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Dada e surrealismo riscoperti
Oltre 500 opere tra olii, sculture, readymade, assemblaggi, collage, disegni automatici ripercorrono nella sua interezza la nascita, il susseguirsi dei Manifesti e delle principali mostre, il cammino figurativo dei tanti protagonisti di questi due movimenti rivoluzionari
Comunicato stampa
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“Dada e Surrealismo riscoperti”: dal 9 ottobre 2009 al 7 febbraio 2010 il Complesso del Vittoriano di Roma ospita una delle più imponenti e più complete mostre mai realizzate su Dada e Surrealismo a cura dello storico dell’arte, saggista, poeta e filosofo Arturo Schwarz. Oltre 500 opere tra olii, sculture, readymade, assemblaggi, collage, disegni automatici, ripercorrono nella sua interezza la nascita, il susseguirsi dei Manifesti e delle principali mostre, il cammino figurativo dei tanti protagonisti di questi due movimenti rivoluzionari che tanto potere eversivo hanno avuto tra le avanguardie artistiche del Novecento e tanta influenza hanno esercitato sull’arte successiva alla prima metà del secolo scorso. Un ricchissimo settore di quasi trecento periodici e documenti dada e surrealisti completano questa eccezionale rassegna. La mostra si apre, doverosamente, con un omaggio ai precursori tra i quali Chagall, De Chirico, Duchamp, Kandinskij, Klee, Klinger, Gustave Moreau e Munch.
La Mostra, che nasce sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, è promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con la collaborazione del Comune di Roma - Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione, Assessorato alle Politiche Educative Scolastiche della Famiglia e della Gioventù – – della Regione Lazio – Presidenza e Assessorato alla Cultura, allo Spettacolo e allo Sport- della Provincia di Roma – Presidenza e Assessorato alle Politiche culturali – della Camera di Commercio di Roma, con il patrocinio del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, del Ministero Affari Esteri. La rassegna è organizzata e realizzata da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia.
Prestigiose collezioni private ed i più importanti musei di tutto il mondo hanno sostenuto questo ambizioso progetto con il prestito di opere di altissima qualità; tra le tante istituzioni spiccano: The Israel Museum di Gerusalemme, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il Centre Pompidou di Parigi, il Philadelphia Museum of Art di Philadelphia, la Fondation Arp di Clamart.
L’esposizione “Dada e Surrealismo riscoperti” si avvale della collaborazione di un prestigioso comitato scientifico composto, tra gli altri, da: Michael R. Taylor, Curatore di Arte Moderna, Philadelphia Museum of Art, Philadelphia, Laurent Le Bon, Direttore del Centre Pompidou-Metz e Conservatore del Musée national d'art moderne - Centre Pompidou, Parigi.
La mostra
“Questa mostra ha il grande pregio di offrire una panoramica – probabilmente unica per la completezza e la qualità delle opere esposte – dei soli due movimenti artistici delle avanguardie storiche che, oggi più che mai, hanno conservato la loro attualità e la loro carica eversiva. Nonostante certe premesse comuni, Dadaismo e Surrealismo furono subito conflittuali: la prima essendo fondamentalmente nichilista, la seconda, al contrario, radicalmente ‘engagé’”. Così Arturo Schwarz il quale sottolinea come “Dada e il Surrealismo siano stati gli unici due movimenti dell’avanguardia storica a non limitarsi a una rivoluzione visiva, ma a propugnare invece una rivoluzione culturale, nel senso maoista di “rivoluzione ininterrotta” e di abolizione dell’antinomia tra teoria e pratica… Dada e il Surrealismo suggerivano una nuova filosofia della vita”.
Proprio perché rappresentano un vero e proprio nuovo atteggiamento verso la vita, Dadaismo e Surrealismo, contrariamente a tutti i movimenti dell’avanguardia storica che le hanno precedute o accompagnate, non sono sorte in seguito all’iniziativa di pittori, ma a quella di poeti e letterati.
