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Cristiano Gabrielli – Incompres2o
Un’occasione espositiva espressa in tre momenti, tre personali realizzate a Roma nella Galleria Massenzio Arte di via del Commercio 12. Una trilogia che vuole evidenziare, tramite l’unicità e la irripetibilità dell’ossessione personale che si traduce in ossessione d’arte, la persistenza e ricorrenza di un codice proprio, unico ed irripetibile all’interno dell’opera, la possibilità di azioni, di modalità di manifestazione e rappresentazione alternativa rispetto a quelle che sono operative all’interno dei sistemi di svolgimento contemporaneo dell’arte.
Comunicato stampa
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IncompreS2o
An exotic, epic, heretic & erotic mobile suite.________________________________________________
“Scire. Potere
Audere. Tacere.”
Zoroastro
“Gooble-gobble! Gooble-gobble! We accept you! We accept you! One of us! One of us!”
Tod Browning-Freaks
“Quando il <> va al di là di un certo limite di trasgressione del <>, fa nascere, automaticamente il RIMPIANTO DEL CODICE.
Si potrebbe dire che lo scandalo linguistico ha la stessa funzione dello scandalo morale o di comportamento: ambedue, se portati a forme estreme, creando, appunto, tale rimpianto, anziché distrarre il destinatario del codice e renderlo critico nei suoi confronti lo riconfermano nella sua bontà.
Il borghese che si scandalizza si sente autorizzato a compiere di nuovo, allo stato vergine, una scelta conformistica già compiuta.
Ma mentre sul piano morale o di comportamento uno scandalo estremo (il suicidio, la santità, o come oggi, la rabbia) è giustificato dal fatto di associarsi, assimilandosene, a ciò che è di per sé – e non per decisione, volontà o coscienza politica -<>- (essere negro, essere povero, essere ebreo, essere omosessuale ecc.), e quindi è giusto che la reazione criminale del borghese sia il rimpianto della norma e la riconferma della sua bontà – ciò non vale per un altrettanto estremo scandalo linguistico. (…)
Le ricerche linguistiche (i messaggi poetici) avvengono a livello culturale, non esistenziale.
Sono vissuti nella COSCIENZA, non NEL CORPO.
Lo scandalo che essi provocano trova degli scandalizzati privilegiati: tale scandalo viene quindi rifiutato senza terrore esistenziale e il conseguente RIMPIANTO DEL CODICE (E LA SUA RICONFERMA) è freddo, parziale, inefficace.
Applicare sulla carta (è il caso di dirlo), quelle che sono le infrazioni al codice come si presentano teoricamente ad uno studioso della <> è ingenuo.”
Pierpaolo Pasolini- Empirismo eretico
E’ diventato molto ergonomico, e perniciosamente diffuso, appropriarsi dei differenti crismi della diversità per utilizzarli in maniera funzionale alle proprie strategie, ai propri appetiti, al proprio moralismo (o peggio ad un sempre più superficiale a-moralismo controriformista che si accontenta dell’esistenza e della sopravvivenza e non affronta mai la propria sostanza), alla vestibilità rispetto alle cornici ed ai contesti, alla gratuità del senso di appartenenza espresso in consumo acritico, alla frequentabilità dei diversi palcoscenici di cui dispone la traduzione spiccia dell’alienità nel suo semplice farsi teatro e quindi repertorio di maschere, con intenzioni blandamente terapeutiche e riduttivamente catartiche, quando non esclusivamente rappresentative di una mera autosignificanza.
Fare coagulo delle essenze relative all’atteggiamento eretico e critico, esprimere l’interazione e la coniugazione tra corpo e coscienza, scorgere la rottura, purtroppo sempre meno traumatica, che si genera nella dialettica immobile tra una oggettività sempre più desiderabile ed una soggettività sempre più oggettivizzata, sembra scomodo e dottrinalmente fuori sincrono rispetto alle indagini realizzabili nella contemporaneità.
Ma è perfettamente aderente, a mio avviso, ai dettati dell’onestà rispetto all’espressione artistica e personale del proprio scandalo esistenziale, o meglio non riduttivamente a ciò che di tale espressione viene banalmente spesso solo analizzato, escusso, sottoposto a quaestio inquisitoria per renderlo, con atteggiamento ipocrita, benevolmente e paternalisticamente accolto nelle apparenze, nella sostanza invece definito ed inteso come emarginato ed esecrabile, sottostimato e minimizzato, dopo essere stato magari sollecitato e munto con intenzioni di consumo, cosificazione, appropriazione, per poter essere trasformato in mangime, di cui cibarsi ottusamente.
