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“Da Cimabue in qua”. L’Accademia e i professori del Disegno nell’alluvione del 1966
La mostra prende in esame l’inedito rapporto tra alluvione del 4 novembre 1966 e la produzione artistica, prendendo le mosse proprio dall’Accademia delle Arti del Disegno, l’istituto che dal 1563 riunisce a Firenze i più famosi pittori, scultori e architetti.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Dal 4 novembre al 28 dicembre 2016 presso la Sala delle Esposizioni dell’Accademia delle Arti del Disegno in via Ricasoli n.68, a Firenze, sarà visitabile la mostra “Da Cimabue in qua”. L’Accademia e i professori del Disegno nell’alluvione del 1966, organizzata dall’Accademia delle Arti del Disegno in collaborazione con l’Opera di Santa Croce e curata da Cristina Acidini, Giulia Coco ed Enrico Sartoni.
Realizzata con il patrocinio della Regione Toscana, del Comune di Firenze, e del Comitato Firenze 2016, con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, la mostra prende in esame l’inedito rapporto tra alluvione del 4 novembre 1966 e la produzione artistica, prendendo le mosse proprio dall’Accademia delle Arti del Disegno, l’istituto che dal 1563 riunisce a Firenze i più famosi pittori, scultori e architetti.
Manuel Litran, Giovani volontari sulla tomba di Michelangelo in Santa Croce, 1966
Courtesy of Getty Images
Come gran parte delle chiese, dei musei e degli istituti fiorentini, anche il patrimonio storico - artistico dell’Accademia delle Arti del Disegno, costituito prevalentemente da opere d’arte ottocentesche e contemporanee, suppellettili e preziose carte d’archivio, subì ingenti danni che all’epoca vennero stimati intorno ai venticinque milioni di lire. Con un allestimento di grande effetto emotivo, creato dagli architetti David Palterer e Vincenzo Medardi, e che volutamente ricrea il clima di confusione che si presentò al ritiro delle acque, sono esposte nella Sala mostre, a quel tempo sede dell’antica istituzione, oltre cinquanta opere, tra gessi, dipinti, documenti, fotografie, carte d’archivio, opere d’arte alluvionate, restaurate o ancora in attesa di essere risanate, e le tele di quegli artisti, dai segni e dalle visioni più disparate, che si misurarono con l’interpretazione dell’evento nei mesi successivi e che ci raccontano come l’arte visse il disastro.
Da una vetrata, su cui sono inserite frasi dei protagonisti dell’alluvione e che costituisce la porta d’ingresso ed allo stesso tempo di uscita della sala, si intravede uno spazio buio, come nera era l’acqua che scorreva nelle strade, in fondo al quale giace una riproduzione del devastato Crocifisso di Cimabue. Il 4 novembre 1966, quando le acque dell’Arno devastarono Firenze, tra i monumenti più colpiti vi fu Santa Croce, depositaria di quella tradizione artistica che vide in Cimabue l’inizio e in Michelangelo, il cui sepolcro fu ricoperto di fango, l’apice della forma artistica che dal 1563 l’Accademia delle Arti del Disegno rappresenta ed incarna. Ecco così che a cinquant’anni da quel tragico evento i curatori della mostra hanno deciso di riportare all’attenzione del grande pubblico non tanto e non solo una semplice illustrazione dei danni alle cose e dei restauri susseguitisi, ma un interrogativo su come un evento così grande possa aver influito sulla cultura e sulla creazione artistica.
Crocifisso di Cimabue, Basilica di Santa Croce, Courtesy of Getty images
Cristina Acidini, Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno e curatrice della mostra, commenta così l’iniziativa espositiva: “La mostra dell’Accademia nasce all’insegna di una rinnovata collaborazione con l’Opera di Santa Croce, nel nome di Cimabue: la sua croce dipinta è il simbolo dell'alluvione ed è insieme alle origini dell'arte d’Occidente. Il nostro racconto introduce, nella dimensione corale della tragedia, inediti contributi di memoria da parte di umanisti, scienziati, artisti che in quei giorni subirono danni e portarono soccorso”.
Giulia Coco e Enrico Sartoni, co-curatori della mostra commentano: “la mostra non vuole essere una celebrazione retorica o estetica quanto l’occasione per ripensare a quel dramma, con una prospettiva storica e critica, dopo cinquant’anni e con gli occhi di chi, come noi, a quel tempo non era nato”.
