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Courtney Smith – Iglù
Courtney Smith conosciuta per le sue piece, complesse e manipolabili di mobili decostruiti (come faceva Matta-Clark, lui che amava l’idea dell’artista in quanto alchimista), porta avanti la sua singolare ricerca attraverso un’originale operazione di divergenze.
Comunicato stampa
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Courtney Smith (nata a Parigi nel 1966, cittadina americana), conosciuta per le sue piece, complesse e manipolabili di mobili decostruiti (come faceva Matta-Clark, lui che amava l’idea dell’artista in quanto alchimista), porta avanti la sua singolare ricerca attraverso un’originale operazione di divergenze.
Il mobile esiste per lei, come un vincolo tra il corpo umano e l'architettura che lo contiene; così, mette insieme una serie composta da un numero radicale di pezzi di mobili diversi e fa che diventino altro, un settimino o una cassettiera, corpi a cui viene sottratto il loro essere, la loro qualità del esistere, per essere ancora qualcosa di inaspettato. Solo così, introverse nella loro rigidità, queste forme costruttive raggiungono una intelligentissima sensualità, una nuova spiritualità, una sublimazione.
Oggi a Roma si cimenta con il muro: nell’immaginario collettivo il primo muro che viene in mente è la rappresentazione fisica della Cortina di Ferro che separava in due l'Europa durante la Guerra Fredda; il secondo è quello costruito dagli Israeliani in Cisgiordania sotto il nome di "chiusura di sicurezza" (security fence), che divenne presto il "muro della vergogna", il terzo è quello della grande muraglia cinese, che svolse una funzione civilizzatrice, in quanto esigeva lo stanziamento di decine di migliaia di operai e di militari ai confini delle regioni tradizionali; provocando il contatto di popolazioni molto diverse e catalizzando l'attenzione e l'interesse.
A Roma il muro costruito da Courtney divide la Galleria NextDoor: lo vediamo davanti e lo possiamo vedere anche da dietro attraverso un piccolo monitor che si trova in bagno, davanti è carico di storia, di dietro è completamente spoglio. Lo troviamo come se ci venisse addosso, ma sono i particolari quelli che ci tolgono dallo stupore iniziale, misteriosi cassetti assemblati, incastonati, che nascondono chissà quale vissuto, quale tempo, ricordi, segreti.
L'idea qui del mondo ci appare non solo come una rovina o un cumulo di frantumi, ma è un'energia suscettibile di metamorfosi, evolutiva e ricca di acquisizioni, ed è questa fondamentalmente la sua forza.
Perché sè nell’Antartide i muri degli iglù sono costruiti e si mantengono per la forza compressa che a loro concede il freddo glaciale, nel muro che Courtney Smith costruisce a Roma è l’abbinamento, la composizione poetica, l’assemblaggio intuitivo, che riesce a mantenere la struttura, a dare corposità e materia, a raggiungerci in quanto opera.
Sappiamo che come punto di partenza per la realizzazione di un lavoro, la Smith ha bisogno di una forma: inizia sempre con un oggetto esistente (o una storia o un'idea) comune, però con qualcosa di eterno che provenga dal mondo domestico e che sia facilmente attribuibile al mondo romantico. Questi elementi passano poi attraverso un'operazione e trasformazione dell'originale: cassettiere, poltrone, armadi vissuti che nascondono una loro naturale storia, che hanno sentito un passato e che oggi vengono richiamate a condividere un presente, che si ritrovano squisitamente a far parte di un mondo domestico, ma allo stesso tempo chimerico ed astuto su cui Courtney Smith riesce a coniugare – attraverso il suo fare intellettuale e poetico – l’alchimia, l’ordine e il disordine.
Antonio Arévalo
Il mobile esiste per lei, come un vincolo tra il corpo umano e l'architettura che lo contiene; così, mette insieme una serie composta da un numero radicale di pezzi di mobili diversi e fa che diventino altro, un settimino o una cassettiera, corpi a cui viene sottratto il loro essere, la loro qualità del esistere, per essere ancora qualcosa di inaspettato. Solo così, introverse nella loro rigidità, queste forme costruttive raggiungono una intelligentissima sensualità, una nuova spiritualità, una sublimazione.
Oggi a Roma si cimenta con il muro: nell’immaginario collettivo il primo muro che viene in mente è la rappresentazione fisica della Cortina di Ferro che separava in due l'Europa durante la Guerra Fredda; il secondo è quello costruito dagli Israeliani in Cisgiordania sotto il nome di "chiusura di sicurezza" (security fence), che divenne presto il "muro della vergogna", il terzo è quello della grande muraglia cinese, che svolse una funzione civilizzatrice, in quanto esigeva lo stanziamento di decine di migliaia di operai e di militari ai confini delle regioni tradizionali; provocando il contatto di popolazioni molto diverse e catalizzando l'attenzione e l'interesse.
A Roma il muro costruito da Courtney divide la Galleria NextDoor: lo vediamo davanti e lo possiamo vedere anche da dietro attraverso un piccolo monitor che si trova in bagno, davanti è carico di storia, di dietro è completamente spoglio. Lo troviamo come se ci venisse addosso, ma sono i particolari quelli che ci tolgono dallo stupore iniziale, misteriosi cassetti assemblati, incastonati, che nascondono chissà quale vissuto, quale tempo, ricordi, segreti.
L'idea qui del mondo ci appare non solo come una rovina o un cumulo di frantumi, ma è un'energia suscettibile di metamorfosi, evolutiva e ricca di acquisizioni, ed è questa fondamentalmente la sua forza.
Perché sè nell’Antartide i muri degli iglù sono costruiti e si mantengono per la forza compressa che a loro concede il freddo glaciale, nel muro che Courtney Smith costruisce a Roma è l’abbinamento, la composizione poetica, l’assemblaggio intuitivo, che riesce a mantenere la struttura, a dare corposità e materia, a raggiungerci in quanto opera.
Sappiamo che come punto di partenza per la realizzazione di un lavoro, la Smith ha bisogno di una forma: inizia sempre con un oggetto esistente (o una storia o un'idea) comune, però con qualcosa di eterno che provenga dal mondo domestico e che sia facilmente attribuibile al mondo romantico. Questi elementi passano poi attraverso un'operazione e trasformazione dell'originale: cassettiere, poltrone, armadi vissuti che nascondono una loro naturale storia, che hanno sentito un passato e che oggi vengono richiamate a condividere un presente, che si ritrovano squisitamente a far parte di un mondo domestico, ma allo stesso tempo chimerico ed astuto su cui Courtney Smith riesce a coniugare – attraverso il suo fare intellettuale e poetico – l’alchimia, l’ordine e il disordine.
Antonio Arévalo
28
marzo 2008
Courtney Smith – Iglù
Dal 28 marzo al primo giugno 2008
arte contemporanea
Location
NEXTDOOR… ARTGALLERIA
Roma, Via Di Montoro, 3, (Roma)
Roma, Via Di Montoro, 3, (Roma)
Orario di apertura
dal Martedì al Sabato dalle ore 13.00 alle ore 19.00
Vernissage
28 Marzo 2008, ore 19.00
Autore
Curatore