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Da Poussin a Cézanne. Capolavori del disegno francese dalla collezione Prat
Esposto al Museo Correr un eccezionale nucleo di 110 raffinatissimi disegni provenienti da una della più importanti raccolte private francesi, la collezione di Louis-Antoine e Véronique Prat, che riunisce tutti i grandi maestri dal XVII al XIX secolo, da Poussin e Callot a Seurat e Cézanne
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Esposto al Museo Correr un eccezionale nucleo di 110 raffinatissimi disegni
provenienti da una della più importanti raccolte private francesi, la
collezione di Louis-Antoine e Véronique Prat, che riunisce tutti i grandi
maestri dal XVII al XIX secolo, da Poussin e Callot a Seurat e Cézanne.
Dopo la grande mostra ‘La poesia della Luce’ (dicembre 2014 – marzo 2015),
che presentava un nucleo di straordinari disegni veneziani dalle collezioni della
National Gallery di Washington, si rinnova al Museo Correr la felice tradizione di
presentare al pubblico grandi capolavori su carta.
Iniziata oltre quarant'anni fa, la collezione Prat è sicuramente una delle più
importanti raccolte private europee di disegni antichi.
È fiorita con lo scopo di illustrare l'evoluzione della grafica francese in un arco
cronologico che abbraccia oltre tre secoli, da Poussin a Cézanne, attraverso
una scelta di circa 230 fogli, 110 dei quali sono esposti in mostra.
Il disegno si conferma così, dal punto di vista degli studi della storia dell’arte,
una delle espressioni più alte che un artista possa lasciare a testimonianza
della sua opera.
Netto, incisivo, ricco di dettagli, o, viceversa, rapido, di getto, senza controllo e
pentimenti, esso costituisce il ‘diario’ più intimo dell’artista che, grazie alla
libertà che questa tecnica consente, proprio alla sua immediatezza affida gli
umori più autentici del suo estro creativo.
Nata dalla collaborazione con la Fondation Bemberg di Tolosa, con il supporto
di Alliance Française-Venezia e curata da Pierre Rosenberg, già direttore del
Louvre e massima autorità nel campo della pittura francese di quel periodo, la
mostra, presentata prima al Museo Correr di Venezia per poi approdare alla
Fondation Bemberg di Tolosa, attesta la vitalità della collezione, che negli ultimi
anni si è arricchita di una ventina di pezzi qui esposti qui per la prima volta.
La mostra è accompagnata da un ricco catalogo edito da Magonza (Arezzo,
2017), a cura di Pierre Rosenberg, con interventi di Gabriella Belli, Philippe
Cros, Louis-Antoine Prat e Pierre Rosenberg.
_
LA MOSTRA
L’esposizione, allestita al secondo piano del Museo Correr, si articola in otto
sezioni tematiche che accompagnano il visitatore nell’evoluzione dell’arte del
disegno francese lungo tre secoli - dal XVII al XIX - attraverso un nucleo di 110
raffinatissimi fogli realizzati con le più diverse tecniche: a matita, a china, ad
acquarello e altro.
I francesi in Italia
Per tutto il XVII secolo, l'Italia, e in particolare Roma, hanno attirato gli artisti
francesi che, seguendo l'esempio di François Stella alla fine degli anni ottanta
del Cinquecento, non esitavano a compiere il lungo viaggio al di là delle Alpi.
L'esempio più celebre resta quello di Nicolas Poussin, il quale, se si esclude una
breve fase parigina (1640-1642), molto produttiva ma che lo lasciò
profondamente insoddisfatto, svolse quasi tutta la sua carriera di pittore a
Roma.
Lo stesso vale per il suo amico Claude Gellée detto Il Lorenese, per il quale la
campagna romana fu la fonte di ispirazione di una vita.