E’ sempre Schwarz a spiegare il titolo della mostra “Dada e Surrealismo riscoperti”. “Riscoperti” perché la maggior parte delle mostre dedicate a questi due movimenti si sono quasi sempre limitate a presentare i protagonisti più conosciuti dimenticando quelli che vi militarono che hanno invece contribuito a precisarne l’etica e l’estetica. L’esposizione ospitata al Vittoriano di Roma vuole offrire una panoramica la più esaustiva possibile di queste due filosofie di vita uniti dal comune scopo di rinnovamento ma divisi radicalmente sui loro scopi. Dada fu una rivolta per la rivolta partita dalla tabula rasa per negare in modo radicale tutti i valori; il Surrealismo si collocò sin da subito sotto il segno dell’impegno, dell’engagement altrettanto radicale.
“Prendete un giornale. Prendete un paio di forbici. Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che voi desiderate dare alla vostra poesia. Ritagliate l’articolo. Tagliate ancora con cura ogni parola che forma tale articolo e mettete tutte le parole in un sacchetto. Agitate dolcemente. Tirate fuori le parole una dopo l’altra disponendole nell’ordine con cui le estrarrete. Copiatele coscienziosamente. La poesia vi rassomiglierà. Eccovi diventato ‘uno scrittore infinitamente originale e fornito di sensibilità incantevole…” Ecco cosa consiglia Tristan Tzara nel 1920 ed ecco sempre lui esclamare nel Manifesto Dada del 1918 che “Dada non significa nulla” e che “l’opera d’arte non deve essere la bellezza in se stessa perché la bellezza è morta”. Già queste parole sono sintomatiche della prima caratteristica del movimento: quella di rifiutare ogni atteggiamento razionalistico in maniera provocatoria e il desiderio di distruggere le convenzioni borghesi intorno all’arte per poi poter ripartire con una nuova arte coincidente con la vita stessa e non separata da essa.
Come sottolinea Schwarz, la maggior parte degli storici dell’arte stabilisce la data di nascita del movimento Dada nel febbraio 1916, e cioè all’apertura, a Zurigo, del Cabaret Voltaire. Come ogni data storica anche questa è ingannatrice. Se ci si riferisce a Dada a Zurigo, allora bisogna spostare l’atto di nascita dello spirito Dada in Svizzera di quasi tre anni, cioè al dicembre 1918 quando, nel terzo fascicolo di Dada, viene pubblicato il Manifesto Dada 1918 di Tzara.
L’origine della parola Dada è contraddistinta da varie interpretazioni. Hans Arp nel 1921 in una rivista del movimento racconta come Tzara abbia trovato la parola Dada l’8 febbraio 1916 alle sei di sera per caso nel vocabolario Larousse oppure si racconta che un tagliacarte sia per caso scivolato tra le pagine del dizionario. Ma Tzara ha dato anche altre spiegazioni: “Se qualcuno trova inutile, se qualcuno non perde il suo tempo per una parola che non significa nulla… Dai giornali apprendiamo che i negri Kru chiamano la coda della vacca santa: Dada. Il cubo e la madre in una certa contrada d’Italia prendono il nome di Dada. Un cavallo di legno, la nutrice, la doppia affermazione in russo e in rumeno: Dada…”. Ciò che risulta chiaro, comunque, è che la parola Dada è solo un simbolo di rivolta e di negazione perché il Dadaismo fu anti-artistico, antiletterario, antipoetico. E il Dadaismo è quindi non tanto una tendenza artistico-letteraria, quanto una particolare disposizione dello spirito. Ciò che interessa Dada è quindi il gesto più che l’opera e tale gesto deve essere sempre una provocazione contro il cosiddetto buon senso, contro la morale, contro le regole, contro la legge; lo scandalo è lo strumento preferito dai dadaisti per esprimersi come testimonia in mostra Duchamp con opere come l’emblematica Ruota di bicicletta e la dissacratoria Fontana, entrambe provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la celebre “Gioconda” rappresentata con i baffi in L.H.O.O.Q., proveniente da The Israel Museum, Gerusalemme.
