiamano ad appello sentimenti forti, di sdegno, di partecipazione, di presa di coscienza allertata.
Nelle sue opere scorrono immagini ispirate alle situazioni di tragicità attuali come aree di guerra, condizione infantile e femminile difficili, rapporti colti con uno sguardo che non necessita di parole.
Le forme prendono possesso dello spazio con molta libertà: può apparire una figura di bimbo che sbuca letteralmente dalla tela occupandola, quasi forzandola, o la parte centrale di una testa di donna che riempie il quadro o una serie allineata di minute figure, schiacciate sul fondo e stilizzate al massimo.
Luce od oscurità': luci rosate, celestine, e colori cupi, tendenzialmente bluastri, cretosi, creano atmosfere sospese, contrastate e senza ombre, dove il rosso e' presagio violento e arriva sulfureo in questa inquieta tavolozza. La drammaticità neoespressionista si lega a suggestioni goyesche.
.Alessandra Lampiasi sta conducendo la sua sperimentazione pittorica che inizia a sfiorare l'informale. Non a caso. La poetica di questa pittrice, seppure si alimenti con curiosa versatilità' di vari filoni storici e contemporanei legati in particolare alla fiaba, al grottesco, al pop, consiste in un complesso linguaggio a dominanza neoespressionista impostato intorno ad una ricerca volta allo scavo interiore nei territori inabissati dell'inconscio.
Ciononostante si tratta di un messaggio che evita lo sprofondamento nel tragico. Variando la catarsi artistica aristotelica che intende la tragedia come mimesi "salvifica", Alessandra Lampiasi considera il lavoro creativo non in quanto imitazione del reale ma come oltrepassamento dello stesso; in tal modo cattura quelle tensioni emozionali velate dall'apparenza sensibile e ne risolve la drammaticità' tramite la consapevolezza e quindi una giusta distanza e una leggera ironia.
I colori sono legati alle atmosfere che il soggetto del quadro evoca. Il disegno appare deformato, tracciato con sorprendente libertà' formale ed espressiva; sogni, incubi, bizzarrie, sono esternati con contorni raramente netti, il più delle volte sfaldati, all'interno di un approccio che approda al non finito, al bizzarro, all'anticonvenzionale. La sua fuga dal decorativismo approda nello spiazzante mondo dell'onirico, in divieto di sosta per ogni sorta di pigrizia mentale.
Eva Pianfetti mette al centro della sua poetica l'impegno per la riconquista di un dialogo reale, un confronto con se stessi e con gli altri, possibile se la via prescelta riporta verso la naturalità', ossia verso la ripresa in mano del proprio sentire liberando il corpo e la mente da tempo alienati.
La disperata ricerca di valori di Van Gogh, precursore dell'espressionismo, si tramuta per questa giovane pittrice in un appassionato lavorio fondato sulla conoscenza che non e' data a priori ma e' trasmessa e su una presa d'atto delle nostre fragilità'. Tutto ciò serve per "fuggire" dalle trappole della schiavitù' contemporanea e dal nostro doppio che e' quella maschera che ci soffoca.
Davanti a noi scorrono le immagini ricordanti le maschere di Ensor, il Teatro del doppio di Artaud, un surrealismo miscelato ora con l'approdo nella natura di Franz Marc, ora con un impianto neoespressionista dinamico. Scene, dettagli, riquadri e ogni tipo di fantasia sono dettati dalla fervida immaginazione dell'artista che impiega svariate tecniche e una cromia chiara, con prevalenza di terre rossastre. Quando Eva Pianfetti si abbandona alla pittura della natura il suo cromatismo emozionale si accende tra fantastiche scenografie.
Stefano Tosi e' l'unico fotografo presente in mostra e non sfigura tra i dipinti che lo attorniano.
E' una carrellata di foto raffinate che ha il sentore dei suoi viaggi e propone la nettezza delle sue immagini in un continuo rimando a suoni, libri, attimi magici e imprevedibili.