Paradossalmente ma massicciamente, grazie a meccanismi ormai noti, la qualità eretica, il quid di alterità che rappresenta la messa in crisi critica di un qualsiasi sistema, mediante affermazione e realizzazione di idee platoniche (che non potranno mai essere dotate di caratteristiche di asservibilità e riconducibilità al sistema stesso né tantomeno divenire sistema a loro volta), viene esclusa o resa semplicemente irrilevante tramite cooptazione al contesto.
Comunicare, comprensibilmente.
Esistere senza mai resistere.
E’ l’accettabilità, la comunicabilità, la modularità di questo plateau a mosaico che concorre a realizzare ed avverare nel reale un sogno tardo capitalistico ed infimo borghese di comprensibilità spiccia, di democratica e demagogica ortodossia e qualunquistica riconducibilità di tutto al tutto: l’era dell’Acquario delle diversità.
Ma questa è probabilmente solo un’altra ossessione, la mia, tra le tante esprimibili dal tempo che stiamo vivendo, come l’esigenza di silenzio, di assenza di stimolo raggiunta mettendo in atto l’esercizio intensivo e compulsivo dell’ overload, della coincidente messa in pausa dell’esperienza, dell’edonistico desiderio di congelamento in posa, della divisione manichea che mutilando, modellando, limando e limitando il campo di espressione, di indagine e di esistenza possa consentire l’omologia, la catalogazione enciclopedica della devianza per funzionali aree di appartenenza e di manifestazione ed il suo farsi esercizio strumentale a pulsioni morbosamente post-vittoriane o demenzialmente illuministiche.
Le manifestazioni espressive che così oggi vengono, come vennero, assimilate alle categorie del degenerato vanno, piuttosto che promosse ed incoraggiate, avverate con la consapevolezza che impone la ricerca.
Il mosaico della diversità, la tessitura stessa del tappeto antropologico, artistico e sociale va evidenziata, declinata e vissuta in situazione, non mantenendo a registro le dissonanze, ma rammentando che l’ossessione è sempre anche sottosuolo ed isolamento, silenzio, privazione e rinuncia che fa da fondamenta oltre che alle nevrosi e al patologico (o a ciò che così ci abituiamo a definire, accogliere, snaturare e piegare, sorvolando sulle reali nevrosi, sulle patologie sapientemente indotte ed eterodirette) anche all’evoluzione e all’alterità rispetto al contesto, al suo scardinamento, alla realizzazione ed all’avverarsi di alternative ai sistemi attualmente espressi.
La reale alienità non si può accontentare di essere categoria dell’esistente, della rappresentazione, o tradursi in casta metafisica, o ancora essere in sintonia col senso post-moderno e rappresentare tutti questi valori e l’aspirazione ai loro rispettivi contrari.
E’ anche contrapposizione, momento di rottura, scontro.
Più semplicemente, ereticamente, sensologicamente, platonicamente, non può essere che altro, e lo manifesta poeticamente come nel declinarsi del percorso esistenziale, nella disarmonia radicale tra ciò che è sublime perché intimo e non parcellizzabile e quello che si vorrebbe avesse smercio nella mera e squallida socialità che oggi si osa definire ambito sociale.
E’ la stessa disarmonia che alimenta nell’uomo contemporaneo l’aspirazione alla normalità e all’alterità codificata e codificabile, a quiete distanze difese e sancite da recinti, pavidi distinguo ed ostracismi e per contrappasso lo imprigiona invece in una perenne irritabilità, bloccandolo in quel senso di frustrazione, morbosa irrequietezza che ben sembra placarsi soltanto piegandosi alle orge del consumo indifferenziato, merceologico quanto culturale ed etico, delle prone ed astute convenienze offerte, ma di fatto imposte, a noi stessi, al prossimo, alla società.