La mostra presenta nelle prime sale le opere dei protagonisti del movimento Dada. Tra i dadaisti si sono voluti prediligere quelli che hanno partecipato alla prima collettiva dadaista Erste Internationale Dada-Messe (Prima fiera internazionale Dada) che si inaugurò il 5 giugno 1920 (per chiudersi il 25 agosto) alla Galleria Otto Burchard di Berlino. Nonostante avesse l’ambizione di essere una rassegna internazionale, gli unici non-tedeschi presenti furono l’alzasiano Hans Arp, l’olandese Hans Citroen, il drammaturgo americano Ben Hecht, il belga Otto Schmalhausen, e il francese Francis Picabia. Questa prima mostra antologica fu curata da George Grosz, Raoul Hausmann e John Heartfield. Vi presero parte, oltre ai tre curatori quasi tutti i dadaisti tedeschi con l’unica assenza, clamorosa quella di Kurt Schwitters. In rappresentanza del gruppo di Colonia vi parteciparono: Max Ernst, Johannes Theodor Baargeld, Rudolf Schlichter. Il gruppo di Berlino fu ovviamente presente al completo con Andreas Baader, Grosz, Jef Golyscheff, Hausmann, John Heartfield, Wieland Herzfelde e Hanna Höch.
“’Trasformare il mondo’ ha detto Marx; ‘Cambiare la vita’, ha detto Rimbaud; queste due parole d’ordine sono per noi una sola”. Così scrive André Breton nel 1935 per poi aggiungere “’Bisogna sognare, ha detto Lenin; ‘Bisogna agire’ ha detto Goethe. Il surrealismo non ha mai voluto altra cosa, il suo sforzo è teso a risolvere dialetticamente questa opposizione”.
Arturo Schwarz puntualizza che il Surrealismo non è certo nato nel 1924, con il primo Manifesto del Surrealismo redatto da Breton, ma nel 1914. Tra il 1914 e il 1918, Breton, infatti, scopre gli scrittori che ebbero un ruolo determinante nello sviluppo del pensiero surrealista: Arthur Rimbaud, Jacques Vaché, Alfred Jarry, Guillaume Apollinaire, Sigmund Freud e Lautréamont.
Rimbaud incarna, per Breton, la figura del poeta veggente capace di giungere, grazie allo “sregolamento di tutti i sensi”, a una visione trascendente della realtà. Nel 1916, Breton scopre anche Jarry: “Noi affermiamo – dirà Breton – che con Jarry viene a trovarsi contestata, e finirà poi annullata nelle sue stesse basi, la distinzione fra arte e vita che a lungo si era ritenuta necessaria”. L’altro incontro capitale del 1916 è quello con Apollinaire. In Apollinaire egli ammira appassionatamente il poeta. Ammira, oltre all’importanza data al meraviglioso, la necessità di inventare un nuovo linguaggio poetico, e il ruolo della sorpresa. Tutti temi, questi, che caratterizzeranno il Surrealismo. Freud è l’ultima scoperta cruciale fatta in quel memorabile 1916. Breton, nel Primo Manifesto del 1924 rende esplicito omaggio al fondatore della psicanalisi: “Per merito tuo” egli esclama “l’immaginazione è forse sul punto di riconquistare i suoi diritti”. Il sogno è una parte essenziale della nostra esistenza ma forse un giorno sarà possibile trovare un punto d’incontro di questi due stati, sogno e veglia, apparentemente contradditori, in cui essi si risolvano dando luogo a una sorta di realtà assoluta, di surrealtà. Questa è la prospettiva surrealista di Breton: bisogna trovare i modi per far emergere la voce sepolta del nostro Io più nascosto. Breton stesso definisce il Surrealismo nel 1924 “automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbalmente sia per iscritto o in altre maniere, il funzionamento reale del pensiero: è il dettato del pensiero con l’assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica e morale”.
Il percorso espositivo testimonia poi l’attività degli artisti che parteciparono ad almeno una delle sei principali mostre collettive surrealiste dirette da Breton o con la sua partecipazione. Queste documentano mirabilmente lo sviluppo del movimento e il contributo degli artisti surrealisti alla sua estetica. Ecco dunque le opere degli artisti che parteciparono alla prima collettiva surrealista inaugurata alla Galerie Pierre di Parigi il 14 novembre 1925: Jean Arp, Giorgio De Chirico, Robert Desnos, George Malkine, Man Ray, André Masson, Joan Miró, Pablo Picasso, Pierre Roy.
