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Corpi mutanti
Collettiva dedicata al tema del corpo nella società contemporanea
Comunicato stampa
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Extra Tela, in collaborazione e con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura e dell’Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Lonigo, presenta, dal 7 al 22 gennaio 2006, la Collettiva d’Arte Contemporanea Corpi Mutanti, dedicata al tema del corpo nella società contemporanea.
La mostra desidera far riflettere artisti e visitatori intorno al tema del corpo, dell’essere umano e della difficile condizione dello stare al mondo nella realtà contemporanea.
Studiare e comunicare il corpo del XXI secolo è un compito importante e quanto mai difficoltoso: quello dei nostri giorni è un corpo globale, specchio del nostro tempo e dei suoi progressi, trasgressioni, debolezze e contraddizioni. Lo percepiamo scomposto, frammentato, lacerato se nel corpo vediamo riflessa la nostra identità; modificato, rielaborato, curato se si pensa alle nuove tecnologie mediche, che spingono sempre più in là i confini naturali, dematerializzato e irreale quello proposto sugli schermi televisivi e dal mondo virtuale. Insomma un corpo senza più confini, un corpo diffuso e… confuso.
Riconoscere e analizzare queste metamorfosi, interpretare l’indeterminatezza che tutto ciò provoca nel modo di pensare e vivere il rapporto con noi stessi e con gli altri è compito anche dell’arte.
Gli artisti chiamati a partecipare alla mostra hanno, quindi, cercato, ognuno con la propria personalità, sensibilità e tecnica espressiva, di dare forma ad un nuovo modo di percepire, vivere e comunicare il corpo.
Il corpo sta nel mezzo: nel mezzo della realtà contemporanea e al centro della ricerca dei dieci artisti presenti in mostra.
Gli artisti:
Alice Andreoli (Padova 1979), attraverso il suo lavoro cerca di rappresentare il vuoto esistenziale che le giovani generazioni si trovano a dover colmare. Un preciso momento in cui non si ha ancora consapevolezza della propria identità, non ci si sente padroni del proprio corpo, e si guarda con timore alla necessità di progettare il proprio avvenire. Questa fase critica viene indicata dalla locuzione “Gap Year”, cioè un momento di sospensione della propria esistenza, necessario ma allo stesso tempo difficoltoso.
Giuseppe Bagattoni (Forlì 1951), nelle sue opere scultoree le forme stilizzate, i volumi deformati, l’alternanza di pieni e vuoti, i giochi di luce e colore dovuti ai diversi materiali utilizzati, propongono figure umane fantasiose, appartenenti più al mondo della fantasia che a quello reale. Le sculture dalle sembianze umane raccontano di un mondo favoloso, molto vicino alla sensibilità infantile, come se l’artista vedesse la realtà con gli occhi di un bambino.
Il corpo si fa veicolo di leggerezza, spensieratezza e fantasia, esercizio di creatività.
Marco & Fabio Bartolozzi-NoStyle (Livorno 1978), con i loro lavori propongono in modo amaramente ironico una lettura critica della società contemporanea e delle sue problematiche. La performance e la video-installazione in mostra inducono a riflettere sulla condizione dell’essere umano nella società di oggi, sul suo vivere segnato dalla solitudine, dall’incomunicabilità e dalla perdita di identità; propongono un’umanità schiava del mezzo mediatico e priva di valori.
Massimo Bullo (Venezia 1978), la video-installazione presentata in mostra propone, all’interno di una stanza arredata con l’intento di ricreare una sensazione di stupore e familiarità, un video e alcune foto in cui le immagini contengono cose perdute, non vissute, relazioni parallele riflesse su superfici urbane, in cui l’artista, nonostante presente, non è stato il diretto protagonista. Nell’intero lavoro viene proposto il tema della “riflessione”, già ampiamente scandagliato dall’arte e dalla letteratura, come strumento generativo di relazioni inconsce, multiple tra persone, cose e luoghi.
Massimo Cremagnani-Capitolouno (Milano 1969), nelle opere presenti in mostra si comprende chiaramente la volontà dell’artista di comunicare al pubblico il valore artistico dell’arte digitale: l’equilibrio tra idea, creatività e mezzo utilizzato, danno grande valore espressivo alla figurazione digitale. Il corpo è sempre l’oggetto di studio privilegiato, comunicato, però, con maggiore libertà espressiva grazie alle possibilità offerte dal digitale. Il computer è solo lo strumento più attuale attraverso il quale affermare il proprio stile e la propria personalità, dare forma e colore alla propria idea espressiva.
Katia Ceccarelli-Koshka (Roma 1970), attraverso le sue fotografie, di cui è regista e interprete, propone un progetto narrativo, in cui il corpo è il protagonista. Mette in scena fantasie e tormenti femminili, riuscendo così a rappresentare le molteplici sfaccettature dell’Io.
In mostra propone una storia in cui le mani sono le protagoniste; non parti secondarie, ma primarie per la narrazione del rapporto con il proprio e altrui corpo.