Per quanto più sporadiche, le relazioni con l'Italia di artisti come Callot, che
soggiornò per un periodo a Firenze alla corte dei Medici, o François Perrier, che
per ben due volte trascorse diversi anni a Roma, hanno segnato per sempre
l'arte di questi disegnatori.
Centro e periferia nel Secolo d'oro
Generalmente gli artisti francesi influenzati dal ‘caravaggismo’ non
disegnarono, ad eccezione di Simon Vouet, il cui stile mutò dopo il definitivo
ritorno in Francia nel 1627, data a partire dalla quale egli intraprese una grande
carriera come decoratore e pittore di storia.
Se talvolta la sua opera può essere ancora qualificata come barocca, essa
presenta allo stesso tempo dei caratteri di eleganza e delle ricerche formali che
preparano alla venuta del classicismo. Una forma epurata di quest'ultimo si
trova in Eustache Le Sueur, artista di grande delicatezza marcato dalla lezione
di Raffaello, così come in Laurent de La Hyre, il cui stile particolarmente
raffinato e sereno ha potuto ricevere la qualifica di “attico”, in riferimento alla
purezza dell'arte greca antica.
Nella provincia francese si svilupparono diversi centri artistici, caratterizzati da
una maggiore libertà e spesso da un'originalità sorprendente, come
testimoniano le invenzioni di un Brébiette, originario di Orléans, o del pittore di
storia lionese Thomas Blanchet. Ad Avignone, Nicolas Mignard sviluppò invece
una maniera più castigata, mentre alla fine del secolo si assistette all’emergere
dell’affascinante e audace stile dei tolosani Antoine Rivalz e Raymond La Fage.
>>>
Classicismo
Il trionfo dello spirito classico si impone durante il regno centralizzato di Luigi
XIV, la cui produzione artistica tende prima di tutto a celebrare la gloria del
sovrano.
La creazione dell' ‘Académie Royale de peinture et de sculpture’ nel 1648
permette di indirizzare a poco a poco la creazione artistica in questo senso.
Charles Le Brun, primo pittore del re, sarà fino al 1690 il perfetto
rappresentante di questa corrente, lavorando in particolare nella reggia di
Versailles, ove concepì gran parte dei decori. Il suo rivale Pierre Mignard, e i
suoi successori Antoine Coypel e Charles de La Fosse, proseguiranno la sua
opera di decoratore, ma sempre più verso un trionfo del colore sulla linea pura,
che condurrà, sotto la Reggenza, all'esuberanza rocaille.
Watteau e la rocaille
Dopo che i rubensiani ebbero la meglio sui poussinisti e la nozione di “colore”
su quella di “disegno”, si tornò a un'arte meno maestosa, più distesa e anche
più poetica.
Nonostante la sua breve vita, Antoine Watteau resta il rappresentante ideale di
questa tendenza, con le sue raffigurazioni di feste galanti e le sue incessanti
evocazioni dei progressi dell'amore.
Dopo di lui, François Boucher continuerà in questa direzione, arricchendola di
tutta un'iconografia mitologica con la quale celebrerà, fra gli altri, gli amori degli
dei.
In questo secolo di empietà e di critica religiosa, sussiste tuttavia, grazie alle
commissioni della Chiesa, tutta una tradizione di iconografia cristiana, che si
riflette nell'arte di un Jean Restout come di un Pierre-Charles Trémolières,
artista sfortunatamente scomparso troppo presto. Nella provincia francese,
alcuni centri artistici si distinguono ancora per la loro originalità, come la
Linguadoca con un artista particolarmente espressivo come François Dandré-
Bardon.
Dopo il 1740
Sotto il regno di Luigi XV (morto nel 1774) si assiste al sorgere dell'arte
neoclassica, influenzata da numerosi fattori: gli scritti di Winckelmann e del
conte di Caylus, la riscoperta dell'antico con gli scavi di Pompei e Ercolano, ma
anche dalla nuova borghesia imprenditoriale, che non si riconosceva più in uno
stile profondamente aristocratico come il rococò.
