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Cullinan Richards – Black Lights
Nel caso di ‘Black Lights’ è importante per noi mantenere un certo equilibrio separando e ri-separando i lavori da altri lavori, così da non alterare il senso e il significato ma creando un’atmosfera di fragilità, temporaneità e provvisorietà ottenuta disseminando le opere all’interno dello spazio.
Comunicato stampa
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L’unione di un testo ad una mostra è piena di diffcoltà in quanto la pittura per noi esiste solo in termini di associazioni. Quando abbiamo iniziato a pensare a 'Black Lights' avevamo svariati sottotitoli e titoli provvisori sospesi
per qualche tempo nel nostro studio di Londra; ad esempio uno di questi era 'Because your mine' che deriva dalla prima versione di 'I put a Spell on you' di Jay Hawkins. La storia racconta che inizialmente doveva essere un Blues tradizionale,
ma quando durante la registrazione qualcuno portò pollo fritto e vino tutti i componenti della band si ubriacarono e il
pezzo fu totalmente trasformato divenendo veramente selvaggio (tanto che da allora venne conosciuto come 'Screamin
Jay Hawkins') e crudo, ma funzionava siccome interpretato da Jay con idiscutibile originalità e bizzarria. Questo
aneddoto infuenza in qualche modo la mostra 'Black Lights', ma mai in maniera esplicita. La storia originale è stata
distrutta dalla materialità dell’opera, mantenendo forse una semplice connessione gestuale a se stessa o una tensione
irrazionale tra l’opera d’arte e uno dei primi titoli provvisori.
La nostra scelta del materiale deriva da desideri e preferenze estetiche molto semplici e basilari. Innanzitutto
interagiamo con la pittura, ma forse non in maniera convenzionale. Per noi la pratica della pittura è il muro,
l’architettura, il processo dell’installazione, l’illuminazione, così come l’oggetto bidimensionale appeso a parete. Il lavoro
in 'Black Lights' consiste nel dare vita a quello che potrebbe apparire come un 'doppio'. Quando esponiamo e ri-
esponiamo una serie di lavori stabiliamo un’insieme di regole che infuenzino l’attenzione del fruitore/spettatore verso lo
show per potenziare l’attitudine verso la rappresentazione. Parliamo di astrazione all’interno del nostro lavoro quasi
come se si trattasse di una crisi, una crisi di utilizzo che comincia non solo con gli oggetti ma con le situazioni.
Nel caso di 'Black Lights' è importante per noi mantenere un certo equilibrio separando e ri-separando i lavori da altri
lavori, così da non alterare il senso e il signifcato ma creando un’atmosfera di fragilità, precarietà, temporaneità e
provvisorietà ottenuta disseminando in un modo particolare le opere all’interno dello spazio espositivo.
I testi sono utilizzati in modi differenti (sia sotto forma di titoli sia come testo vero e proprio), non per spiegare o
posizionare l’opera individualmente, ma principalmente per riferire a come potremmo procedere nella creazione di una
mostra. Per noi realizzare un’esposizione coinvolge tutti gli aspetti, compreso il nostro comportamento ed il modo in cui
qualcosa funziona o opera. Utilizziamo titoli e titoli provvisori per portare spudoratamente all’interno dell’opera una
forma di narrazione, connettendo istintivamente le nostre precedenti mostre sia reali che desiderate.
CULLINAN RICHARDS
“Così come Cullinan Richards mettono in primo piano la parte del processo di costruzione dell’esibizione, quella che altri artisti
potrebbero preferire rendere invisibile ( attrezzi del mestiere come nastro adesivo o metro, pitture ritoccate e rivestimenti in plastica presentati in
modo rilevante nel loro uffciale vocabolario), al tempo stesso non hanno paura di recuperare alcuni motivi da riutilizzare all’infnito (..). Si
potrebbe sospettare che per Cullinan Richards, rivisitare e sovvertire il loro stesso lavoro è un modo per garantire la sua natura di 'oggetti
equivalenti'. A molte cose di questo mondo viene testata la loro plausibilità più di una volta. Cullinan Richards testano la plausibilità della
loro arte fno al punto di distruzione, per poi setacciarne le macerie in cerca di frammenti narrativi”.