Dopo questo primo gruppo di artisti, la mostra prosegue con le sale dedicate ai partecipanti della più importante antologica surrealista allestita nel periodo tra le due guerre che documenta, tra l’altro, la diffusione internazionale del verbo surrealista. Questo evento, curato da Roland Penrose, si svolse alle New Burlington Galleries inaugurandosi l’11 giugno 1936. Vi parteciparono, e sono presenti in mostra: Eileen Agar, Arp, Jacqueline Lamba Breton, John Banting, Hans Bellmer, John Selby Bigge, Constantin Brancusi, Victor Brauner, Edward Burra, Alexander Calder, Cecil Collina, Salvador Dalì, Peter Norman Dawson, Giorgio De Chirico, Oscar Domimguez, Marcel Duchamp, Max Ernst, Merlyn Evans, Léonor Fini, Wilhelm Freddie, David Gascoyne, Alberto Giacometti, Stanley William Hayter, Charles Howard, Marcel Jean, Humphrey Jennings, Paul Klee, Rupert Lee, Len Lye, Dora Maar, René Magritte, Maruga Mallo, Man Ray, André Masson, Robert Medley, Édouard-LéonThéodore Mesens, Joan Miró, Henry Moore, Stellan Mörner, Paul Nash, Richard Oelze, Erik Olson, Meret Oppenheim, Wolfgang Paalen, Grace W. Pailthorpe, Roland Penrose, Francis Picabia, Pablo Picasso, Angel Plannels, Pierre Sanders, Max Servais, Jindrich Styrsky, Graham Sutherland, Yves Tanguy, Sophie Henriette Täuber-Arp, Toyen, Julian Trevelyan.
Il cammino espositivo prosegue ripercorrendo, attraverso i suoi protagonisti, le tre importanti collettive del dopoguerra che testimoniano lo sviluppo e la diffusione internazionale del Surrealismo; la prima si svolse nel giugno del 1947 alla Galerie Maeght di Parigi e fu curata da André Breton e Marcel Duchamp; dodici anni dopo, dal 15 dicembre 1959 al gennaio del 1960, si svolse, alla Galerie Daniel Cordier di Parigi, curata anche questa da Breton e Duchamp, la celebre Exposition Internazionale du Surréalisme (EROS); segue la mostra International Surrealist Exhibition (D’Arcy Galleries, 28 novembre 1960 – 14 gennaio 1961), anche questa diretta da Breton e Duchamp. Conclude il percorso espositivo l’ultima collettiva surrealista, L’Écart absolu (Galerie L’Œil, Paris, dicembre 1965), diretta anch’essa da Breton e che precede di 9 mesi la morte del fondatore del Surrealismo.
La Mostra, che nasce sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, è promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con la collaborazione del Comune di Roma - Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione, Assessorato alle Politiche Educative Scolastiche della Famiglia e della Gioventù – – della Regione Lazio – Presidenza e Assessorato alla Cultura, allo Spettacolo e allo Sport- della Provincia di Roma – Presidenza e Assessorato alle Politiche culturali – della Camera di Commercio di Roma, con il patrocinio del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, del Ministero Affari Esteri. La rassegna è organizzata e realizzata da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia.
Prestigiose collezioni private ed i più importanti musei di tutto il mondo hanno sostenuto questo ambizioso progetto con il prestito di opere di altissima qualità; tra le tante istituzioni spiccano: The Israel Museum di Gerusalemme, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il Centre Pompidou di Parigi, il Philadelphia Museum of Art di Philadelphia, la Fondation Arp di Clamart.
L’esposizione “Dada e Surrealismo riscoperti” si avvale della collaborazione di un prestigioso comitato scientifico composto, tra gli altri, da: Michael R. Taylor, Curatore di Arte Moderna, Philadelphia Museum of Art, Philadelphia, Laurent Le Bon, Direttore del Centre Pompidou-Metz e Conservatore del Musée national d'art moderne - Centre Pompidou, Parigi.
La mostra
“Questa mostra ha il grande pregio di offrire una panoramica – probabilmente unica per la completezza e la qualità delle opere esposte – dei soli due movimenti artistici delle avanguardie storiche che, oggi più che mai, hanno conservato la loro attualità e la loro carica eversiva. Nonostante certe premesse comuni, Dadaismo e Surrealismo furono subito conflittuali: la prima essendo fondamentalmente nichilista, la seconda, al contrario, radicalmente ‘engagé’”. Così Arturo Schwarz il quale sottolinea come “Dada e il Surrealismo siano stati gli unici due movimenti dell’avanguardia storica a non limitarsi a una rivoluzione visiva, ma a propugnare invece una rivoluzione culturale, nel senso maoista di “rivoluzione ininterrotta” e di abolizione dell’antinomia tra teoria e pratica… Dada e il Surrealismo suggerivano una nuova filosofia della vita”.
