Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Cosimo Piediscalzi – Solo Show
Il mondo visibile è mutevole. Inafferrabile nei suoi movimenti ora sinuosi ora epilettici, nelle sue sfumature, nei suoi contorni. Ecco perché Cosimo Piediscalzi, portatore sano del virus postmoderno, rinuncia a parlare del mondo che vede ma non a decifrare il mondo che sente.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il mondo visibile è mutevole. Inafferrabile nei suoi movimenti ora sinuosi ora epilettici, nelle sue sfumature, nei suoi contorni. Ecco perché Cosimo Piediscalzi, portatore sano del virus postmoderno, rinuncia a parlare del mondo che vede ma non a decifrare il mondo che sente. Lo sguardo infatti tradisce, mentre la sensibilità coglie sfumature al di là delle apparenze e può domare (o esaltare) la furia del mondo.
In verità quando pochi anni fa Piediscalzi ha ripreso in mano colori, matite (e colla, e pennarelli a spirito, trucioli, smalti, acrilici, pastelli e chissà quante altre brico/diavolerie) ha tentato la via politica della denuncia e dell'ironia. L'abilità compositiva messa al servizio dell'anima bella e indignata si muove inizialmente nel campo della caricatura, le derive grottesche e fumettistiche neutralizzate dall'equilibrio dinamico dei colori, raptus immediato dello sguardo. Ma i lavori esposti oggi a Palermo seguono un'ispirazione diversa, più matura e raffinata. Disegno e colore come sempre solidali, ma ora le textures cromatiche sono limitate ad alcuni dettagli delle composizioni ed assumono forza espressiva inedita, mentre prima erano perlopiù motivi ornamentali e decorativi. Ad esempio nei due Autoritratti a letto il colore riempie di vita coperte e lenzuola ma non i volti delle figure. I tessuti e le stoffe si muovono come se fossero animati, fioriscono e vegetano come in simbiosi con il Piediscalzi ritratto, proteggendolo dal grigio mondo esterno che rischia di contaminare la poetica dell'artista. Egli trova allora rifugio nei cappucci delle felpe che modulano la verve misantropica dell'artista, come se fosse ormai possibile erigere barricate e contestare i modelli sociali solo dalla dimensione intima e privata del proprio abbigliamento, anzi dal nodo decisivo del proprio letto. Un giaciglio che è l'ultima barriera tra il fuori e il dentro, che evoca la malattia e la convalescenza, la sofferenza accennata nelle espressioni dei volti. Piediscalzi eccelle infatti nella ritrattistica, nel sacro lampo degli sguardi che annichiliscono lo spettatore perché carichi di mistico e sovrumano distacco, nella sontuosità bizantina delle barbe arricciate e dei capelli. Ritratti e autoritratti sembrano dedicati ad una casta sacerdotale prossima alla santità, come nell'ex voto dedicato a Leeza Hooper o anche quando gli occhi di Peppino si sottraggono allo spettatore in una sorta di martirio della sensibilità.
L'ironica e sconclusionata hybris mediterranea di Piediscalzi ha subito un duro colpo quando l'artista si è trasferito dalla natia Sicilia, giungendo nel freddo nord padano e assorbendo un mood riflessivo, ombroso, quasi mitteleuropeo. Un'espressionismo minimo, dunque, ulteriormente lim(it)ato nell'Autoritratto asociale con cappuccio: la distanza fra lo sfondo e la figura è massima, perché l'isolamento dell'artista è privo di colore, mentre il caos cromatico alle sue spalle minaccia di invaderne l'intimità. L'Autoritratto (pronto per uscire) invece mostra l'assurdità proliferante della moda, con un maglione geneticamente modificato e biomorfo che prende il sopravvento sull'uomo, lo avvolge in spasmi grotteschi, lo deforma nelle anatomie. Il confine fra dentro e fuori è sempre più sottile, soprattutto quando si tratta di uscire di casa, di esporsi al caos irrazionale della società. Piediscalzi si barrica dentro queste armature di stoffa (che siano sciarpe, maglioni, berretti o cappucci) per salvaguardare i confini del proprio corpo e della propria sensibilità. Ma anche questo è un vicolo cieco: nell'Autoritratto Anseren la trama della maglia sembra proliferare come un virus visto al microscopio, come cellule (t)umorali impazzite che hanno assorbito la malattia dal mondo inquinato. L'unico modo allora di affrontare la dimensione dell'altro da sé è armarsi di una grossa mazza chiodata, anche quando l'esterno appare come una rassicurante distesa di giallo/sole.
I am not like you, continua a ripetere Piediscalzi, segnando la distanza fra l'eccezione artistica e la quotidianità banale. Eppure proprio la quotidianità emerge con forza e serenità nella recente serie di nature morte. I contrasti sono finalmente smorzati da una sensibilità inedita che coglie l'oggetto nella sua neutralità assoluta. Il demone forse non è nell'assurdità del mondo ma nello sguardo aspro dell'artista che, domato ma non sconfitto, coglie la poesia nella normalità estrema eppure metafisica di una tazzina di caffé. Gli oggetti non spaventano più, semmai affascinano nella loro imperturbabile, astratta indifferenza. Non è un caso quindi se i colori non sono più psico-acidi ma delicatamente velati e allo stesso tempo materici. Proprio la materia, l'enigma della semplice Cosa di fronte allo sguardo permette lo sviluppo di una nuova sensibilità, leggera e compiuta ma mai pacificata. Perché il mondo, al di là della pura rappresentazione, è un eterno guanto di sfida. Un guanto magmatico e colorato, oppure pallido e misterioso, proprio come lo disegnerebbe Cosimo Piediscalzi.