Il realismo e i soggetti di genere si impongono poco a poco, parallelamente
all'affermazione di un certo gusto per la pittura nordica del secolo precedente.
Se Challe o Despez riflettono ancora l'influenza, diffusa ovunque, di un Piranesi,
artisti come Greuze e Hoin esprimono un nuovo interesse per l'analisi
psicologica e il realismo del ritratto, che si trova anche in Quentin De La Tour e
Chardin.
Il viaggio in Italia resta un privilegio per molti giovani artisti, con l'indispensabile
soggiorno, per i laureati del prix de Rome, a Palazzo Mancini, sede
dell'Accademia di Francia. Charles Natoire dirigerà a lungo questa istituzione e
spingerà molti artisti a disegnare dal vero, spesso a matita rossa, come Hubert
Robert, o all'acquerello, come Houël.
Neoclassicismo
Intorno a Jacques-Louis David si cristallizza un nuovo vangelo, quello
dell'exemplum virtutis (esempio di coraggio fisico o morale) ereditato dagli
antichi: grandi lettori di Plutarco e di Tacito, i giovani innovatori dello stile,
amanti della linea fredda e del racconto eroico, coltivano un repertorio nuovo,
approcciandolo essenzialmente attraverso i loro disegni.
>>>
Ben prima del trionfo del Giuramento degli Orazi al Salon del 1785, David aveva
celebrato la virtù di Andromaca, vedova di Ettore, il suicidio esemplare di
Artemisia e il rispetto della parola data da parte di Marco Attilio Regolo. Esiliato
a Bruxelles dopo il definitivo ritorno dei Borboni nel 1815, egli si dedicò a ritratti
disegnati dalla tagliente acidità. Il suo prodigioso successo lasciò poche
possibilità ai suoi rivali, come Peyron, prosecutore della linea attica, o Vincent,
sorta di artista proteiforme la cui grande abilità non fu assolutamente intaccata
dai successivi cambiamenti stilistici.
Molti altri disegnatori ebbero un percorso simile, mentre Louis-Léopold Boilly,
pittore realista della borghesia contemporanea, o Prud'hon, vaporoso erede di
Correggio, si affermarono ciascuno grazie a uno stile personale. La gloria di
Napoleone sarà ovviamente narrata da David e dagli allievi di quest'ultimo, tra
cui Girodet o Gros.
Romantici, paesaggisti, disegnatori letterari
È proprio con Gros che si manifesta la tensione fra la doxa neoclassica e
l'impulso romantico, contraddizioni così violente che condussero l'artista al
suicidio. Per il suo contemporaneo Géricault il problema è ben diverso: gli eroi
che egli raffigura sono popolari, spesso colpevoli, più spesso ancora, già
condannati; la loro statura michelangiolesca si scontra con la forza del fatum
che li accompagna. Ultimo dei classici o primo dei romantici? Si potrebbe quasi
porre la stessa domanda di fronte a Ingres, che si considerava apostolo di un
classicismo rispettoso delle forme, ma la cui grafica audace, unita ad un'abilità
sconcertante, farà di lui “un uomo a parte”. La commedia umana che egli
censisce attraverso quasi cinquecento ritratti a matita, nei quali dimostra di
essere l'erede di Clouet e di Holbein il giovane, contrasta con momenti di ardita
stranezza e con il primitivismo che si afferma nelle sue “grandi macchine”, nelle
quali riafferma il suo desiderio di essere considerato prima di tutto un pittore di
storia.
Più impulsivo, sebbene si sia sempre considerato “un puro classico”, Delacroix,
il grande rivale che la storia dell'arte non ha mai smesso di opporgli, incarna il
movimento e lo slancio romantico con l'affermazione di una immaginazione in
perenne rinnovamento, immaginazione che Baudelaire celebrava come “la
regina delle facoltà”. Si è scelto di giustapporre qui sette opere di ciascuno di
questi due maestri, affinché lo spettatore prenda coscienza delle loro
differenze tecniche, ma anche dell'uguale fecondità del loro genio creativo.
