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Crisis
una nuova generazione di artisti italiani, da Gabriele Arruzzo ad Andrea Mastrovito, da Vanni Cuoghi a Michael Rotondi, da Ozmo a Giuseppe Veneziano, fino al più maturo Marco Fantini, torna a confrontarsi con le icone dell’immaginario supereroistico. Si tratta di rivisitazioni ironiche e di recuperi nostalgici, oppure di letture pop e sociomitologiche della società contemporanea
Comunicato stampa
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È il 1938 quando Jerry Siegel e Joe Shuster inventano Superman, il primo supereroe in calzamaglia dell’età moderna, un alieno venuto dal pianeta Krypton per salvare l’umanità da terribili minacce. Circa un anno dopo, Bob Kane crea Batman, un semplice uomo (sebbene dotato di immense ricchezze finanziarie) che si traveste da pipistrello per combattere il crimine nella lugubre e decadente Gotham City. Batman e Superman sono i due archetipi dai quali discenderanno centinaia di nuovi supereroi.
Figli degli eroi dei romanzi d’appendice del XIX secolo, ma anche delle divinità della mitologia greco-romana e germanica (Wonder Woman e Thor, tanto per fare un esempio), i supereroi in calzamaglia hanno seguito passo passo le paure e gli umori della società che li ha creati, a cominciare dai drammi della seconda guerra mondiale, passando per le tensioni della guerra fredda, fino al crollo delle twin tower. Durante questi sconvolgimenti epocali, la loro personalità si è evoluta, raggiungendo livelli di maggiore complessità psicologica. Nel corso del tempo, con la complicità di scrittori del calibro di Stan Lee, Jack Kirby e Steve Dikto, sono infatti nati i cosiddetti supereroi con superproblemi, che hanno spazzato via la semplicità manichea della golden age, l’età aurea del fumetto americano, per fare posto a nuovi character alle prese con problemi reali: i Fantastici Quattro, l’Uomo Ragno, Hulk, Devil e Iron Man.
Nel giro di tre decenni dalla nascita, la popolarità dei supereroi era cresciuta a tal punto, che perfino l’arte contemporanea dovette accorgersene. Oltre mezzo secolo fa, i primi artisti pop americani iniziarono a riflettere sull’opportunità d’integrare le icone della società di massa nell’immaginario artistico, seguendo una logica di contaminazione tra cultura alta e popolare. Negli anni Sessanta, mentre Roy Lichtenstein utilizza le strip dei comics per inseguire una sua particolare idea di sintesi del linguaggio pittorico, anche “Andy Warhol – racconta Tilman Osterwold – comincia a dipingere servendosi di motivi grafici tratti dalla pubblicità e dai fumetti”. Oltre a Dick Tracy e Popeye, Warhol dipinge Supeman e Batman e nel 1964 gira addirittura un film intitolato Batman Dracula. Wonder Woman e Flash, invece, appaiono tra i soggetti dipinti da Mel Ramos, artista californiano divenuto celebre per le sue sexy pinup.
Oggi, una nuova generazione di artisti italiani, da Gabriele Arruzzo ad Andrea Mastrovito, da Vanni Cuoghi a Michael Rotondi, da Ozmo a Giuseppe Veneziano, fino al più maturo Marco Fantini, torna a confrontarsi con le icone dell’immaginario supereroistico. Si tratta di rivisitazioni ironiche e di recuperi nostalgici, oppure di letture pop e sociomitologiche della società contemporanea .
Un background culturale, quello dei comics e dei cartoon, che ha segnato soprattutto gli artisti nati negli anni Settanta, affetti da quella che sociologi, studiosi e giornalisti hanno chiamato Sindrome di Peter Pan. Una volontà strenua di conservare le radici del comportamento e della cultura infantile, che ha generato una schiera di Kiddult (Kid + Adult), come li chiama nel suo romanzo omonimo la scrittrice americana Lee Nichols, ovvero una legione di “adultescenti”, che propugnano un infantilismo a matrice tecno-ludica, simile a quello degli Otaku giapponesi.
Ivan Quaroni
Figli degli eroi dei romanzi d’appendice del XIX secolo, ma anche delle divinità della mitologia greco-romana e germanica (Wonder Woman e Thor, tanto per fare un esempio), i supereroi in calzamaglia hanno seguito passo passo le paure e gli umori della società che li ha creati, a cominciare dai drammi della seconda guerra mondiale, passando per le tensioni della guerra fredda, fino al crollo delle twin tower. Durante questi sconvolgimenti epocali, la loro personalità si è evoluta, raggiungendo livelli di maggiore complessità psicologica. Nel corso del tempo, con la complicità di scrittori del calibro di Stan Lee, Jack Kirby e Steve Dikto, sono infatti nati i cosiddetti supereroi con superproblemi, che hanno spazzato via la semplicità manichea della golden age, l’età aurea del fumetto americano, per fare posto a nuovi character alle prese con problemi reali: i Fantastici Quattro, l’Uomo Ragno, Hulk, Devil e Iron Man.
Nel giro di tre decenni dalla nascita, la popolarità dei supereroi era cresciuta a tal punto, che perfino l’arte contemporanea dovette accorgersene. Oltre mezzo secolo fa, i primi artisti pop americani iniziarono a riflettere sull’opportunità d’integrare le icone della società di massa nell’immaginario artistico, seguendo una logica di contaminazione tra cultura alta e popolare. Negli anni Sessanta, mentre Roy Lichtenstein utilizza le strip dei comics per inseguire una sua particolare idea di sintesi del linguaggio pittorico, anche “Andy Warhol – racconta Tilman Osterwold – comincia a dipingere servendosi di motivi grafici tratti dalla pubblicità e dai fumetti”. Oltre a Dick Tracy e Popeye, Warhol dipinge Supeman e Batman e nel 1964 gira addirittura un film intitolato Batman Dracula. Wonder Woman e Flash, invece, appaiono tra i soggetti dipinti da Mel Ramos, artista californiano divenuto celebre per le sue sexy pinup.
Oggi, una nuova generazione di artisti italiani, da Gabriele Arruzzo ad Andrea Mastrovito, da Vanni Cuoghi a Michael Rotondi, da Ozmo a Giuseppe Veneziano, fino al più maturo Marco Fantini, torna a confrontarsi con le icone dell’immaginario supereroistico. Si tratta di rivisitazioni ironiche e di recuperi nostalgici, oppure di letture pop e sociomitologiche della società contemporanea .
Un background culturale, quello dei comics e dei cartoon, che ha segnato soprattutto gli artisti nati negli anni Settanta, affetti da quella che sociologi, studiosi e giornalisti hanno chiamato Sindrome di Peter Pan. Una volontà strenua di conservare le radici del comportamento e della cultura infantile, che ha generato una schiera di Kiddult (Kid + Adult), come li chiama nel suo romanzo omonimo la scrittrice americana Lee Nichols, ovvero una legione di “adultescenti”, che propugnano un infantilismo a matrice tecno-ludica, simile a quello degli Otaku giapponesi.
Ivan Quaroni
15
settembre 2006
Crisis
Dal 15 settembre al 14 ottobre 2006
giovane arte
Location
GALLERIA SAN SALVATORE
Modena, Via Canalino, 31, (Modena)
Modena, Via Canalino, 31, (Modena)
Orario di apertura
In occasione del Festival di Filosofia ven 15 – dom.17 settembre 15.30/23.00
sab.16 15.30/02.00
mer.ven.17.00/19.30 sabato 15.30/19.30
Vernissage
15 Settembre 2006, ore 18
Autore
Curatore