Oltre all’arte si evidenzia il bisogno, irrinunciabile, del suo retro quinta, di reali interazioni, di effettive inferenze: lo svelarsi delle sue caratteristiche di frequentazione rispetto ai territori dell’ossessione, dell’incomunicabile, dell’incomprensione e della durezza, della non comprimibilità, il suo farsi a prezzo e grazie a tutto questo, il suo venire negata e bruciata, il suo santificarsi, la sua possibilità di divenire risorsa per attraversare la contemporaneità, e finalmente uscirne.
Eresie, probabilmente.
An exotic, epic, heretic & erotic mobile suite.________________________________________________
“Scire. Potere
Audere. Tacere.”
Zoroastro
“Gooble-gobble! Gooble-gobble! We accept you! We accept you! One of us! One of us!”
Tod Browning-Freaks
“Quando il <
Si potrebbe dire che lo scandalo linguistico ha la stessa funzione dello scandalo morale o di comportamento: ambedue, se portati a forme estreme, creando, appunto, tale rimpianto, anziché distrarre il destinatario del codice e renderlo critico nei suoi confronti lo riconfermano nella sua bontà.
Il borghese che si scandalizza si sente autorizzato a compiere di nuovo, allo stato vergine, una scelta conformistica già compiuta.
Ma mentre sul piano morale o di comportamento uno scandalo estremo (il suicidio, la santità, o come oggi, la rabbia) è giustificato dal fatto di associarsi, assimilandosene, a ciò che è di per sé – e non per decisione, volontà o coscienza politica -<
Le ricerche linguistiche (i messaggi poetici) avvengono a livello culturale, non esistenziale.
Sono vissuti nella COSCIENZA, non NEL CORPO.
Lo scandalo che essi provocano trova degli scandalizzati privilegiati: tale scandalo viene quindi rifiutato senza terrore esistenziale e il conseguente RIMPIANTO DEL CODICE (E LA SUA RICONFERMA) è freddo, parziale, inefficace.
Applicare sulla carta (è il caso di dirlo), quelle che sono le infrazioni al codice come si presentano teoricamente ad uno studioso della <
Pierpaolo Pasolini- Empirismo eretico
E’ diventato molto ergonomico, e perniciosamente diffuso, appropriarsi dei differenti crismi della diversità per utilizzarli in maniera funzionale alle proprie strategie, ai propri appetiti, al proprio moralismo (o peggio ad un sempre più superficiale a-moralismo controriformista che si accontenta dell’esistenza e della sopravvivenza e non affronta mai la propria sostanza), alla vestibilità rispetto alle cornici ed ai contesti, alla gratuità del senso di appartenenza espresso in consumo acritico, alla frequentabilità dei diversi palcoscenici di cui dispone la traduzione spiccia dell’alienità nel suo semplice farsi teatro e quindi repertorio di maschere, con intenzioni blandamente terapeutiche e riduttivamente catartiche, quando non esclusivamente rappresentative di una mera autosignificanza.
Fare coagulo delle essenze relative all’atteggiamento eretico e critico, esprimere l’interazione e la coniugazione tra corpo e coscienza, scorgere la rottura, purtroppo sempre meno traumatica, che si genera nella dialettica immobile tra una oggettività sempre più desiderabile ed una soggettività sempre più oggettivizzata, sembra scomodo e dottrinalmente fuori sincrono rispetto alle indagini realizzabili nella contemporaneità.
Ma è perfettamente aderente, a mio avviso, ai dettati dell’onestà rispetto all’espressione artistica e personale del proprio scandalo esistenziale, o meglio non riduttivamente a ciò che di tale espressione viene banalmente spesso solo analizzato, escusso, sottoposto a quaestio inquisitoria per renderlo, con atteggiamento ipocrita, benevolmente e paternalisticamente accolto nelle apparenze, nella sostanza invece definito ed inteso come emarginato ed esecrabile, sottostimato e minimizzato, dopo essere stato magari sollecitato e munto con intenzioni di consumo, cosificazione, appropriazione, per poter essere trasformato in mangime, di cui cibarsi ottusamente.
Paradossalmente ma massicciamente, grazie a meccanismi ormai noti, la qualità eretica, il quid di alterità che rappresenta la messa in crisi critica di un qualsiasi sistema, mediante affermazione e realizzazione di idee platoniche (che non potranno mai essere dotate di caratteristiche di asservibilità e riconducibilità al sistema stesso né tantomeno divenire sistema a loro volta), viene esclusa o resa semplicemente irrilevante tramite cooptazione al contesto.
