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Da Canaletto a Tiepolo. Pittura veneziana del Settecento, mobili e porcellane dalla collezione Terruzzi
La mostra rappresenta un’occasione unica per ammirare una delle collezioni private più importanti in Italia, e in particolare le opere della pittura veneziana del Settecento.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Da venerdì 3 ottobre 2008 a domenica 11 gennaio 2009 Palazzo Reale ospita la
mostra "Da Canaletto a Tiepolo. Pittura veneziana del Settecento, mobili e
porcellane dalla collezione Terruzzi". La mostra, promossa dal Comune di
Milano - Cultura e prodotta da Palazzo Reale, sotto l'Alto Patronato del
Presidente della Repubblica Italiana, è a cura di Annalisa Scarpa e rappresenta
un'occasione unica per ammirare una delle collezioni private più importanti in
Italia.
Della vastità e poliedricità della collezione, di cui si è avuto un saggio a Roma
nella primavera del 2007 al Vittoriano, l'esposizione milanese privilegia la
sezione più preziosa e caratteristica della raccolta, focalizzando la selezione di
opere sulla pittura veneziana del Settecento. Si tratta di un nucleo
cronologicamente compatto, passione d'elezione di questi collezionisti, che offre
al visitatore un vademecum di questa scuola, un dizionario pressoché completo
delle potenzialità espressive degli artisti lagunari di quel secolo esposti a
Palazzo Rale con opere di qualità elevatissima e nomi di fama internazionale:
tra i lavori in mostra spiccano i cinque Canaletto e le due sale dedicate ai
Tiepolo.
La collezione Terruzzi si è formata negli ultimi cinquant'anni sull'onda di una
grande passione per l'arte in tutte le sue forme ed espressioni.
Al di là infatti di taluni nuclei fondamentali - la pittura veneziana del Settecento
esposta a Palazzo Reale, in primis - la raccolta si compone di un florilegio di
testimonianze artistiche che spazia dalle tavole a fondo oro e dai fronti di
cassone rinascimentali alle tormentate espressioni paesaggistiche di
Magnasco, a quelle trionfali di Giovanni Paolo Panini, via via fino alla
produzione moderna di Guttuso, De Chirico o Severini.
Il nucleo pittorico si integra con una delle più consistenti - per qualità e quantità -
raccolte di mobili settecenteschi in mano privata, molti dei quali di qualità
assolutamente museale. Porcellane, argenti ed arazzi completano l'insieme
della collezione, che nella sua globalità comprende più di 5000 pezzi.
IL PERCORSO DELLA MOSTRA
Il nucleo centrale della mostra è suddiviso in due sezioni dedicate
rispettivamente alla Pittura di paesaggio e veduta e alla Pittura di figura.
Nella sezione Pittura di paesaggio e veduta Marco Ricci è presente con otto
tempere, Francesco Zuccarelli con diciassette opere, Giuseppe Zais con sette,
Canaletto con cinque e
con altrettante Bernardo Bellotto; la presenza di Luca Carlevarijs emerge con
sette capricci e due vedute di Venezia che sono considerate tra le pietre miliari
dell'artista. Accanto a quest'ultimo,
Johann Richter si esprime con tre eccezionali vedute di Venezia. Interessante è
anche la presenza della raccolta di un grande dipinto di Bernardo Canal, padre
del Canaletto, come pure di due luminose, metalliche vedute veneziane di
Hendrick van Lint. Non manca il maestro di questi, Gaspar van Wittel, con tre
delicate vedute di Roma. Tra i pittori non autoctoni, spicca Antonio Joli e il
gardesano importato Giambattista Cimaroli.
Impossibile non soffermarsi poi sulle opere di due tra gli artisti protagonisti della
collezione Teruzzi: Michele Marieschi con la sua Veduta del Molo con il Palazzo
Ducale e Francesco Guardi con le due vedute Bacino di San Marco verso San
Giorgio e quella con l'Incendio a San Marcuola.
La sezione Pittura di figura ripercorre il XVIII secolo con analoga dovizia di
opere: per primo Sebastiano Ricci, chiave di volta del passaggio conflittuale tra
Seicento e Settecento e del riscatto quindi della pittura veneziana da uno stile
che si era chiuso in se stesso verso aperture culturali nuove ed approdi
internazionali.
Sospeso tra Ricci e Tiepolo troviamo Francesco Fontebasso il cui trionfale
Banchetto di Cleopatra ripercorre i fasti neo-veronesiani con un atteggiamento
meno aulico e un linguaggio più quotidiano. Dello stesso autore un piccolo
gioiello, di sottile, tenero erotismo - Giove e Antiope - ci testimonia una grande
eleganza formale.
