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Dadamaino – Volumi 1958-’60
La mostra presenta circa 25 Volumi di Dadamaino, realizzati tra il 1958 e il 1960. Con questo termine, che identifica le opere prodotte da Dadamaino a cavallo della fine degli anni Cinquanta e dell’inizio degli anni Sessanta del Novecento, l’artista chiarisce fin dal nome il suo intento.
Comunicato stampa
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La mostra presenta circa 25 Volumi di Dadamaino, realizzati tra il 1958 e il 1960. Con questo termine, che identifica le opere prodotte da Dadamaino a cavallo della fine degli anni Cinquanta e dell’inizio degli anni Sessanta del Novecento (le prime che la fanno conoscere al pubblico, e con le quali passa in modo improvviso dal figurativo alla sperimentazione sul supporto), l’artista chiarisce fin dal nome il suo intento. Che è quello di lavorare sulla tridimensionalità dello spazio fisico, sull'estensione: non tagli o buchi, come nel lavoro che Fontana porta avanti da almeno dieci anni, o superfici, come nell'opera di Castellani, ma figure, quasi sempre ovoidali, ritagliate a mano sulla tela, dai contorni imprecisi, che svuotano la tela fino a rivelarne il telaio, trasformando il quadro in struttura pura, in cui il vuoto ha più spazio della tela. "1. Posizione postinformale e protodadaista, con distruzione critica della tela, 1958-1959" scrive Dadamaino nella note sintetiche di una sinossi con cui si presenta.
"Naturalmente Fontana ha avuto un ruolo determinante nella mia pittura. Se non fosse stato Fontana a perforare la tela, probabilmente non avrei osato farlo neppure io. Sottrarre la materia, al punto da rendere visibili anche parti della tela (del telaio) per eliminare ogni elemento materiale, per privarla d'ogni retorica e ritornare così alla tabula rasa, alla purezza". È l'artista stessa a dichiarare esplicitamente a chi deve il coraggio di rompere con la pittura, che non è solo la figurazione, ma anche il matericismo dell'informale, degli epigoni dell'espressionismo astratto americano, con il suo nucleo di tragicità interiore. È una fuga dalla materialità verso l'immaterialità, la sottrazione, una tabula rasa per ricominciare su nuove basi. "Così sulle tele pulite operai grandi squarci ovoidali, a volte uno solo, grande come tutto il quadro. Dopo questo atto liberatorio rimasi perplessa, sul come proseguire. Il come lo trovai interessandomi al futurismo...I meravigliosi insegnamenti futuristi, chissà perché dimenticati, erano i più vivi e veri che si potessero raccogliere. Pensando a ciò guardai i miei lavori. Dietro i grandi buchi vedevo un muro pieno di luci e ombre che vibravano e si muovevano. Ecco la cosa da cercare e da seguire. L'arte era stata sinora statica, tranne che per pochi pionieri, bisognava farla ridiventare dinamica e con mezzi conseguenti alle più recenti esperienze tecnico scientifiche, stabilito che si può fare dell'arte con qualsiasi mezzo".
E tuttavia, nonostante il debito riconosciuto, i volumi di Dadamaino sono altra cosa dai tagli e dai buchi, non solo nelle dimensioni e nell'estensione, ma anche nell'eliminazione di qualsiasi aspetto pittorico, cromatico, sensibile, scegliendo invece un'assenza di colore, il nero o il bianco, che diventa sottrazione totale, assenza.
La mostra prosegue con opere del '60, l'anno di una prima svolta nel lavoro sui "volumi": non più una o due forme irregolari organizzate sulla tela in modo apparentemente casuale, ma una serie di cerchi precisi, probabilmente ottenuti con uno stampo appoggiato alla tela, ripartiti in modo omogeneo, con rigore formale, geometrico, come a rifiutare qualsiasi casualità, qualsiasi riferimento all'informale.
