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Cyril de Commarque – Frontiers
L’esposizione è a cura di Pier Paolo Pancotto, da tempo impegnato in una sua personale indagine sullo speciale rapporto esistente, ancora oggi, tra artisti stranieri e Roma. Rapporto che individua in Cyril de Commarque un caso esemplare essendo egli da sempre legato alla città, alla sua storia, alla sua cultura, come i ripetuti soggiorni dell’artista testimoniano.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Frontiers è il titolo della prima mostra personale in Italia dell’artista francese Cyril de
Commarque, ospitata dal MACRO – Museo d'arte contemporanea di Roma dal 27 novembre 2014
al 15 marzo 2015 e promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione
Artistica - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
L’esposizione è a cura di Pier Paolo Pancotto, da tempo impegnato in una sua personale indagine
sullo speciale rapporto esistente, ancora oggi, tra artisti stranieri e Roma. Rapporto che individua
in Cyril de Commarque un caso esemplare essendo egli da sempre legato alla città, alla sua storia,
alla sua cultura, come i ripetuti soggiorni dell’artista testimoniano.
Il progetto espositivo è composto da una grande installazione formata da tre
importanti opere ed ha per soggetto il rapporto tra l’individuo ed il concetto di
“confine”, articolato in tutte le sue sfumature semantiche: emotive, culturali e sociali. Queste
ultime, poste in relazione alla nozione di progresso e all’impatto che esso esercita sull’evolversi
della storia, sono da sempre al centro della ricerca di de Commarque.
Ne è un esempio La racine perdue, le père de mon père-Die Verlorene Würzel, die Vater meines
Vaters (2007), una video-installazione sonora che, traendo spunto da un episodio di cronaca
familiare, riflette sull’idea di dolore e di memoria. Oppure Esodo, un ciclo di lavori su carta avviato
nel 2010 incentrato sul dramma dei profughi in viaggio dalle loro terre d’origine.
O ancora Migrants (2012-13), una scultura in vetro, lattice e metallo, liberamente ispirata a Le
radeau de la Méduse di Theodore Gericault, che trasmette in forma sonora i messaggi di esuli in
fuga, e la serie Frontiers (2013) composta da sagome dei territori di Israele, Russia, Turchia in
alluminio placcato in oro ove ciascun strato di metallo corrisponde ad una stagione della storia
recente del luogo.
In particolare, Migrants parte da una riflessione dell'artista sulla condizione di molti migranti al
giorno d’oggi. Più di una persona su cento sta vivendo l'esperienza di una migrazione forzata.
Questo spostamento, sul piano psicologico e fisico, crea una condizione di sospensione in cui la
sfera del passato è inaccessibile, e il futuro incerto. L’esistenza penetra in uno stato di limbo,
tra pericolo e fragilità alimentata da sentimenti estremi. Molte persone lasciano il loro paese
e si gettano come bottiglie nel mare verso una vita nuova e ignota. Tutti questi individui, che
attraversano oceani su barche instabili, sono la fonte d’ispirazione di questo lavoro che, allo stesso
tempo, si rivolge a tutti coloro che sono stati costretti ad attraversare frontiere a causa di violenza
e distruzione. Migrants è una raccolta di bottiglie di vetro. Ogni bottiglia contiene un cuore che
batte al ritmo di un battito cardiaco. Le voci dei migranti - dove ogni parola esprime solitudine,
angoscia, sofferenza e, talvolta, disperazione - emanano, insieme alle bottiglie, un requiem,
composto da una sovrapposizione caotica di storie di migranti, persi tra passato, presente e futuro.
Frontiers è un lavoro costituito da una serie di sculture in alluminio placcato oro e ottone lucidato
che hanno la forma dei confini di paesi tra cui Israele, Germania, Russia, Turchia, Austria, e che,
attraverso strati sovrapposti di metallo, rappresentano l'evoluzione dei confini stessi nella storia
recente. La riflessione dell'artista parte dal significato attribuito alle frontiere, dalla considerazione
delle stesse come simbolo delle nazioni e di come gli esseri umani combattano da sempre per
esse, attraversandole sia legalmente che illegalmente ed erigendo muri. Simboleggiano l’egemonia
ma anche le nostre paure. I confini cambiano, nel corso di un secolo la fisionomia del mondo
si è costantemente evoluta. A causa dei conflitti, i confini si sono spostati e sono simili a strati
sovrapposti. Gli effetti sono migrazioni forzate, umiliazione, lotte, senso di frustrazione, minoranze
etniche e anche riconciliazione, pace.