Il capolavoro di Cimabue, il celebre Crocifisso custodito nella Basilica di Santa Croce, divenne dal novembre 1966 simbolo dell’alluvione e degli ingenti danni subiti, mentre il lungo e paziente recupero presso i laboratori di restauro della Limonaia di Palazzo Pitti e poi della Fortezza da Basso, velocemente messi in piedi nell’urgenza del momento, rappresentò quell’eccellenza tutta fiorentina nel campo del restauro affidato, a quel tempo, alle sapienti mani dei restauratori del laboratorio della Soprintendenza.
Il restauratore Vittorio Granchi durante i giorni dell'alluvione del 1966,
mentre opera sul Crocifisso del Cimabue. Credits Archivio Studio Granchi Firenze
Un nucleo centrale dell’esposizione vuole dunque rendere conto delle vicende conservative vissute dal Crocifisso, ma anche dell’esperienza profondamente umana di chi ha lavorato a stretto contatto con l’opera, grazie a materiali inediti messi a disposizione dall’archivio dello Studio Granchi.
Il grande artista e la sua opera si connettono strettamente alla storia dell’Accademia delle Arti del Disegno, rappresentando Cenni di Pepo, detto Cimabue, il più antico modello verso il quale i membri dell’illustre sodalizio erano chiamati a guardare, in quanto sia Giorgio Vasari nelle Vite che Filippo Baldinucci, autore di quelle Notizie de’ Professori de Disegno da Cimabue in qua, lo indicano come l’iniziatore della maniera moderna di dipingere. Ed è proprio all’opera di Baldinucci che si richiama il titolo della mostra.
La mostra, infine, renderà conto della reazione artistica del tempo all’immane tragedia, esponendo alcune delle risposte pittoriche e grafiche dei più importanti artisti fiorentini e toscani del tempo: da Luciano Guarnieri, con la sua cartella di litografie 4 novembre 1966 a Paolo Frosecchi, rappresentato dalle due grandi tele dedicate al Crocifisso di Cimabue e alla Porta del Battistero del Ghiberti, fino al drammatico dittico dei cavalli affogati di Piero Tredici e Fernando Farulli, opere monumentali, simbolo dell’impegno civile e umano, che si potranno rivedere a confronto per la prima volta dopo quarant’anni.
Piero Tredici, Cavalli affogati, 1966
Il catalogo della mostra “Da Cimabue in qua”. L’Accademia e i professori del Disegno nell’alluvione del 1966, edito da Polistampa, è composto da otto saggi che approfondiscono i temi relativi alla connessione tra arte ed alluvione partendo dall’oggetto simbolo, il Crocifisso di Cimabue, ed approfondimenti sulle collezioni danneggiate e sulla vicenda della Cappella di San Luca che deve il restauro seguente all’esondazione al Comitato internazionale statunitense presieduto da Jacqueline Kennedy, nonché sulle creazioni artistiche che presero le mosse dall’alluvione. Il catalogo comprende, inoltre, i commenti/ricordo di testimoni, molti dei quali, professori e professoresse dell’Accademia delle Arti del Disegno, che vissero in prima persona il disastro e la ricostruzione, sia artistica che materiale di Firenze. Spiccano qui i grandi nomi della cultura artistica fiorentina: da Carlo Del Bravo a Lara Vinca Masini, da Marco Dezzi Bardeschi a Giorgio Bonsanti.
Comitato organizzatore
Cristina Acidini, Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno
Irene Sanesi, Presidente dell’Opera di Santa Croce
Domenico Viggiano, Segretario Generale dell’Accademia delle Arti del Disegno
Giorgio Fiorenza, Tesoriere dell’Accademia delle Arti del Disegno e Consigliere dell’Opera di Santa Croce
Comitato scientifico della mostra
Giorgio Bonsanti, Responsabile Conservazione del Patrimonio dell’Accademia delle Arti del Disegno
Giulia Coco, Responsabile Gipsoteca dell’Accademia delle Arti del Disegno
Carlo Francini, Ufficio Unesco del Comune di Firenze
Andrea Granchi, Presidente della Classe di Pittura dell’Accademia delle Arti del Disegno
Bruno Santi, Consigliere dell’Opera di Santa Maria del Fiore
Enrico Sartoni, Responsabile Archivi dell’Accademia delle Arti del Disegno
Ludovica Sebregondi, Consigliere dell’Opera di Santa Croce e membro d’onore dell’Accademia delle Arti del Disegno
Realizzata con il patrocinio della Regione Toscana, del Comune di Firenze, e del Comitato Firenze 2016, con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, la mostra prende in esame l’inedito rapporto tra alluvione del 4 novembre 1966 e la produzione artistica, prendendo le mosse proprio dall’Accademia delle Arti del Disegno, l’istituto che dal 1563 riunisce a Firenze i più famosi pittori, scultori e architetti.