E subito dopo, sempre nel '60, un anno di svolta, Dadamaino trova nuovi sviluppi alla sua ricerca sulla geometria in un materiale nuovo, la plastica, e in particolare nei "fogli" di rhodoid delle tende da doccia, che sovrappone uno sull'altro a tre o a quattro, montati su un un telaio di carta millimetrata. Sono i volumi a moduli sfasati, in cui i buchi sembrano muoversi, vibrare dinamicamente, animare la trasparenza del foglio. È un movimento ottico interiore, un gioco di illusioni, un battito tachicardico, realizzato con un materiale che rivela potenzialità inedite: "mentre operavo il montaggio, bastava il calore della mano a sfasare la tramatura e a creare una serie di immagini sovrapposte ma sfumate". È la rottura definitiva con il "mondo antico" del pittore.
"Naturalmente Fontana ha avuto un ruolo determinante nella mia pittura. Se non fosse stato Fontana a perforare la tela, probabilmente non avrei osato farlo neppure io. Sottrarre la materia, al punto da rendere visibili anche parti della tela (del telaio) per eliminare ogni elemento materiale, per privarla d'ogni retorica e ritornare così alla tabula rasa, alla purezza". È l'artista stessa a dichiarare esplicitamente a chi deve il coraggio di rompere con la pittura, che non è solo la figurazione, ma anche il matericismo dell'informale, degli epigoni dell'espressionismo astratto americano, con il suo nucleo di tragicità interiore. È una fuga dalla materialità verso l'immaterialità, la sottrazione, una tabula rasa per ricominciare su nuove basi. "Così sulle tele pulite operai grandi squarci ovoidali, a volte uno solo, grande come tutto il quadro. Dopo questo atto liberatorio rimasi perplessa, sul come proseguire. Il come lo trovai interessandomi al futurismo...I meravigliosi insegnamenti futuristi, chissà perché dimenticati, erano i più vivi e veri che si potessero raccogliere. Pensando a ciò guardai i miei lavori. Dietro i grandi buchi vedevo un muro pieno di luci e ombre che vibravano e si muovevano. Ecco la cosa da cercare e da seguire. L'arte era stata sinora statica, tranne che per pochi pionieri, bisognava farla ridiventare dinamica e con mezzi conseguenti alle più recenti esperienze tecnico scientifiche, stabilito che si può fare dell'arte con qualsiasi mezzo".
E tuttavia, nonostante il debito riconosciuto, i volumi di Dadamaino sono altra cosa dai tagli e dai buchi, non solo nelle dimensioni e nell'estensione, ma anche nell'eliminazione di qualsiasi aspetto pittorico, cromatico, sensibile, scegliendo invece un'assenza di colore, il nero o il bianco, che diventa sottrazione totale, assenza.
La mostra prosegue con opere del '60, l'anno di una prima svolta nel lavoro sui "volumi": non più una o due forme irregolari organizzate sulla tela in modo apparentemente casuale, ma una serie di cerchi precisi, probabilmente ottenuti con uno stampo appoggiato alla tela, ripartiti in modo omogeneo, con rigore formale, geometrico, come a rifiutare qualsiasi casualità, qualsiasi riferimento all'informale.
E subito dopo, sempre nel '60, un anno di svolta, Dadamaino trova nuovi sviluppi alla sua ricerca sulla geometria in un materiale nuovo, la plastica, e in particolare nei "fogli" di rhodoid delle tende da doccia, che sovrappone uno sull'altro a tre o a quattro, montati su un un telaio di carta millimetrata. Sono i volumi a moduli sfasati, in cui i buchi sembrano muoversi, vibrare dinamicamente, animare la trasparenza del foglio. È un movimento ottico interiore, un gioco di illusioni, un battito tachicardico, realizzato con un materiale che rivela potenzialità inedite: "mentre operavo il montaggio, bastava il calore della mano a sfasare la tramatura e a creare una serie di immagini sovrapposte ma sfumate". È la rottura definitiva con il "mondo antico" del pittore.
29
maggio 2014
Dadamaino – Volumi 1958-’60
Dal 29 maggio al 27 settembre 2014
arte contemporanea
Location
STUDIO GUASTALLA
Milano, Via Senato, 24, (Milano)
Milano, Via Senato, 24, (Milano)
Orario di apertura
martedì-sabato 10-13 15-19
Chiusura estiva dal 2 agosto al 25 agosto
Vernissage
29 Maggio 2014, ore 18.00
Autore