Ci avviciniamo alle sue opere.
In un locale anonimo come un centro commerciale, in un angolo occasionalmente vuoto, davanti a un giovane incurvato forse da qualche peso più' grande di lui percepiamo un senso di abbandono. Manca la folla che Munch immette nel suo quadro per sottolineare l'anonimato che esaspera l'uomo che cammina controcorrente. Solitudine.
Una grafica digitale omaggia il mondo del Caravaggio, grande artista ma figura di uomo tormentato. Ci rammenta una pittura drammatica, di forti chiaroscuri in una temperie culturale difficile, eventi che non ci spiace ricordare in una mostra come questa.
La pittura di Fabrizio Molinario sorprende per l'apparente dissidio tra la festa cromatica della sua tavolozza, la vivacità delle sue figurine infantili, da un lato, e la sottile tematica della sua poetica dall'altro.
Nelle sue tele ci sono la tensione esistenziale della vita e una sfida atavica senza fine che ci induce a "metterci alla prova" con noi stessi e con gli altri, affrontando paure, lottando per istinto, in un'azione spesso al di là del razionale e del conveniente, dentro un caos appena coperto da un fragile ordine. E' un linguaggio che si accosta al neoespressionismo anche sul piano compositivo: l'impostazione classica e' squarciata e pavimento -pareti -soffitto -cielo. -terra, etc. non hanno più ordine e gli omini sembrano danzare e muoversi in uno spazio nuovo.
Grumi di colore sui visi, un ritmo coloristico energico, tinte dense, sature e brillanti, piene di luce, sono supportati da un fondo polimaterico, tra carte di giornale e colature, prettamente contemporaneo. L'Art Brut fa capolino, quasi a ribadire il primitivismo che ci sottende.
E' da precisare che nel nuovo millennio persino le rivisitazioni storiche più rigorose tengono conto della presenza dell'informale, dell'assemblaggio, della simultanea compartecipazione di diversi codici di comunicazione visiva e le contaminazioni si intersecano e si trasformano di continuo.
L'espressionismo dei primi decenni del Novecento occhieggia e spesso forgia l'exploit neoespressionista degli anni Ottanta e del precedente decennio figurativo tedesco ( e inglese) in sottotraccia. La figurazione in senso lato si afferma nell'ultimo scorcio del secolo scorso con l'esaurirsi della fase più' interessante del concettuale e con l'affermarsi di un nuovo mercato emergente e vivace; oggi invece una parte dell'area figurativa si sta invece sfilacciando tra i fasti dello status symbol e tra le superficiali attrazioni di una provocazione di facciata. In queste lobby e' andata persa sia quella tensione vitale e drammatica del primo provocatorio espressionismo sia la sfrenata voglia di libertà e di riprovare ad emozionarsi , prerogative peculiari della nuova ondata neoespressionista. Quest'ultima ha rinnovato e perseguito con forza d'urto quella iniziale e inquietante spinta dei primi decenni del secolo scorso nei confronti di un mondo difficile da vivere.
Fa pensare il fatto che tra le peculiarità delle varie forme del vecchio e nuovo espressionismo
ci sia il progressivo scardinamento della composizione tanto che il dettaglio si sgancia dal suo ruolo abbattendo ogni gerarchia, mentre vengono eliminati le proporzioni e ogni residuo di naturalismo cromatico e formale. Scompaiono narrativa e descrizione, sostituiti da un incalzante tentativo di andare oltre l'apparenza delle cose , di semplificarne le immagini, e ciò' porta a considerare insufficiente ogni figura, "schiava dell'occhio". Forzando verso una tematica esclusivamente volta verso l'interiorità si rischia di azzerare il valore della realtà esterna a vantaggio di una visione totalmente soggettiva che può sconfinare nell'astratto.
