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Cristina Mian & Marco Frigerio
Cristina Mian (1967) e Marco Frigerio (1966) sono una coppia di artisti. Dopo esperienze nell’ambito della pittura e della poesia, hanno iniziato una ricerca molto serrata a livello fotografico
Comunicato stampa
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Cristina Mian (1967) e Marco Frigerio (1966) sono una coppia di artisti. Dopo esperienze nell'ambito della pittura e della poesia, hanno iniziato una ricerca molto serrata a livello fotografico. Hanno nel passato partecipato a mostre internazionali di notevole importanza. Hanno esposto i loro lavori alla Reflex New Art Gallery di Amsterdam e sono stati ospiti della Biennale di Fotografia di Tenerife del 2005.
La ricerca fotografica e artistica di Marco Frigerio e Cristina Mian parte da un assunto che apparentemente ha più legami con la sociologia che non con la storia dell'arte. Si tratta del problema della delocalizzazione dell'industria. Gli "Invisible Workers", a cui accenna il titolo della loro mostra personale qui allo Spazio Symphonia Arte Contemporanea sono, infatti, operai che oggi non esistono più. Sono i lavoratori di quella miriade di fabbriche che un tempo circondavano Milano e che, ad una ad una, sono state smantellate, in parte a causa delle cicliche crisi economiche del nostro paese e in parte a causa della trasformazione dei modelli produttivi internazionali, che come sostenuto da diversi economisti stanno traghettando la nostra economia da un sistema fordista ad uno postfordista. In questo nuovo modello produttivo le industrie dei paesi più sviluppati tendono a delocalizzare la propria produzione, a trasferire all'estero, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, le officine e la realizzazione vera e propria dei prodotti. Accade così che i quartieri industriali vengono a poco a poco dismessi e si trasformano in enormi cimiteri tecnologici, all'interno dei quali sono ancora visibili i segni di un tempo che ora non esiste più.
Le opere presenti in mostra sono nate proprio all'interno di questi luoghi/non luoghi costellati da silos, cantieri di cemento, enormi piattaforme di metallo, gasoliere e via dicendo. Molti autori sono rimasti affascinati da questi spazi postindustriali. Scrittori come Ballard hanno raccontato l'aspetto suggestivo di queste architetture abbandonate, ad un tempo intime ed inquietanti. Intime perchè si tratta di oggetti e ambienti perfettamente conosciuti. Ma allo stesso tempo inquietanti, in quanto non appena perdono la loro consueta funzione acquistano un significato completamente diverso.
Come archeologi industriali Mian e Frigerio penetrano all'interno di questi enormi spazi abbandonati, li studiano e poi li immortalano alla ricerca di resti, documenti, testimonianze della civiltà e dell'umanità che vi è transitata. Ecco allora che vetrate rotte, cavi e tubature si trasformano in codici da interpretare, mentre gru, ruspe e tiranti vengono rappresentati come enormi resti fossili che raccontano vite appartenenti ad un'altra era. Il loro scopo è mostrare i molteplici significati e le molteplici suggestioni che emanano da questi luoghi abbandonati.
Nelle opere della coppia di artisti il linguaggio freddo della fotografia si mescola all'esigenza di reinterpretare, rivivere, comprendere dall'interno questi spazi cercando di ricostruire il senso di questi ambienti misteriosi. Soprattutto nelle ultime serie di lavori, l'aspetto documentaristico lascia il posto ad una sorta di simbolismo suburbano dove le tracce della civiltà postindustriale vengono rappresentate come lettere appartenenti ad un alfabeto misterioso. In alcuni lavori comincia a comparire anche la figura umana, come se da quei cimiteri abbandonati incominciassero ad uscire inquieti fantasmi.
Questa mostra è un’iniziativa congiunta di Symphonia SGR e della Galleria Pack in Foro Bonaparte n. 60 Milano, conferma l’impegno di Symphonia SGR a favore dell’arte e ha inoltre l’obiettivo di creare un legame diretto con il pubblico.
La ricerca fotografica e artistica di Marco Frigerio e Cristina Mian parte da un assunto che apparentemente ha più legami con la sociologia che non con la storia dell'arte. Si tratta del problema della delocalizzazione dell'industria. Gli "Invisible Workers", a cui accenna il titolo della loro mostra personale qui allo Spazio Symphonia Arte Contemporanea sono, infatti, operai che oggi non esistono più. Sono i lavoratori di quella miriade di fabbriche che un tempo circondavano Milano e che, ad una ad una, sono state smantellate, in parte a causa delle cicliche crisi economiche del nostro paese e in parte a causa della trasformazione dei modelli produttivi internazionali, che come sostenuto da diversi economisti stanno traghettando la nostra economia da un sistema fordista ad uno postfordista. In questo nuovo modello produttivo le industrie dei paesi più sviluppati tendono a delocalizzare la propria produzione, a trasferire all'estero, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, le officine e la realizzazione vera e propria dei prodotti. Accade così che i quartieri industriali vengono a poco a poco dismessi e si trasformano in enormi cimiteri tecnologici, all'interno dei quali sono ancora visibili i segni di un tempo che ora non esiste più.
Le opere presenti in mostra sono nate proprio all'interno di questi luoghi/non luoghi costellati da silos, cantieri di cemento, enormi piattaforme di metallo, gasoliere e via dicendo. Molti autori sono rimasti affascinati da questi spazi postindustriali. Scrittori come Ballard hanno raccontato l'aspetto suggestivo di queste architetture abbandonate, ad un tempo intime ed inquietanti. Intime perchè si tratta di oggetti e ambienti perfettamente conosciuti. Ma allo stesso tempo inquietanti, in quanto non appena perdono la loro consueta funzione acquistano un significato completamente diverso.
Come archeologi industriali Mian e Frigerio penetrano all'interno di questi enormi spazi abbandonati, li studiano e poi li immortalano alla ricerca di resti, documenti, testimonianze della civiltà e dell'umanità che vi è transitata. Ecco allora che vetrate rotte, cavi e tubature si trasformano in codici da interpretare, mentre gru, ruspe e tiranti vengono rappresentati come enormi resti fossili che raccontano vite appartenenti ad un'altra era. Il loro scopo è mostrare i molteplici significati e le molteplici suggestioni che emanano da questi luoghi abbandonati.
Nelle opere della coppia di artisti il linguaggio freddo della fotografia si mescola all'esigenza di reinterpretare, rivivere, comprendere dall'interno questi spazi cercando di ricostruire il senso di questi ambienti misteriosi. Soprattutto nelle ultime serie di lavori, l'aspetto documentaristico lascia il posto ad una sorta di simbolismo suburbano dove le tracce della civiltà postindustriale vengono rappresentate come lettere appartenenti ad un alfabeto misterioso. In alcuni lavori comincia a comparire anche la figura umana, come se da quei cimiteri abbandonati incominciassero ad uscire inquieti fantasmi.
Questa mostra è un’iniziativa congiunta di Symphonia SGR e della Galleria Pack in Foro Bonaparte n. 60 Milano, conferma l’impegno di Symphonia SGR a favore dell’arte e ha inoltre l’obiettivo di creare un legame diretto con il pubblico.
01
marzo 2006
Cristina Mian & Marco Frigerio
Dal primo marzo al 02 aprile 2006
arte contemporanea
Location
SPAZIO SYMPHONIA
Milano, Corso Giacomo Matteotti, 5, (Milano)
Milano, Corso Giacomo Matteotti, 5, (Milano)
Vernissage
1 Marzo 2006, ore 18
Autore
Curatore