Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Corpi esposti. Dal corpo pittura al corpo action
aspetti dell’espressione artistica contemporanea
Comunicato stampa
Segnala l'evento
L’azione del dipingere
Presentazione di Ferruccio Giromini
Nei confronti della pittura non figurativa persiste, da parte di molto pubblico non specialistico, un malinteso fastidioso. Al di là del tradizionale ritornello "son capace anch'io", che ha il potere magico di innervosire alquanto chi è "capace" sul serio, il limite sta nel valutare la superficie senza voler affrontare invece l'esplorazione della profondità. È raro infatti che, dinanzi a ciò che si percepisce come un’estraneità di ispirazione, il guardante medio si chieda il perché della scelta espressiva che ha di fronte. Ma basterebbe porsi questo interrogativo per inaugurare un percorso di analisi che può portare anche molto lontano.
Dato che ogni opera conclusa è sempre il frutto finale di una o più scelte, è ovvio che risalire a quanto l'ha motivata potrebbe permetterne una migliore comprensione e pure un maggiore apprezzamento. Fin dai tempi di Kandinskij, Klee, Pollock (ma se vogliamo già da quelli di Cézanne), la frattura col popolo di consumatori di "figure" si è manifestata e ha cercato ciclicamente di ricomporsi; ma continua a riproporsi, in modi a volte desolanti, spesso insanabile.
Ciò che evidentemente molti faticano a considerare è il fatto che nel proprio operato l'artista, accanto alla ricerca formale, non può non mettere in gioco anche fattori che si potrebbero riunire sotto l'ombrello unico del "contenuto". Difatti se quanto si dispone sulla tela, o su analogo supporto, non è casuale, allora non sarà insensato. E se dunque ha un senso (non parliamo di "significato"), andrà valutato con maggiore attenzione.
Certo i "sensi" possono essere molteplici, tanti quanti le opere considerate. Non aspireremo a stilarne un catalogo esauriente. Ma per ribaltare la prospettiva di analisi del guardante comune, per esempio, basterebbe ricordare come qualsiasi atto pittorico sia – banalmente? – un atto, appunto, un'azione.
Ciò implica il gesto. Il movimento nello spazio. La temporalità nello svolgersi dell'agire fino alla sua conclusione. Il coinvolgimento fisico dell'artefice, oltre a quello intellettivo. Una creatività espressa dunque su più piani, coinvolgenti l’intera struttura psicofisica. E un incontro, e a volte scontro, tra fisicità diverse: quella dell'operatore non meno che quella dell'opera. Come fosse un match tra forze giustapposte (ognuno se lo veda di volta in volta come preferisce: di boxe, scherma, ping-pong, oppure anche d'amore), il cui esito è il frutto di un matrimonio tra chi dà e chi riceve, che dà a sua volta, e così via. L'artista crea l'opera, l'opera rimodella l'artista. Si definiscono a vicenda. E l’esecuzione è un fatto reale, che non si limita a constatare la realtà ma la ricrea. Dunque siamo in presenza di una prestazione: di un atto performativo.
L’ enunciato potrebbe pertanto essere (Pretolani docet): “Dal corpo pittura (corpi aniconici, ossia corpi che non rappresentano) al corpo action (corpi performati, ovvero che hanno origine da un atto performativo), dove ad unire i corpi-pittura con i corpi-action è il carattere eventuale, ossia l’atto pittorico come evento”.
Ci vengono incontro esempi reali: i sei pittori che qui incrociano assieme per la prima volta evidenziano approcci personali giustamente diversi ma complementari, utili a definire paesaggi mentali (e performativi!) limitrofi.
L’artista che si palesa meno lontana dalla rappresentazione figurativa è Daniela Brambilla, che, affascinata potentemente dall’acqua e dalle sue forme/moduli mutevoli, se ne appropria per ritrovare una cifra personale di astrazione, inventandosi un corpo-a-corpo privato con l’anima sfuggente della liquidità.