Migrants e Frontiers-Israel sono ora esposte al MACRO. Le due opere, selezionate tra
numerose altre per la loro singolare capacità di testimoniare efficacemente il percorso creativo
dell’artista, sono idealmente e concretamente congiunte tra loro da una terza creazione,
concepita appositamente da de Commarque per l’occasione, che l’artista ha voluto
chiamare analogamente Frontiers, in continuità con la serie realizzata nel 2013 di cui il
MACRO espone solo la scultura relativa a Israele, e che fornisce il titolo della mostra a Roma.
Si tratta di un insieme di fili rossi distribuiti orizzontalmente lungo le pareti dello spazio espositivo, i
quali, oltre ad enfatizzare emblematicamente temi e contenuti delle opere in mostra, conferiscono
loro un impianto visivamente omogeneo dando luogo ad un’unica, grande installazione.
Note biografiche
Cyril de Commarque è nato in Francia nel 1970; attualmente vive e lavora tra Londra e Ibiza.
Esposizioni (selezione): Analog, Berlin, Blain|Southern Gallery (2013); L’Échappée Belle, Paris,
Grand Palais (2013); Fragile? Le Stanze del Vetro, Venezia, Fondazione Cini, a cura di Mario
Codognato (2013); 42152, Compiègne, Musée du Mémorial (2011); La racine perdue, le père de
mon père-Die Verlorene Würzel, die Vater meines Vaters, Paris, Bibliothèque Nationale de France
(2010); Sound performance (in occasione di Ecriture Silencieuse, a cura di Hervé Mickaeloff),
Paris, Espace Culturel Louis Vuitton (2009); Subduction zone, Berlin, Galerie 5213 (2009); Feel at
home, Riga, Museum Night (2009); La racine perdue, le père de mon père-Die Verlorene Würzel,
die Vater meines Vaters, Berlin, St Johannes Evangelist-Kirche, a cura di Caryl Ivrisse (2008); La
racine perdue, le père de mon père-Die Verlorene Würzel, die Vater meines Vaters, 92Y, New York
(2007); Salon de mars, Geneve (2003); Blue Dragon. Wall 6, Paris, Galerie Air de Paris (2001);
Human distorsion, New York, Belenky Gallery (1997); Urban Meditation, New York, The Artist
Space Soho (1996).
Commarque, ospitata dal MACRO – Museo d'arte contemporanea di Roma dal 27 novembre 2014
al 15 marzo 2015 e promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione
Artistica - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
L’esposizione è a cura di Pier Paolo Pancotto, da tempo impegnato in una sua personale indagine
sullo speciale rapporto esistente, ancora oggi, tra artisti stranieri e Roma. Rapporto che individua
in Cyril de Commarque un caso esemplare essendo egli da sempre legato alla città, alla sua storia,
alla sua cultura, come i ripetuti soggiorni dell’artista testimoniano.
Il progetto espositivo è composto da una grande installazione formata da tre
importanti opere ed ha per soggetto il rapporto tra l’individuo ed il concetto di
“confine”, articolato in tutte le sue sfumature semantiche: emotive, culturali e sociali. Queste
ultime, poste in relazione alla nozione di progresso e all’impatto che esso esercita sull’evolversi
della storia, sono da sempre al centro della ricerca di de Commarque.
Ne è un esempio La racine perdue, le père de mon père-Die Verlorene Würzel, die Vater meines
Vaters (2007), una video-installazione sonora che, traendo spunto da un episodio di cronaca
familiare, riflette sull’idea di dolore e di memoria. Oppure Esodo, un ciclo di lavori su carta avviato
nel 2010 incentrato sul dramma dei profughi in viaggio dalle loro terre d’origine.
O ancora Migrants (2012-13), una scultura in vetro, lattice e metallo, liberamente ispirata a Le
radeau de la Méduse di Theodore Gericault, che trasmette in forma sonora i messaggi di esuli in
fuga, e la serie Frontiers (2013) composta da sagome dei territori di Israele, Russia, Turchia in
alluminio placcato in oro ove ciascun strato di metallo corrisponde ad una stagione della storia
recente del luogo.
In particolare, Migrants parte da una riflessione dell'artista sulla condizione di molti migranti al
giorno d’oggi. Più di una persona su cento sta vivendo l'esperienza di una migrazione forzata.
Questo spostamento, sul piano psicologico e fisico, crea una condizione di sospensione in cui la
sfera del passato è inaccessibile, e il futuro incerto. L’esistenza penetra in uno stato di limbo,
tra pericolo e fragilità alimentata da sentimenti estremi. Molte persone lasciano il loro paese
e si gettano come bottiglie nel mare verso una vita nuova e ignota. Tutti questi individui, che
attraversano oceani su barche instabili, sono la fonte d’ispirazione di questo lavoro che, allo stesso
tempo, si rivolge a tutti coloro che sono stati costretti ad attraversare frontiere a causa di violenza
e distruzione. Migrants è una raccolta di bottiglie di vetro. Ogni bottiglia contiene un cuore che
batte al ritmo di un battito cardiaco. Le voci dei migranti - dove ogni parola esprime solitudine,
angoscia, sofferenza e, talvolta, disperazione - emanano, insieme alle bottiglie, un requiem,
composto da una sovrapposizione caotica di storie di migranti, persi tra passato, presente e futuro.