Se Delacroix, ancora una volta secondo le parole di Baudelaire, si considerava
“un pittore letterario”, è anche l'importanza dei rapporti fra lo scritto e il
disegno che illustrano le opere di artisti come Daumier o Bresdin, così come
quelle di scrittori-disegnatori prolifici (Victor Hugo) o rarissimi (Baudelaire)
partecipano della stessa energia; un Corot, e un po' più tardi un Millet e un
Rousseau, brillano come paesaggisti, mentre Carpeaux regna sulla scultura.
Modernità
La modernità grafica che prepara le conquiste plastiche del XX secolo non deve
essere cercata nell'impressionismo puro, i cui maggiori esponenti (Monet,
Sisley, Pissarro) non furono disegnatori geniali. Essa è piuttosto il frutto del lavoro di un Manet o di un Degas, che, all'inizio della loro carriera di artisti, fecero tuttavia riferimento nei loro disegni ai grandi maestri italiani del Rinascimento e alle loro figure ideali. Essa risiede anche in una continua affermazione del ruolo dell'immaginazione, che tende oramai all'onirico e allo spettacolare, come in Redon o in Rodin.
Con Toulouse-Lautrec, come con Seurat e Cézanne, l'atto grafico si afferma come conquistatore: di un'estrema acidità nel primo, di una straordinaria maestria tecnica nel secondo, sorta d'“inventore del nero”, e infine di un'audacia prodigiosa in Cézanne, che cerca di avvicinare la resa della sua “piccola sensazione”, a lungo meditata, alla sua alta concezione dell'“arte dei musei” attraverso una ricerca di armonia formale, di una potenza incomparabile.
provenienti da una della più importanti raccolte private francesi, la
collezione di Louis-Antoine e Véronique Prat, che riunisce tutti i grandi
maestri dal XVII al XIX secolo, da Poussin e Callot a Seurat e Cézanne.
Dopo la grande mostra ‘La poesia della Luce’ (dicembre 2014 – marzo 2015),
che presentava un nucleo di straordinari disegni veneziani dalle collezioni della
National Gallery di Washington, si rinnova al Museo Correr la felice tradizione di
presentare al pubblico grandi capolavori su carta.
Iniziata oltre quarant'anni fa, la collezione Prat è sicuramente una delle più
importanti raccolte private europee di disegni antichi.
È fiorita con lo scopo di illustrare l'evoluzione della grafica francese in un arco
cronologico che abbraccia oltre tre secoli, da Poussin a Cézanne, attraverso
una scelta di circa 230 fogli, 110 dei quali sono esposti in mostra.
Il disegno si conferma così, dal punto di vista degli studi della storia dell’arte,
una delle espressioni più alte che un artista possa lasciare a testimonianza
della sua opera.
Netto, incisivo, ricco di dettagli, o, viceversa, rapido, di getto, senza controllo e
pentimenti, esso costituisce il ‘diario’ più intimo dell’artista che, grazie alla
libertà che questa tecnica consente, proprio alla sua immediatezza affida gli
umori più autentici del suo estro creativo.
Nata dalla collaborazione con la Fondation Bemberg di Tolosa, con il supporto
di Alliance Française-Venezia e curata da Pierre Rosenberg, già direttore del
Louvre e massima autorità nel campo della pittura francese di quel periodo, la
mostra, presentata prima al Museo Correr di Venezia per poi approdare alla
Fondation Bemberg di Tolosa, attesta la vitalità della collezione, che negli ultimi
anni si è arricchita di una ventina di pezzi qui esposti qui per la prima volta.
La mostra è accompagnata da un ricco catalogo edito da Magonza (Arezzo,
2017), a cura di Pierre Rosenberg, con interventi di Gabriella Belli, Philippe
Cros, Louis-Antoine Prat e Pierre Rosenberg.