Marco Paladini esplora invece la spezzatura artificiale, volentieri rettilinea, tendenzialmente geometrica e magari simmetrica, che a volte non si confina nella piattezza iniziale del supporto ma ama sfociare nella tridimensione, rivelando un desiderio di ri-creazione della realtà secondo regole d’equilibrio.
Ancor più vicino alla pratica dell’installazione, grazie all’utilizzo di materiali diversi portati a dialogare fra loro, è Albano Morandi. Da scenografo, sempre interagisce con lo spazio, tanto nella materia dei manufatti quanto nella propria corporeità di artefice. E il volume si fa presenza anche quando è fondale.
Una simile disinvolta ludicità compositiva si può rinvenire anche nelle “maculate concezioni” di Francesca Zoboli, che accostano pattern decorativi d’antiche tradizioni reinventandone le valenze: da puri adornamenti a motivi ritmati di pregnanza frattale, quasi un sereno esercizio naturale di artificiosità.
Mistico è pure Roberto Rossini nei suoi processi alchemici di soluzione e coagulazione “ideale” dei colori archetipici; ma sempre teatrale, in senso (lato e profondo) antropologico, è il suo crudo fare, giudiziosamente rituale. La pittura appare dunque complemento indispensabile alla sua più nota attività di performer.
E similmente il performer Angelo Pretolani , anch’egli di formazione concettuale,non separa le sue attività d’azione da questi esiti “pittorici”. Obbligo di virgolette: le sue foglie di lauro coniugate a sinuose linee blu sono in realtà “azioni” rituali compiute giornalmente a diretto uso del popolo di Facebook.
Sei modi, in definitiva, di porsi dinanzi alla corporeità del “quadro” inventato con la fisicità del proprio corpo inventore – per la creazione ogni volta di un evento di cui noi possiamo essere testimoni sono in un tempo differito, e pertanto immaginarne a modo nostro le correlative caratteristiche.
Presentazione di Ferruccio Giromini
Nei confronti della pittura non figurativa persiste, da parte di molto pubblico non specialistico, un malinteso fastidioso. Al di là del tradizionale ritornello "son capace anch'io", che ha il potere magico di innervosire alquanto chi è "capace" sul serio, il limite sta nel valutare la superficie senza voler affrontare invece l'esplorazione della profondità. È raro infatti che, dinanzi a ciò che si percepisce come un’estraneità di ispirazione, il guardante medio si chieda il perché della scelta espressiva che ha di fronte. Ma basterebbe porsi questo interrogativo per inaugurare un percorso di analisi che può portare anche molto lontano.
Dato che ogni opera conclusa è sempre il frutto finale di una o più scelte, è ovvio che risalire a quanto l'ha motivata potrebbe permetterne una migliore comprensione e pure un maggiore apprezzamento. Fin dai tempi di Kandinskij, Klee, Pollock (ma se vogliamo già da quelli di Cézanne), la frattura col popolo di consumatori di "figure" si è manifestata e ha cercato ciclicamente di ricomporsi; ma continua a riproporsi, in modi a volte desolanti, spesso insanabile.
Ciò che evidentemente molti faticano a considerare è il fatto che nel proprio operato l'artista, accanto alla ricerca formale, non può non mettere in gioco anche fattori che si potrebbero riunire sotto l'ombrello unico del "contenuto". Difatti se quanto si dispone sulla tela, o su analogo supporto, non è casuale, allora non sarà insensato. E se dunque ha un senso (non parliamo di "significato"), andrà valutato con maggiore attenzione.
Certo i "sensi" possono essere molteplici, tanti quanti le opere considerate. Non aspireremo a stilarne un catalogo esauriente. Ma per ribaltare la prospettiva di analisi del guardante comune, per esempio, basterebbe ricordare come qualsiasi atto pittorico sia – banalmente? – un atto, appunto, un'azione.