Frontiers è un lavoro costituito da una serie di sculture in alluminio placcato oro e ottone lucidato
che hanno la forma dei confini di paesi tra cui Israele, Germania, Russia, Turchia, Austria, e che,
attraverso strati sovrapposti di metallo, rappresentano l'evoluzione dei confini stessi nella storia
recente. La riflessione dell'artista parte dal significato attribuito alle frontiere, dalla considerazione
delle stesse come simbolo delle nazioni e di come gli esseri umani combattano da sempre per
esse, attraversandole sia legalmente che illegalmente ed erigendo muri. Simboleggiano l’egemonia
ma anche le nostre paure. I confini cambiano, nel corso di un secolo la fisionomia del mondo
si è costantemente evoluta. A causa dei conflitti, i confini si sono spostati e sono simili a strati
sovrapposti. Gli effetti sono migrazioni forzate, umiliazione, lotte, senso di frustrazione, minoranze
etniche e anche riconciliazione, pace.
Migrants e Frontiers-Israel sono ora esposte al MACRO. Le due opere, selezionate tra
numerose altre per la loro singolare capacità di testimoniare efficacemente il percorso creativo
dell’artista, sono idealmente e concretamente congiunte tra loro da una terza creazione,
concepita appositamente da de Commarque per l’occasione, che l’artista ha voluto
chiamare analogamente Frontiers, in continuità con la serie realizzata nel 2013 di cui il
MACRO espone solo la scultura relativa a Israele, e che fornisce il titolo della mostra a Roma.
Si tratta di un insieme di fili rossi distribuiti orizzontalmente lungo le pareti dello spazio espositivo, i
quali, oltre ad enfatizzare emblematicamente temi e contenuti delle opere in mostra, conferiscono
loro un impianto visivamente omogeneo dando luogo ad un’unica, grande installazione.
Note biografiche
Cyril de Commarque è nato in Francia nel 1970; attualmente vive e lavora tra Londra e Ibiza.
Esposizioni (selezione): Analog, Berlin, Blain|Southern Gallery (2013); L’Échappée Belle, Paris,
Grand Palais (2013); Fragile? Le Stanze del Vetro, Venezia, Fondazione Cini, a cura di Mario
Codognato (2013); 42152, Compiègne, Musée du Mémorial (2011); La racine perdue, le père de
mon père-Die Verlorene Würzel, die Vater meines Vaters, Paris, Bibliothèque Nationale de France
(2010); Sound performance (in occasione di Ecriture Silencieuse, a cura di Hervé Mickaeloff),
Paris, Espace Culturel Louis Vuitton (2009); Subduction zone, Berlin, Galerie 5213 (2009); Feel at
home, Riga, Museum Night (2009); La racine perdue, le père de mon père-Die Verlorene Würzel,
die Vater meines Vaters, Berlin, St Johannes Evangelist-Kirche, a cura di Caryl Ivrisse (2008); La
racine perdue, le père de mon père-Die Verlorene Würzel, die Vater meines Vaters, 92Y, New York
(2007); Salon de mars, Geneve (2003); Blue Dragon. Wall 6, Paris, Galerie Air de Paris (2001);
Human distorsion, New York, Belenky Gallery (1997); Urban Meditation, New York, The Artist
Space Soho (1996).
26
novembre 2014
Cyril de Commarque – Frontiers
Dal 26 novembre 2014 al 15 marzo 2015
arte contemporanea
Location
MACRO – MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA DI ROMA
Roma, Via Nizza, 138, (Roma)
Roma, Via Nizza, 138, (Roma)
Biglietti
Tariffa intera: non residenti 13,50 €, residenti 12,50 €.
Tariffa ridotta: non residenti 11,50 €, residenti 10,50 €.
Orario di apertura
da martedì a domenica, ore 11.00-19.00 / sabato: ore 11.00-22.00 (la biglietteria chiude un’ora prima). Da martedì a domenica dalle ore 11.00 alle ore 21.00 apertura dei cancelli (via Nizza 138 e via Reggio Emilia 54) per accedere agli spazi liberi: foyer, hall, ristorante, caffetteria, terrazza e spazio Area.
Vernissage
26 Novembre 2014, h 19
Ufficio stampa
ZETEMA
Autore
Curatore