Proprio perché rappresentano un vero e proprio nuovo atteggiamento verso la vita, Dadaismo e Surrealismo, contrariamente a tutti i movimenti dell’avanguardia storica che le hanno precedute o accompagnate, non sono sorte in seguito all’iniziativa di pittori, ma a quella di poeti e letterati.
E’ sempre Schwarz a spiegare il titolo della mostra “Dada e Surrealismo riscoperti”. “Riscoperti” perché la maggior parte delle mostre dedicate a questi due movimenti si sono quasi sempre limitate a presentare i protagonisti più conosciuti dimenticando quelli che vi militarono che hanno invece contribuito a precisarne l’etica e l’estetica. L’esposizione ospitata al Vittoriano di Roma vuole offrire una panoramica la più esaustiva possibile di queste due filosofie di vita uniti dal comune scopo di rinnovamento ma divisi radicalmente sui loro scopi. Dada fu una rivolta per la rivolta partita dalla tabula rasa per negare in modo radicale tutti i valori; il Surrealismo si collocò sin da subito sotto il segno dell’impegno, dell’engagement altrettanto radicale.
“Prendete un giornale. Prendete un paio di forbici. Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che voi desiderate dare alla vostra poesia. Ritagliate l’articolo. Tagliate ancora con cura ogni parola che forma tale articolo e mettete tutte le parole in un sacchetto. Agitate dolcemente. Tirate fuori le parole una dopo l’altra disponendole nell’ordine con cui le estrarrete. Copiatele coscienziosamente. La poesia vi rassomiglierà. Eccovi diventato ‘uno scrittore infinitamente originale e fornito di sensibilità incantevole…” Ecco cosa consiglia Tristan Tzara nel 1920 ed ecco sempre lui esclamare nel Manifesto Dada del 1918 che “Dada non significa nulla” e che “l’opera d’arte non deve essere la bellezza in se stessa perché la bellezza è morta”. Già queste parole sono sintomatiche della prima caratteristica del movimento: quella di rifiutare ogni atteggiamento razionalistico in maniera provocatoria e il desiderio di distruggere le convenzioni borghesi intorno all’arte per poi poter ripartire con una nuova arte coincidente con la vita stessa e non separata da essa.
Come sottolinea Schwarz, la maggior parte degli storici dell’arte stabilisce la data di nascita del movimento Dada nel febbraio 1916, e cioè all’apertura, a Zurigo, del Cabaret Voltaire. Come ogni data storica anche questa è ingannatrice. Se ci si riferisce a Dada a Zurigo, allora bisogna spostare l’atto di nascita dello spirito Dada in Svizzera di quasi tre anni, cioè al dicembre 1918 quando, nel terzo fascicolo di Dada, viene pubblicato il Manifesto Dada 1918 di Tzara.
L’origine della parola Dada è contraddistinta da varie interpretazioni. Hans Arp nel 1921 in una rivista del movimento racconta come Tzara abbia trovato la parola Dada l’8 febbraio 1916 alle sei di sera per caso nel vocabolario Larousse oppure si racconta che un tagliacarte sia per caso scivolato tra le pagine del dizionario. Ma Tzara ha dato anche altre spiegazioni: “Se qualcuno trova inutile, se qualcuno non perde il suo tempo per una parola che non significa nulla… Dai giornali apprendiamo che i negri Kru chiamano la coda della vacca santa: Dada. Il cubo e la madre in una certa contrada d’Italia prendono il nome di Dada. Un cavallo di legno, la nutrice, la doppia affermazione in russo e in rumeno: Dada…”. Ciò che risulta chiaro, comunque, è che la parola Dada è solo un simbolo di rivolta e di negazione perché il Dadaismo fu anti-artistico, antiletterario, antipoetico. E il Dadaismo è quindi non tanto una tendenza artistico-letteraria, quanto una particolare disposizione dello spirito. Ciò che interessa Dada è quindi il gesto più che l’opera e tale gesto deve essere sempre una provocazione contro il cosiddetto buon senso, contro la morale, contro le regole, contro la legge; lo scandalo è lo strumento preferito dai dadaisti per esprimersi come testimonia in mostra Duchamp con opere come l’emblematica Ruota di bicicletta e la dissacratoria Fontana, entrambe provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la celebre “Gioconda” rappresentata con i baffi in L.H.O.O.Q., proveniente da The Israel Museum, Gerusalemme.