La strada che va dal rigetto del naturalismo alla propensione per lo scioglimento dell'immagine, e' lastricata di passaggi in cui il visibile cede al lavorio dell'inconscio che cattura emozioni e sentimenti rendendo superflua la "superficialità' " della vita esteriore.
E' una direzione che conduce al lirismo di Kandinskj.
Restando nel figurativo emergono dei rimandi al passato di per sé contrastanti.
"Die Brucke", Il Ponte, si proponeva, ad esempio, di "gettare un ponte", una sorta di speranza; in realtà' i suoi artisti del primo novecento erano per lo più figurativi apocalittici e veri antenati dei "Nuovi Selvaggi", l'ala estrema del neoespressionismo tedesco.
Dopo la stagione del realismo grottesco e satirico della "Nuova Oggettivita'"ricordiamo, rapidamente, a volo d'uccello, grandi artisti come l'inglese Bacon, i tedeschi Baselitz e Auerbach, l'italiano Cucchi, l'americano De Kooning, Basquiat, etc., i quali prepararono o percorsero, nella seconda metà del Novecento, il terreno adatto alla ripresa di un'arte intensamente sentita e manualmente rivalorizzata.
In mostra non troviamo segni nichilisti di messaggi virulenti, prevalgono invece il desiderio di riscatto di kokoschkiana memoria, oppure un crudo e insieme poetico richiamo alla responsabilità', una ricerca catartica o un'ironica e insieme lucida consapevolezza dell'oggi, coraggiosamente ludica.
Banafsheh Rahmani sceglie perlopiù' di dipingere su tele medie o grandi proponendo un pittura scabra, senza concessioni ne' ad una facile piacevolezza visiva ne' a una crudezza gratuita; e'
un atto creativo capace di far leva sulle reazioni più profonde che si smuovono e chiamano ad appello sentimenti forti, di sdegno, di partecipazione, di presa di coscienza allertata.
Nelle sue opere scorrono immagini ispirate alle situazioni di tragicità attuali come aree di guerra, condizione infantile e femminile difficili, rapporti colti con uno sguardo che non necessita di parole.
Le forme prendono possesso dello spazio con molta libertà: può apparire una figura di bimbo che sbuca letteralmente dalla tela occupandola, quasi forzandola, o la parte centrale di una testa di donna che riempie il quadro o una serie allineata di minute figure, schiacciate sul fondo e stilizzate al massimo.
Luce od oscurità': luci rosate, celestine, e colori cupi, tendenzialmente bluastri, cretosi, creano atmosfere sospese, contrastate e senza ombre, dove il rosso e' presagio violento e arriva sulfureo in questa inquieta tavolozza. La drammaticità neoespressionista si lega a suggestioni goyesche.
.Alessandra Lampiasi sta conducendo la sua sperimentazione pittorica che inizia a sfiorare l'informale. Non a caso. La poetica di questa pittrice, seppure si alimenti con curiosa versatilità' di vari filoni storici e contemporanei legati in particolare alla fiaba, al grottesco, al pop, consiste in un complesso linguaggio a dominanza neoespressionista impostato intorno ad una ricerca volta allo scavo interiore nei territori inabissati dell'inconscio.
Ciononostante si tratta di un messaggio che evita lo sprofondamento nel tragico. Variando la catarsi artistica aristotelica che intende la tragedia come mimesi "salvifica", Alessandra Lampiasi considera il lavoro creativo non in quanto imitazione del reale ma come oltrepassamento dello stesso; in tal modo cattura quelle tensioni emozionali velate dall'apparenza sensibile e ne risolve la drammaticità' tramite la consapevolezza e quindi una giusta distanza e una leggera ironia.
I colori sono legati alle atmosfere che il soggetto del quadro evoca. Il disegno appare deformato, tracciato con sorprendente libertà' formale ed espressiva; sogni, incubi, bizzarrie, sono esternati con contorni raramente netti, il più delle volte sfaldati, all'interno di un approccio che approda al non finito, al bizzarro, all'anticonvenzionale. La sua fuga dal decorativismo approda nello spiazzante mondo dell'onirico, in divieto di sosta per ogni sorta di pigrizia mentale.
