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Cristina Valerio – Frammenti d’infinito
….i fiori, le sfere, i pianeti formano un universo onirico dove si muovono esili figure stilizzate, ieratiche come idoli indiani e innocenti come progenitori biblici.
Comunicato stampa
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Il Kunstmarchen, la fiaba d’arte, è quel genere letterario nato in Germania dai racconti popolari che diventa la forma espressiva di un’epoca e sintetizza il clima di un ambiente dove il sogno e la fantasia sono i filtri con i quali reinterpretare il reale: Goethe, Novalis, Tieck, i fratelli Grimm ne sono i precursori; Schlegel, Hoffmann, von Armin, Fouqué, Eichendorff i massimi esponenti.
(...) In questo contesto si inseriscono le opere di Cristina Valerio che cerca sulla tela la favola, la sua grammatica visiva è fatta pertanto di visioni che nascono da un modello idealizzato dell’arte e della vita: i fiori, le sfere, i pianeti formano un universo onirico dove si muovono esili figure stilizzate, ieratiche come idoli indiani e innocenti come progenitori biblici. Ciò che viene raccontato nella bidimensionalità dell’impianto è l’inconsistenza del sogno e la precarietà del sonno pertanto spesse volte le figure sono instabili; l’incertezza delle pose non è altro che la provvisorietà della loro condizione destinata a passare col mutare degli elementi. Se l’arte è illusione, il sogno lo è ancora di più e il marchen dell’artista diventa nostalgico, estremo tentativo di accogliere il meraviglioso che è nella realtà quotidiana. In quest’ottica anche gli oggetti più comuni diventano elementi magici, teosofici, incantati. In tutto questo la figura femminile assurge a ruolo di protagonista in quanto creatura soprannaturale che tenta col suo amore di dischiudere all’uomo, essere razionale e legato alla materia, le porte di una possibile armonia. Per far questo la donna diventa lunare, diafana, legata al mutare della luce e della consistenza. Graficamente tale visione si traduce in uno stile narrativo e pulito, didascalico ma mai naif, figurativo ma mai condizionato dalla pesantezza del corpo in quanto è la leggerezza che rende accettabile l’oscurità: cieli che mutano dalla luna le varie tonalità, sfondi liquidi, figure monocromatiche arricchite da arabeschi a rilievo, pennellate leggere. Nelle ultime opere, inoltre, si nota anche una diversa consapevolezza della superficie con lo spazio interno che cede e la tela che si arricchisce di interventi polimaterici (fili e stoffe) capaci di restituire, visivamente, la frammentarietà del racconto e la lontananza dal reale: “Poiché nel sogno nulla di reale attira su di sé la nostra attenzione, nella incessante occupazione della nostra fantasia perdiamo la memoria della realtà; dietro di noi si è spezzato il filo che ci ha guidato attraverso il misterioso labirinto; e alla fine ci abbandoniamo completamente all’incomprensibile. Allora il meraviglioso si fa per noi comune e naturale”
Tommaso Evangelista
(Critico e Storico dell’Arte
(...) In questo contesto si inseriscono le opere di Cristina Valerio che cerca sulla tela la favola, la sua grammatica visiva è fatta pertanto di visioni che nascono da un modello idealizzato dell’arte e della vita: i fiori, le sfere, i pianeti formano un universo onirico dove si muovono esili figure stilizzate, ieratiche come idoli indiani e innocenti come progenitori biblici. Ciò che viene raccontato nella bidimensionalità dell’impianto è l’inconsistenza del sogno e la precarietà del sonno pertanto spesse volte le figure sono instabili; l’incertezza delle pose non è altro che la provvisorietà della loro condizione destinata a passare col mutare degli elementi. Se l’arte è illusione, il sogno lo è ancora di più e il marchen dell’artista diventa nostalgico, estremo tentativo di accogliere il meraviglioso che è nella realtà quotidiana. In quest’ottica anche gli oggetti più comuni diventano elementi magici, teosofici, incantati. In tutto questo la figura femminile assurge a ruolo di protagonista in quanto creatura soprannaturale che tenta col suo amore di dischiudere all’uomo, essere razionale e legato alla materia, le porte di una possibile armonia. Per far questo la donna diventa lunare, diafana, legata al mutare della luce e della consistenza. Graficamente tale visione si traduce in uno stile narrativo e pulito, didascalico ma mai naif, figurativo ma mai condizionato dalla pesantezza del corpo in quanto è la leggerezza che rende accettabile l’oscurità: cieli che mutano dalla luna le varie tonalità, sfondi liquidi, figure monocromatiche arricchite da arabeschi a rilievo, pennellate leggere. Nelle ultime opere, inoltre, si nota anche una diversa consapevolezza della superficie con lo spazio interno che cede e la tela che si arricchisce di interventi polimaterici (fili e stoffe) capaci di restituire, visivamente, la frammentarietà del racconto e la lontananza dal reale: “Poiché nel sogno nulla di reale attira su di sé la nostra attenzione, nella incessante occupazione della nostra fantasia perdiamo la memoria della realtà; dietro di noi si è spezzato il filo che ci ha guidato attraverso il misterioso labirinto; e alla fine ci abbandoniamo completamente all’incomprensibile. Allora il meraviglioso si fa per noi comune e naturale”
Tommaso Evangelista
(Critico e Storico dell’Arte
01
febbraio 2012
Cristina Valerio – Frammenti d’infinito
Dal primo al 29 febbraio 2012
arte contemporanea
Location
RISTORART
Roma, Via Dei Cluniacensi, 9/11, (Roma)
Roma, Via Dei Cluniacensi, 9/11, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 12- 24
Vernissage
1 Febbraio 2012, ore 19,30
Autore
Curatore