Manuel Litran, Giovani volontari sulla tomba di Michelangelo in Santa Croce, 1966
Courtesy of Getty Images
Come gran parte delle chiese, dei musei e degli istituti fiorentini, anche il patrimonio storico - artistico dell’Accademia delle Arti del Disegno, costituito prevalentemente da opere d’arte ottocentesche e contemporanee, suppellettili e preziose carte d’archivio, subì ingenti danni che all’epoca vennero stimati intorno ai venticinque milioni di lire. Con un allestimento di grande effetto emotivo, creato dagli architetti David Palterer e Vincenzo Medardi, e che volutamente ricrea il clima di confusione che si presentò al ritiro delle acque, sono esposte nella Sala mostre, a quel tempo sede dell’antica istituzione, oltre cinquanta opere, tra gessi, dipinti, documenti, fotografie, carte d’archivio, opere d’arte alluvionate, restaurate o ancora in attesa di essere risanate, e le tele di quegli artisti, dai segni e dalle visioni più disparate, che si misurarono con l’interpretazione dell’evento nei mesi successivi e che ci raccontano come l’arte visse il disastro.
Da una vetrata, su cui sono inserite frasi dei protagonisti dell’alluvione e che costituisce la porta d’ingresso ed allo stesso tempo di uscita della sala, si intravede uno spazio buio, come nera era l’acqua che scorreva nelle strade, in fondo al quale giace una riproduzione del devastato Crocifisso di Cimabue. Il 4 novembre 1966, quando le acque dell’Arno devastarono Firenze, tra i monumenti più colpiti vi fu Santa Croce, depositaria di quella tradizione artistica che vide in Cimabue l’inizio e in Michelangelo, il cui sepolcro fu ricoperto di fango, l’apice della forma artistica che dal 1563 l’Accademia delle Arti del Disegno rappresenta ed incarna. Ecco così che a cinquant’anni da quel tragico evento i curatori della mostra hanno deciso di riportare all’attenzione del grande pubblico non tanto e non solo una semplice illustrazione dei danni alle cose e dei restauri susseguitisi, ma un interrogativo su come un evento così grande possa aver influito sulla cultura e sulla creazione artistica.
Crocifisso di Cimabue, Basilica di Santa Croce, Courtesy of Getty images
Cristina Acidini, Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno e curatrice della mostra, commenta così l’iniziativa espositiva: “La mostra dell’Accademia nasce all’insegna di una rinnovata collaborazione con l’Opera di Santa Croce, nel nome di Cimabue: la sua croce dipinta è il simbolo dell'alluvione ed è insieme alle origini dell'arte d’Occidente. Il nostro racconto introduce, nella dimensione corale della tragedia, inediti contributi di memoria da parte di umanisti, scienziati, artisti che in quei giorni subirono danni e portarono soccorso”.
Giulia Coco e Enrico Sartoni, co-curatori della mostra commentano: “la mostra non vuole essere una celebrazione retorica o estetica quanto l’occasione per ripensare a quel dramma, con una prospettiva storica e critica, dopo cinquant’anni e con gli occhi di chi, come noi, a quel tempo non era nato”.
Il capolavoro di Cimabue, il celebre Crocifisso custodito nella Basilica di Santa Croce, divenne dal novembre 1966 simbolo dell’alluvione e degli ingenti danni subiti, mentre il lungo e paziente recupero presso i laboratori di restauro della Limonaia di Palazzo Pitti e poi della Fortezza da Basso, velocemente messi in piedi nell’urgenza del momento, rappresentò quell’eccellenza tutta fiorentina nel campo del restauro affidato, a quel tempo, alle sapienti mani dei restauratori del laboratorio della Soprintendenza.
Il restauratore Vittorio Granchi durante i giorni dell'alluvione del 1966,
mentre opera sul Crocifisso del Cimabue. Credits Archivio Studio Granchi Firenze
Un nucleo centrale dell’esposizione vuole dunque rendere conto delle vicende conservative vissute dal Crocifisso, ma anche dell’esperienza profondamente umana di chi ha lavorato a stretto contatto con l’opera, grazie a materiali inediti messi a disposizione dall’archivio dello Studio Granchi.