_
LA MOSTRA
L’esposizione, allestita al secondo piano del Museo Correr, si articola in otto
sezioni tematiche che accompagnano il visitatore nell’evoluzione dell’arte del
disegno francese lungo tre secoli - dal XVII al XIX - attraverso un nucleo di 110
raffinatissimi fogli realizzati con le più diverse tecniche: a matita, a china, ad
acquarello e altro.
I francesi in Italia
Per tutto il XVII secolo, l'Italia, e in particolare Roma, hanno attirato gli artisti
francesi che, seguendo l'esempio di François Stella alla fine degli anni ottanta
del Cinquecento, non esitavano a compiere il lungo viaggio al di là delle Alpi.
L'esempio più celebre resta quello di Nicolas Poussin, il quale, se si esclude una
breve fase parigina (1640-1642), molto produttiva ma che lo lasciò
profondamente insoddisfatto, svolse quasi tutta la sua carriera di pittore a
Roma.
Lo stesso vale per il suo amico Claude Gellée detto Il Lorenese, per il quale la
campagna romana fu la fonte di ispirazione di una vita.
Per quanto più sporadiche, le relazioni con l'Italia di artisti come Callot, che
soggiornò per un periodo a Firenze alla corte dei Medici, o François Perrier, che
per ben due volte trascorse diversi anni a Roma, hanno segnato per sempre
l'arte di questi disegnatori.
Centro e periferia nel Secolo d'oro
Generalmente gli artisti francesi influenzati dal ‘caravaggismo’ non
disegnarono, ad eccezione di Simon Vouet, il cui stile mutò dopo il definitivo
ritorno in Francia nel 1627, data a partire dalla quale egli intraprese una grande
carriera come decoratore e pittore di storia.
Se talvolta la sua opera può essere ancora qualificata come barocca, essa
presenta allo stesso tempo dei caratteri di eleganza e delle ricerche formali che
preparano alla venuta del classicismo. Una forma epurata di quest'ultimo si
trova in Eustache Le Sueur, artista di grande delicatezza marcato dalla lezione
di Raffaello, così come in Laurent de La Hyre, il cui stile particolarmente
raffinato e sereno ha potuto ricevere la qualifica di “attico”, in riferimento alla
purezza dell'arte greca antica.
Nella provincia francese si svilupparono diversi centri artistici, caratterizzati da
una maggiore libertà e spesso da un'originalità sorprendente, come
testimoniano le invenzioni di un Brébiette, originario di Orléans, o del pittore di
storia lionese Thomas Blanchet. Ad Avignone, Nicolas Mignard sviluppò invece
una maniera più castigata, mentre alla fine del secolo si assistette all’emergere
dell’affascinante e audace stile dei tolosani Antoine Rivalz e Raymond La Fage.
>>>
Classicismo
Il trionfo dello spirito classico si impone durante il regno centralizzato di Luigi
XIV, la cui produzione artistica tende prima di tutto a celebrare la gloria del
sovrano.
La creazione dell' ‘Académie Royale de peinture et de sculpture’ nel 1648
permette di indirizzare a poco a poco la creazione artistica in questo senso.
Charles Le Brun, primo pittore del re, sarà fino al 1690 il perfetto
rappresentante di questa corrente, lavorando in particolare nella reggia di
Versailles, ove concepì gran parte dei decori. Il suo rivale Pierre Mignard, e i
suoi successori Antoine Coypel e Charles de La Fosse, proseguiranno la sua
opera di decoratore, ma sempre più verso un trionfo del colore sulla linea pura,
che condurrà, sotto la Reggenza, all'esuberanza rocaille.
Watteau e la rocaille
Dopo che i rubensiani ebbero la meglio sui poussinisti e la nozione di “colore”
su quella di “disegno”, si tornò a un'arte meno maestosa, più distesa e anche
più poetica.
