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Damiano Casalini – I’m not kidding
L’esposizione Comprende un corpus di opere di recente produzione del giovane pittore Damiano Casalini
Comunicato stampa
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L’esposizione Comprende un corpus di opere di recente produzione del giovane pittore Damiano Casalini. Di formazione legato all'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino Damiano Casalini presenta un lavoro di stampo assai divergente dal corso più comune della giovane pittura contemporanea torinese. Si tratta di opere dal forte valore simbolico e dal prepotente impatto emotivo e visivo elaborate partendo da una personale riflessione e da una, necessaria, visione “altra” del mondo.
La mostra è curata da Vittorio Falletti del quale riportiamo di seguito il testo critico presente in catalogo in versione integrale.
I 'M NOT KIDDING
Anno accademico 2001-2002. Damiano Casalini si laurea all'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino con una tesi dal titolo "Bambino morto". Probabilmente i suoi insegnanti pensano che l'argomento lo intrighi sul piano puramente speculativo, visto che in aula ha sempre dipinto quadri 'normali'. Così non è. Ma Casalini ha l'aria del bel tenebroso, se ne sta in disparte e comunica pochissimo: non racconta a nessuno dei quadri realizzati a casa e che presenta oggi per la prima volta. Entra in sintonia solo con un docente (e artista), Nino Aimone, il quale intuisce che c'è dell'altro. In realtà dalla nascita Casalini convive con una malattia rarissima - la sindrome di Usher - che causa un progressivo deficit uditivo e visivo. La sua è un'infanzia dolorosa. Gli altri bambini - rare le eccezioni negli anni - lo prendono in giro, lo escludono dal loro mondo: lui si chiude sempre più in sè stesso e prova un crescente senso di annientamento. L'insensibilità e la crudeltà gratuita dei compagni, ma anche di insegnanti e non solo alle elementari, gli provoca sofferenza e una rabbia che comincerà a sfogare molti anni più tardi. Con la pittura, dipingendo - quasi esclusivamente - 'bambini morti'. Detto così può far rabbrividire, ma il lavoro di Casalini è lontanissimo sia dalla dimensione macabra, sia da quella grottesca, documentaristica, di comunicazione politica e ancor di più dalla ricerca di sensazionalismi mediatici. Niente a che vedere con i fantocci impiccati di Cattelan, ma neanche con noti ritratti seicenteschi (di scuola francese e inglese) di bambini morti; nè con celebri capolavori come la Madre con bambino morto (Picasso) o con il Piccolo Dimas Rosas defunto a tre anni (F.Kahlo). La distanza, ergo l'originalità, è segnata da almeno due importanti aspetti, quello estetico e quello dell'intentio. Sul piano estetico, il ricorso a figure fortemente stilizzate (come in Haring, ma qui la natura dei lavori non è grafica bensì eminentemente pittorica: prima di dipingerli Casalini i quadri se li costruisce, dal telaio fino alla preparazione della tela con la colla di coniglio e il gesso di Bologna). Sul piano dell'intentio dipingere - a olio, con rossi e neri su sfondo bianco e quasi sempre senza disegno preparatorio - è per Casalini un'esigenza ma anche una sorta di 'missione'. L'apparente ossimoro dei suoi 'bambini morti' che sorridono, soffrono, si affidano fiduciosi a persone care o manifestano compiaciuti stupore davanti al pancione di una donna incinta non è che una specialissima ed efficace rappresentazione di quella 'vitalità in negativo', ben resa nella mostra 'Paradiso e Inferno' curata da Giacinto Di Pietrantonio nel 2005 per la Fondazione Bevilacqua La Masa. "Essendo l'arte creazione non è mai negativa, in quanto propone una rinascita anche dalle più estreme distruzioni" scriveva allora Di Pietrantonio. L'infanzia violata o negata è una cosa terribile: per questo i 'bambini morti' di Casalini combattono la loro durissima Battaglia di Sopravvivenza. Anche in nome, assicura lui, di quei 'bambini morti' che albergano - magari senza che ce ne rendiamo conto - in tanti di noi.