In verità quando pochi anni fa Piediscalzi ha ripreso in mano colori, matite (e colla, e pennarelli a spirito, trucioli, smalti, acrilici, pastelli e chissà quante altre brico/diavolerie) ha tentato la via politica della denuncia e dell'ironia. L'abilità compositiva messa al servizio dell'anima bella e indignata si muove inizialmente nel campo della caricatura, le derive grottesche e fumettistiche neutralizzate dall'equilibrio dinamico dei colori, raptus immediato dello sguardo. Ma i lavori esposti oggi a Palermo seguono un'ispirazione diversa, più matura e raffinata. Disegno e colore come sempre solidali, ma ora le textures cromatiche sono limitate ad alcuni dettagli delle composizioni ed assumono forza espressiva inedita, mentre prima erano perlopiù motivi ornamentali e decorativi. Ad esempio nei due Autoritratti a letto il colore riempie di vita coperte e lenzuola ma non i volti delle figure. I tessuti e le stoffe si muovono come se fossero animati, fioriscono e vegetano come in simbiosi con il Piediscalzi ritratto, proteggendolo dal grigio mondo esterno che rischia di contaminare la poetica dell'artista. Egli trova allora rifugio nei cappucci delle felpe che modulano la verve misantropica dell'artista, come se fosse ormai possibile erigere barricate e contestare i modelli sociali solo dalla dimensione intima e privata del proprio abbigliamento, anzi dal nodo decisivo del proprio letto. Un giaciglio che è l'ultima barriera tra il fuori e il dentro, che evoca la malattia e la convalescenza, la sofferenza accennata nelle espressioni dei volti. Piediscalzi eccelle infatti nella ritrattistica, nel sacro lampo degli sguardi che annichiliscono lo spettatore perché carichi di mistico e sovrumano distacco, nella sontuosità bizantina delle barbe arricciate e dei capelli. Ritratti e autoritratti sembrano dedicati ad una casta sacerdotale prossima alla santità, come nell'ex voto dedicato a Leeza Hooper o anche quando gli occhi di Peppino si sottraggono allo spettatore in una sorta di martirio della sensibilità.
L'ironica e sconclusionata hybris mediterranea di Piediscalzi ha subito un duro colpo quando l'artista si è trasferito dalla natia Sicilia, giungendo nel freddo nord padano e assorbendo un mood riflessivo, ombroso, quasi mitteleuropeo. Un'espressionismo minimo, dunque, ulteriormente lim(it)ato nell'Autoritratto asociale con cappuccio: la distanza fra lo sfondo e la figura è massima, perché l'isolamento dell'artista è privo di colore, mentre il caos cromatico alle sue spalle minaccia di invaderne l'intimità. L'Autoritratto (pronto per uscire) invece mostra l'assurdità proliferante della moda, con un maglione geneticamente modificato e biomorfo che prende il sopravvento sull'uomo, lo avvolge in spasmi grotteschi, lo deforma nelle anatomie. Il confine fra dentro e fuori è sempre più sottile, soprattutto quando si tratta di uscire di casa, di esporsi al caos irrazionale della società. Piediscalzi si barrica dentro queste armature di stoffa (che siano sciarpe, maglioni, berretti o cappucci) per salvaguardare i confini del proprio corpo e della propria sensibilità. Ma anche questo è un vicolo cieco: nell'Autoritratto Anseren la trama della maglia sembra proliferare come un virus visto al microscopio, come cellule (t)umorali impazzite che hanno assorbito la malattia dal mondo inquinato. L'unico modo allora di affrontare la dimensione dell'altro da sé è armarsi di una grossa mazza chiodata, anche quando l'esterno appare come una rassicurante distesa di giallo/sole.
I am not like you, continua a ripetere Piediscalzi, segnando la distanza fra l'eccezione artistica e la quotidianità banale. Eppure proprio la quotidianità emerge con forza e serenità nella recente serie di nature morte. I contrasti sono finalmente smorzati da una sensibilità inedita che coglie l'oggetto nella sua neutralità assoluta. Il demone forse non è nell'assurdità del mondo ma nello sguardo aspro dell'artista che, domato ma non sconfitto, coglie la poesia nella normalità estrema eppure metafisica di una tazzina di caffé. Gli oggetti non spaventano più, semmai affascinano nella loro imperturbabile, astratta indifferenza. Non è un caso quindi se i colori non sono più psico-acidi ma delicatamente velati e allo stesso tempo materici. Proprio la materia, l'enigma della semplice Cosa di fronte allo sguardo permette lo sviluppo di una nuova sensibilità, leggera e compiuta ma mai pacificata. Perché il mondo, al di là della pura rappresentazione, è un eterno guanto di sfida. Un guanto magmatico e colorato, oppure pallido e misterioso, proprio come lo disegnerebbe Cosimo Piediscalzi.
16
gennaio 2009
Cosimo Piediscalzi – Solo Show
Dal 16 al 30 gennaio 2009
arte contemporanea
Location
ZELLE ARTE CONTEMPORANEA
Palermo, Via Matteo Bonello, 19, (Palermo)
Palermo, Via Matteo Bonello, 19, (Palermo)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 17-20
Vernissage
16 Gennaio 2009, ore 19.00
Autore
Curatore