Ciò implica il gesto. Il movimento nello spazio. La temporalità nello svolgersi dell'agire fino alla sua conclusione. Il coinvolgimento fisico dell'artefice, oltre a quello intellettivo. Una creatività espressa dunque su più piani, coinvolgenti l’intera struttura psicofisica. E un incontro, e a volte scontro, tra fisicità diverse: quella dell'operatore non meno che quella dell'opera. Come fosse un match tra forze giustapposte (ognuno se lo veda di volta in volta come preferisce: di boxe, scherma, ping-pong, oppure anche d'amore), il cui esito è il frutto di un matrimonio tra chi dà e chi riceve, che dà a sua volta, e così via. L'artista crea l'opera, l'opera rimodella l'artista. Si definiscono a vicenda. E l’esecuzione è un fatto reale, che non si limita a constatare la realtà ma la ricrea. Dunque siamo in presenza di una prestazione: di un atto performativo.
L’ enunciato potrebbe pertanto essere (Pretolani docet): “Dal corpo pittura (corpi aniconici, ossia corpi che non rappresentano) al corpo action (corpi performati, ovvero che hanno origine da un atto performativo), dove ad unire i corpi-pittura con i corpi-action è il carattere eventuale, ossia l’atto pittorico come evento”.
Ci vengono incontro esempi reali: i sei pittori che qui incrociano assieme per la prima volta evidenziano approcci personali giustamente diversi ma complementari, utili a definire paesaggi mentali (e performativi!) limitrofi.
L’artista che si palesa meno lontana dalla rappresentazione figurativa è Daniela Brambilla, che, affascinata potentemente dall’acqua e dalle sue forme/moduli mutevoli, se ne appropria per ritrovare una cifra personale di astrazione, inventandosi un corpo-a-corpo privato con l’anima sfuggente della liquidità.
Marco Paladini esplora invece la spezzatura artificiale, volentieri rettilinea, tendenzialmente geometrica e magari simmetrica, che a volte non si confina nella piattezza iniziale del supporto ma ama sfociare nella tridimensione, rivelando un desiderio di ri-creazione della realtà secondo regole d’equilibrio.
Ancor più vicino alla pratica dell’installazione, grazie all’utilizzo di materiali diversi portati a dialogare fra loro, è Albano Morandi. Da scenografo, sempre interagisce con lo spazio, tanto nella materia dei manufatti quanto nella propria corporeità di artefice. E il volume si fa presenza anche quando è fondale.
Una simile disinvolta ludicità compositiva si può rinvenire anche nelle “maculate concezioni” di Francesca Zoboli, che accostano pattern decorativi d’antiche tradizioni reinventandone le valenze: da puri adornamenti a motivi ritmati di pregnanza frattale, quasi un sereno esercizio naturale di artificiosità.
Mistico è pure Roberto Rossini nei suoi processi alchemici di soluzione e coagulazione “ideale” dei colori archetipici; ma sempre teatrale, in senso (lato e profondo) antropologico, è il suo crudo fare, giudiziosamente rituale. La pittura appare dunque complemento indispensabile alla sua più nota attività di performer.
E similmente il performer Angelo Pretolani , anch’egli di formazione concettuale,non separa le sue attività d’azione da questi esiti “pittorici”. Obbligo di virgolette: le sue foglie di lauro coniugate a sinuose linee blu sono in realtà “azioni” rituali compiute giornalmente a diretto uso del popolo di Facebook.
Sei modi, in definitiva, di porsi dinanzi alla corporeità del “quadro” inventato con la fisicità del proprio corpo inventore – per la creazione ogni volta di un evento di cui noi possiamo essere testimoni sono in un tempo differito, e pertanto immaginarne a modo nostro le correlative caratteristiche.
26
agosto 2010
Corpi esposti. Dal corpo pittura al corpo action
Dal 26 agosto al 03 settembre 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA CIVICA – PALAZZO BORGATTA
Rocca Grimalda, Piazza Senatore Borgatta, 1, (Alessandria)
Rocca Grimalda, Piazza Senatore Borgatta, 1, (Alessandria)
Orario di apertura
lunedì-domenica 16-19
giovedì-domenica 20-23
Vernissage
26 Agosto 2010, ore 19 performance di Angelo Pretolani
TREDICI LUNE (Omaggio a Fassbinder)
ore 19:30 performance di Roberto Rossini
ZEITGEIST (Azione estetico rituale)
Autore
Curatore