Un cenno particolare meritano poi artisti come Gian Antonio Guardi e Pietro
Longhi. Del primo, portatore di uno stile totalmente autonomo, I due Amorini
esposti a Palazzo Reale fanno parte di un ciclo di sette tele che decorava
Palazzo Mocenigo a Venezia e che venne rimosso nel primo Novecento:
smembrate, le altre cinque vennero acquisite dallo Stato Italiano e decorano ora
l'Ambasciata di Parigi. Pietro Longhi è, di contro, narratore puro, cronista di una
società autoreferenziale, che non ammette il proprio disfacimento e che vive e
perpetua i propri riti sotto l'occhio disincantato, affettuoso ma critico, dell'artista.
Nelle due sale dedicate ai Tiepolo saranno esposti due cicli il cui possesso è
fonte d'orgoglio per la collezione: le tele provenienti dal veneziano Palazzo
Sandi, di un Giambattista Tiepolo poco più che ventenne accanto a Nicolò
Bambini, e parte degli affreschi, già tutti intrisi di sensibilità pre-neoclassica,
realizzati da Giandomenico Tiepolo per Palazzo Valmarana Franco a Vicenza,
quest'ultimi di recente acquisizione e mai esposti al pubblico. Cinquant'anni
esatti trascorrono tra le date di questi due gruppi di opere, cinquant'anni che
hanno visto il delinearsi dello stile tiepolesco, la sua evoluzione e l'esplosione
europea della sua fama. Giandomenico non era ancora nato quando il padre
eseguì le tele per Palazzo Veneziano, ma sarà appena adolescente quando
prenderà il pennello in mano per collaborare con lui.
A completamento di quest'importante sezione in ciascuna di queste due sale
sarà approntata una ricostruzione grafica e fotografica della disposizione
originaria dei due cicli.
Un capitolo a parte riguarda Jacopo Amigoni. Ritrattista della famiglia reale
inglese come di quella spagnola, scenografo, incisore, egli seppe coniugare la
seduzione del colorismo veneto con una interpretazione calda e vibrante della
lezione rococò europea. I Terruzzi hanno acquisito negli anni più di trenta opere
di questo artista il cui corpus non contiene più di duecento lavori. Il nucleo
compatto che ne risulta consente di allestire una "mostra nella mostra" che
assolve alla duplice funzione di poter meglio assaporare le sfumature stilistiche
di questo grande artista e contemporaneamente di sottolineare una delle
passioni più intense dei collezionisti di cui si espone la raccolta.
La mostra è arricchita inoltre da una campionatura di arredi estremamente
selettiva, proprio per sottolineare la compresenza essenziale di questi settori
nelle predilezioni dei collezionisti.
Mobili, porcellane, argenti, arazzi, arti decorative sono spesso considerati
nell'accezione comune normalissimi, quand'anche preziosi, elementi d'arredo;
ma oramai è chiaro che gli
ebanisti, come i cesellatori o i ceramisti sono artisti a tutti gli effetti; non solo,
ma spesso la creatività di pittori, così come di incisori o di architetti si metteva al
servizio di questa specialità.
La commode romana esposta in mostra è una delle prove più alte di
collaborazione tra artisti di differenti discipline: la perizia dell'esecutore
materiale si sposa alla perfezione con l'inventiva del
progettista - identificato nella fattispecie in Gian Battista Piranesi - con una
risultante armonia parificabile a quella di una scultura. Analogamente può dirsi
per la coppia di piani realizzati dal carpinate Carlo Gibertoni, uno dei più noti
scagliolisti del Seicento che, con la loro precoce datazione, segnano l'inizio di
un genere a trompe l'oeil del tutto inedito per quegli anni; così come per i due
tavoli intarsiati di Herni van Soest, che ad un'anima in rovere e noce uniscono
intarsi in ottone inciso, peltro, corno dipinto, rame applicato su tartaruga, cuoio e
bronzi dorati.
In mostra anche un sécrètaire di Francesco Abbiati, ebanista comasco attivo
prevalentemente a Milano almeno fino al 1828, con una ricchezza di intarsi in
legni orientali degna di un bassorilievo antico o di un affresco neoclassico.
Un'intera sala sarà dedicata alle porcellane sia occidentali (Sèvres, Meissen e
Napoli) che orientali: una carrellata di circa un centinaio di pezzi, tra i duemila
appartenenti alla collezione, che si mostrano come una rara campionatura di
periodi e stili.
mostra "Da Canaletto a Tiepolo. Pittura veneziana del Settecento, mobili e
porcellane dalla collezione Terruzzi". La mostra, promossa dal Comune di
Milano - Cultura e prodotta da Palazzo Reale, sotto l'Alto Patronato del
Presidente della Repubblica Italiana, è a cura di Annalisa Scarpa e rappresenta
un'occasione unica per ammirare una delle collezioni private più importanti in
Italia.