Comunicare, comprensibilmente.
Esistere senza mai resistere.
E’ l’accettabilità, la comunicabilità, la modularità di questo plateau a mosaico che concorre a realizzare ed avverare nel reale un sogno tardo capitalistico ed infimo borghese di comprensibilità spiccia, di democratica e demagogica ortodossia e qualunquistica riconducibilità di tutto al tutto: l’era dell’Acquario delle diversità.
Ma questa è probabilmente solo un’altra ossessione, la mia, tra le tante esprimibili dal tempo che stiamo vivendo, come l’esigenza di silenzio, di assenza di stimolo raggiunta mettendo in atto l’esercizio intensivo e compulsivo dell’ overload, della coincidente messa in pausa dell’esperienza, dell’edonistico desiderio di congelamento in posa, della divisione manichea che mutilando, modellando, limando e limitando il campo di espressione, di indagine e di esistenza possa consentire l’omologia, la catalogazione enciclopedica della devianza per funzionali aree di appartenenza e di manifestazione ed il suo farsi esercizio strumentale a pulsioni morbosamente post-vittoriane o demenzialmente illuministiche.
Le manifestazioni espressive che così oggi vengono, come vennero, assimilate alle categorie del degenerato vanno, piuttosto che promosse ed incoraggiate, avverate con la consapevolezza che impone la ricerca.
Il mosaico della diversità, la tessitura stessa del tappeto antropologico, artistico e sociale va evidenziata, declinata e vissuta in situazione, non mantenendo a registro le dissonanze, ma rammentando che l’ossessione è sempre anche sottosuolo ed isolamento, silenzio, privazione e rinuncia che fa da fondamenta oltre che alle nevrosi e al patologico (o a ciò che così ci abituiamo a definire, accogliere, snaturare e piegare, sorvolando sulle reali nevrosi, sulle patologie sapientemente indotte ed eterodirette) anche all’evoluzione e all’alterità rispetto al contesto, al suo scardinamento, alla realizzazione ed all’avverarsi di alternative ai sistemi attualmente espressi.
La reale alienità non si può accontentare di essere categoria dell’esistente, della rappresentazione, o tradursi in casta metafisica, o ancora essere in sintonia col senso post-moderno e rappresentare tutti questi valori e l’aspirazione ai loro rispettivi contrari.
E’ anche contrapposizione, momento di rottura, scontro.
Più semplicemente, ereticamente, sensologicamente, platonicamente, non può essere che altro, e lo manifesta poeticamente come nel declinarsi del percorso esistenziale, nella disarmonia radicale tra ciò che è sublime perché intimo e non parcellizzabile e quello che si vorrebbe avesse smercio nella mera e squallida socialità che oggi si osa definire ambito sociale.
E’ la stessa disarmonia che alimenta nell’uomo contemporaneo l’aspirazione alla normalità e all’alterità codificata e codificabile, a quiete distanze difese e sancite da recinti, pavidi distinguo ed ostracismi e per contrappasso lo imprigiona invece in una perenne irritabilità, bloccandolo in quel senso di frustrazione, morbosa irrequietezza che ben sembra placarsi soltanto piegandosi alle orge del consumo indifferenziato, merceologico quanto culturale ed etico, delle prone ed astute convenienze offerte, ma di fatto imposte, a noi stessi, al prossimo, alla società.
Oltre all’arte si evidenzia il bisogno, irrinunciabile, del suo retro quinta, di reali interazioni, di effettive inferenze: lo svelarsi delle sue caratteristiche di frequentazione rispetto ai territori dell’ossessione, dell’incomunicabile, dell’incomprensione e della durezza, della non comprimibilità, il suo farsi a prezzo e grazie a tutto questo, il suo venire negata e bruciata, il suo santificarsi, la sua possibilità di divenire risorsa per attraversare la contemporaneità, e finalmente uscirne.
Eresie, probabilmente.
15
ottobre 2009
Cristiano Gabrielli – Incompres2o
Dal 15 al 24 ottobre 2009
arte contemporanea
Location
MASSENZIO ARTE
Roma, Via Del Commercio, 12, (Roma)
Roma, Via Del Commercio, 12, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato ore 16.00/19.00, festivi esclusi
Vernissage
15 Ottobre 2009, ore 18
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