Eva Pianfetti mette al centro della sua poetica l'impegno per la riconquista di un dialogo reale, un confronto con se stessi e con gli altri, possibile se la via prescelta riporta verso la naturalità', ossia verso la ripresa in mano del proprio sentire liberando il corpo e la mente da tempo alienati.
La disperata ricerca di valori di Van Gogh, precursore dell'espressionismo, si tramuta per questa giovane pittrice in un appassionato lavorio fondato sulla conoscenza che non e' data a priori ma e' trasmessa e su una presa d'atto delle nostre fragilità'. Tutto ciò serve per "fuggire" dalle trappole della schiavitù' contemporanea e dal nostro doppio che e' quella maschera che ci soffoca.
Davanti a noi scorrono le immagini ricordanti le maschere di Ensor, il Teatro del doppio di Artaud, un surrealismo miscelato ora con l'approdo nella natura di Franz Marc, ora con un impianto neoespressionista dinamico. Scene, dettagli, riquadri e ogni tipo di fantasia sono dettati dalla fervida immaginazione dell'artista che impiega svariate tecniche e una cromia chiara, con prevalenza di terre rossastre. Quando Eva Pianfetti si abbandona alla pittura della natura il suo cromatismo emozionale si accende tra fantastiche scenografie.
Stefano Tosi e' l'unico fotografo presente in mostra e non sfigura tra i dipinti che lo attorniano.
E' una carrellata di foto raffinate che ha il sentore dei suoi viaggi e propone la nettezza delle sue immagini in un continuo rimando a suoni, libri, attimi magici e imprevedibili.
Ci avviciniamo alle sue opere.
In un locale anonimo come un centro commerciale, in un angolo occasionalmente vuoto, davanti a un giovane incurvato forse da qualche peso più' grande di lui percepiamo un senso di abbandono. Manca la folla che Munch immette nel suo quadro per sottolineare l'anonimato che esaspera l'uomo che cammina controcorrente. Solitudine.
Una grafica digitale omaggia il mondo del Caravaggio, grande artista ma figura di uomo tormentato. Ci rammenta una pittura drammatica, di forti chiaroscuri in una temperie culturale difficile, eventi che non ci spiace ricordare in una mostra come questa.
La pittura di Fabrizio Molinario sorprende per l'apparente dissidio tra la festa cromatica della sua tavolozza, la vivacità delle sue figurine infantili, da un lato, e la sottile tematica della sua poetica dall'altro.
Nelle sue tele ci sono la tensione esistenziale della vita e una sfida atavica senza fine che ci induce a "metterci alla prova" con noi stessi e con gli altri, affrontando paure, lottando per istinto, in un'azione spesso al di là del razionale e del conveniente, dentro un caos appena coperto da un fragile ordine. E' un linguaggio che si accosta al neoespressionismo anche sul piano compositivo: l'impostazione classica e' squarciata e pavimento -pareti -soffitto -cielo. -terra, etc. non hanno più ordine e gli omini sembrano danzare e muoversi in uno spazio nuovo.
Grumi di colore sui visi, un ritmo coloristico energico, tinte dense, sature e brillanti, piene di luce, sono supportati da un fondo polimaterico, tra carte di giornale e colature, prettamente contemporaneo. L'Art Brut fa capolino, quasi a ribadire il primitivismo che ci sottende.
02
aprile 2011
Contaminazioni neoespressioniste
Dal 02 al 23 aprile 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARIELE
Torino, Via Lauro Rossi, 9 c, (Torino)
Torino, Via Lauro Rossi, 9 c, (Torino)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 16.00 - 19.30
Vernissage
2 Aprile 2011, ore 18.00
Autore