Tom Morton, British Art Show 7 Catalogo 2010.
per qualche tempo nel nostro studio di Londra; ad esempio uno di questi era 'Because your mine' che deriva dalla prima versione di 'I put a Spell on you' di Jay Hawkins. La storia racconta che inizialmente doveva essere un Blues tradizionale,
ma quando durante la registrazione qualcuno portò pollo fritto e vino tutti i componenti della band si ubriacarono e il
pezzo fu totalmente trasformato divenendo veramente selvaggio (tanto che da allora venne conosciuto come 'Screamin
Jay Hawkins') e crudo, ma funzionava siccome interpretato da Jay con idiscutibile originalità e bizzarria. Questo
aneddoto infuenza in qualche modo la mostra 'Black Lights', ma mai in maniera esplicita. La storia originale è stata
distrutta dalla materialità dell’opera, mantenendo forse una semplice connessione gestuale a se stessa o una tensione
irrazionale tra l’opera d’arte e uno dei primi titoli provvisori.
La nostra scelta del materiale deriva da desideri e preferenze estetiche molto semplici e basilari. Innanzitutto
interagiamo con la pittura, ma forse non in maniera convenzionale. Per noi la pratica della pittura è il muro,
l’architettura, il processo dell’installazione, l’illuminazione, così come l’oggetto bidimensionale appeso a parete. Il lavoro
in 'Black Lights' consiste nel dare vita a quello che potrebbe apparire come un 'doppio'. Quando esponiamo e ri-
esponiamo una serie di lavori stabiliamo un’insieme di regole che infuenzino l’attenzione del fruitore/spettatore verso lo
show per potenziare l’attitudine verso la rappresentazione. Parliamo di astrazione all’interno del nostro lavoro quasi
come se si trattasse di una crisi, una crisi di utilizzo che comincia non solo con gli oggetti ma con le situazioni.
Nel caso di 'Black Lights' è importante per noi mantenere un certo equilibrio separando e ri-separando i lavori da altri
lavori, così da non alterare il senso e il signifcato ma creando un’atmosfera di fragilità, precarietà, temporaneità e
provvisorietà ottenuta disseminando in un modo particolare le opere all’interno dello spazio espositivo.
I testi sono utilizzati in modi differenti (sia sotto forma di titoli sia come testo vero e proprio), non per spiegare o
posizionare l’opera individualmente, ma principalmente per riferire a come potremmo procedere nella creazione di una
mostra. Per noi realizzare un’esposizione coinvolge tutti gli aspetti, compreso il nostro comportamento ed il modo in cui
qualcosa funziona o opera. Utilizziamo titoli e titoli provvisori per portare spudoratamente all’interno dell’opera una
forma di narrazione, connettendo istintivamente le nostre precedenti mostre sia reali che desiderate.
CULLINAN RICHARDS
“Così come Cullinan Richards mettono in primo piano la parte del processo di costruzione dell’esibizione, quella che altri artisti
potrebbero preferire rendere invisibile ( attrezzi del mestiere come nastro adesivo o metro, pitture ritoccate e rivestimenti in plastica presentati in
modo rilevante nel loro uffciale vocabolario), al tempo stesso non hanno paura di recuperare alcuni motivi da riutilizzare all’infnito (..). Si
potrebbe sospettare che per Cullinan Richards, rivisitare e sovvertire il loro stesso lavoro è un modo per garantire la sua natura di 'oggetti
equivalenti'. A molte cose di questo mondo viene testata la loro plausibilità più di una volta. Cullinan Richards testano la plausibilità della
loro arte fno al punto di distruzione, per poi setacciarne le macerie in cerca di frammenti narrativi”.
Tom Morton, British Art Show 7 Catalogo 2010.
09
giugno 2011
Cullinan Richards – Black Lights
Dal 09 giugno al 30 luglio 2011
arte contemporanea
Location
CAR PROJECTS
Bologna, Viale Pietro Pietramellara, 4/4, (Bologna)
Bologna, Viale Pietro Pietramellara, 4/4, (Bologna)
Orario di apertura
martedì-venerdì 14.30-20.00
Vernissage
9 Giugno 2011, ore 18.00
Autore