Alessio Monti (Treviso 1976), nelle sue fotografie pone l’accento su una delle grandi debolezze occidentali: l’ossessiva ricerca di una bellezza eterna e stereotipata. I suoi nudi ritraggono un corpo maturo, segnato dagli anni eppure ancora alla ricerca di una bellezza ormai svanita, un corpo senza volto, perché privo di personalità. L’artista ironizza sul rapporto che gli occidentali hanno con il corpo, visto solo come contenitore e non come tramite con il mondo circostante.
Giuseppe Rado (Brindisi 1970), oggetto della sua ricerca sono la bellezza e la femminilità. Le sue modelle, espressione di una sensualità cruda e giocosa allo stesso tempo, sono spesso immerse in atmosfere tristi, cupe e disincantate. Le sue figure prendono chiaramente ispirazione dal mondo dei manga giapponesi, l’incarnato perlaceo e la luminosità dei loro grandi occhi tristi emergono dall’oscurità dello sfondo, in modo quasi caravaggesco, proponendo un corpo quasi artificiale, un’umanità futura.
Carlo Tosin (Thiene 1965), il suo modo di concepire il fare artistico implica un vero lavoro fisico, la necessità di indagare le molteplici possibilità offerte dalla materia. La sua ricerca lo ha portato a passare dalla bidimensionalità della tela alla costruzione di immagini spaziali, scultoree: i Totem. In questi lavori, il corpo, la figura umana compare in forma simbolica; nei Totem si legge una chiara ricerca architettonica, che dona dinamismo e spiritualità ad oggetti che rimandano a radici culturali molto profonde.
Gaia Zebellin (Padova 1981), la sua ricerca artistica indaga le relazioni che intercorrono tra tempo e materia, con particolare attenzione al corpo. Il corpo è per l’artista un contenitore che si fa contenuto, e per questo necessita di essere indagato nel profondo, vivisezionato quasi scientificamente. I suoi disegni mostrano la necessità di conoscere il mondo circostante tramite la fisicità, ma questo viaggio esplorativo fuori e dentro il corpo viene affrontato con leggerezza quasi infantile.
Oltre alla mostra verranno proposte due attività collaterali: i laboratori didattici per i bambini della scuole dell’infanzia e primarie, con l’obiettivo di avvicinare e educare all’arte contemporanea i giovanissimi, affinché diventino i consapevoli visitatori del domani e l’aperitivo con l’arte così da coinvolgere le giovani generazioni nel mondo dell’arte, troppo spesso percepito lontano dal loro modo di essere; una proposta per un diverso modo di stare insieme.
La mostra desidera far riflettere artisti e visitatori intorno al tema del corpo, dell’essere umano e della difficile condizione dello stare al mondo nella realtà contemporanea.
Studiare e comunicare il corpo del XXI secolo è un compito importante e quanto mai difficoltoso: quello dei nostri giorni è un corpo globale, specchio del nostro tempo e dei suoi progressi, trasgressioni, debolezze e contraddizioni. Lo percepiamo scomposto, frammentato, lacerato se nel corpo vediamo riflessa la nostra identità; modificato, rielaborato, curato se si pensa alle nuove tecnologie mediche, che spingono sempre più in là i confini naturali, dematerializzato e irreale quello proposto sugli schermi televisivi e dal mondo virtuale. Insomma un corpo senza più confini, un corpo diffuso e… confuso.
Riconoscere e analizzare queste metamorfosi, interpretare l’indeterminatezza che tutto ciò provoca nel modo di pensare e vivere il rapporto con noi stessi e con gli altri è compito anche dell’arte.
Gli artisti chiamati a partecipare alla mostra hanno, quindi, cercato, ognuno con la propria personalità, sensibilità e tecnica espressiva, di dare forma ad un nuovo modo di percepire, vivere e comunicare il corpo.
Il corpo sta nel mezzo: nel mezzo della realtà contemporanea e al centro della ricerca dei dieci artisti presenti in mostra.
Gli artisti:
Alice Andreoli (Padova 1979), attraverso il suo lavoro cerca di rappresentare il vuoto esistenziale che le giovani generazioni si trovano a dover colmare. Un preciso momento in cui non si ha ancora consapevolezza della propria identità, non ci si sente padroni del proprio corpo, e si guarda con timore alla necessità di progettare il proprio avvenire. Questa fase critica viene indicata dalla locuzione “Gap Year”, cioè un momento di sospensione della propria esistenza, necessario ma allo stesso tempo difficoltoso.
Giuseppe Bagattoni (Forlì 1951), nelle sue opere scultoree le forme stilizzate, i volumi deformati, l’alternanza di pieni e vuoti, i giochi di luce e colore dovuti ai diversi materiali utilizzati, propongono figure umane fantasiose, appartenenti più al mondo della fantasia che a quello reale. Le sculture dalle sembianze umane raccontano di un mondo favoloso, molto vicino alla sensibilità infantile, come se l’artista vedesse la realtà con gli occhi di un bambino.
Il corpo si fa veicolo di leggerezza, spensieratezza e fantasia, esercizio di creatività.