Della vastità e poliedricità della collezione, di cui si è avuto un saggio a Roma
nella primavera del 2007 al Vittoriano, l'esposizione milanese privilegia la
sezione più preziosa e caratteristica della raccolta, focalizzando la selezione di
opere sulla pittura veneziana del Settecento. Si tratta di un nucleo
cronologicamente compatto, passione d'elezione di questi collezionisti, che offre
al visitatore un vademecum di questa scuola, un dizionario pressoché completo
delle potenzialità espressive degli artisti lagunari di quel secolo esposti a
Palazzo Rale con opere di qualità elevatissima e nomi di fama internazionale:
tra i lavori in mostra spiccano i cinque Canaletto e le due sale dedicate ai
Tiepolo.
La collezione Terruzzi si è formata negli ultimi cinquant'anni sull'onda di una
grande passione per l'arte in tutte le sue forme ed espressioni.
Al di là infatti di taluni nuclei fondamentali - la pittura veneziana del Settecento
esposta a Palazzo Reale, in primis - la raccolta si compone di un florilegio di
testimonianze artistiche che spazia dalle tavole a fondo oro e dai fronti di
cassone rinascimentali alle tormentate espressioni paesaggistiche di
Magnasco, a quelle trionfali di Giovanni Paolo Panini, via via fino alla
produzione moderna di Guttuso, De Chirico o Severini.
Il nucleo pittorico si integra con una delle più consistenti - per qualità e quantità -
raccolte di mobili settecenteschi in mano privata, molti dei quali di qualità
assolutamente museale. Porcellane, argenti ed arazzi completano l'insieme
della collezione, che nella sua globalità comprende più di 5000 pezzi.
IL PERCORSO DELLA MOSTRA
Il nucleo centrale della mostra è suddiviso in due sezioni dedicate
rispettivamente alla Pittura di paesaggio e veduta e alla Pittura di figura.
Nella sezione Pittura di paesaggio e veduta Marco Ricci è presente con otto
tempere, Francesco Zuccarelli con diciassette opere, Giuseppe Zais con sette,
Canaletto con cinque e
con altrettante Bernardo Bellotto; la presenza di Luca Carlevarijs emerge con
sette capricci e due vedute di Venezia che sono considerate tra le pietre miliari
dell'artista. Accanto a quest'ultimo,
Johann Richter si esprime con tre eccezionali vedute di Venezia. Interessante è
anche la presenza della raccolta di un grande dipinto di Bernardo Canal, padre
del Canaletto, come pure di due luminose, metalliche vedute veneziane di
Hendrick van Lint. Non manca il maestro di questi, Gaspar van Wittel, con tre
delicate vedute di Roma. Tra i pittori non autoctoni, spicca Antonio Joli e il
gardesano importato Giambattista Cimaroli.
Impossibile non soffermarsi poi sulle opere di due tra gli artisti protagonisti della
collezione Teruzzi: Michele Marieschi con la sua Veduta del Molo con il Palazzo
Ducale e Francesco Guardi con le due vedute Bacino di San Marco verso San
Giorgio e quella con l'Incendio a San Marcuola.
La sezione Pittura di figura ripercorre il XVIII secolo con analoga dovizia di
opere: per primo Sebastiano Ricci, chiave di volta del passaggio conflittuale tra
Seicento e Settecento e del riscatto quindi della pittura veneziana da uno stile
che si era chiuso in se stesso verso aperture culturali nuove ed approdi
internazionali.
Sospeso tra Ricci e Tiepolo troviamo Francesco Fontebasso il cui trionfale
Banchetto di Cleopatra ripercorre i fasti neo-veronesiani con un atteggiamento
meno aulico e un linguaggio più quotidiano. Dello stesso autore un piccolo
gioiello, di sottile, tenero erotismo - Giove e Antiope - ci testimonia una grande
eleganza formale.
Un cenno particolare meritano poi artisti come Gian Antonio Guardi e Pietro
Longhi. Del primo, portatore di uno stile totalmente autonomo, I due Amorini
esposti a Palazzo Reale fanno parte di un ciclo di sette tele che decorava
Palazzo Mocenigo a Venezia e che venne rimosso nel primo Novecento:
smembrate, le altre cinque vennero acquisite dallo Stato Italiano e decorano ora
l'Ambasciata di Parigi. Pietro Longhi è, di contro, narratore puro, cronista di una
società autoreferenziale, che non ammette il proprio disfacimento e che vive e
perpetua i propri riti sotto l'occhio disincantato, affettuoso ma critico, dell'artista.
