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Crossing the Rubicon
“Pochi sono i disegni che hanno questa grana,
questa epidermide; più ancora, pochi con quel
nero profondo, di carbone venuto dal fondo.”
La polvere e il carbone , Jean Clair
Comunicato stampa
Segnala l'evento
''"Pochi sono i disegni che hanno questa grana,
questa epidermide; più ancora, pochi con quel
nero profondo, di carbone venuto dal fondo."
La polvere e il carbone , Jean Clair
In un'epoca in cui le sperimentazioni artistiche
indagano prevalentemente sul mezzo, Marko
Velk sceglie la tecnica più tradizionale di tutte: il
disegno a carboncino. Un mezzo espressivo
antico che connette l’uomo postmoderno agli
uomini dell’età della pietra che per tramandare ai
postumi le proprie tracce, concretizzare un’idea o
scongiurare la paura dell’ignoto utilizzavano un
tizzone ardente per lasciare un segno nero su di
una superfice. Non esiste una maniera più
naturale del carboncino per disegnare, il legno
diventa un prolungamento della mano dell’artista
riducendo la via tra la superficie e l’urgenza di
riempire il foglio vuoto. Anche per questo Marko
Velk sembra distaccarsi dall’arte contemporanea
spesso fondata su un concetto, un’idea, un
progetto a favore di un istinto creativo.
La mostra Crossing the Rubicon curata da Živa
Kraus prende il nome dall’omonimo disegno di
Marko Velk. L’illustrazione riproduce
realisticamente il quadro Washington crossing
the Delaware dipinto da Emanuel Leutze per
onorare l’impresa della traversata sul fiume
Delaware durante la guerra di indipendenza
americana il giorno di natale del 1776.
George Washington è paragonato a Giulio
Cesare nelle gesta dell’attraversamento del
Rubicone, quando l’imperatore pronunciò
le famose parole Alea Iacta Est,
il dado è tratto.
L’opera di Marko Velk ha degli elementi estranei
alla vicenda, simili a stringhe, che disturbano la
composizione tanto familiare confondendo
l’osservatore. Il disegno Crossing the Rubicon è
accompagnato da una serie di 12 ritratti a
carboncino dei protagonisti delle guerre di
indipendenza. Ancora una volta, elementi estranei
confondono lo spettatore innescando
un’inquietudine disorientante.
"Sono i ritratti , in queste forme nate dalla notte del
carbone e della polvere della grafite, a risultare
spesso le resurrezioni più inquietanti. Li si credeva
familiari e invece riescono così estranei. Sono così
presenti ma di una strana presenza; li si guarda
come apparizioni scaturite dal cuore della notte,
mentre sono della stessa medesima natura della
notte."
Questa è una parte del testo La polevere e il
carbone dello storico e critico dell'arte
dell’Acadèmie française Jean Clair, che rivede nel
lavoro di Marko Velk l’intera parabola della storia
dell’arte che termina nel ritorno ai simboli
ancestrali restaurando il potere primitivo e
inquietante di rappresentare la contemporaneità.
Il rovesciamento dell’armonia e la caoticità del
presente sono rappresentati da Marko Velk
mediante la trasformazione, l’ibridazione, lo
svisceramento dei personaggi con parti del corpo
come organi o ossa. Contemporaneamente
l’artista crea e deforma, esalta e nasconde,
facendo della sua arte ombra e luce, morte e vita.
L’osservatore è libero di interpretare il significato
dei simboli applicati ai volti, dando
un’interpretazione personale all’immagine e ai
personaggi. Sono eroi o nemici? Liberatori o
conquistatori?
Non a caso la serie termina con un anamorfismo di
un memento mori, simbolo rinascimentale di
enigma per eccellenza che spinge ancora una
volta lo spettatore a chiedersi con quale strumento
poter leggere l’opera, e a chi sia rivolta.
questa epidermide; più ancora, pochi con quel
nero profondo, di carbone venuto dal fondo."