Il grande artista e la sua opera si connettono strettamente alla storia dell’Accademia delle Arti del Disegno, rappresentando Cenni di Pepo, detto Cimabue, il più antico modello verso il quale i membri dell’illustre sodalizio erano chiamati a guardare, in quanto sia Giorgio Vasari nelle Vite che Filippo Baldinucci, autore di quelle Notizie de’ Professori de Disegno da Cimabue in qua, lo indicano come l’iniziatore della maniera moderna di dipingere. Ed è proprio all’opera di Baldinucci che si richiama il titolo della mostra.
La mostra, infine, renderà conto della reazione artistica del tempo all’immane tragedia, esponendo alcune delle risposte pittoriche e grafiche dei più importanti artisti fiorentini e toscani del tempo: da Luciano Guarnieri, con la sua cartella di litografie 4 novembre 1966 a Paolo Frosecchi, rappresentato dalle due grandi tele dedicate al Crocifisso di Cimabue e alla Porta del Battistero del Ghiberti, fino al drammatico dittico dei cavalli affogati di Piero Tredici e Fernando Farulli, opere monumentali, simbolo dell’impegno civile e umano, che si potranno rivedere a confronto per la prima volta dopo quarant’anni.
Piero Tredici, Cavalli affogati, 1966
Il catalogo della mostra “Da Cimabue in qua”. L’Accademia e i professori del Disegno nell’alluvione del 1966, edito da Polistampa, è composto da otto saggi che approfondiscono i temi relativi alla connessione tra arte ed alluvione partendo dall’oggetto simbolo, il Crocifisso di Cimabue, ed approfondimenti sulle collezioni danneggiate e sulla vicenda della Cappella di San Luca che deve il restauro seguente all’esondazione al Comitato internazionale statunitense presieduto da Jacqueline Kennedy, nonché sulle creazioni artistiche che presero le mosse dall’alluvione. Il catalogo comprende, inoltre, i commenti/ricordo di testimoni, molti dei quali, professori e professoresse dell’Accademia delle Arti del Disegno, che vissero in prima persona il disastro e la ricostruzione, sia artistica che materiale di Firenze. Spiccano qui i grandi nomi della cultura artistica fiorentina: da Carlo Del Bravo a Lara Vinca Masini, da Marco Dezzi Bardeschi a Giorgio Bonsanti.
Comitato organizzatore
Cristina Acidini, Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno
Irene Sanesi, Presidente dell’Opera di Santa Croce
Domenico Viggiano, Segretario Generale dell’Accademia delle Arti del Disegno
Giorgio Fiorenza, Tesoriere dell’Accademia delle Arti del Disegno e Consigliere dell’Opera di Santa Croce
Comitato scientifico della mostra
Giorgio Bonsanti, Responsabile Conservazione del Patrimonio dell’Accademia delle Arti del Disegno
Giulia Coco, Responsabile Gipsoteca dell’Accademia delle Arti del Disegno
Carlo Francini, Ufficio Unesco del Comune di Firenze
Andrea Granchi, Presidente della Classe di Pittura dell’Accademia delle Arti del Disegno
Bruno Santi, Consigliere dell’Opera di Santa Maria del Fiore
Enrico Sartoni, Responsabile Archivi dell’Accademia delle Arti del Disegno
Ludovica Sebregondi, Consigliere dell’Opera di Santa Croce e membro d’onore dell’Accademia delle Arti del Disegno
04
novembre 2016
“Da Cimabue in qua”. L’Accademia e i professori del Disegno nell’alluvione del 1966
Dal 04 novembre al 28 dicembre 2016
arte antica
arte contemporanea
disegno e grafica
arte contemporanea
disegno e grafica
Location
ACCADEMIA DELLE ARTI DEL DISEGNO – VIA RICASOLI
Firenze, Via Ricasoli, 68, (Firenze)
Firenze, Via Ricasoli, 68, (Firenze)
Orario di apertura
da martedì a sabato: ore 10.00 - 13.00 / 17.00 - 19.00
domenica: ore 10.00-13.00
Lunedì chiuso.
Vernissage
4 Novembre 2016, h 18 Sala del Cenacolo di Andrea del Sarto (Accademia di Belle Arti, Via Ricasoli, n.66) e Sala delle Esposizioni dell’Accademia delle Arti del Disegno (Via Ricasoli n.68 angolo Piazza San Marco)
Curatore