Nelle due sale dedicate ai Tiepolo saranno esposti due cicli il cui possesso è
fonte d'orgoglio per la collezione: le tele provenienti dal veneziano Palazzo
Sandi, di un Giambattista Tiepolo poco più che ventenne accanto a Nicolò
Bambini, e parte degli affreschi, già tutti intrisi di sensibilità pre-neoclassica,
realizzati da Giandomenico Tiepolo per Palazzo Valmarana Franco a Vicenza,
quest'ultimi di recente acquisizione e mai esposti al pubblico. Cinquant'anni
esatti trascorrono tra le date di questi due gruppi di opere, cinquant'anni che
hanno visto il delinearsi dello stile tiepolesco, la sua evoluzione e l'esplosione
europea della sua fama. Giandomenico non era ancora nato quando il padre
eseguì le tele per Palazzo Veneziano, ma sarà appena adolescente quando
prenderà il pennello in mano per collaborare con lui.
A completamento di quest'importante sezione in ciascuna di queste due sale
sarà approntata una ricostruzione grafica e fotografica della disposizione
originaria dei due cicli.
Un capitolo a parte riguarda Jacopo Amigoni. Ritrattista della famiglia reale
inglese come di quella spagnola, scenografo, incisore, egli seppe coniugare la
seduzione del colorismo veneto con una interpretazione calda e vibrante della
lezione rococò europea. I Terruzzi hanno acquisito negli anni più di trenta opere
di questo artista il cui corpus non contiene più di duecento lavori. Il nucleo
compatto che ne risulta consente di allestire una "mostra nella mostra" che
assolve alla duplice funzione di poter meglio assaporare le sfumature stilistiche
di questo grande artista e contemporaneamente di sottolineare una delle
passioni più intense dei collezionisti di cui si espone la raccolta.
La mostra è arricchita inoltre da una campionatura di arredi estremamente
selettiva, proprio per sottolineare la compresenza essenziale di questi settori
nelle predilezioni dei collezionisti.
Mobili, porcellane, argenti, arazzi, arti decorative sono spesso considerati
nell'accezione comune normalissimi, quand'anche preziosi, elementi d'arredo;
ma oramai è chiaro che gli
ebanisti, come i cesellatori o i ceramisti sono artisti a tutti gli effetti; non solo,
ma spesso la creatività di pittori, così come di incisori o di architetti si metteva al
servizio di questa specialità.
La commode romana esposta in mostra è una delle prove più alte di
collaborazione tra artisti di differenti discipline: la perizia dell'esecutore
materiale si sposa alla perfezione con l'inventiva del
progettista - identificato nella fattispecie in Gian Battista Piranesi - con una
risultante armonia parificabile a quella di una scultura. Analogamente può dirsi
per la coppia di piani realizzati dal carpinate Carlo Gibertoni, uno dei più noti
scagliolisti del Seicento che, con la loro precoce datazione, segnano l'inizio di
un genere a trompe l'oeil del tutto inedito per quegli anni; così come per i due
tavoli intarsiati di Herni van Soest, che ad un'anima in rovere e noce uniscono
intarsi in ottone inciso, peltro, corno dipinto, rame applicato su tartaruga, cuoio e
bronzi dorati.
In mostra anche un sécrètaire di Francesco Abbiati, ebanista comasco attivo
prevalentemente a Milano almeno fino al 1828, con una ricchezza di intarsi in
legni orientali degna di un bassorilievo antico o di un affresco neoclassico.
Un'intera sala sarà dedicata alle porcellane sia occidentali (Sèvres, Meissen e
Napoli) che orientali: una carrellata di circa un centinaio di pezzi, tra i duemila
appartenenti alla collezione, che si mostrano come una rara campionatura di
periodi e stili.
02
ottobre 2008
Da Canaletto a Tiepolo. Pittura veneziana del Settecento, mobili e porcellane dalla collezione Terruzzi
Dal 02 ottobre 2008 all'undici gennaio 2009
arte antica
arti decorative e industriali
arti decorative e industriali
Location
PALAZZO REALE DI MILANO
Milano, Piazza Del Duomo, 12, (Milano)
Milano, Piazza Del Duomo, 12, (Milano)
Biglietti
9,00 intero , € 7,00 ridotto, € 4,50 ridotto speciale
Orario di apertura
Lunedì 14.30 - 19.30. Da martedì a domenica 9.30 - 19.30. Giovedì 9.30 -
22.30 - La biglietteria chiude un'ora prima
Sito web
www.adartem.it
Editore
SKIRA
Ufficio stampa
NOVELLA MIRRI
Ufficio stampa
MARIA BONMASSAR
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