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Da vicino Da lontano
Siamo lieti di presentare la mostra “DA VICINO DA LONTANO” dei nostri soci fotografi che sviluppano il tema, ognuno presentando un progetto composto da più foto.
L’argomento è ampio e dà la possibilità ai singoli partecipanti di esprimersi nei modi più congeniali alla propria poetica.
Comunicato stampa
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Quando ci soffermiamo ad osservare una fotografia spesso ci poniamo molte domande: perché il fotografo ha scelto di immortalare questo momento? Perché ha scelto questo soggetto? Perché, fra tutte le prospettive possibili, ha scelto proprio quella?
Sono tutte domande legittime che, in qualche modo, ci aiutano a comprendere non solo la fotografia ma anche lo spirito creativo di colui che l’ha realizzata. Tutto ciò però si scontra con una difficoltà non di poco conto; la fotografia, fra tutte le forme d’arte, è quella forse più difficile da comprendere. A differenza del dipinto, dove il pittore controlla liberamente l’intera rappresentazione e aiuta l’osservatore nel processo di comprensione attraverso il colore, la luce e la disposizione dei soggetti, nella fotografia abbiamo davanti a noi un’immagine muta, che non parla, un’immagine catturata e cristallizzata nel tempo che «postula una decisione».
La potenza espressiva di una fotografia ha infatti, per sua natura, una durata relativamente breve. È nel momento stesso in cui la si guarda che essa genera tutta una serie di emozioni che, come un vortice, catturano la nostra percezione ed i nostri sensi. Il suo obiettivo principale è quello di mostrare proprio quell’attimo, quell’istante che il fotografo ha scelto di immortalare e che rappresenta il suo vero cuore comunicativo. È proprio in questa decisione che risiede gran parte della bellezza di una fotografia; l’unica decisione che il fotografo può prendere consiste quindi nella scelta del momento nel quale cristallizzare e isolare il suo soggetto dal “resto”.
Fra le tante scelte prese dal fotografo al momento dello scatto, quella simbolicamente forse più importante è quella relativa alla distanza. Vivendo in un mondo tridimensionale, oggetti, persone e sfondi si mostrano davanti ai nostri occhi a distanze diverse. Ecco perché scegliere di rappresentare il proprio soggetto da vicino o da lontano non significa soltanto determinarne la distanza, significa anche scegliere fra il particolare e l’universale, tra la singolarità e la pluralità dimensionale. Una scelta che può quindi esplicitarsi nella rappresentazione ravvicinata di una statua femminile colta nel suo eterno e marmoreo istante fugace, come fatto da Gabriele Paolucci, o nella dimensione lontana e sfumata, quasi onirica, del paesaggio di Edoardo Pisani.
È grazie a queste decisioni che le fotografie si traducono in veri e propri momenti di bellezza, testimoni di un attimo eterno che non vivrà più. Alcuni fra questi momenti portano con sé le espressioni del rigore matematico e geometrico, come i paesaggi urbani anconetani colti da Rosella Centanni, o altri ancora divengono espressioni di un momento particolare di grande equilibrio naturale, come la farfalla colorata, catturata da Silvia Breschi, che si riposa delicatamente su un fiore appena sbocciato.
La scelta fra la dimensione vicina e quella lontana consente inoltre al fotografo di condurre l’osservatore verso luoghi suggestivi e densi di emozione, come quelli di Tiziana Torcoletti, in cui misteriose figure incorporee sembrano prendere vita all’interno di una nebbia metafisica in riva al mare o ancora quelli di Matteo Beducci, dove vivono impenetrabili ed eteree figure femminili all’interno di spazi architettonici abbandonati e apparentemente destinati all’oblio.
Questa mostra, oltre a contenere un insieme di scatti capaci di travalicare distanze fisiche ed emotive, può costituire anche il punto di partenza per una riflessione, quasi un monito per la società contemporanea, nella quale gli individui vengono continuamente sommersi da immagini a getto continuo e dove sempre più spesso la fotografia viene ridotta a misura di smartphone. L’arte fotografica è infatti molto più di una semplice inquadratura visualizzata su uno schermo, mera estensione del nostro sguardo, o di un innaturale quanto artefatto filtro destinato a creare immagini artificiali per i social network.