Marco & Fabio Bartolozzi-NoStyle (Livorno 1978), con i loro lavori propongono in modo amaramente ironico una lettura critica della società contemporanea e delle sue problematiche. La performance e la video-installazione in mostra inducono a riflettere sulla condizione dell’essere umano nella società di oggi, sul suo vivere segnato dalla solitudine, dall’incomunicabilità e dalla perdita di identità; propongono un’umanità schiava del mezzo mediatico e priva di valori.
Massimo Bullo (Venezia 1978), la video-installazione presentata in mostra propone, all’interno di una stanza arredata con l’intento di ricreare una sensazione di stupore e familiarità, un video e alcune foto in cui le immagini contengono cose perdute, non vissute, relazioni parallele riflesse su superfici urbane, in cui l’artista, nonostante presente, non è stato il diretto protagonista. Nell’intero lavoro viene proposto il tema della “riflessione”, già ampiamente scandagliato dall’arte e dalla letteratura, come strumento generativo di relazioni inconsce, multiple tra persone, cose e luoghi.
Massimo Cremagnani-Capitolouno (Milano 1969), nelle opere presenti in mostra si comprende chiaramente la volontà dell’artista di comunicare al pubblico il valore artistico dell’arte digitale: l’equilibrio tra idea, creatività e mezzo utilizzato, danno grande valore espressivo alla figurazione digitale. Il corpo è sempre l’oggetto di studio privilegiato, comunicato, però, con maggiore libertà espressiva grazie alle possibilità offerte dal digitale. Il computer è solo lo strumento più attuale attraverso il quale affermare il proprio stile e la propria personalità, dare forma e colore alla propria idea espressiva.
Katia Ceccarelli-Koshka (Roma 1970), attraverso le sue fotografie, di cui è regista e interprete, propone un progetto narrativo, in cui il corpo è il protagonista. Mette in scena fantasie e tormenti femminili, riuscendo così a rappresentare le molteplici sfaccettature dell’Io.
In mostra propone una storia in cui le mani sono le protagoniste; non parti secondarie, ma primarie per la narrazione del rapporto con il proprio e altrui corpo.
Alessio Monti (Treviso 1976), nelle sue fotografie pone l’accento su una delle grandi debolezze occidentali: l’ossessiva ricerca di una bellezza eterna e stereotipata. I suoi nudi ritraggono un corpo maturo, segnato dagli anni eppure ancora alla ricerca di una bellezza ormai svanita, un corpo senza volto, perché privo di personalità. L’artista ironizza sul rapporto che gli occidentali hanno con il corpo, visto solo come contenitore e non come tramite con il mondo circostante.
Giuseppe Rado (Brindisi 1970), oggetto della sua ricerca sono la bellezza e la femminilità. Le sue modelle, espressione di una sensualità cruda e giocosa allo stesso tempo, sono spesso immerse in atmosfere tristi, cupe e disincantate. Le sue figure prendono chiaramente ispirazione dal mondo dei manga giapponesi, l’incarnato perlaceo e la luminosità dei loro grandi occhi tristi emergono dall’oscurità dello sfondo, in modo quasi caravaggesco, proponendo un corpo quasi artificiale, un’umanità futura.
Carlo Tosin (Thiene 1965), il suo modo di concepire il fare artistico implica un vero lavoro fisico, la necessità di indagare le molteplici possibilità offerte dalla materia. La sua ricerca lo ha portato a passare dalla bidimensionalità della tela alla costruzione di immagini spaziali, scultoree: i Totem. In questi lavori, il corpo, la figura umana compare in forma simbolica; nei Totem si legge una chiara ricerca architettonica, che dona dinamismo e spiritualità ad oggetti che rimandano a radici culturali molto profonde.
Gaia Zebellin (Padova 1981), la sua ricerca artistica indaga le relazioni che intercorrono tra tempo e materia, con particolare attenzione al corpo. Il corpo è per l’artista un contenitore che si fa contenuto, e per questo necessita di essere indagato nel profondo, vivisezionato quasi scientificamente. I suoi disegni mostrano la necessità di conoscere il mondo circostante tramite la fisicità, ma questo viaggio esplorativo fuori e dentro il corpo viene affrontato con leggerezza quasi infantile.
Oltre alla mostra verranno proposte due attività collaterali: i laboratori didattici per i bambini della scuole dell’infanzia e primarie, con l’obiettivo di avvicinare e educare all’arte contemporanea i giovanissimi, affinché diventino i consapevoli visitatori del domani e l’aperitivo con l’arte così da coinvolgere le giovani generazioni nel mondo dell’arte, troppo spesso percepito lontano dal loro modo di essere; una proposta per un diverso modo di stare insieme.
07
gennaio 2006
Corpi mutanti
Dal 07 al 22 gennaio 2006
arte contemporanea
giovane arte
giovane arte
Location
PALAZZO PISANI
Lonigo, Via Giuseppe Garibaldi, (Vicenza)
Lonigo, Via Giuseppe Garibaldi, (Vicenza)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19.00
Vernissage
7 Gennaio 2006, ore 18
Autore
Curatore