Nonostante la sua breve vita, Antoine Watteau resta il rappresentante ideale di
questa tendenza, con le sue raffigurazioni di feste galanti e le sue incessanti
evocazioni dei progressi dell'amore.
Dopo di lui, François Boucher continuerà in questa direzione, arricchendola di
tutta un'iconografia mitologica con la quale celebrerà, fra gli altri, gli amori degli
dei.
In questo secolo di empietà e di critica religiosa, sussiste tuttavia, grazie alle
commissioni della Chiesa, tutta una tradizione di iconografia cristiana, che si
riflette nell'arte di un Jean Restout come di un Pierre-Charles Trémolières,
artista sfortunatamente scomparso troppo presto. Nella provincia francese,
alcuni centri artistici si distinguono ancora per la loro originalità, come la
Linguadoca con un artista particolarmente espressivo come François Dandré-
Bardon.
Dopo il 1740
Sotto il regno di Luigi XV (morto nel 1774) si assiste al sorgere dell'arte
neoclassica, influenzata da numerosi fattori: gli scritti di Winckelmann e del
conte di Caylus, la riscoperta dell'antico con gli scavi di Pompei e Ercolano, ma
anche dalla nuova borghesia imprenditoriale, che non si riconosceva più in uno
stile profondamente aristocratico come il rococò.
Il realismo e i soggetti di genere si impongono poco a poco, parallelamente
all'affermazione di un certo gusto per la pittura nordica del secolo precedente.
Se Challe o Despez riflettono ancora l'influenza, diffusa ovunque, di un Piranesi,
artisti come Greuze e Hoin esprimono un nuovo interesse per l'analisi
psicologica e il realismo del ritratto, che si trova anche in Quentin De La Tour e
Chardin.
Il viaggio in Italia resta un privilegio per molti giovani artisti, con l'indispensabile
soggiorno, per i laureati del prix de Rome, a Palazzo Mancini, sede
dell'Accademia di Francia. Charles Natoire dirigerà a lungo questa istituzione e
spingerà molti artisti a disegnare dal vero, spesso a matita rossa, come Hubert
Robert, o all'acquerello, come Houël.
Neoclassicismo
Intorno a Jacques-Louis David si cristallizza un nuovo vangelo, quello
dell'exemplum virtutis (esempio di coraggio fisico o morale) ereditato dagli
antichi: grandi lettori di Plutarco e di Tacito, i giovani innovatori dello stile,
amanti della linea fredda e del racconto eroico, coltivano un repertorio nuovo,
approcciandolo essenzialmente attraverso i loro disegni.
>>>
Ben prima del trionfo del Giuramento degli Orazi al Salon del 1785, David aveva
celebrato la virtù di Andromaca, vedova di Ettore, il suicidio esemplare di
Artemisia e il rispetto della parola data da parte di Marco Attilio Regolo. Esiliato
a Bruxelles dopo il definitivo ritorno dei Borboni nel 1815, egli si dedicò a ritratti
disegnati dalla tagliente acidità. Il suo prodigioso successo lasciò poche
possibilità ai suoi rivali, come Peyron, prosecutore della linea attica, o Vincent,
sorta di artista proteiforme la cui grande abilità non fu assolutamente intaccata
dai successivi cambiamenti stilistici.
Molti altri disegnatori ebbero un percorso simile, mentre Louis-Léopold Boilly,
pittore realista della borghesia contemporanea, o Prud'hon, vaporoso erede di
Correggio, si affermarono ciascuno grazie a uno stile personale. La gloria di
Napoleone sarà ovviamente narrata da David e dagli allievi di quest'ultimo, tra
cui Girodet o Gros.