In fondo la fotografia, come disse John Berger, è «il processo attraverso cui l’osservazione diventa consapevole di sé». Michele Servadio
Sono tutte domande legittime che, in qualche modo, ci aiutano a comprendere non solo la fotografia ma anche lo spirito creativo di colui che l’ha realizzata. Tutto ciò però si scontra con una difficoltà non di poco conto; la fotografia, fra tutte le forme d’arte, è quella forse più difficile da comprendere. A differenza del dipinto, dove il pittore controlla liberamente l’intera rappresentazione e aiuta l’osservatore nel processo di comprensione attraverso il colore, la luce e la disposizione dei soggetti, nella fotografia abbiamo davanti a noi un’immagine muta, che non parla, un’immagine catturata e cristallizzata nel tempo che «postula una decisione».
La potenza espressiva di una fotografia ha infatti, per sua natura, una durata relativamente breve. È nel momento stesso in cui la si guarda che essa genera tutta una serie di emozioni che, come un vortice, catturano la nostra percezione ed i nostri sensi. Il suo obiettivo principale è quello di mostrare proprio quell’attimo, quell’istante che il fotografo ha scelto di immortalare e che rappresenta il suo vero cuore comunicativo. È proprio in questa decisione che risiede gran parte della bellezza di una fotografia; l’unica decisione che il fotografo può prendere consiste quindi nella scelta del momento nel quale cristallizzare e isolare il suo soggetto dal “resto”.
Fra le tante scelte prese dal fotografo al momento dello scatto, quella simbolicamente forse più importante è quella relativa alla distanza. Vivendo in un mondo tridimensionale, oggetti, persone e sfondi si mostrano davanti ai nostri occhi a distanze diverse. Ecco perché scegliere di rappresentare il proprio soggetto da vicino o da lontano non significa soltanto determinarne la distanza, significa anche scegliere fra il particolare e l’universale, tra la singolarità e la pluralità dimensionale. Una scelta che può quindi esplicitarsi nella rappresentazione ravvicinata di una statua femminile colta nel suo eterno e marmoreo istante fugace, come fatto da Gabriele Paolucci, o nella dimensione lontana e sfumata, quasi onirica, del paesaggio di Edoardo Pisani.
È grazie a queste decisioni che le fotografie si traducono in veri e propri momenti di bellezza, testimoni di un attimo eterno che non vivrà più. Alcuni fra questi momenti portano con sé le espressioni del rigore matematico e geometrico, come i paesaggi urbani anconetani colti da Rosella Centanni, o altri ancora divengono espressioni di un momento particolare di grande equilibrio naturale, come la farfalla colorata, catturata da Silvia Breschi, che si riposa delicatamente su un fiore appena sbocciato.
La scelta fra la dimensione vicina e quella lontana consente inoltre al fotografo di condurre l’osservatore verso luoghi suggestivi e densi di emozione, come quelli di Tiziana Torcoletti, in cui misteriose figure incorporee sembrano prendere vita all’interno di una nebbia metafisica in riva al mare o ancora quelli di Matteo Beducci, dove vivono impenetrabili ed eteree figure femminili all’interno di spazi architettonici abbandonati e apparentemente destinati all’oblio.
Questa mostra, oltre a contenere un insieme di scatti capaci di travalicare distanze fisiche ed emotive, può costituire anche il punto di partenza per una riflessione, quasi un monito per la società contemporanea, nella quale gli individui vengono continuamente sommersi da immagini a getto continuo e dove sempre più spesso la fotografia viene ridotta a misura di smartphone. L’arte fotografica è infatti molto più di una semplice inquadratura visualizzata su uno schermo, mera estensione del nostro sguardo, o di un innaturale quanto artefatto filtro destinato a creare immagini artificiali per i social network.
In fondo la fotografia, come disse John Berger, è «il processo attraverso cui l’osservazione diventa consapevole di sé». Michele Servadio
04
febbraio 2023
Da vicino Da lontano
Dal 04 al 19 febbraio 2023
fotografia
Location
Associazione Culturale Galleria Papini
Ancona, Via Lazzaro Bernabei, 39, (AN)
Ancona, Via Lazzaro Bernabei, 39, (AN)
Orario di apertura
dal giovedì alla domenica orario 17,30-19,30
Vernissage
4 Febbraio 2023, 18.00
Autore
Curatore
Autore testo critico
Patrocini