La polvere e il carbone , Jean Clair
In un'epoca in cui le sperimentazioni artistiche
indagano prevalentemente sul mezzo, Marko
Velk sceglie la tecnica più tradizionale di tutte: il
disegno a carboncino. Un mezzo espressivo
antico che connette l’uomo postmoderno agli
uomini dell’età della pietra che per tramandare ai
postumi le proprie tracce, concretizzare un’idea o
scongiurare la paura dell’ignoto utilizzavano un
tizzone ardente per lasciare un segno nero su di
una superfice. Non esiste una maniera più
naturale del carboncino per disegnare, il legno
diventa un prolungamento della mano dell’artista
riducendo la via tra la superficie e l’urgenza di
riempire il foglio vuoto. Anche per questo Marko
Velk sembra distaccarsi dall’arte contemporanea
spesso fondata su un concetto, un’idea, un
progetto a favore di un istinto creativo.
La mostra Crossing the Rubicon curata da Živa
Kraus prende il nome dall’omonimo disegno di
Marko Velk. L’illustrazione riproduce
realisticamente il quadro Washington crossing
the Delaware dipinto da Emanuel Leutze per
onorare l’impresa della traversata sul fiume
Delaware durante la guerra di indipendenza
americana il giorno di natale del 1776.
George Washington è paragonato a Giulio
Cesare nelle gesta dell’attraversamento del
Rubicone, quando l’imperatore pronunciò
le famose parole Alea Iacta Est,
il dado è tratto.
L’opera di Marko Velk ha degli elementi estranei
alla vicenda, simili a stringhe, che disturbano la
composizione tanto familiare confondendo
l’osservatore. Il disegno Crossing the Rubicon è
accompagnato da una serie di 12 ritratti a
carboncino dei protagonisti delle guerre di
indipendenza. Ancora una volta, elementi estranei
confondono lo spettatore innescando
un’inquietudine disorientante.
"Sono i ritratti , in queste forme nate dalla notte del
carbone e della polvere della grafite, a risultare
spesso le resurrezioni più inquietanti. Li si credeva
familiari e invece riescono così estranei. Sono così
presenti ma di una strana presenza; li si guarda
come apparizioni scaturite dal cuore della notte,
mentre sono della stessa medesima natura della
notte."
Questa è una parte del testo La polevere e il
carbone dello storico e critico dell'arte
dell’Acadèmie française Jean Clair, che rivede nel
lavoro di Marko Velk l’intera parabola della storia
dell’arte che termina nel ritorno ai simboli
ancestrali restaurando il potere primitivo e
inquietante di rappresentare la contemporaneità.
Il rovesciamento dell’armonia e la caoticità del
presente sono rappresentati da Marko Velk
mediante la trasformazione, l’ibridazione, lo
svisceramento dei personaggi con parti del corpo
come organi o ossa. Contemporaneamente
l’artista crea e deforma, esalta e nasconde,
facendo della sua arte ombra e luce, morte e vita.
L’osservatore è libero di interpretare il significato
dei simboli applicati ai volti, dando
un’interpretazione personale all’immagine e ai
personaggi. Sono eroi o nemici? Liberatori o
conquistatori?
Non a caso la serie termina con un anamorfismo di
un memento mori, simbolo rinascimentale di
enigma per eccellenza che spinge ancora una
volta lo spettatore a chiedersi con quale strumento
poter leggere l’opera, e a chi sia rivolta.
05
marzo 2023
Crossing the Rubicon
Dal 05 marzo al 27 aprile 2023
arte contemporanea
Location
IKONA GALLERY – INTERNATIONAL SCHOOL OF PHOTOGRAPHY
Venezia, Cannaregio, 2909, (Venezia)
Venezia, Cannaregio, 2909, (Venezia)
Orario di apertura
Tutti i giorni dalle 11 alle 19, sabato chiuso.
Sito web
Editore
Éditions Lord Byron
Autore
Curatore
Autore testo critico