La mostra presenta nelle prime sale le opere dei protagonisti del movimento Dada. Tra i dadaisti si sono voluti prediligere quelli che hanno partecipato alla prima collettiva dadaista Erste Internationale Dada-Messe (Prima fiera internazionale Dada) che si inaugurò il 5 giugno 1920 (per chiudersi il 25 agosto) alla Galleria Otto Burchard di Berlino. Nonostante avesse l’ambizione di essere una rassegna internazionale, gli unici non-tedeschi presenti furono l’alzasiano Hans Arp, l’olandese Hans Citroen, il drammaturgo americano Ben Hecht, il belga Otto Schmalhausen, e il francese Francis Picabia. Questa prima mostra antologica fu curata da George Grosz, Raoul Hausmann e John Heartfield. Vi presero parte, oltre ai tre curatori quasi tutti i dadaisti tedeschi con l’unica assenza, clamorosa quella di Kurt Schwitters. In rappresentanza del gruppo di Colonia vi parteciparono: Max Ernst, Johannes Theodor Baargeld, Rudolf Schlichter. Il gruppo di Berlino fu ovviamente presente al completo con Andreas Baader, Grosz, Jef Golyscheff, Hausmann, John Heartfield, Wieland Herzfelde e Hanna Höch.
“’Trasformare il mondo’ ha detto Marx; ‘Cambiare la vita’, ha detto Rimbaud; queste due parole d’ordine sono per noi una sola”. Così scrive André Breton nel 1935 per poi aggiungere “’Bisogna sognare, ha detto Lenin; ‘Bisogna agire’ ha detto Goethe. Il surrealismo non ha mai voluto altra cosa, il suo sforzo è teso a risolvere dialetticamente questa opposizione”.
Arturo Schwarz puntualizza che il Surrealismo non è certo nato nel 1924, con il primo Manifesto del Surrealismo redatto da Breton, ma nel 1914. Tra il 1914 e il 1918, Breton, infatti, scopre gli scrittori che ebbero un ruolo determinante nello sviluppo del pensiero surrealista: Arthur Rimbaud, Jacques Vaché, Alfred Jarry, Guillaume Apollinaire, Sigmund Freud e Lautréamont.
Rimbaud incarna, per Breton, la figura del poeta veggente capace di giungere, grazie allo “sregolamento di tutti i sensi”, a una visione trascendente della realtà. Nel 1916, Breton scopre anche Jarry: “Noi affermiamo – dirà Breton – che con Jarry viene a trovarsi contestata, e finirà poi annullata nelle sue stesse basi, la distinzione fra arte e vita che a lungo si era ritenuta necessaria”. L’altro incontro capitale del 1916 è quello con Apollinaire. In Apollinaire egli ammira appassionatamente il poeta. Ammira, oltre all’importanza data al meraviglioso, la necessità di inventare un nuovo linguaggio poetico, e il ruolo della sorpresa. Tutti temi, questi, che caratterizzeranno il Surrealismo. Freud è l’ultima scoperta cruciale fatta in quel memorabile 1916. Breton, nel Primo Manifesto del 1924 rende esplicito omaggio al fondatore della psicanalisi: “Per merito tuo” egli esclama “l’immaginazione è forse sul punto di riconquistare i suoi diritti”. Il sogno è una parte essenziale della nostra esistenza ma forse un giorno sarà possibile trovare un punto d’incontro di questi due stati, sogno e veglia, apparentemente contradditori, in cui essi si risolvano dando luogo a una sorta di realtà assoluta, di surrealtà. Questa è la prospettiva surrealista di Breton: bisogna trovare i modi per far emergere la voce sepolta del nostro Io più nascosto. Breton stesso definisce il Surrealismo nel 1924 “automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbalmente sia per iscritto o in altre maniere, il funzionamento reale del pensiero: è il dettato del pensiero con l’assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica e morale”.