Vittorio Falletti
La mostra è curata da Vittorio Falletti del quale riportiamo di seguito il testo critico presente in catalogo in versione integrale.
I 'M NOT KIDDING
Anno accademico 2001-2002. Damiano Casalini si laurea all'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino con una tesi dal titolo "Bambino morto". Probabilmente i suoi insegnanti pensano che l'argomento lo intrighi sul piano puramente speculativo, visto che in aula ha sempre dipinto quadri 'normali'. Così non è. Ma Casalini ha l'aria del bel tenebroso, se ne sta in disparte e comunica pochissimo: non racconta a nessuno dei quadri realizzati a casa e che presenta oggi per la prima volta. Entra in sintonia solo con un docente (e artista), Nino Aimone, il quale intuisce che c'è dell'altro. In realtà dalla nascita Casalini convive con una malattia rarissima - la sindrome di Usher - che causa un progressivo deficit uditivo e visivo. La sua è un'infanzia dolorosa. Gli altri bambini - rare le eccezioni negli anni - lo prendono in giro, lo escludono dal loro mondo: lui si chiude sempre più in sè stesso e prova un crescente senso di annientamento. L'insensibilità e la crudeltà gratuita dei compagni, ma anche di insegnanti e non solo alle elementari, gli provoca sofferenza e una rabbia che comincerà a sfogare molti anni più tardi. Con la pittura, dipingendo - quasi esclusivamente - 'bambini morti'. Detto così può far rabbrividire, ma il lavoro di Casalini è lontanissimo sia dalla dimensione macabra, sia da quella grottesca, documentaristica, di comunicazione politica e ancor di più dalla ricerca di sensazionalismi mediatici. Niente a che vedere con i fantocci impiccati di Cattelan, ma neanche con noti ritratti seicenteschi (di scuola francese e inglese) di bambini morti; nè con celebri capolavori come la Madre con bambino morto (Picasso) o con il Piccolo Dimas Rosas defunto a tre anni (F.Kahlo). La distanza, ergo l'originalità, è segnata da almeno due importanti aspetti, quello estetico e quello dell'intentio. Sul piano estetico, il ricorso a figure fortemente stilizzate (come in Haring, ma qui la natura dei lavori non è grafica bensì eminentemente pittorica: prima di dipingerli Casalini i quadri se li costruisce, dal telaio fino alla preparazione della tela con la colla di coniglio e il gesso di Bologna). Sul piano dell'intentio dipingere - a olio, con rossi e neri su sfondo bianco e quasi sempre senza disegno preparatorio - è per Casalini un'esigenza ma anche una sorta di 'missione'. L'apparente ossimoro dei suoi 'bambini morti' che sorridono, soffrono, si affidano fiduciosi a persone care o manifestano compiaciuti stupore davanti al pancione di una donna incinta non è che una specialissima ed efficace rappresentazione di quella 'vitalità in negativo', ben resa nella mostra 'Paradiso e Inferno' curata da Giacinto Di Pietrantonio nel 2005 per la Fondazione Bevilacqua La Masa. "Essendo l'arte creazione non è mai negativa, in quanto propone una rinascita anche dalle più estreme distruzioni" scriveva allora Di Pietrantonio. L'infanzia violata o negata è una cosa terribile: per questo i 'bambini morti' di Casalini combattono la loro durissima Battaglia di Sopravvivenza. Anche in nome, assicura lui, di quei 'bambini morti' che albergano - magari senza che ce ne rendiamo conto - in tanti di noi.
Vittorio Falletti
16
ottobre 2007
Damiano Casalini – I’m not kidding
Dal 16 ottobre al 03 novembre 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA WUNDERKAMMER
Torino, Via Eusebio Bava, 6F, (Torino)
Torino, Via Eusebio Bava, 6F, (Torino)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 15,30 – 19,00 mattina su appuntamento
Vernissage
16 Ottobre 2007, 17,30 – 20,00
Autore
Curatore