Romantici, paesaggisti, disegnatori letterari
È proprio con Gros che si manifesta la tensione fra la doxa neoclassica e
l'impulso romantico, contraddizioni così violente che condussero l'artista al
suicidio. Per il suo contemporaneo Géricault il problema è ben diverso: gli eroi
che egli raffigura sono popolari, spesso colpevoli, più spesso ancora, già
condannati; la loro statura michelangiolesca si scontra con la forza del fatum
che li accompagna. Ultimo dei classici o primo dei romantici? Si potrebbe quasi
porre la stessa domanda di fronte a Ingres, che si considerava apostolo di un
classicismo rispettoso delle forme, ma la cui grafica audace, unita ad un'abilità
sconcertante, farà di lui “un uomo a parte”. La commedia umana che egli
censisce attraverso quasi cinquecento ritratti a matita, nei quali dimostra di
essere l'erede di Clouet e di Holbein il giovane, contrasta con momenti di ardita
stranezza e con il primitivismo che si afferma nelle sue “grandi macchine”, nelle
quali riafferma il suo desiderio di essere considerato prima di tutto un pittore di
storia.
Più impulsivo, sebbene si sia sempre considerato “un puro classico”, Delacroix,
il grande rivale che la storia dell'arte non ha mai smesso di opporgli, incarna il
movimento e lo slancio romantico con l'affermazione di una immaginazione in
perenne rinnovamento, immaginazione che Baudelaire celebrava come “la
regina delle facoltà”. Si è scelto di giustapporre qui sette opere di ciascuno di
questi due maestri, affinché lo spettatore prenda coscienza delle loro
differenze tecniche, ma anche dell'uguale fecondità del loro genio creativo.
Se Delacroix, ancora una volta secondo le parole di Baudelaire, si considerava
“un pittore letterario”, è anche l'importanza dei rapporti fra lo scritto e il
disegno che illustrano le opere di artisti come Daumier o Bresdin, così come
quelle di scrittori-disegnatori prolifici (Victor Hugo) o rarissimi (Baudelaire)
partecipano della stessa energia; un Corot, e un po' più tardi un Millet e un
Rousseau, brillano come paesaggisti, mentre Carpeaux regna sulla scultura.
Modernità
La modernità grafica che prepara le conquiste plastiche del XX secolo non deve
essere cercata nell'impressionismo puro, i cui maggiori esponenti (Monet,
Sisley, Pissarro) non furono disegnatori geniali. Essa è piuttosto il frutto del lavoro di un Manet o di un Degas, che, all'inizio della loro carriera di artisti, fecero tuttavia riferimento nei loro disegni ai grandi maestri italiani del Rinascimento e alle loro figure ideali. Essa risiede anche in una continua affermazione del ruolo dell'immaginazione, che tende oramai all'onirico e allo spettacolare, come in Redon o in Rodin.
Con Toulouse-Lautrec, come con Seurat e Cézanne, l'atto grafico si afferma come conquistatore: di un'estrema acidità nel primo, di una straordinaria maestria tecnica nel secondo, sorta d'“inventore del nero”, e infine di un'audacia prodigiosa in Cézanne, che cerca di avvicinare la resa della sua “piccola sensazione”, a lungo meditata, alla sua alta concezione dell'“arte dei musei” attraverso una ricerca di armonia formale, di una potenza incomparabile.
17
marzo 2017
Da Poussin a Cézanne. Capolavori del disegno francese dalla collezione Prat
Dal 17 marzo al 04 giugno 2017
disegno e grafica
arte moderna
arte moderna
Location
MUSEO CORRER
Venezia, San Marco, 52, (Venezia)
Venezia, San Marco, 52, (Venezia)
Biglietti
Intero € 12,00
Ridotto € 10,00
Orario di apertura
10.00 - 17.00 dal 18/02 al 3/04
10.00-19.00 dal 01/04 al 04/06
La biglietteria chiude un’ora prima
Vernissage
17 Marzo 2017, su invito
Ufficio stampa
VILLAGGIO GLOBALE
Curatore