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Da Fregoli a Beuys. Dal genio proteiforme alla performance
Il Museo del Louvre di Roma presenta un nuovo appuntamento connesso al ciclo di mostre sulla fotografia contemporanea ben conosciute dal pubblico romano.
La mostra è ideata e curata da Giuseppe Casetti e da Giorgio Maffei con la collaborazione di Luca Lo Pinto.
La performance, l’azione, l’happening, la body art, l’action poetry, per loro natura, sono atti artistici effimeri destinati a durare il breve momento del loro rituale svolgimento. Questa mostra cerca di fermare il tempo e prova a raccontare la sequenza delle azioni attraverso immagini fotografiche capaci di dare corpo e durata all’evento performativo.
Le fotografie trattengono le memorie, conservano le tracce e contemporaneamente trascrivono con un mezzo diverso le immagini, le parole e i significati di una modalità di far arte che ha inciso profondamente sullo sviluppo della storia del secondo Novecento.
La mostra è ideata e curata da Giuseppe Casetti e da Giorgio Maffei con la collaborazione di Luca Lo Pinto.
La performance, l’azione, l’happening, la body art, l’action poetry, per loro natura, sono atti artistici effimeri destinati a durare il breve momento del loro rituale svolgimento. Questa mostra cerca di fermare il tempo e prova a raccontare la sequenza delle azioni attraverso immagini fotografiche capaci di dare corpo e durata all’evento performativo.
Le fotografie trattengono le memorie, conservano le tracce e contemporaneamente trascrivono con un mezzo diverso le immagini, le parole e i significati di una modalità di far arte che ha inciso profondamente sullo sviluppo della storia del secondo Novecento.
Attraverso un allestimento di inconsueta durezza e rigore, si provoca e sollecita il visitatore ad oltrepassare una certa abitudine nel guardare in favore di una partecipazione più attiva, suggerendo un comportamento di condivisione rispetto ai contenuti dei materiali in mostra.
In mostra sono raccolte opere degli anni Sessanta e Settanta insieme a fotografie storiche necessarie ad alludere alle prime azioni performative delle avanguardie e degli artisti che, già sul finire degli anni Cinquanta, volgono il loro lavoro verso il superamento della forma oggettuale dell’artefatto.
Duchamp, Man Ray, Dalì e poi Manzoni con Klein e Fontana intraprendono dunque la via che trova compiutezza nell’ambiente Concettuale, Poverista e Fluxus del decennio successivo. Le teorizzazioni di Allan Kaprow, il gesto della Abramovic, Ulay, Stelarc e Gina Pane, la violenza espressiva di Nitsch, Schwarzkogler, Rainer, Brus e Muehl, la disciplina del corpo in Acconci, Graham e Oppenheim, il trasformismo di Ontani e Lüthi, il rigore intellettuale dell’azione di Agnetti e De Dominicis, il comportamento teatrale di Pascali, Ben, Kounellis e Calzolari, l’impegno sociale di Beuys, Mauri, Wilke, l’uso del proprio volto come materia espressiva in Boetti, Pistoletto, Penone e Zorio. Fino al superamento dei limiti disciplinari con la nuova musica di Cage, Chiari e La Monte Young, della danza con la Monk e Trisha Brown, del progetto di Archizoom, Mendini e Dalisi, o della poesia con Lora Totino, Spatola e Isou.
Le 120 stampe fotografiche in mostra sono state selezionate, oltre che per l’importanza dell’artista e del fotografo che ha fermato l’immagine dell’evento, anche per la qualità della stampa d’epoca e per la cura del dettaglio tecnico.
I fotografi rappresentati, a cui va spesso il merito di una totale condivisione creativa, sono i protagonisti della scena degli anni ’60 e ’70. Tra i tanti sono almeno da ricordare Françoise Masson, Buby Durini, George Maciunas, Giorgio Colombo, Elisabetta Catalano, Uliano Lucas, Claudio Abate, Enrico Cattaneo, Mimmo Capone, Fabrizio Garghetti, Antonio Masotti, Ugo La Pietra, ecc.
Un catalogo appositamente redatto racconta con pienezza illustrativa le opere in mostra, ma tenta un dialogo diretto con gli artisti e i fotografi che di quella storia sono stati protagonisti. I curatori hanno sollecitato ricordi e testimonianze per riattualizzare e talvolta riscrivere un’esperienza ampiamente storicizzata. Sono raccolte quindi le reazioni, complesse o distratte, dei protagonisti, pubblicate nel loro nudo aspetto comunicativo.
Il tentativo di impedire la sclerosi di un evento del passato ha poi spinto i curatori verso la ricerca delle conseguenze contemporanee di quell’esperienza, invitando Luca Lo Pinto ha tracciare un abbozzo di storia della performance di oggi. Esperienze che ancora si rinnovano alla continua ricerca di una via originale verso uno sviluppo futuro.
La mostra, per la sua vocazione di apertura verso una dimensione internazionale, ha trovato immediato riscontro in una prossima tappa nel prossimo settembre alla Galleria Jaqueline Martins di Sao Paulo in Brasile. Una cultura particolarmente attenta alle esperienze
Da Fregoli a Beuys. Dal genio proteiforme alla performance
arte contemporanea
Roma, Via Della Reginella, 25, (Roma)