Il percorso espositivo testimonia poi l’attività degli artisti che parteciparono ad almeno una delle sei principali mostre collettive surrealiste dirette da Breton o con la sua partecipazione. Queste documentano mirabilmente lo sviluppo del movimento e il contributo degli artisti surrealisti alla sua estetica. Ecco dunque le opere degli artisti che parteciparono alla prima collettiva surrealista inaugurata alla Galerie Pierre di Parigi il 14 novembre 1925: Jean Arp, Giorgio De Chirico, Robert Desnos, George Malkine, Man Ray, André Masson, Joan Miró, Pablo Picasso, Pierre Roy.
Dopo questo primo gruppo di artisti, la mostra prosegue con le sale dedicate ai partecipanti della più importante antologica surrealista allestita nel periodo tra le due guerre che documenta, tra l’altro, la diffusione internazionale del verbo surrealista. Questo evento, curato da Roland Penrose, si svolse alle New Burlington Galleries inaugurandosi l’11 giugno 1936. Vi parteciparono, e sono presenti in mostra: Eileen Agar, Arp, Jacqueline Lamba Breton, John Banting, Hans Bellmer, John Selby Bigge, Constantin Brancusi, Victor Brauner, Edward Burra, Alexander Calder, Cecil Collina, Salvador Dalì, Peter Norman Dawson, Giorgio De Chirico, Oscar Domimguez, Marcel Duchamp, Max Ernst, Merlyn Evans, Léonor Fini, Wilhelm Freddie, David Gascoyne, Alberto Giacometti, Stanley William Hayter, Charles Howard, Marcel Jean, Humphrey Jennings, Paul Klee, Rupert Lee, Len Lye, Dora Maar, René Magritte, Maruga Mallo, Man Ray, André Masson, Robert Medley, Édouard-LéonThéodore Mesens, Joan Miró, Henry Moore, Stellan Mörner, Paul Nash, Richard Oelze, Erik Olson, Meret Oppenheim, Wolfgang Paalen, Grace W. Pailthorpe, Roland Penrose, Francis Picabia, Pablo Picasso, Angel Plannels, Pierre Sanders, Max Servais, Jindrich Styrsky, Graham Sutherland, Yves Tanguy, Sophie Henriette Täuber-Arp, Toyen, Julian Trevelyan.
Il cammino espositivo prosegue ripercorrendo, attraverso i suoi protagonisti, le tre importanti collettive del dopoguerra che testimoniano lo sviluppo e la diffusione internazionale del Surrealismo; la prima si svolse nel giugno del 1947 alla Galerie Maeght di Parigi e fu curata da André Breton e Marcel Duchamp; dodici anni dopo, dal 15 dicembre 1959 al gennaio del 1960, si svolse, alla Galerie Daniel Cordier di Parigi, curata anche questa da Breton e Duchamp, la celebre Exposition Internazionale du Surréalisme (EROS); segue la mostra International Surrealist Exhibition (D’Arcy Galleries, 28 novembre 1960 – 14 gennaio 1961), anche questa diretta da Breton e Duchamp. Conclude il percorso espositivo l’ultima collettiva surrealista, L’Écart absolu (Galerie L’Œil, Paris, dicembre 1965), diretta anch’essa da Breton e che precede di 9 mesi la morte del fondatore del Surrealismo.
08
ottobre 2009
Dada e surrealismo riscoperti
Dall'otto ottobre 2009 al 07 febbraio 2010
arte contemporanea
Location
COMPLESSO DEL VITTORIANO
Roma, Via Di San Pietro In Carcere, (Roma)
Roma, Via Di San Pietro In Carcere, (Roma)
Biglietti
€ 10,00 intero; € 7,50 ridotto
Orario di apertura
dal lunedì al giovedì 9.30 –19.30; venerdì e sabato 9.30 – 23.30; domenica 9.30 – 20.30
Editore
SKIRA
Ufficio stampa
COMUNICAREORGANIZZANDO
Ufficio stampa
SVEVA FEDE
Autore
Curatore